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Autore: Eleanor S MacNeil    14/10/2015    1 recensioni
Vol. I – La Figlia dello Scorpione
Di sangue grondano le mani. Di vendetta sono le voci che si alzano dalla terra.
Immersa nell'acqua del mare e nel sangue è riposta la corona degli scorpioni.
Posta sul capo del cervo e del lupo brilla la corona di foglie e ferro.
D'oro e sabbia è la corona dei leoni e nella terra è custodita quella dei serpenti.
Ascolta i bisbigli del silenzio, ascolta il clangore della battaglia, poiché la guerra è alle porte e il vento della vendetta soffia più forte.
Loro vogliono Sangue.
Loro vogliono Vendetta.
Loro porteranno Morte.
Quando i re cadranno nuovo sangue regnerà.
Possa il sangue di Tanaros vivere in eterno.
Revisionata.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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I Figli di Tanaros – Trailer

I Figli di Tanaros – This is War

Soraya an Sgairp – Broken Crown




Cap. 2

Ragione

















Dòchas era una penisola a sud del vecchio continente, una piccola appendice bagnata dal mare su tre lati, il solo collegato con la terra ferma, oltre il quale vi era deserto, era quello a nord, un confine delimitato da una catena montuosa aspra e ripida. A volte si era soffermata a guardare verso nord, domandandosi cosa vi fosse oltre quel deserto. I sacerdoti che venivano in pellegrinaggio al tempio del dio Sealgair, il dio del sole e del giorno, sposo della dea Àrsaidh, dicevano che non esisteva più nulla, la sabbia aveva divorato ogni edificio o paesaggio delle terre da cui venivano, il più grande impero della storia era sparito per sempre. Ciò che restava della civiltà si era rifugiata su quel fazzoletto di terra chiamato Dòchas, ancora di salvezza di un popolo disperato e senza più dimora che, cinquecento anni prima, aveva scelto di abbandonare la patria natale per cercare la speranza.

Dyani guardò oltre il finestrino della carrozza, mentre attraversavano il passo di Feadan, unica apertura presente nella catena montuosa che divideva Dòchas. Era il solo modo per raggiungere i regni di Crùn e Talamh per via terra. L'altro era via mare, ma era un viaggio più lungo e meno faticoso della traversata a cavallo.

Le alte montagne sembravano così minacciose viste dal basso. Sentiva l'eco degli zoccoli e dei carri infrangersi sulle ripide pareti rocciose. Ogni tanto poteva scorgere qualche piccolo sasso rotolare lungo la scarpata. In primavera era pericoloso, come aveva detto suo padre, i ghiacci invernali si scioglievano e questo poteva provocare delle frane.

Il corteo reale procedeva per quell'angusto spazio con estrema cautela. Gli uomini erano scesi da cavallo per poter controllare meglio la carrozza sulla quale lei, sua madre Acantha e suo fratello minore Safford viaggiavano, mentre Andràs, Ivar ed il padre Derek procedevano a cavallo, in testa alla carovana.

Nessuno parlava, per paura di provocare qualche danno. Si vedeva negli occhi dei presenti che quella traversata era pericolosa, ma negli anni i punti critici erano stati messi in sicurezza e gli incidenti si erano dimezzati. I mercanti ormai utilizzavano quel passaggio molto più frequentemente e Dyani non aveva alcuna intenzione di perdersi nessun paesaggio che Dòchas aveva da offrirle.

Avevano lasciato Gorm, la capitale di Keyll, da ormai dieci giorni, mancava poco per raggiungere le assolate terre di Crùn e la chiassosa capitale ricca di mercanti, fabbri e pescatori.

Lanciò un ultimo sguardo al crocevia che si erano lasciati alle spalle, la piccola biforcazione che conduceva in due sole direzioni: Keyll o Logh. Chiuse gli occhi per rivedere nella sua mente il fiume che fungeva da confine tra i due regni. Oltre la sua sponda c'erano le terre di Logh, da cui proveniva sua madre, con i pascoli di pecore, i templi degli dei Ceart e Geamhradh e delle dee Sgàile e Ùir, il lago Lauchlan, la capitale Abahinn ed il castello della casata dei Nathair-sgiathach. Logh era famosa proprio per essere la regione dove risiedeva la fede ed i sacerdoti venivano istruiti. Il regno era importante non solo per i pascoli di pecore che fornivano la lana a tutti i regni, ma anche per la presenza della baia di Adhar, al centro della quale sorgeva la famigerata isola di Coltas, il sacro luogo dove le sacerdotesse veneravano la più importante divinità del loro pantheon, la dea Àrsaidh.

Keyll, invece, era più fredda. La reggia nella quale era nata e cresciuta sorgeva in cima ad una collina che sovrastava la valle, alle sue spalle la foresta di Firth e la catena montuosa. Una delle reggie più antiche e grezze di Dòchas. A differenza della Rocca era ricoperta di muschi ed edera, tanto da essere chiamata la Reggia Verde. Era stata costruita vent'anni dopo l'approdo degli antenati su Dòchas, edificata attorno ad una pietra che nessuno fu mai stato in grado di spostare. Quel masso era diventato il trono dei re di Keyll, intagliato e lavorato perché fosse il seggio e il centro del potere del regno. Era circondata da mura di pietra alte, al di fuori delle quali si diramava la città di Gorm; l'aria, sapeva di bosco e terra in primavera estate e autunno, ma d'inverno era la neve a governarla.. Si diramavano torrenti, fiumi, pascoli erbosi e boschi in cui cacciare. Gli inverni a Keyll erano rigidi e nevosi, il sole sorgeva dal mare e tramontava dietro le montagne, ma non era mai abbastanza caldo da riscaldare la terra. Difatti l'unico alimento coltivabile erano le patate, il regno era popolare per la selvaggina e l'allevamento di bovini, il commercio con Talamh era il mezzo di sostentamento della regione.

Già le mancava la sua casa, la sua terra. A stento trattenne una lacrima, raccolta dalla paziente mano di sua madre. «Hai sedici anni, figlia mia, piangere non ti aiuterà di certo.»

«Piango per la nostalgia, non per la tristezza.»

«Ivar dice che a Crùn non piangono» s'intromise Safford, guardando la sorella con occhi curiosi. Povero piccolo, aveva dieci anni, doveva ancora scoprire molte cose del mondo.

Acantha sorrise dolcemente, accarezzando il viso del figlio. «Regno diverso, usanze diverse, ricorda piccolo mio.»

«Certo madre!»

Dyani, Safford e Ivar avevano ereditato dalla madre gli occhi verdi, Andràs somigliava molto più al padre.

Acantha aveva trentasei anni, Derek quarantaquattro, la stessa età di re Markos, forse per questo motivo erano buoni amici, oppure perché entrambi erano saliti al trono dopo la morte dei rispettivi predecessori avvenuta durante la battaglia finale della guerra civile contro Talamh.


***


Finalmente la sera giunse presto, Soraya non vedeva l'ora di abbracciare il marito e dargli la bella notizia, erano giorni che continuava a rimandare a causa dei preparativi per l'arrivo dei cù Allaidh, ma era ormai stufa di tenere quel piccolo segreto che, sapeva, avrebbe fatto felice Ragnar. Ancora non credeva di essere incinta, dopo solo tre mesi di matrimonio.

Camminava avanti e indietro per la camera, torturandosi le mani nervosamente. Voleva abbracciare Ragnar, baciarlo, sentire il suo corpo stringerla, le sue labbra sfiorarle il viso. In quei giorni si erano visti talmente poco, quando lui rientrava in camera lei ormai dormiva e quando Soraya si svegliava la mattina lui ormai era già uscito. Per gli dei, quell'uomo la faceva impazzire.

Poi la porta di aprì ed il marito entrò sorridendole. Gli occhi azzurro-grigio, i capelli biondo scuri, le spalle larghe ed il corpo muscoloso di un guerriero. Bello e micidiale come uno scorpione.

Gli corse in contro, saltandogli addosso, cingendogli la vita con le gambe. Sentì le mani grandi di Ragnar tenerle i fianchi mentre la baciava con urgenza, passione, amore.

«Odio questi giorni di distacco.»

«Ed io odio stare lontano dal tuo corpo.» aveva la voce profonda e roca, così calda e seducente.

Con un colpo del piede Ragnar chiuse la porta, conducendo la moglie verso il letto. Si stese sopra di lei, continuando a baciarla mentre la spogliava.

«Non vuoi sapere cosa ho da dirti?» domandò Soraya, spogliando il marito a sua volta.

«Dopo, prima voglio farti mia.»

«Non vuoi nemmeno sapere se ci sono delle novità?»

Ragnar la guardò negli occhi per qualche secondo. «Dopo.»

Soraya sentiva il sesso del marito premerle contro la coscia. Sapeva che non poteva fermarlo, nemmeno se avesse insistito, così si lasciò andare ai suoi baci, alle sue carezze. Inarcò la schiena quando lo sentì entrare in lei. Ansimò mentre facevano l'amore con urgenza, desiderio. Aveva desiderato sposare Ragnar sin dal primo istante in cui si erano conosciuti ed ora erano sposati ed in procinto di avere un figlio.

Con un colpo di reni invertì la posizione, ritrovandosi a cavalcioni sopra di lui, dettando le il ritmo di quella danza carnale.

Le mani di Ragnar si spostarono dai fianchi sui seni. «Mi sembrano più grandi, oppure sono stato troppo tempo lontano dal tuo corpo!»

«Non hai detto di voler parlare dopo?»

Ragnar non rispose, si mise seduto, spingendola contro il suo petto. Adorava vedere il volto di Soraya contrarsi di piacere ogni volta che la prendeva. Ed anche quella sera vide il suo sguardo di puro godimento mentre raggiungeva l'orgasmo e lui poco dopo lei.

Si accasciarono sul letto, ascoltando i loro respiri affannosi.

Soraya lo abbracciò poggiando il volto sul petto di Ragnar, intrecciando le gambe con quelle possenti del marito. «Ora vuoi sapere la novità?»

Ragnar la guardò, baciandole le labbra. «Dimmi pure, moglie.» la guardò sorridergli, sfiorando quella piccola cicatrice sul sopracciglio destro, scendendo con il dito fino alle labbra, baciandole con dolcezza.

«Aspetto un figlio.»

Ragnar rimase immobile per qualche secondo, sentendo il cuore battere all'impazzata come se avesse appena terminato una corsa attorno al regno. «Un figlio?»

Soraya annuì, tenendo il mento poggiato sul petto. Poi Ragnar si sollevò, sdraiandosi sul fianco e lei si mise sulla schiena, prendendogli la mano destra e portandosela al ventre. «Un figlio.»


***


A quindici anni avevano affrontato il rito di passaggio, il battesimo di sangue che li aveva visti uscire vittoriosi e guerrieri a tutti gli effetti, la prova era impressa nella loro carne, con inchiostro e sangue.

Erik si guardò l'avambraccio sinistro, toccandosi lo scorpione tatuato, per i membri della famiglia reale simboleggiava l'ingresso nell'età adulta, la fine della fanciullezza e l'inizio della maturità. Tutti i membri della famiglia reale di Crùn dovevano sottoporsi al battesimo una volta raggiunta l'età, erano pochi quelli che, nel corso dei secoli, non erano riusciti a superare la prova, perdere comportava la morte o, nel caso di sconfitta e sopravvivenza, si veniva esiliati. Il principe Bergen, figlio di re Steinar e della regina Tayb era morto durante il battesimo di sangue, ucciso dalla lama del padre. Fu la principessa Aliyah, la figlia maggiore, a succedere al trono di Crùn, diventando la prima regina an Sgairp. Lo stesso Slane aveva rischiato la morte, se l'era cavata solo grazie ad un inganno ben riuscito. Era sempre il re l'avversario da sconfiggere, poiché solo il migliore dei guerrieri poteva ambire al trono.

Anche Soraya aveva affrontato Markos ed era sopravvissuta al battesimo di sangue. Lo scorpione le era stato tatuato tra le scapole, insieme al serpente che le circondava il polpaccio sinistro, il simbolo che solo l'erede al trono di Logh poteva portare.

Erik bevve un altro sorso di birra, guardando verso la sua sinistra, poco distante scorse il balcone della stanza di Soraya e Ragnar, le luci erano spente, probabilmente si erano dati alla pazza gioia.

Sbuffò, non era molto felice di dover sposare una fanciulla sconosciuta solo per rafforzare un'alleanza, ma era il futuro re di Crùn, non poteva tirarsi indietro come aveva fatto Soraya quando, sei mesi prima, aveva scelto di sposare una guardia corvina.

Era stata promessa in sposa ad Andràs quando aveva solo cinque anni, eppure si era innamorata di Ragnar ed aveva lottato con le unghie e con i denti per ottenere ciò che voleva. In autunno quell'amore nato due anni prima era sfociato in qualcosa d'incontrollabile che Soraya non aveva più potuto nascondere al padre ed aveva supplicato il sovrano di lasciarla libera da quel fidanzamento imposto.

Markos aveva acconsentito ma ad una condizione, Ragnar non poteva pretendere titoli nobiliari o altre cariche prestigiose, era e sarebbe restato una guardia corvina senza privilegi alcuni rispetto ai suoi compagni. Questo non aveva turbato il guerriero, lui voleva solo Soraya, nient'altro. Non aveva mai avuto brame politiche o nobiliari. Il fatto che Soraya fosse una principessa era una semplice nota a piè di pagina, nulla di più.

C'erano voluti tre mesi perché Markos accordasse alla figlia il permesso di sposare un uomo normale, un guerriero, un soldato, ma Ragnar aveva dimostrato forza e coraggio, amore e dedizione che avevano convinto il sovrano a rompere il fidanzamento.

A causa di questa scelta lui ora doveva sposare Dyani. Ma non gli importava. Voleva vedere sua sorella felice e se questo voleva dire sposare una perfetta sconosciuta, allora non vi erano problemi. Era pur sempre una femmina nel suo letto, l'importante era che non fosse una di quelle che parlava senza sosta di merletti e canzoni.


***


Man mano che la carovana reale avanzava verso la Rocca, Erik cercava di trattenere la nausea provocata dal troppo bere della sera precedente. Lui e Ragnar erano andati alla taverna, ma mentre il cognato era rientrato abbastanza sobrio e lucido, lui aveva ingurgitato talmente tanta birra da non reggersi in piedi.

«Devi smetterla di ridurti in questo stato» lo rimproverò sottovoce Soraya, mentre stavano in piedi nel cortile principale del palazzo insieme al resto della famiglia reale e della Guardia Corvina al completo.

«Non sono affari che ti riguardano, sorella.»

«Lo diventano quando costringi mio marito a seguirti ogni sera alla taverna.»

«Non lo costringo, lui viene di sua spontanea volontà.» Erik sbuffò. «Cerca di stare tranquilla, sei gravida, devi rilassarti.»

«Sei sempre il solito, finirai per farti del male.»

«Sto per sposare una fanciulla a me sconosciuta solo perché tu non hai voluto sposare suo fratello, infrangendo un fidanzamento prestabilito da molti anni e sposando una guardia corvina per amore, dovresti solo ringraziarmi, invece di rimproverarmi.» Erik si pentì all'istante del tono accusatorio utilizzato. Non voleva ferire in alcun modo la sorella. «Mi dispiace, io non...»

Soraya deglutì, abbassando il capo. Le sue azioni avevano portato a quel momento. «Ho capito, e so cosa stai passando in questo momento. Mi sono innamorata di un uomo, sono andata contro il volere di nostro padre, ho rotto un fidanzamento per poter seguire il mio cuore, ma non pensavo che sposare Ragnar causasse tutto questo» bisbigliò lei.

Erik cercò di scusarsi nuovamente, ma le trombe suonarono e re Derk entrò dai cancelli in sella al suo baio nero, seguito dai figli maggiori, Andràs e Ivar.

«Re Derek, benvenuto!» esclamò Markos, andando in contro al vecchio amico, abbracciandolo come un fratello.

Ragnar scrutò attentamente ogni membro della famiglia reale di Keyll. Da dietro l'elmo nero vedeva i principi Andràs e Ivar salutare prima Erik e poi Soraya con un baciamano. L'erede al trono di Keyll aveva lanciato uno sguardo strano alla principessa, troppo allusivo per i suoi gusti, ma si dovette trattenere. Lui e Markos avevano stretto un patto quando aveva sposato Soraya: ogni volta che indossava l'armatura nera lui era semplicemente una guardia corvina, doveva proteggere la famiglia reale e salvaguardarla, poteva comportarsi da marito solo quando svestiva i panni della guardia. Non aveva preteso titoli nobiliari o terre, aveva solo chiesto di poter sposare una fanciulla che per lui non era altri che una giovane donna nel fiore dei suoi anni. Non una principessa o una futura regina, solo Soraya. Il loro matrimonio non aveva destato molti scandali all'interno del regno, una serva poteva sposare un nobile, o viceversa, senza problemi; era accaduto fuori dai confini di Crùn il vero dissenso. Doveva ancora scoprire cosa pensavano a riguardo gli abitanti di Logh, ma data la successione e la gerarchia a stampo matriarcale, non doveva essere un vero e proprio problema la sua provenienza non nobile.

Pian piano anche Acantha e gli altri figli scesero dalla carrozza, avvicinandosi. Dyani era di una bellezza candida e dolce, con lunghi capelli castani lasciati sciolti sulle spalle ed occhi grandi da cerbiatta. Safford era più piccolo, solo dieci anni, ma si vedeva la sua voglia di diventare adulto, se ne stava in piedi con il petto gonfio nel tentativo di imitare i fratelli maggiori.

Soraya notò lo strano sguardo che Acantha lanciava agli avambracci di Markos, o meglio, ai suoi tatuaggi. Il regno di Keyll non conosceva l'usanza di marchiare il corpo con disegni rituali, solo Crùn e Logh vantavano tale tradizione. I tatuaggi erano un segno distintivo del rango a cui si apparteneva, nobile o popolano quale fosse.

Ivar, intanto, guardava incuriosito le figure massicce dei dodici guerrieri che svettavano alle spalle della famiglia an Sgairp. L'armatura nera non sembrava pesante, era fatta principalmente in cuoio trattato e qualche placca di metallo nei punti vulnerabili. Dietro gli elmi si scorgevano solo occhi, naso e bocca, non abbastanza per dare loro un volto ben definito.

Li chiamavano “la guardia corvina”, erano un corpo speciale dell'esercito di Crùn, una specie di confraternita, addestrati per proteggere e combattere al fianco dei reali. Erano i migliori di tutto il regno, allenati sin da bambini e cresciuti con l'unico scopo di servire il re e la casata an Sgairp. Il loro nome derivava dai mantelli e dalle armature nere che portavano, per nascondere il sangue delle loro vittime. Non toglievano mai l'elmo, nessuno poteva vederli in volto, solo il re egli altri membri della famiglia reale.

La guardia contava dodici guerrieri da quando il primo re di Crùn, Erik I, aveva fondato quel corpo speciale. Quando ne moriva uno, veniva sostituito da un altro. A differenza degli altri soldati vivevano all'interno della Rocca e non nella caserma, erano figli di Guardie Corvine, scelti dal sovrano e addestrati per diventarlo a loro volta. Ragnar, difatti, era figlio e nipote di un ex Guardia, morto per proteggere re Morven durante la guerra civile contro Talamh.

Il loro comandate, si diceva, era il migliore tra tutti, secondo solo a re Markos. Riley Gaisgeach era il suo nome, la sua fama era ben nota a tutti i regni; primo guerriero di Crùn, si era distinto in battaglia salvando Markos da morte certa, il suo coraggio l'aveva portato a diventare il comandante della Guardia Corvina.

Riley non era solo una guardia, un guerriero, ma per anni si era occupato dell'addestramento dei principi Erik, Soraya e Marek, sotto ordine del re. Non spettava ad un membro della guardia addestrare i figli reali, ma Markos si fidava a tal punto di Riley da affidargli questo compito. Era anche l'unico dei dodici a poter stare senza elmo.

Ivar si accostò ad Andràs, sussurrandogli all'orecchio. «Chissà chi è la guardia che ti ha sottratto la futura sposa.» rise sommessamente, sentendo il corpo del fratello irrigidirsi.

Andràs non aveva preso di buon grado l'annullamento del fidanzamento, soprattutto perché era stato infranto a causa di un guerriero, un semplice soldato e non un nobile.

Il fastidio e la curiosità dei principi non sfuggì ad Erik, il quale non perse tempo ad avvicinarsi ai due. «Curioso, vero?» domandò, una volta affiancati i due. «Se fossi un bandito o un mercenario non mi metterei mai sulla strada di uno di loro. Sono più letali di uno scorpione.»

Andràs corrugò la fronte. «Sono così pericolosi?»

«Sono assassini addestrati ad uccidere chiunque minacci un membro della famiglia reale. Non provano pietà, non fanno domande, non vogliono sapere perché, loro uccidono e basta.»

Andràs guardò Erik allontanarsi con passo spavaldo. Non gli piaceva per niente, troppo sicuro di sé, troppo arrogante, senza tralasciare gli sguardi lascivi che lanciava a Dyani. No, Erik an Sgairp non era un principe, ma un guerriero nato e cresciuto nel sangue e nella sabbia di un'arena da combattimento.


***


Non si era mai preoccupata della sua bellezza, solitamente lasciava che fosse Azar ad acconciarla come meglio voleva. Aveva sempre portato le sue attenzioni e le sue cure alla lotta, alla lancia e al tiro con l'arco. Non le interessava superare Antee o le altre dame con l'aspetto fisico, si preoccupava di essere una formidabile guerriera. Ma ora, in mezzo ad Acantha e Dyani si sentiva in soggezione. Donne algide e bellissime.

Sola nella sua stanza si guardò allo specchio, scoprendosi le spalle e il seno. I capelli neri erano ondulati e abbastanza morbidi, merito degli impacchi di olii e erbe a cui Azar li sottoponeva una volta alla settimana, se fosse dipeso da lei non si sarebbe mai sognata di curarli così tanto. La pelle aveva qualche segno, lividi procurati durante gli addestramenti e la cicatrice sulla scapola sinistra, un ricordo del battesimo di sangue. Osservò i suoi tatuaggi, un serpente che si arrampicata attorno al polpaccio sinistro, dalla caviglia al ginocchio e lo scorpione tra le scapole.

Gli occhi, la parte del suo corpo alla quale prestava molta attenzione, dal taglio orientale di un blu intenso che ricordava il mare in tempesta. Il volto ovale, dagli zigomi alti, il naso lievemente storto, merito di un serpente che aveva fatto imbizzarrire il suo cavallo, disarcionandola e facendole sbattere la faccia su una radice sorgente, e la bocca dalle labbra asimmetriche, con il labbro superiore più sottile, rispetto a quello inferiore.

Soraya sospirò, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia, senza staccare lo sguardo dal suo riflesso. «Non sono bella come la mamma.»

«Voi avete una bellezza diversa, principessa.»

Soraya si voltò, scorgendo Azar in piedi, sulla porta. «Da quanto sei lì?»

«Abbastanza» rispose la nutrice, avanzando verso la principessa. «Possedete uno sguardo magnetico, capace di attirare gli uomini come solo il mare sa fare.»

«Il mare è magnetico?» sorrise Soraya, lasciando che Azar le spazzolasse i capelli.

«Gli uomini sono da sempre attratti dal mare, dalle sue vastità. Sognano di solcarlo, di esplorare le sue profondità. Il mare non è come la terra, è acqua e l'acqua non può essere lavorata o manipolata. L'acqua è un elemento forte, indomabile, riesce a farsi strada nella terra, a corrodere la pietra, a spegnere il fuoco. E voi siete proprio così, voi avete una tempesta marina negli occhi, la più potente che esiste al mondo.»

«É questa la mia bellezza?»

«Ci sarà un motivo per cui vi sottopongo ad ore di torture, come le chiamate voi» disse Azar, mettendosi le mani sui fianchi e guardando il riflesso di Soraya. «Voi non fate mai caso al vostro aspetto fisico, se in questi anni non ci fossi stata io, probabilmente sareste più simile ad una selvaggia che ad una principessa. Io vi faccio quegli impacchi ai capelli, al corpo e al viso non per divertimento personale, ma per rendervi bella e desiderabile.»

«Oh, quindi la mia bellezza sarebbe merito tuo, Azar?» domandò con sarcasmo Soraya, ridendo e osservando il volto segnato dal tempo della donna.

«Voi avete la bellezza di vostra madre, ma spesso la nascondete sotto tonnellate di polvere e sabbia, solo per il divertimento di vedere degli uomini cadere sotto i colpi di una donna. Io vi aiuto a tirarla fuori.»

«Non vedo cosa ci sia di male a mettere al tappeto degli uomini. Sono di Crùn e sanno tutti che nel regno le donne imparano a combattere per potersi difendere quando non ci sono gli uomini.»

«Meglio essere come te, che come le donne là fuori!»esclamò una voce maschile.

Soraya rimase spiazzata, voltandosi verso Erik. Era entrato senza bussare, raggiungendo il letto a grandi passi e gettandocisi sopra. «Hai per caso lasciato l'educazione nell'arena?»

«Ascoltami bene, Soraya, non diventare come quelle oche starnazzanti là fuori.»

Soraya alzò gli occhi al cielo, suo fratello non la stava minimamente ascoltando. «Che hanno le donne di Keyll?»

«Non ho fatto un solo passo, da stamane, senza avere i loro occhi puntati addosso» rispose Erik. «Va bene, sono attraente, bello, affascinante, ma quando vi parlo fingete almeno di sapere cosa sto dicendo. Vi racconto dei combattimenti e degli addestramenti e voi restate lì senza nemmeno commentare.»

«Le donne di Keyll non hanno a che fare con la guerra, gli uomini le sposano per la loro bellezza, non per il loro valore in combattimento.»

«Dovrebbero imparare a difendersi, invece di aspettare che venga un uomo a salvarle!»

Soraya si alzò, avvicinandosi al fratello e sedendosi accanto a lui. Lo guardò sdraiato sul letto, con gli occhi fissi sul soffitto e le mani intrecciate sull'addome. «Prima, nel cortile, le tue parole mi hanno profondamente ferita, Erik.»

Erik corrugò la fronte, sollevandosi e puntandosi sui gomiti. «Sai che non pensavo quello che ho detto. Ero solo stanco e...e con i postumi di una sbornia. Non volevo ferirti né, tanto meno, darti la colpa di queste nozze.» Erik le prese la mano, accarezzandole il dorso. «Purtroppo non possiamo scegliere di chi innamorarci, giusto?»

Soraya annuì, poggiando la fronte contro quella del fratello. «Un giorno sarai un ottimo re.»

«E tu un'ottima regina. Avrai il trono di nostra madre, il suo regno, la sua eredità.»

Presto, pensò, al compimento dei suoi diciotto anni sarebbe stata incoronata regina di Logh e, sulle sue spalle, sarebbe pesato il destino di un regno che non aveva mai visto o conosciuto.


***


La sera giunse presto e, con lei, anche il banchetto in onore degli ospiti. A cinque giorni dalle nozze quel convivio era un modo per mettere tutti a proprio agio e riposarsi prima del grande evento.

Dyani aveva tentato in ogni modo di avvicinare Erik, anche solo per scambiare qualche parola, ma ogni volta che provava a muovere un solo passo verso di lui, egli sfuggiva al suo sguardo. Eppure si circondava di belle donne, fanciulle del seguito di Acantha che non avevano mai visto un uomo di Crùn in vita loro. Con quelle ochette senza ritegno parlava, con lei invece sembrava volesse evitarla come la peggiore delle malattie.

«Non pressarlo, lascia che sia lui a venire da te.»

Dyani scattò sul posto, udendo alle sue spalle la voce di Soraya. Si portò una mano al petto, prendendo un respiro profondo. «Principessa, mi avete spaventata!»

«In primo luogo ti consiglio di smettere di darmi del voi, abbandonalo, non sopporto quando si rivolgono a me con tanta riverenza. Chiamami semplicemente Soraya ed io ti chiamerò Dyani.»

«Come volete, scusami, come vuoi.»

«Così va meglio.» Soraya sorrise, porgendole una coppa di vino. «In secondo luogo...mio fratello è un donnaiolo, non sopporta le donne troppo appiccicose e pressanti, devi lasciare che sia lui a volerti avvicinare.»

«Non mi ha ancora rivolto la parola.»

«Oltre che donnaiolo è un completo idiota, devi tenerlo a mente se vuoi riuscire a far breccia nel suo cuore.»

Dyani annuì. Guardò attentamente la giovane che aveva davanti. Aveva i capelli neri raccolti in trecce attorno al capo, il collo corto scoperto, come le spalle e le braccia, ed il vestito blu e nero le scendeva sul corpo morbido, solo i seni erano fasciati, stretti da una striscia di stoffa nera ma, benché l'abito fosse leggermente largo, riusciva a scorgere fianchi larghi e vita stretta. Era poco più alta di lei, snella, con lacci di pelle nera legati alle braccia. Non indossava gioielli, all'infuori di una bracciale argento e oro raffigurante due serpenti.

Aveva l'aspetto di una guerriera nonostante l'abito femminile ed il viso sorridente.

«Altri consigli?» domandò Dyani, sorseggiando il vino offerto.

«Evita di parlare di pizzi e merletti o di canzoni e danze. Prova a fargli domande riguardo agli addestramenti o alle armi. Erik è narcisista, adora parlare di sé.»

«E tu, Soraya? Che tipo sei?»

«Io sono quella che odia le domande e preferisce i fatti alle parole.»

Intanto Ivar e Andràs avevano scoperto chi era Ragnar, il famoso soldato che aveva provocato la rottura del fidanzamento tra Soraya e l'erede al trono di Keyll. I due lo trovarono seduto con Riley, entrambi senza armatura. Era stato loro concesso di partecipare alla festa come membri della famiglia e non come guardie.

«Ragnar Gaisgeach, giusto?» domandò Andràs, sedendosi sulla panca accanto a lui.

Ragnar lo guardò di striscio. «Piacere di conoscervi, vostra altezza.»

Il sarcasmo usato dall'uomo non piacque particolarmente ai giovani principi, ma sorvolarono sul tono, dopotutto avevano a che fare con un assassino addestrato, non con un semplice soldato.

Ragnar aveva ventotto anni, era figlio di Rohan Gaisgeach, fratello maggiore di Riley ed ex membro della guardia corvina deceduto quando lui era solo un bambino, era stato lo zio a crescerlo. Della madre non si sapeva molto a parte il fatto che era una sacerdotessa di Coltas.

«Ero curioso di conoscere l'uomo che aveva rubato il cuore della principessa Soraya causando la rottura del nostro fidanzamento.» Andràs era ubriaco e questo non era passato inosservato a Ragnar, il quale si limitò ad annuire, continuando a bere la sua birra.

Riley alzò un sopracciglio, sorridendo dietro i baffi scuri. Suo nipote si stava trattenendo dal prendere a pugni i due principi che stavano cercando di provocare in lui una reazione rabbiosa. «Ragnar, credo che tu debba andare a controllare la principessa Soraya.»

«Giusto, Soraya, la principessa che ha sposato un semplice soldato.» Andràs stava riversando in quelle parole tutta la rabbia provata mesi prima. Aveva desiderato Soraya, nonostante il loro fosse stato un fidanzamento politico, e si era sentito umiliato quando lei aveva preferito un uomo qualunque a lui.

Ragnar si passò una mano su barba e baffi, alzandosi dalla panca, imitato dal principe ormai brillo. «Vorrei ricordarvi, principe, che a Crùn non ci sono soldati, bensì guerrieri.» Era nettamente più alto di Andràs, di almeno una spanna e mezza, ed anche più grosso, ma questo non fermò di certo il principe, il quale cercò di sferrare un pugno al volto di Ragnar. Il colpo andò a vuoto, causando la caduta del giovane e le risate de presenti.

«E ancora vi chiedete perché lei abbia preferito me a voi» sospirò Ragnar, osservando Andràs cercare di rimettersi in piedi, sorretto dal fratello. «Con permesso.»

Riley rise di quella scena. Non aveva mosso un solo muscolo, era rimasto seduto a bere la sua birra e ad osservare il nipote umiliare involontariamente sua altezza reale il principe Andràs cù Allaidh, l'erede al trono di Keyll che ora guardava paonazzo i presenti, consapevole di essersela cercata. Grazie agli dei non si era mai innamorato.

Ma quella scena così disastrosa venne subito dimenticata quando re Markos si alzò attirando l'attenzione dei presenti. Il silenzio calò all'istante mentre Soraya e Ragnar lo raggiungevano, mettendosi alle sue spalle.

«Vorrei approfittare di questo gaudio banchetto per condividere con voi, amici e alleati, una notizia che giorni fa mia figlia, la principessa Soraya, mi ha comunicato.» Markos sorrise alla figlia e al genero. «Quest'estate, tra meno di quattro mesi, la vedremo incoronata come regina di Logh, ma in autunno potremo ammirarla nel ruolo di madre, poiché aspetta un figlio che, speriamo sia una femmina!»

I presenti proruppero in un applauso generale, accompagnato da grida di gioia e risate.

Ragnar sorrise alla moglie, lasciandole un lieve bacio sulle labbra. Forse non possedeva una bellezza algida e abbagliante, ma era diversa dalle altre donne. Lei era fiera, caparbia, aveva un sorriso contagioso e quando la guardava negli occhi era come immergersi nelle profondità marine, in quelle acque sferzate dalla tempesta estiva capace di sradicare alberi e affondare perfino la nave più robusta.

Questo per lui era Soraya, una tempesta capace di rinfrescare e distruggere al tempo stesso.






Pronunce


Ceart - Chersht

Sgàile - Sgale

Ùir – Uir, U chiusa

Sealgair - Scialacal

Lauchlan – Lichlan, CH aspirati

Abahinn - Apein

Firth – Farsh, H aspirata

Gorm - Gor



Angolo Autrice

Iniziamo a conoscere meglio le tradizioni dei vari popoli, la storia, i personaggi. Siamo venuti a sapere di un precedente fidanzamento rotto.

Abbiamo fatto un salto nelle tradizioni di Crùn, l'uso dei tatuaggi, il battesimo di sangue, lo stesso vale per Logh, regno che approfondiremo più avanti. Per non parlare della religione, che avrà un ruolo quasi cruciale nella trama.

Lo so, in questi capitoli sto dando molta importanza a Soraya, ma abbiate pazienza, presto anche gli altri personaggi avranno un loro siparietto.

Spero che non abbiate sbadigliato leggendo questo capitolo!

Buona lettura.

Ele

   
 
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