“Passa la
canna!”. “Attento, mi
stai infilando il gomito in gola!”. “Adesso te
la tiro la batteria in testa, bastardo!”. Guardali. Tutti
ubriachi e fatti che fanno i minchioni senza il minimo freno. Cazzo tipa, cerca di
non vomitarmi sulle scarpe per piacere! Sono questi i momenti
in cui un pochino mi pento di essere astemio e di aver rigettato le
droghe ricreative dopo quell'apocalittico fine settimana ai tempi
dell'università. Davvero, se non sono morto tirando da un
bong che andava a fuoco non so cosa potrebbe uccidermi. Mi siedo sorridendo
sulla più vicina sedia. La mia chiarezza mentale va a
scapito del divertimento, indubbiamente, ma ha anche i suoi vantaggi.
Vedere questa manica di idioti che cerca di farsi del male in maniera
volontaria e spassosa alleggerisce l'animo. “Ehi,
Kenny!”. Oh toh, c'è
una Sofia che si è seduta accanto a me con un boccale di
birra mezzo vuoto in mano. So che non è sbronza, i
Byarnashev hanno dalla loro una mitologica resistenza all'alcool. Le
leggende familiari raccontano di suo nonno campione nazionale di bevuta
nella Bulgaria degli anni cinquanta. Di sicuro lei porta avanti la
tradizione in maniera più che dignitosa. “A quante
sei arrivata?”. “Sesta. Non
sento il minimo effetto”. “Bella
festa, vero?”. “Sarà
ancora meglio quando, dopo la cinquantaduesima, sarò in
mezzo a quella bolgia a cercare di staccare le orecchie a morsi a
quella baldracca di Elizabeth”. “Ancora non
riesci a farti passare quel vecchio sgarbo...”. “Sai come
sono fatta, Zant. Considero uno sgarbo chiuso solo quando ho fatto
ingoiare al colpevole entrambi i tacchi delle mie scarpe”. Annuisco, un piccolo
ghigno sul mio volto. Anche se la conosco da ormai quindici anni,
queste sue uscite non smettono mai di farmi divertire. Dopo l'ennesima
sorsata si gira verso di me, un'ombra scura a rovinarle il sorriso:
“Dici che siamo abbastanza isolati per evitare
un'ispezione?”. “Voglio
sperare di sì. Almeno, stando a sentire i genitori di
Jonathan dovremmo essere al sicuro. Il paese più vicino
è a tipo settanta chilometri”. “Sono stati
gentili a imprestarci la baita”. “Vero. Lui
ne sarebbe stato contento… di tutto questo,
intendo”. “È
ironico. Jonathan Bergovich, uno dei più ferventi oppositori
del funerale obbligatorio, che si ritrova nella situazione di essere
involontario promotore di quest'atto di ribellione”. “Nonostante
tutto dubito gli abbia fatto piacere doverci rimettere la pelle per
darci l'opportunità”. “Oh, al
diavolo. Quel che è stato è stato, lui
è morto e noi stiamo ridendo e ballando sopra una sua
virtuale tomba. Che cosa c'è di male in questo, Kenny? Me lo
sai spiegare?”. “Niente
Sofia, niente. È solo qualche parruccone del cazzo che si
è messo in testa di istituzionalizzare il lutto. Oggi avrei
sputato in faccia al prete se non avessi temuto di prendermi una
manganellata in piena faccia”. “Siamo in
due, siamo in due”. “Senti, non
c'è davvero niente di analcolico? Vorrei fare un brindisi
alla sua memoria”. “Eddai
fighetta, per una volta bagnati le labbra con un po' di birra. Mica
è veleno. E poi l'occasione è talmente speciale
che ne vale la pena”. Ma sai cosa? Ha ben
ragione. Mi faccio passare una
lattina di Budweiser aperta. “Alla salute
del nostro caro amico Jonathan e della sua morte”. “Alla
salute”. GLU GLU GLU. Sì, questa
festa d'addio gli sarebbe proprio piaciuta.