2.
casa
-…perdonami…penserai
che sono
folle…-ripetei ancora una volta,ad occhi bassi mentre Lizzie
camminava al mio
fianco.
Dopo
averle permesso di
liberarsi dalle mie braccia roventi,mi aveva guardato con diffidenza,ma
infine
riconoscendo sul mio viso la disperazione più pura aveva
accettato di scambiare
qualche parola molto imbarazzata con me mentre uscivamo dal parco.
Avanzavo
nel buio,con le mani
in tasca e lanciavo calci distratti a piccole zolle di terra smosse;la
ragazza
che era vicina a me,camminava stringendo le spalle nel giaccone che
indossava e
tenendo la sua piccola borsa con entrambe le mani con fare timido e
silenzioso,toccandosi
di tanto in tanto la lunga chioma biondo rossiccia raccolta in una
crocchia nella
speranza di ricordare chi fossi e perché mi ero preso tanta
libertà di abbracciarla.
Nonostante
stesse zitta,per
un tempo interminabile a mio parere,percepivo provenire da lei
un’aura di
rassicurazione ed equilibrio e questo bastò a non farmi
piangere anche se
sembrava che la luna piena alle mie spalle pretendesse un mio triste
ululato al
suo cospetto.
Giunti
all’uscita del
parco,mi appoggiai al recinto di metallo dipinto di verde che lo
circondava,raccogliendo le braccia al petto.
Lizzie
si fermò solo pochi
secondi dopo poiché non sentiva più vicino a
sè il suono dei miei passi,e mi
venne incontro appoggiandomi una mano sulla spalla con cautela.
-
io sono
arrivata…perché
non torni a casa,ragazzo?- mi chiese,con una nota d’ansia
nella voce.
-
Perché non ho una
macchina con me…- replicai piano sollevando il viso in sua
direzione,scosso da
un forte brivido di freddo;mi meravigliai di questo,perché
era piuttosto strano
siccome la mia temperatura corporea era di quaranta gradi!
-
Ora ricordo!tu
sei quello della Aston Martin Vanquish!l’hai più
riportata al tizio che te l’aveva
prestata?- disse ad alta voce,e dopo
essersi battuta un palmo sulla fronte bianca per la
sorpresa,portò le mani ai
fianchi come se mi volesse sottoporre ad un interrogatorio ancora
evidentemente
non fiduciosa nei miei confronti.
Mi
limitai ad annuire in modo
stanco,perché me ne stavo lì dinnanzi ad una
perfetta sconosciuta?
Come
potevo sperare di trovare
consolazione nella sua simpatia,se neppure si fidava di me?
-
non ho più
bisogno d’altro…lei non c’è
più…non ci sarà mai
più…- piagnucolai,con il cuore
che mi sembrava volesse rallentare i battiti. Feci per alzarmi ed
andarmene ma
non appena mossi un passo Lizzie disse:
-
aspetta…vuoi che
ti riaccompagni a casa?starai morendo di freddo con quella T-shirt!-
guardai
il mio
abbigliamento:una maglietta nera a maniche corte che aderiva
perfettamente ai
miei addominali;mi venne quasi da ridere,ma non fui in grado di
emettere alcun
suono,sentivo il cuore sanguinante.
Pochi
minuti più tardi,seduto
sul sedile del passeggero di una Volvo alla cui guida c’era
Lizzie,mi lasciai
avvolgere dal più totale silenzio ed avvertii subito dopo la
macchina che si
fermava.
Lei,sospirando
e spegnendo i
fanali,attirò la mia attenzione;quindi sollevai appena la
testa dal petto,dove
l’avevo nascosta,in attesa che parlasse.
-
vuoi indicarmi
dove abiti?- la fissai con aria interrogativa,e lei replicò
con una muta
occhiata di disapprovazione; in effetti,constatai guardando fuori dal
finestrino,ci eravamo fermati nel bel mezzo di un piazzale buio,a
metà strada
tra Olimpia e Phoenix.
-
Io non ho più una
casa…ho perso tutto…-
-
Smettila!ascolta!io
non ti conosco,non so il tuo nome,e per quanto mi riguarda,ricordando
la prima
volta che ci siamo incontrati,potresti essere un ladro o un
assassino…-stava
per continuare,ne ero certo e nonostante le sue offese non mi
procurassero
alcun dolore,decisi di soddisfare le sue curiosità,anche
perché notai che le
sue guance bianche si erano colorite appena con
l’arrabbiatura,ed era
adorabile,avevo come la sensazione di doverla proteggere eppure in quel
momento
mi sentivo totalmente dipendente da lei.
-
Ciao,mi chiamo
Jacob ho 17 anni e abitavo in una
piccola cittadina chiamata Forks…hai presente la ragazza che
cercavo nel parco
quando ci siamo visti e che ti sei offerta di aiutarmi a
cercare?-iniziai con
tono atono,ma poi la mia voce si incrinò mentre le ricordavo
di quella ragazza.
Lei
annuì semplicemente con
gli occhi che le si ingrandivano ed illuminavano mentre mi ascoltava
attenta.
-
lei…bhè non
c’era
quella volta e…non ci sarà mai
più…perché ha cessato di
vivere…- scoppiai di
nuovo a piangere,ma questa volta nonostante i brividi iniziali,per quel
racconto crudo e senza veli,fu Lizzie ad abbracciarmi.
-
Non ci voglio più
tornare lì,non hai idea del dolore che mi
provochi…- continuai tra i
singhiozzi.
-
Shh…ti
capisco…mi
dispiace di essere stata sgarbata con te, ma se può
consolarti sappi che lei
non è scomparsa del tutto…rimarrà per
sempre nel tuo cuore se la ricorderai…-
In
quel momento si sciolse i
capelli lisci che mi carezzarono il viso,abbandonato sulla sua spalla,e
fui
inebriato dal profumo di orchidee che il suo corpo emanava,sentii la
sua
stretta farsi più dolce mentre i nostri occhi si
incontrarono e lei disse:
-
vieni,ti porto a casa mia…-
ma fu come se non potessi sentire quelle parole,perché tra
le sue braccia,nei
suoi occhi,mi sentii immediatamente a casa.