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Autore: Betta7    13/10/2015    4 recensioni
La ragazza S. e il ragazzo A.
Il Destino è un mistero che ci avvolge completamente nelle sue mani e, tra due anime affini, niente può fermare il corso dell'Amore.
" Non riuscivo a pensare lucidamente e, anche se era piuttosto stupido e alquanto imbarazzante, non riuscivo neanche ad immaginare quanto sarebbe stata bella.
Stringevo tra le mani il pacchetto con la rosa all'interno e, riflesso su di esso, vidi Sana scendere dalle scale.
Mi sembrò che il mio cuore si fosse fermato e che, improvvisamente dopo qualche secondo, avesse ripreso a battere. "

" Appoggiai di nuovo la testa sulla sua spalla e mi lasciai portare da lui, e mi resi conto in quel preciso istante dell'enorme fiducia che riponevo in quel ragazzo.
Eravamo amici-nemici, da sempre, eppure non avrei affidato la mia vita in mano a nessun altro. "

Dopo University Life, un'altra storia su un rapporto ai limiti dell'impossibile, un passo separa l'Amicizia e l'Amore.
Ma il Destino sa sempre cosa fa.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Natsumi Hayama/Nelly, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 9.
PROFUMO DI FIORI.


Pov Sana.

Aspettavamo ormai da un'ora buona fuori dalla sala parto. L'intervento di Natsumi era abbastanza semplice, un normalissimo cesareo, ma nelle sue condizioni tutto era sul filo del rasoio.
Akito era appoggiato al muro accanto a me, aveva lo sguardo perso e non riusciva nemmeno a parlare per l'agitazione. Mi avvicinai a lui e l'abbracciai, premendo le labbra sul suo collo, e cercando di fargli capire che c'ero, che anche se non potevo capire fino in fondo ciò che stava provando, poteva aggrapparsi a me.
Aspettammo ancora, stretti l'uno all'altro, con il signor Hayama seduto vicino a noi e le ore passarono lente.
Finalmente, dopo un'infinita attesa, un dottore venne da noi, dicendoci di seguirlo, perchè la bambina era stata messa in incubatrice.
Quando la vidi mi sembrò di vedere l'essere più bello al mondo.
Io, Akito e il signor Hayama rimanemmo interdetti a fissarla, cercando di trovare somiglianze che era ancora difficile intuire, e sembravamo incantati da quel corpicino circondato da tubicini che le permettevano di respirare.
Il dottore aspettò che smettessimo di guardarla per spiegarci la sua situazione medica.
«Essendo nata alla 32esima settimana la bambina ha bisogno di essere supportata durante la sua crescita. I polmoni non sono ancora sviluppati totalmente, quindi non potrà lasciare l'ospedale prima di due, tre mesi.»
Ascoltavamo attentamente le sue parole e, nonostante fossimo preoccupati, sapevamo che la bambina era forte e che, come sua madre, ce l'avrebbe fatta.
O almeno lo speravamo...
«Grazie dottore» esordì il signor Hayama «Penso che mia nipote sarà forte.»
«Lo penso anch'io, quindi state tranquilli. L'unica cosa che dovete fare è pregare per Natsumi. La medicina ormai non può fare più nulla.»
Annuimmo tutti e tre e il dottore strinse la mano ad Akito, congedandosi e lasciandoci soli.
«Ragazzi voi andate a casa, rimango io qui con Natsumi e la bambina.»
Io e Akito seguimmo il consiglio del signor Hayama e tornammo a casa, dove ci addormentammo quasi subito distrutti dalla giornata infinita.

*

Quella piccola mano mi stringeva forte, le mie dita sembravano enormi vicino alle sue ed era forse la sensazione più strana e bella che avessi mai provato.
Era come sentirsi vivi per la prima volta, come fare un tuffo dal trampolino più alto. Era spaventoso ed eccitante allo stesso tempo.
Non ero sua madre, speravo che non ci fosse bisogno di me in quel ruolo, ma comunque volevo creare un legame con lei.
Lei... improvvisamente ricordai che non le avevamo ancora dato un nome, nonostante fossero passati diversi giorni dalla sua nascita.
La guardai attentamente. Quella bambina doveva avere un nome degno della sua purezza.
Somigliava già così tanto a sua madre... era bellissima, un fiore delicato che non sarebbe stato strappato da nessuno, finchè ci saremmo stati io e Akito.
Uscii la mano dall'incubatrice e la annusai, era un odore che mi ricordava il giorno dell'Hanami che avevo trascorso insieme ad Akito.
Era profumo di fiori.

------------------------------------------------------------------------------------------

Pov Akito.

Correvo verso l'ospedale, Sana mi aveva chiamato dicendomi di sbrigarmi perchè aveva qualcosa di urgente da dirmi. Speravo si trattasse di mia sorella, pregavo - forse per la prima volta nella mia vita - che al mio arrivo l'avrei trovata sveglia e pronta ad abbracciare sua figlia.
Ma, ovviamente, il destino non era così benevolo nei miei confronti perchè, quando varcai la soglia della neonatologia, trovai Sana a fianco all'incubatrice di mia nipote con una serie di post-it tutti attaccati sul vetro.
«Ciao...» sussurrò quando mi vide e sfoderò uno dei suoi sorrisi che mi fece quasi dimenticare la corsa che mi aveva costretto a fare per arrivare lì.
Quasi.
«Che diavolo è successo per farmi arrivare qui così di fretta? Natsumi?».
Lei scosse la testa, sembrava sinceramente dispiaciuta per avermi dato false speranze.
«Okay... allora cosa volevi dirmi?».
Lei indicò l'incubatrice, mostrandomi tutti i post-it che gli aveva attaccato sopra.
Su ognuno di quelli c'era scritto un nome e, sotto, il suo rispettivo significato.

MASARU.
Vittoria.

SAKURA
Fiore di ciliegio.

MEGUMI
Benedizione.

KAORI
Il profumo dei fiori.

HOSHI
Stella.

Li lessi tutti guardando mia nipote, pensando a quale fosse il più adatto a descrivere la bellezza di quella creatura.
«Vorrei tanto che lo scegliessi tu.»
Quella frase mi uscì spontanea, quasi dettata da una voglia di appoggiarmi a Sana per quella decisione che non ero certo di saper prendere.
Sana mi guardò sgranando gli occhi e il castano delle sue iridi si scurì ancora più del solito per la sorpresa.
«No,  Akito... è tua nipote. Devi scegliere tu il nome.»
Scossi la testa, cercando di non sorridere e di essere il più serio possibile.
«E' nostra nipote. Fino a prova contraria sei mia moglie e abbiamo fatto tanto per proteggere questa bambina. Tu hai fatto tanto per lei, quindi voglio che sia tu a scegliere il nome.»
Improvvisamente me la ritrovai addosso, che mi stringeva in un abbraccio che mi dava a mala pena la possibilità di respirare e pensai di riuscire, finalmente, a parlarle, a dirle tutto ciò che pensavo.
«Prima, mentre ero qui da sola e le stringevo la manina, ho sentito un profumo meraviglioso... ed era lei. La mia mano aveva un bellissimo profumo di fiori. Io tifo per Kaori, quindi. Tu che ne pensi?».
A me piaceva molto, forse Natsumi avrebbe voluto darle il nome di nostra madre, ma Sana sembrava così entusiasta che neanche volendo sarei riuscito a dirle di no.
«E Kaori sia.»
Ci voltammo a guardare la bambina, continuava a muovere le manine e, quando Sana la toccò, improvvisamente si calmò.
Quello era il segno che mia nipote aveva trovato la sua seconda mamma e io, nel frattempo, avevo trovato l'amore della mia vita.

 
*

Ormai erano settimane che io e Sana facevamo la spola tra ospedale e casa, senza un attimo di tregua.
Le condizioni di mia sorella non accennavano né a migliorare e, per fortuna, neppure a peggiorare, mentre mia nipote cresceva giorno dopo giorno stupendoci sempre di più.
Sembrava cominciare a riconoscere sia me che Sana, quando le toccavamo le manine lei era sempre pronta a sgranare gli occhi e a guardarci come se fossimo stati la sua luce giornaliera.
Cercavamo di essere coraggiosi, di non farci prendere dal panico ma la speranza di uscire da quella situazione si faceva sempre meno vicina. Eravamo in trappola.
Stavamo entrando a casa quando il telefono di Sana squillo, lei sbuffò per un attimo passandomi il cellulare per farmi vedere chi era a chiamarla.
Rei.
Erano giorni che ci tartassava di telefonate, chiedendoci quando avevamo intenzione di mostrarci al pubblico. Sana, ovviamente, non aveva fatto altro che gridargli contro che, con la situazione che stavamo vivendo, non era il momento di pensare al pubblico o ai giornalisti.
Comunque rispose, cercando di essere il più cortese possibile.
«Ciao Rei... Si, la bambina sta meglio, anche se ha ancora bisogno dell'incubatrice. Si...»
Ascoltavo la conversazione e, nel frattempo, sistemavo la spesa negli scaffali facendo attenzione a non fare confusione perchè, per quanto Sana fosse profondamente disordinata, sulla spesa non transigeva: tutto doveva essere al suo posto.
«Va bene Rei... stasera usciamo, sei più tranquillo?».
Sana chiuse la chiamata e, tirando il telefono sul divano, sbuffò.
«Per quanto lo adori, certe volte immagino mille modi per ucciderlo in un secondo solo.»
Sorrisi, perchè sapevo che in realtà avrebbe voltato le spalle a chiunque per lui, lo considerava un padre.
«Cosa voleva?» chiesi avvicinandomi a lei.
«Stasera si esce.»
«Questo lo avevo intuito.» risposi sarcastico. «Ma il motivo?»
«Perchè dobbiamo farci vedere in pubblico. E' già passato un po' di tempo dalle nozze, Rei teme che i giornalisti, per avere qualche scoop, si appostino fuori casa, quindi vuole dargli quello che vogliono per zittirli una volta per tutte.»
Il ragionamento non faceva una piega, noi gli davamo ciò che volevamo avessero. Sagami non era stupido allora.
«Possiamo chiamare Aya e Tsuyoshi... se non ti va di uscire solo noi due.»
Speravo rispondesse di no, e per un attimo mi era sembrato che le mie speranze non fossero state vane, ma immediatamente i miei castelli di carta furono distrutti.
«Va bene. Chiamo io Aya, tu intanto fatti una doccia.»
La lasciai in cucina, col telefono tra le mani, mentre io mi diressi verso il bagno, pronto per la nostra uscita a quattro.

*

Stringere la mano di Sana era strano. Non era la prima volta che camminavamo mano nella mano, ma non lo avevamo mai fatto da marito e moglie.  
Aya e Tsuyoshi cercavano di rendere le cose il più normali possibili, ma non era facile confrontarsi con i propri migliori amici che si ritrovano sposati senza neppure avere il tempo di realizzarlo.
«Hai saputo di Jikishi e Nori?»
Le ragazze continuavano a spettegolare davanti a noi e io mi ritrovai a guardare Sana più del solito. Aveva indossato un vestito nero, semplice, e sopra un cappotto rosso fuoco che sembrava prolungare la fiamma dei suoi capelli, che avevano preso un colore più chiaro negli ultimi tempi.
Il suo sedere ondeggiava davanti ai miei occhi e io pensai di non riuscire a contenermi. Eravamo amici, ma eravamo anche marito e moglie, e io volevo di più.
Non mi bastava tornare a casa la sera e addormentarmi con il profumo dei suoi capelli accanto, non mi bastava sentire la sua voce subito dopo essermi svegliato. Il matrimonio di facciata non mi bastava più.
«Akito, devi dirglielo.»
Come al solito, Tsuyoshi non faceva altro che leggermi nel pensiero, captando ogni mio singolo dubbio e cercando in tutti i modi di aiutarmi a sbrogliare la matassa che lo componeva. Ma la mia era una matassa troppo confusa, si era annodata per anni e mai nessuno era riuscito a capirci qualcosa, neppure io.
«Devi spiegarle una volta e per tutte che non è solo tua nipote a tenervi legati.»
«Il punto è che quello è l'unico legame che lei vuole.»
Tsuyoshi mi guardò, alzando poi gli occhi al cielo.
«Tu o non capisci, o non vuoi capire. Sta aspettando che sia tu a fare la prima mossa, sai come sono le donne. Sana non fa eccezione, anche se è completamente svitata.»
Annuii, lasciando che i suoi pensieri continuassero a vagare insieme ai miei, anche se in realtà non sapevo nemmeno cosa avrei dovuto pensare.
La nostra situazione stava cominciando a diventare più complicata che mai e, non appena la bambina sarebbe stata dimessa dall'ospedale, saremmo stati circondati da pannolini e biberon e parlare sarebbe stato troppo difficile, più di quanto non lo fosse già.
Io e Tsuyoshi ci avvicinammo alle ragazze, lui prese per la mano Aya e io seguii il suo esempio.
Sana si voltò a guardarmi e mi sorrise, non era la prima volta che ci prendevamo per mano né che lo facevamo in pubblico, ma quella volta assunse un significato diverso e lo sapevamo entrambi.
«Ti sei calato proprio nella parte, eh?» chiese lei, continuando a sorridermi.
«Occhiali da sole voleva che fossimo affiatati, e io cerco di seguire le sue istruzioni.»
Improvvisamente, non saprei spiegare come, l'impulso di baciarla fu troppo forte. Non fu un bacio passionale, non volevo metterla in imbarazzo di fronte ai nostri amici e soprattutto di fronte a tutti i giornalisti che sapevo essere appostati chissà dove per spiare la prima uscita pubblica della coppia del momento, ma mi sembrò finalmente di aver ripreso a respirare dopo un lungo periodo in cui avevo trattenuto il fiato.
Mentre le nostre labbra erano ancora unite le spostai una ciocca di capelli e, ridendo, le feci fare un casquet veramente troppo teatrale.
«Hai proprio seguito alla lettera il suo consiglio.» disse senza fiato.
Io le sorrisi e le diedi un altro bacio, non ero nemmeno certo che fosse la cosa giusta, eppure non ero riuscito a controllarmi. Il suo profumo, la sua voce, le sue labbra rosse così vicine alle mie... Sana per me era un afrodisiaco e non riuscivo nemmeno a connettere il cervello con il resto del corpo quando lei mi stava accanto.
Quando la feci rialzare aveva i capelli tutti arruffati e la bocca rossa a causa del rossetto. Non riuscivo a smettere di guardarla, perchè se era bella dopo solo un bacio... come sarebbe stata dopo aver fatto l'amore?
Cercai di riprendere il controllo, anche se era troppo difficile, e mi accorsi che tutti attorno a noi ci stavano fissando, alcuni avevano persino dei cellulari tra le mani e ci stavano scattando delle fotografie.
Ricordai improvvisamente che non eravamo una coppia normale, che tutto ciò che facevamo era automaticamente mandato sotto i riflettori e quasi mi pentii del mio gesto troppo appariscente. Poi mi voltai a guardare il viso di Sana, sorrideva come una bambina di due anni, e il mio pentimento sparì all'istante.
Se lei era felice, cosa me ne importava del resto del mondo?

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Pov Sana.

Aya e Tsuyoshi continuavano a ridere, lo fecero per quasi tutta la serata. Un gesto come quello non era sicuramente da Akito, ma non mi dispiaceva quella nuova versione dello scorbutico ragazzo che conoscevo.
Tsuyoshi e Akito si erano allontanati di nuovo, parlavano bisbigliando come due ragazzine delle medie, mentre io e Aya bevevamo un drink sedute al tavolo del ristorante.
«Tu e Akito avete preso bene questa storia del matrimonio...» esordì Aya, dandomi una piccola gomitata e facendomi quasi cadere il cocktail addosso.
Risi e annuii. «Era una finta, Aya. Akito non farebbe mai una cosa del genere. Ha visto che qui intorno era pieno di giornalisti e ha fatto quello che Rei ci aveva suggerito: farci notare. Sai come sono i giornali, avrebbero inventato che siamo in crisi e avremmo avuto paparazzi anche fuori casa. Non ha significato niente.»
Mentre dicevo quelle parole non avrei mai immaginato che, voltandomi, mi sarei ritrovata Akito alle spalle con un'espressione tutt'altro che serena come quella di pochi minuti prima.
«Si, Aya, ha ragione Kurata. Non ha significato niente.»
Si voltò e, dopo aver lasciato i soldi per il conto, riprese a camminare insieme a Tsuyoshi davanti a noi.
La nottata sarebbe stata una tragedia.
Ci sedemmo al tavolo per la cena, ma l’atmosfera si era ormai raffreddata, notai che Aya e Tsu avevano tra le mani un solo menù e lo guardavano insieme, così presi coraggio, mi avvicinai ad Akito che guardava il menù come se fosse l’unica cosa interessante in quella sala, e misi la mia mano sulla sua. All’inizio si irrigidì, ma poi alzò lo sguardo e mi fissò con i suoi occhi ed io mi sentii persa, allora mi avvicinai e gli sussurrai: «Mi dispiace se ho detto qualcosa che ti ha infastidito ma, ti prego, cerchiamo di non rovinare la serata.» e dopo aver lasciato un bacio nella porzione di pelle sotto il suo orecchio, tornai a guardare la lista delle varie portate.
La cena proseguì in un’atmosfera rilassata, ridendo, scherzando e ricordando vari aneddoti. Decidemmo di proseguire la serata a casa nostra, lontani dai paparazzi, io ero così emozionata di far vedere la stanza di Kaori ai nostri più cari amici.
Erano ormai le due, così decidi di preparare altro caffè e, magari, anche qualche cappuccino. Akito diceva che ero dipendente da quella bevanda e che usavo ogni scusa per prepararmelo a qualsiasi ora della giornata. Mentre mi dirigevo in cucina, Aya chiese ad Akito di aiutarla a portare  dentro il regalo per la piccola.
La situazione con Akito sembrava risolta, ma sapevo benissimo che era una semplice parvenza perchè, non appena Aya e Tsuyoshi ci avrebbero lasciati da soli, sarebbero iniziati i veri problemi.
In realtà, ciò che avevo detto, era ciò che pensavo che lui avrebbe detto. Era ciò che credevo lui pensasse.
Forse non era davvero così e forse, ogni tanto, avrei dovuto riflettere prima di dar aria alla bocca.
Alla mia età non avevo ancora imparato quella lezione...

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Pov Akito.

Io e Aya non eravamo propriamente quegli amici che si confidano i segreti, non avevamo di certo lo stesso rapporto che io avevo con Tsuyoshi o con la stessa Fuka, ma c'erano state volte, quando avevo creduto che tutto mi stesse per crollare addosso, che le parole di Aya mi avevano aiutato. Era saggia, una dote che non avevo mai riscontrato in nessuna ragazza della nostra età.
Vicino alla macchina Aya si fece seria e si appoggiò allo sportello.
«Non puoi pretendere che Sana capisca i tuoi sentimenti, Hayama. Tu non sei onesto e chiaro con lei fino in fondo.» Poi chiuse gli occhi e incrociò le braccia sul petto. Io annuii e aspettai che parlasse.
«Capisco il tuo essere restio a dire a Sana una verità che è palese a tutti da tempo, ma so anche che ognuno di noi ha i suoi tempi che non devono essere, in ogni caso, forzati. Non arrabbiarti con lei perchè non capisce, non ne ha colpa.»
Forse Aya aveva ragione, forse Sana non riusciva davvero a fare chiarezza tra i miei e i suoi comportamenti, ma davvero era così ingenua da non capire quello che provo per lei da sempre?
«Sana ti ama al di sopra di tutto e tutti, dovresti averlo capito quando ha rinunciato a vari lavori negli States, che le avrebbero fruttato milioni di dollari, per restare vicino e te! E tutto questo senza battere ciglio, senza preoccuparsi del danno che probabilmente questi rifiuti avrebbero causato alla sua immagine. Anche tu dovresti imparare a leggerla un po' di più.»
Detto ciò mi lasciò indietro, con in mano una scatola enorme da portare in casa e mille dubbi che non facevano altro che farmi scoppiare la testa.
Sana Kurata, sarai sempre un mistero per me!



Dovete perdonarmi, non ho potuto ne rispondere alle recensioni ne pubblicare per un bel po' di settimane ma.... l'università è cominciata e le cose da studiare mi stanno sommergendo!
Spero che non vi abbia annoiato leggere e spero che continuerete a farlo! Un bacio e vi adoro SEMPRE!
Akura.




   
 
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