Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Loda    12/10/2015    5 recensioni
Quanto poco abbiamo conosciuto le vite di Petra, Auruo, Gunther e Erd e il loro rapporto con lo stesso Levi? Questa fan fiction va un po' indietro nel tempo e propone una possibile versione della loro storia all'interno della legione, con il punto di vista di Petra.
Personaggi: Levi, Petra, Auruo, Gunther, Erd, Hanji, Erwin, Eren più altri inventati.
[dal testo] Petra uscì dalla camera di Levi con circospezione e cercando di camminare piano - i suoi passi le rimbombavano minacciosamente nelle orecchie, le pareva impossibile che nessuno li sentisse. Era mattino presto e in cuor suo sperava che nessuno vedesse l'ennesima delle sue vergogne. Non fu abbastanza furtiva - quando mai era stata capace di nascondere qualcosa - perché incontrò Erd lungo il cammino e la sua colpevolezza le si dipinse in faccia. Erd l'aveva colta in flagrante e lei non seppe mentire. Lui era confuso, lei disse solo: "Non dirlo ad Auruo... Non dirlo a nessuno." La verità era che Erd non l'aveva colta in flagrante, solo che lei aveva voglia di parlare con qualcuno.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Auruo, Bossard, Erd, Gin, Gunter, Shulz, Petra, Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VI
Capitolo VI
 
 




«Ma io ti vedo un po’ deperita, Petra, vi danno da mangiare?»
«Ma sì, mamma, è che faccio molto movimento.»
«Ah, già.»
Era dicembre inoltrato e i ragazzi della legione erano potuti tornare a casa. Con il freddo e la neve le spedizioni venivano a mancare e gli allenamenti si facevano più radi, a Petra quasi sembrava di essere al sicuro.
C’era una luce diversa in quella casa, ma era lei che aveva occhi diversi. L’ultima volta che era seduta a quel tavolo davanti ai suoi genitori era piena di paura e coraggio, pronta a urlare le motivazioni della sua scelta. Solo qualche anno prima provava un’incredibile insoddisfazione, ancorata a quella sedia, al sicuro, mentre il suo piccolo cuore gridava che non voleva più starsene chiuso in una scatola.
Ora la casa era accogliente, morbida, e il suo animo si era acquietato. Era un soldato, e se lo ripeteva continuamente, mentre guardava con tenerezza ogni mobile, ogni oggetto del posto della sua infanzia. Guardava i volti dei suoi genitori, i loro sorrisi, e sperava fossero sinceri.
«E le amicizie come vanno? I ragazzi? Conosciuto qualcuno di interessante?»
Eppure in ogni luogo si ritrovava a lottare, l’ingenua e dolce ostinazione della madre era dura a morire.
«Io non mi sposerò, mamma.»
«Ah, già.»
«E chi può dirlo!» esclamò il padre, con un gran sorriso. Alla moglie si era allentato qualcosa nel suo volto, lui subito si rivolse a lei. «Petra è forte, eh, hai sentito, Ivana, che è stata presa nella squadra speciale del capitano? Vuol dire che è forte, quindi tornerà a casa, un giorno.»
Proprio perché era forte, non sarebbe più tornata a casa, ma Petra non ribatté.
«Quando avrà finito, tornerà a casa.»
Quando avrò finito, sarò morta.
La madre annuiva, poi riprese con le sue domande frivole: «Quanto ti pagano? Ti danno abbastanza per comprarti dei vestiti?»
Chiedetemi quello che provo, pensava Petra, chiedetemi cosa ho fatto la prima volta che ho visto un gigante, chiedetemi quanti amici ho perso.
«Sì, ho abbastanza soldi.»
«I capelli, ho visto che te li sei tagliata… Hai…»
«Sono scomodi i capelli lunghi.» La voce della ragazza divenne un pelo tagliente. «Diminuiscono la visualità. Vedere qualunque cosa una frazione di secondo in ritardo può fare la differenza tra la vita e la morte.»
Ammutolì sua madre, che disperatamente tentava  di costruire il castello di vetro in cui rinchiudere la figlia, o il suo cuore. Aveva gli occhi del suo stesso colore giallo scuro, ma erano tutto un altro mondo, chissà da quanto tempo.
«Sono un po’ stanca, vado a riposare. Ci vediamo per cena.» Si alzò da tavola con un sorriso tirato e uscì dalla cucina.
Petra strinse inavvertitamente i pugni. Non era arrabbiata, era solo difesa meccanica.
«Come sei cresciuta, in un solo anno» disse il padre. «Ormai hai vent’anni…» Nascose la bocca dietro una mano e abbassò gli occhi.
La figlia sorrise. «Non ho intenzione di morire a breve, papà, l’hai detto tu che sono forte.»
Lui la guardò di nuovo in volto con occhi attenti. Petra lo sapeva che cercava di vedere nei suoi occhi tutto quello che lei aveva visto. Del resto la sua bambina aveva avuto il coraggio di fare quello che lui non aveva mai fatto.
«Che tipo è il capitano?»
«È un tipo un po’ strano.»
«È vero che ha la forza di cento soldati? È così piccolo…»
Petra ridacchiò. «È solo basso! Sai, contro i giganti conta molto l’agilità. Essere troppo grossi non aiuta.»
Finalmente aveva nominato i giganti, ma l’aveva fatto così, con naturalezza. I giganti erano la sua realtà, di lei, del capitano, di Claire, dei ragazzi. Loro ne parlavano in continuazione.
Suo padre di nuovo diminuì il sorriso, ma i suoi piccoli occhi scuri non si fecero meno attenti.
«I giganti, Petra… Come sono fatti?»
 
 

«Così belli da toglierti il fiato, non trovate?»
Eirene aveva i polpastrelli delle dita appoggiati sulle vetrine del negozio. Mentre parlava alitò sul vetro e le sue fredde dita lasciarono le impronte.
Petra e le altre seguirono il suo sguardo e si ritrovarono a fissare vestiti che non avrebbero avuto molte occasioni di essere indossati da loro.
Sibael stava già per entrare con noncuranza nel negozio, quando Claire disse: «Ha senso spendere dei soldi per vestiti che non metteremo mai? Io userò quello dell’anno scorso.»
Sibael le rispose con approvazione. «Puoi farlo. Tanto ogni anno c’è un notevole ricambio e, ogni volta, alla festa di fine anno, c’è sempre gente diversa» disse, senza l’ombra di un risentimento.
L’altra la fissò vagamente sbigottita. Non aveva per niente pensato che alla sua terza festa non ci sarebbero state le persone che aveva conosciuto. Non ci sarebbero state Aniela, Toska, Giulia, Marianne…
«Tu però ne compri uno diverso ogni anno.»
Sibael era l’unica ragazza della legione che poteva vantare il quinto vestito per la quinta festa di fine anno.
«Non credevo si organizzassero feste all’interno della legione» disse Eirene, una volta entrate nel negozio. Era una degli ultimi arrivati e aveva vissuto l’orrore di una sola spedizione. Aveva capelli castani molto corti, che le incorniciavano il viso delicato da bambina. Aveva solo sedici anni.
«Una all’anno» spiegò pigramente Claire, mentre Sibael impazzava per gli abiti più stravaganti «Un modo come un altro per festeggiare chi è arrivato vivo alla fine dell’anno. In realtà si tratta di feste piuttosto tristi.»
Petra cercava di stare dietro a Sibael. Dopotutto di soldi ne guadagnava abbastanza, avrebbe potuto permettersi un vestito carino, almeno per una volta. Ma, guardando tutte quelle gonne, non riusciva a decidersi. Ormai si sentiva la divisa della legione cucita addosso.
«E poi» aggiunse la ragazza dai capelli lunghi, che aveva sentito il discorso di Claire «quest’anno abbiamo una novità da festeggiare! La nuova fortissima squadra del capitano!»
Petra fu colta alla sprovvista. «Ma… Non c’è niente da…»
«Accidenti, Petra» intervenne Eirene «è vero che sei l’unica ragazza della squadra? Devi essere fortissima!»
«Io, non so…»
Petra, in imbarazzo, finse di doversi concentrare sui vestiti – cosa che in realtà voleva fare. Non aveva ancora capito perché il capitano Levi l’avesse scelta.
«Non sono certo la più forte» disse, esaminando un vestito color prugna che Sibael le aveva messo davanti «Per esempio, Sibael ha molta più esperienza.»
«Ma io non andrei per niente d’accordo col capitano, e lui lo sa» trillò quella, entusiasta, spingendo l’abito prugna tra le braccia di Petra.
Quella prese il vestito automaticamente e ripensò ai calcoli di cui aveva parlato Jerome. Certo, lei era forte, non la più forte, ma era anche malleabile…
«Ma ragazze, che fate? No, Petra, quel colore starebbe malissimo coi tuoi capelli» esclamò Claire, con una mezza risata.
«Perché non andresti d’accordo col capitano, Sibael? E perché dici sempre che è un tipo losco?»
Sibael, per tutta risposta, le strappò di mano il vestito. «Hai ragione, Claire.»
«Sibael?»
Ma quella, matta come al solito, scomparve dietro masse di vestiti e ne uscì vittoriosa con un abito per ciascuna.
«Io avevo detto che non lo volevo» sbuffò Claire, alzando gli occhi al cielo.
Petra provò l’abito blu notte che Sibael le aveva indicato. Era pazza, ma aveva azzeccato anche la taglia. A Petra non dispiaceva. La gonna era lunga e ampia, e il decolleté era piuttosto scollato sulla schiena. Si guardò allo specchio e, scorgendo i tagli e i graffi sulla schiena, pensò che forse una come lei non poteva portare un vestito del genere. Ma poi pensò che avrebbe, al contrario, dovuto mostrare le sue cicatrici e le sue perdite senza vergogna, perché la rappresentavano, e un abito non faceva la differenza.
Se sua madre avesse potuto vederla, ne sarebbe stata felice. A lei invece non importava, per chi indossava quel vestito? In realtà, mentre si guardava allo specchio, si sentì per un attimo contenta, solo perché era diversa, sarebbe stata diversa per una sera – senza la paura, senza il rimorso, il pianto. Era strano, perché tutto quello che voleva era essere un soldato. Eppure c’era dell’altro…
Sulla strada del ritorno, ognuna di loro stringeva tra le mani un pacchetto – Claire si era lasciata convincere – ma nessuna fece parola su quanto quell’oggetto significasse.
Petra si sentiva leggera, ma non si era dimenticata di avere la divisa addosso, e il mantello verde che svolazzava intorno a lei.
Nessuno poteva dimenticarlo. «Ehi, donne, è così che usate i soldi che noi vi diamo? Per dei vestiti? Fate la bella vita, in caserma?» Schiamazzi ed esclamazioni di rabbia si intrecciavano nella loro direzione.
Un gruppo di uomini le guardava in cagnesco alla fine della strada poco trafficata. All’interno del Wall Rose ancora la gente sembrava non riuscire a capire da che parte doveva stare.
Eirene era la più spiazzata.
«Ignoriamoli» disse subito Claire, continuando a camminare.
Loro continuavano a gridare verso di loro e Sibael si fermò, con gli occhi sporgenti e incattiviti fissi su di loro. «Noi lottiamo per voi!»
Cinque anni che sentiva sempre le stesse cose, Sibael non era pazza, stava solo cedendo.
Petra la prese per un braccio. «Ehi, Sibael, lascia perdere.»
«Nessuno vi chiede di farlo, fate solo dei danni! E ci fate spendere, sareste molto più utili qui!»
«Non volete riprendervi il Wall Maria?!» urlò Sibael.
Uno degli uomini si avvicinò con un bastone, con fare minaccioso. Era calvo e aveva la faccia di chi non capisce niente, ma fu secco nel dire: «Non ce la farete mai.»
Sibael tacque, come se non avesse saputo come ribattere, come se improvvisamente avesse creduto anche lei che non ce l’avrebbero mai fatta.
«Allontanati, credi di farci paura?» sbottò Petra, arrabbiata, avanzando di un passo «Noi combattiamo contro i giganti.»
Sentiva la rabbia montare dentro, mentre rivedeva davanti agli occhi le morti dei suoi compagni. Rivedeva sua madre che non accettava il fatto che lei combattesse, risentiva i rimproveri, le risate, di tutta quelle persone che non sapevano. Hanno solo paura, si diceva, mentre guardava l’uomo davanti a lei abbassare il bastone, hanno solo paura e si nascondono dietro l’arroganza.
Gli uomini se ne andarono, stizziti, e loro rimasero ferme e in silenzio. Chi stiamo difendendo, pensava Petra, per cosa facciamo tutto questo?! Il suo cuore galoppava ma poco a poco riuscì a riprendere il controllo.
Ripresero a camminare, senza dire una parola. Eirene si stringeva cupa nelle spalle, Claire si mordicchiava il labbro, Sibael guardava in basso.
Petra stringeva il pacchetto sotto il mantello. Non doveva vergognarsi di voler essere normale per una sera, non doveva vergognarsi per aver comprato un vestito.
«Noi difendiamo l’umanità intera» disse, a se stessa e alle sue amiche «Non quelle persone. Non abbattetevi.»
Sibael le si affiancò, ancora con sguardo assorto.
«Il capitano Levi è sempre stato strano, fin dall’inizio» disse «Non aveva mai ricevuto un addestramento ma era più forte di tutti noi.»
Petra non capiva, perché Sibael ora parlava del capitano? Si rese conto che la curiosa ragazza stava rispondendo alla domanda che Petra le aveva rivolto ormai un’ora prima.
«Aveva qualcosa in più di noi, che a me fa paura» proseguì «Adesso ha imparato a controllarsi ma… Tre anni fa, non c’era nulla di umano nel modo in cui uccideva i giganti.»
Anche Eirene e Claire ascoltavano, turbate.
«Non li uccideva per difesa, né li uccideva per anticipare il loro attacco. Non si limitava a colpire la collottola. Lui li devastava.»
Petra aveva smesso di credere che il capitano fosse inumano, aveva smesso di credere che Sibael fosse pazza. Perché le stava dicendo quelle cose?
In caserma, mentre salivano le scale verso la loro camera, chiese a Claire se fosse vero. Anche lei aveva assistito all’entrata in scena di Levi dopotutto. «Non lo so» ammise la ragazza, pensosa «Non ho idea di cosa abbia visto Sibael. Di certo Hanji ne sa qualcosa di più. Dopo la morte dei suoi amici, lei è stata l’unica a riuscire ad avvicinarlo.»
«L’unica?» L’idea che i due avessero una storia diventava sempre più concreta nella testa di Petra.
«Chissà» continuò l’altra «Magari la morte sconvolge anche il capitano.»
Terminate le scale, notarono che lungo il corridoio non c’era nessuno e avanzarono. Claire si sistemò i capelli scuri dietro l’orecchio. Sembrò esitare un attimo prima di dire: «A me non è la morte in sé che sconvolge. Se io morissi e basta, okay. Ma l’idea di venire divorata, di non avere più un corpo… So che morirò prima o poi, spero solo che il mio corpo rimanga integro.»
Petra non ci aveva mai riflettuto. Pensava sempre alla morte, continuamente al momento in cui non avrebbe più provato nulla, in cui non avrebbe potuto pensare e chissà dove sarebbe stata, se esisteva davvero un posto migliore che attendeva le loro anime. Ma non aveva mai pensato al suo corpo, inghiottito, fatto a pezzi, distrutto.
Lui li devastava. Proprio come un gigante…
Le raggiunsero alcuni rumori.
Le due ragazze si scambiarono un’occhiata. In un angolo del muro, seminascosti da una colonna, due soldati biondi avvinghiati si baciavano passionalmente. Si toccavano e ansimavano, pensando che nessuno li stava guardando.
«Beh, passiamo oltre…» fece Claire, a bassa voce.
Ma i ragazzi li sentirono e, come se avessero preso d’un tratto la scossa, si staccarono.
«Erd!» si lasciò sfuggire Petra, sorpresa.
«Petra» fece lui, imbarazzato.
La ragazza che era con lui si stava sistemando la divisa e i capelli scomposti, con le gote leggermente arrossate. Era molto carina.
«Stavamo andando in camera, scusate» farneticò Petra, prima di gettarsi a capofitto sul corridoio, seguita da Claire.
In camera, le due ragazze scoppiarono a ridere. Petra non sapeva perché si fosse sentita così a disagio, ma, tra le risate, i fastidiosi pensieri sull’amore le si insinuarono sotto pelle. L’immagine di Erd, e di quella ragazza con le guance rosse, l’immagine di loro che si baciavano e si stringevano, noncuranti di tutto, non riusciva a rimuoverla, con quell’odioso pizzico d’invidia.
 
 

L’enorme sala comune era stata adibita per l’occasione. C’erano decorazioni e un modesto banchetto – a cui aveva comunque pensato la mensa della caserma e non vantava particolari leccornie.
In fondo alla sala, un gruppo locale suonava, e una donna, molto bella e vestita così bene da suscitare l’invidia di tutte le donne soldato, cantava con voce dolce e rassicurante. Era chiaro quale fosse lo scopo di una tale festa.
Petra era arrivata con Claire e per primi incontrarono Erd e Toimo. I due indossavano sobri pantaloni e camice di flanella: per tutti e quattro fu strano vedersi senza la divisa addosso. Fecero i complimenti alle ragazze, a Toimo si erano arrossate persino le orecchie.
Petra si sentiva scomoda, ma del resto non doveva né correre né volare né fare alcunché di difficile – era strano da credere – e si muoveva un po’ rigida. Si era persino truccata con della biacca e della feccia di vino rosso, con l’aiuto di Claire, e in realtà non sapeva se, unendosi, avessero fatto un buon lavoro o solo fatto dei pasticci. Di certo, in confronto alla donna che cantava, era assolutamente inguardabile.
«Rilassati, Petra, su chi vuoi far colpo?» rise Erd.
«Che?!» esclamò lei, colta alla sprovvista.
Toimo e Claire già si erano conosciuti una volta e lui subito le parlò, noncurante delle orecchie sempre più rosse.
«E tu, Erd? La tua fanciulla?» sogghignò allora Petra, abbassando la voce. Si guardava intorno ma non la vedeva.
Il ragazzo sgranò gli occhi un momento, poi scosse la testa con una mezza risata.
«Non è la mia fanciulla. Non c’è niente di serio, è una cosa così.»
«Ah.»
Petra, che già si era fatta chissà quali viaggi d’amore, non si preoccupò di nascondere la sua delusione e l’amico le diede una carezza sulla guancia con sguardo dolce, come se la considerasse un’ingenua e lei si sentì piuttosto stupida.
Fu grata del fatto in quel momento arrivarono anche Auruo, Gunther e Gavino e si cominciò a parlare di come fossero andate le visite a casa.
«Mia madre è spaventata» diceva Gavino «Sapete, col fatto che mio padre è stato ucciso da un gigante quando hanno invaso il Wall Maria… Ma è anche orgogliosa, crede che io lo possa vendicare. A voi com’è andata?»
Petra evitò ben volentieri di rispondere, e lasciò parlare gli altri, ma notò che Auruo le lanciava continuamente occhiate curiose.
«Io non mi posso lamentare dei miei genitori» fece Gunther con una scrollata di spalle «È Eliza il problema…»
«Avete litigato di nuovo?»
«Io… Temo che lei voglia rompere con me, però non ce la fa. Anche suo padre le fa pressioni.»
«Vuole che si sposi?» intervenne Petra, pensando ai suoi di genitori e al destino che tutti si prospettano per le figlie.
Gunther annuì, con aria grave. «A lei non importa più di tanto. Però ad ogni nostra spedizione, si sente morire. Forse sarebbe meglio che davvero un giorno non tornassi più, così lei sarebbe libera.»
Fece un accenno di sorriso, per smorzare la tensione che era scesa, ma i suoi occhi rimasero cupi e tristi.
«Cretino, che dici?!» sbottò Gavino, mollandogli una pacca sulla schiena «Faresti morire anche lei di dolore, occhio a non fare scherzi eh!»
Toimo e Claire si erano allontanati verso il tavolo delle cibarie e conversavano con i piatti in mano, ovviamente i ragazzi non fecero a meno di notarlo.
«Anche Toimo si sta sistemando, eh» ridacchiò Erd, guardandoli «La festa si prospetta più interessante quest’anno.»
Auruo seguì il suo sguardo ma non si capiva se guardasse Toimo o il banchetto. «Petra, vieni con me a prendere da mangiare?»
«Da bere, Auruo, prendi da bere…» ghignò Gunther, sempre con quegli amari occhi scuri ma un sorriso tirato.
Petra annuì e seguì il suo amico verso il tavolo. Lui camminava un po’ rigido, forse anche lui si sentiva impacciato. Indossava del pantaloni neri e un gilè celeste sopra la camicia.
«Stai davvero bene così, sai» disse, inaspettatamente.
La ragazza si limitò a sorridere, senza sapere bene cosa dire, eppure non si aspettava di provare imbarazzo. Dopotutto era Auruo, il suo miglior amico, avrebbe potuto dirgli qualunque cosa!
«Anche tu stai bene» finì per dire, sincera «Alla fine siamo carini, se ci impegniamo!»
Lui rise, riempì due bicchieri di vino e ne passò uno a lei.
«Allora, brindiamo a questo nostro primo anno nella legione?» disse, alzando il bicchiere.
«Ce ne saranno tanti altri» convenne Petra, alzando il suo.
Bevve e mentre beveva intravide un nuovo gruppo di persone che stava entrando nella sala. Erano finalmente il capitano Levi, il comandante Erwin e qualche caposquadra. Levi non era molto diverso dal solito, aveva una camicia bianca, l’usuale fazzoletto legato intorno al collo e lo stesso implacabile e annoiato sguardo. L’immancabile Hanji gli trotterellava affianco.
Lei è stata l’unica a riuscire ad avvicinarlo.
Petra mandò giù tutto il vino. Non capiva perché improvvisamente pensare a Levi ed Hanji insieme le desse fastidio. Perché mai tutte le coppie ora le davano noia? Erd e quella ragazza bionda, Gunther ed Eliza, che, poverini, avevano pure tanti problemi! E ora Levi e Hanji…
Non essere debole, si diceva, tu vuoi solo essere un soldato! E sua madre che continuava a chiederle se avesse conosciuto qualcuno di interessante…
«Ehi, Petra?»
Petra si riscosse. Auruo la fissava, e lei voleva che la smettesse. Possibile che lui si fosse innamorato di lei? E allora era semplice, se proprio voleva buttarsi tra le braccia di un uomo, il suo amico era lì disponibile! Ma poi, cosa sarebbe successo? Si sarebbe comportata come Erd, con naturalezza e indifferenza? Ma Auruo come si sarebbe sentito? Cosa voleva fare quella sera, perché le stava così vicino?
Poggiò il bicchiere, con già un leggero capogiro.
«Ho visto le altre ragazze, vado a salutarle, ci vediamo dopo» disse, un po’ troppo precipitosamente. Si
lanciò via, prima di leggere la delusione negli occhi del suo amico.
Mentre camminava incrociò lo sguardo del capitano e lo salutò – forse era solo un’impressione, forse lui neanche l’aveva guardata. Ma lui ricambiò il saluto con un veloce cenno e rimase a fissarla – poteva essere vero?
Petra continuò a camminare, senza accorgersi di essersi incurvata e di aver rivolto al pavimento gli occhi. Eppure davanti ad un gigante non abbassava mai lo sguardo.
Rilassati, Petra, su chi vuoi far colpo?
I sandali calpestavano con furia il pavimento, come se stesse realmente fuggendo – da Auruo? dal capitano? Finalmente trovò Claire, Eirene e Sibael. Claire era un po’ rossa in viso – come la ragazza bionda di Erd – e raccontò che si era trovata bene con Toimo.
Pareva non esserci alcun ricordo della brutta esperienza fuori dalla caserma e tutte loro erano bellissime, con sorrisi luminosi e sinceri.
Quella notte, Petra vorticò in un turbinio strano di emozioni, forse per colpa del vino, che continuava a bere. Gavino, che anche aveva bevuto, ci provò spudoratamente con lei e lei lo assecondò. Non baciava qualcuno dai tempi dell’addestramento, e forse le mancava un po’ di calore, poteva essere il motivo della sua irrequietezza?
Ma il suo malessere non si placò neppure dopo averlo baciato, o dopo aver visto Auruo arrabbiarsi, e le sue amiche ridere di gusto come non facevano mai in quel luogo di fantasmi.
Alla fine si sorprese a pensare che avrebbe voluto solo parlare col capitano. Avrebbe voluto raccontargli le parole che quegli uomini armati di bastone avevano rivolto a lei e alle sue compagne, avrebbe voluto raccontargli come si sentiva, e avrebbe voluto chiedergli come facesse ad essere così forte.
Nel delirio del vino, pensò che avrebbe voluto anche baciarlo.










Party rock! Oh beh, Attack on Titan è decisamente un mix di tutte le epoche possibili, lo è ufficialemente anche questa fic!

Per il prossimo capitolo mi prenderò un pochino più di tempo perché è più difficile e articolato (ebbene sì, si torna fuori dalle mura), ma comunque a presto e grazie a tutte per le recensioni :*
   
 
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