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Autore: Abigail_Shadow_William    14/10/2015    0 recensioni
Nessuno aspettava lui.
Nessuno aspettava a casa quel ragazzo, magari per baciarlo, per coccolarlo e amarlo. O magari per mangiare qualcosa insieme a lui, o guardare un film insieme.
Io invece, sarei stato pronto ad aspettarlo tutta la sera, tutta la notte. Magari tutta la vita.
E poi ci fu un attimo, in cui i nostri occhi si incastrarono. In cui quelle pozze verdi si mescolarono alle mie pozze azzurre. I nostri sguardi combaciarono perfettamente, si unirono come pezzi di puzzle. Era come se fosse stato scritto da tempo, quell’attimo. Quell’istante infinito in qui gli occhi di un ragazzo di nome Harry, lucidi e stanchi si unirono a quelli del ragazzo di nome Louis, che cercavano di capire.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPTER 6 – What I feel


Il giorno seguente mi presentai alla fermata con un’ora di anticipo. Mi aspettavo di vedere anche il mio riccio prima del dovuto, invece dovetti aspettare fino alle 19:54, ovvero nove minuti prima dell’arrivo del bus per poterlo vedere.

Nonostante ciò, appena lo vidi arrivare mi spuntò un sorriso a 32 denti. I capelli scompigliati, il cappotto nero, i jeans attillati e la sua sciarpa bianca accompagnavano il suo passo svelto e corto. Harry si appoggiò con disinvoltura al palo vicino a lui. Si guardò le scarpe e, con una leggera smorfia, ripose il telefono nella tasca.

Non so come, quando, dove trovai la forza di avvicinarmi, ma lo feci. Era quel moro che mi condizionava.
Mi sarei aspettato un bacio a stampo, come minimo, per salutarci.
Anche se poi, ripensandoci, non erano cose da Harry.
 
«Ehi», lo resi cosciente della mia presenza, facendo un lieve cenno con la mano sinistra.
«Louis», rispose lui, sorridendo, ma poi spostando subito il suo sguardo di fronte a sé.
Io rimasi immobile lì per un attimo interminabile, a guardarlo, senza sapere cosa fare. Quel silenzio sembrava del tutto innaturale, anche se ad Harry pareva non esser così tanto fastidioso. Infatti scrutava i passanti con occhio vigile, come se cercasse i particolari, e non mi prestava molta attenzione.

«Terra chiama Harry», scherzai, ridacchiando, richiamando la sua attenzione e facendolo sorridere.
«Sì, scusami, mi stavo soltanto domandando perché non arriva il bus», balbettò lievemente, leggermente a disagio. Domanda insolita.
«Harry, ma il bus è sempre arrivato alle 20.03…», gli risposi accarezzandogli la spalla coperta. Lo sentii rilassarsi sotto al mio tocco e tirare un sospiro di sollievo.
«Uff, hai ragione, sono un po’ teso», non era tipico di Harry, o almeno, non in quel modo.
«Tranquillo, andiamo a bere un caffè?», proposi.
Lui esitò, per poi annuire e staccarsi dal palo.

Sorrisi soddisfatto, seguendo il riccio lungo Shaftesbury Avenue, completamente incasinata.
Aumentai il passo, per riuscire a camminargli accanto, e poi tentai di prendergli la mano, anche se, la prima volta che sfiorai la sua pelle nuda, la ritrasse, insicuro. Ritentai e, a quel punto, si lasciò andare. Mi strinse la mano e io gli sorrisi.

Trascorremmo tutta la durata del tragitto in silenzio, legati, forse anche da qualcosa di più delle nostre mani.
Arrivammo fino a Piccadilly Circus. La piazza era affollata, come sempre. Notammo però che, vicino alla fontana, la gente era ammassata, tutta disposta in cerchio, attorno a qualcuno.

Ci avvicinammo anche noi, e mentre Harry riuscì a vedere subito di chi si trattasse, io dovetti alzarmi in punta di piedi. In mezzo a tutta quella gente c’erano due ragazzi che ballavano. La ragazza aveva i capelli biondi raccolti in una coda di cavallo ed un fisico bellissimo, mentre il ragazzo indossava solo una felpa e dei pantaloni strappati.

Ballavano sulle note di “Your Hand In Mine”, degli Explosions in the Sky. Mi venne quasi da piangere ascoltando quella canzone.
Ricordavo di averla ascoltata moltissime volte durante la mia adolescenza, soprattutto dopo tutte quelle volte in cui mio padre picchiava me e le mie sorelle.
Le mie memorie riaffiorarono, e nemmeno mi accorsi di aver permesso ad una leggerissima lacrima di rigarmi il volto. Strinsi la mano di Harry, e lui si voltò verso di me.
Non lo stavo guardando, semplicemente lo vidi con la coda dell’occhio.
Sorrise.

«Andiamo Louis», mi tirò con sé, distraendomi dalle note degli Explosions in the Sky.
Mi condusse ad un bar lì vicino, aprendomi la porta e facendomi entrare.
All’interno di esso c’era parecchia gente ma sembrava ugualmente fresco e pulito.
Ci sedemmo ad un tavolo vicino all’enorme finestra che dava sulla piazza.

Una cameriera anziana arrivò a prendere le ordinazioni, ed ordinai un cappuccino sia per me che per Harry.
Lui però non mi guardò nemmeno. Rivolse il suo sguardo altrove. Osservava le persone che camminavano per strada, che ridevano, che erano felici.
Probabilmente lui non avrebbe mai avuto tutta quella felicità. Forse pensava che mai avrebbe avuto una bella vita. I suoi demoni lo stavano divorando lentamente ed io non potevo fare niente per fermarli.

Non ci pensai nemmeno, lo feci d’istinto. Mi allungai verso di lui e gli stampai un leggero e dolce bacio sulle labbra. Lui rimase sorpreso, non pensava l’avrei fatto davanti a tutti, e invece era proprio così. Quando mi staccai tornando a sedermi al mio posto, notai che un signore alle spalle di Harry mi osservava con un’espressione di disgusto. A me non importava.

Lo feci sorridere, solo quello contava per me. Fu lui ad afferrarmi le mani, continuando a tenere gli occhi fissi sui miei. Non sorrideva più, le sue iridi verdi erano inondate di lacrime, ma non ne versò nemmeno una. Era davvero bravo a tenere tutto dentro.
Quando ci portarono le nostre bibite iniziammo a parlare. Lui mi raccontò del suo lavoro, del suo appartamento e del suo cane Whisky, o meglio il cane suo e di sua sorella.
Io gli raccontai per lo più del liceo. Di tutti i miei amici, di Calum, di Luke, di Ashton e di Michael, e delle mie sorelle e il mio piccolo fratellino.

«Se ti dicessi i nomi di tutte non te li ricorderesti», ridacchiai bevendo un sorso del mio cappuccino.
«Ehi, ho buona memoria io. Proviamo», rispose con tono di sfida.
Io gli rivolsi un sorriso malizioso.
«Va bene. Daisy, Phoebe, Félicité, Doris, Georgia, Charlotte e Ernest, mio fratello.»

Lui annuì, socchiudendo gli occhi in segno di concentrazione. Io invece lo fissavo con un impercettibile sorriso. Era bellissimo, i suoi ricci erano arruffati ed aveva le guance leggermente arrossate dal freddo. Era davvero tenero, somigliava ad un bimbo.
«Ci sono. Georgia, Phoebe, Félicité», iniziò ed io annuii per confermare, «Daisy, Doris, e poi Ernest e…» Cercò di ricordare il nome dell’ultima sorella assumendo un’espressione corrucciata. Era davvero buffo.

«Vedi che non te lo ricordi?», puntai il dito su di lui con tono accusatorio.
«Non è vero. Aspetta, ce l’ho!»
«Spara.»
«Carol», affermò con tono convinto, ed io scoppiai in una sonora risata, «che c’è?», domandò Harry mettendo un finto broncio ed incrociando le braccia al petto.
«Charlotte!», lo corressi continuando a ridere, «Hai perso!»
Lui annuì, arrendendosi.

Ad un certo punto, due goccioline si posarono sulla finestra del locale, e in meno di un secondo diventarono 20, poi un centinaio, e dopo qualche minuto il cielo era completamente coperto di nuvole e l’acqua cadeva a catinelle sopra Londra.
Ci voltammo entrambi verso la città, per osservare le goccioline di pioggia che facevano a gara sul vetro del bar.
In seguito rivolsi di nuovo gli occhi al ragazzo che avevo di fronte.
«Amo la pioggia», disse poi con lo sguardo perso nel vuoto, rimpicciolendosi nel suo cappotto nero.
«Anche a me piace.»

Lui guardava fuori ed io guardavo lui. Mi chiedevo come facesse un ragazzo tanto meraviglioso ad essere così solo e triste. Sapevo che aveva bisogno di qualcuno. In fondo tutti ne hanno bisogno, ma io ero più che certo che desiderava soltanto essere speciale per qualcuno. Magari voleva avere una persona che lo attendesse a casa dopo il lavoro con una buona cena calda e del buon vino, che lo baciasse appena entrato in casa e che gli dedicasse ogni attenzione di questo mondo. Lui se lo meritava.

Rimanemmo a parlare seduti a quel piccolo tavolo in quel minuscolo locale londinese fino a mezzanotte, tanto che la barista dovette cacciarci fuori all’orario di chiusura.
«Allora ci vediamo domani», lo guardai timidamente per poi sorridergli.
«A domani», rispose il riccio, con il volto oscurato.
Ormai era notte fonda e noi ci trovavamo davanti al palazzo dove abitava Harry, il numero 57.
Le stelle brillavano in cielo e da quell’angolo della città si potevano osservare benissimo.
«Domani se ti va possiamo andare al cinema», proposi facendo spallucce.
Lui annuì semplicemente. Sembrava quasi incapace di parlare.

Non sapevo come avrei dovuto salutarlo. Si insomma, ci eravamo già scambiati qualche bacio, ma non significava che io potessi baciarlo tutte le volte che volevo.
Sì, volevo baciarlo, ma non credo lui lo volesse.
Mi guardai le scarpe, cercando di trovare il modo per concludere la serata.
Così decisi di fare un piccolo e semplice gesto. Mi alzai in punta di piedi, dato che lui era più alto di me di diversi centimetri e gli lasciai un leggero bacio sulla guancia.

Nonostante fosse davvero buio riuscii a vedere il suo bellissimo sorriso e spuntare due piccole fossette.
Nemmeno mi accorsi che, mentre lo baciavo, aveva poggiato le mani sui miei fianchi.
Mi piaceva quel contatto, così delicato e dolce. In quel momento ebbi davvero l’impulso di baciarlo. Non sulla guancia, ma sulle labbra. Però dovetti trattenermi.

«Buonanotte Harry», sussurrai, per farmi sentire soltanto da lui.
«Buonanotte Lou.» A quel punto fu lui a chinarsi su di me e lasciarmi un piccolo bacio sulla guancia, per poi voltarsi e sparire all’interno del palazzo.
Quando presi il bus per tornare a casa, ripensai a tutto quello che era successo. Mi aveva raccontato molto di lui. Non aveva amici, nessuno gli voleva bene, tranne quella sua unica sorella. Era stato abbandonato dai suoi genitori perché non erano stati in grado di tenersi un figlio depresso.

Io non lo avrei mai fatto. Io lo avrei cullato fra le mie braccia tutta la notte. Lo avrei baciato. Io lo avrei aspettato a casa, gli avrei preparato la cena e lo avrei coccolato dopo una giornata di lavoro.
Sarei rimasto fino al giorno dopo legato a lui, ad osservare le stelle insieme a lui e a dormire insieme a lui.
Erano sogni ridicoli, quelle non erano cose da Harry. Lui non era solo romantico, lui era anche depresso. Lui non si sarebbe lasciato prendere facilmente, ed io lo sapevo. Avrei dovuto fargli capire che non gli avrei mai fatto del male, che lo avrei trattato con rispetto e non lo avrei mai sfiorato con un dito. Aveva paura di tutti, e anche di me.

Quando arrivai nel mio appartamento, la prima cosa che feci fu scrivere quello che era successo sul mio diario. Scrissi appena due righe, prima di addormentarmi, con mille pensieri nella testa ed un mucchio di domande senza risposta.
 
***
 
Il giorno dopo arrivai a scuola con un ritardo di ben 30 minuti, siccome mi ero svegliato con un’assurda voglia di cereali, e ovviamente a casa mia non li avevo.
È stupido ma non potevo non avere quei maledettissimi cereali, così ero andato al negozio di alimentari più vicino per comprarmene qualche scatola. Probabilmente la cassiera pensò che fossi pazzo, sembravo un drogato di cereali.

Quando entrai in classe tutti si voltarono verso di me ed io mi sentii profondamente in imbarazzo. Fortunatamente Luke, nonostante non mi avesse visto arrivare all’orario di inizio lezione, si era ugualmente seduto in un banco in fondo all’aula da solo; così domandai scusa alla professoressa di matematica e, con lo sguardo basso, andai a sedermi al suo fianco.

«Mi spieghi dove cazzo eri?»
«Buongiorno anche a te Lukey», feci roteare gli occhi per poi sbadigliare. Stavo morendo di sonno.
Mi chinai sulla mia cartella e ne estrassi l’astuccio.
«Pensavo avessi fatto una brutta fine», ridacchiò lui sistemandosi il ciuffo, torturandosi con i denti il piercing che aveva fatto appena sotto al labbro.

«Non portare sfiga», risi per poi poggiare la testa sul mio quaderno. Per grazia divina la signora Cooper era intenta a scrivere formule incomprensibili alla lavagna, e poi era talmente stupida da non accorgersi mai di quello che accadeva in aula, quindi potevo benissimo fare una piccola dormita senza rischiare una nota sul registro.
«Luke, svegliami se mi sta guardando o se dobbiamo andare», lo avvertii con la voce impastata dal sonno, senza già  più capire molto quello che stava accadendo o quello che stavo dicendo. Poi mi addormentai.
 
Luke mi svegliò alla fine dell’ora dicendomi che la professoressa non aveva rivolto lo sguardo nella mia direzione nemmeno una volta e che quindi non si era accorta di niente. Dopo qualche secondo eravamo già ai nostri armadietti.
«Devo raccontarti una cosa», sussurrai cercando di farmi sentire solamente dal mio amico. Sapevo che lui mi avrebbe ascoltato e che sarebbe riuscito a capirmi. Luke era gay e stava con Michael da più di un anno, quindi sapevo che con lui non avrei avuto problemi a confessare quello che credevo di provare nei confronti di Harry.

Parli del diavolo… In quel momento spuntò proprio Michael, con la sua chioma di capelli verdi sparati per aria, e il suo giacchetto nero di pelle. Appena ci raggiunse salutò prima me, e poi baciò a stampo Luke, senza farsi molte paranoie. Li ammiravo moltissimo. L’anno precedente avevano avuto diversi problemi con il dirlo agli altri ma soprattutto alle loro famiglie, ma adesso… adesso non si nascondevano più, erano abituati a stare insieme in pubblico, a tenersi per mano e perfino a baciarsi. Nessuno li prendeva in giro, per il semplice fatto che Luke era il capitano della squadra di football della scuola, nonché il ragazzo più figo del liceo, e nessuno si permetteva mai di insultarlo in qualsiasi modo. Michael non veniva deriso solo perché era, appunto, il suo ragazzo.

Sorrisi alla scena. Anche Luke aveva sorriso, per il bacio. Non avevo mai visto un amore più grande del loro.
«Certo, dimmi tutto», mi rispose poi finalmente, prendendo per mano Michael ed osservandomi mentre riponevo i quaderni nel mio armadietto e richiudevo l’anta.
«Ho conosciuto un ragazzo.» A quel punto entrambi sgranarono gli occhi. Erano davvero stupiti, anche se a me non sembrava una cosa tanto strana.
Nessuno avrebbe mai pensato che a Louis Tomlinson potesse piacere un ragazzo.

«Che cosa?», esclamarono in coro. Però, in quel momento esatto arrivarono anche Calum e Ashton, che sghignazzavano come due coglioni. Il gruppo era al completo. Ci raggiunsero e ci salutarono con un “ehi”. Non avrei più potuto parlare con Luke della mia forse omosessualità, lo sapevo. Calum e Ashton erano miei amici quanto lo erano Luke e Michael, ma nonostante questo avevo moltissima paura di confessare loro quel sentimento che sentivo e che ormai mi teneva in ostaggio da più di due mesi.

Loro iniziarono a parlare d’altro, e da una parte gliene fui grato. Dopo qualche minuto cercai di allontanarmi con discrezione dopo averli salutati. Mancavano dieci minuti al termine della pausa, ed  io avevo voglia di una bella boccata d’aria. Avevo anche un terribile bisogno di stare solo.
A dire il vero avevo un terribile bisogno di stare con Harry, ma in tal caso stare solo era un’alternativa competente.

Così mi diressi verso la panchina più lontana e isolata per poi sedermi, chiudere gli occhi e pensare. Pensare un po’ a tutto, pensare a cosa sarebbe successo quella sera con Harry, pensare a cosa avrei fatto per dimostrargli che forse un po’ mi piaceva e che io mai gli avrei fatto del male.

Non era una cosa semplice da capire per lui. Ero certo che avesse visto fin troppo male nella sua vita, ed ero sicuro che non avrebbe permesso a tante persone di avvicinarsi a lui. Nonostante ciò ci avrei provato con tutto me stesso, avrei ritentato fino ad esaurire le forze.
La campanella suonò e la mia vita riprese il suo corso come ogni normalissimo giorno, solo con un pensiero in più nella testa, dominante sugli altri, che quasi li copriva fino a renderli inutili.
 
***
 
«Non avrei mai pensato che tu, Louis Tomlinson, potessi essere gay», sbottò con tono fin troppo alto Luke, riempendosi il vassoio di purea di patate e spezzatino con funghi.
«Parla piano coglione», lo rimproverai implorandolo di abbassare il volume.
«Uh, potrei anche tenerti in considerazione», ammiccò poi con un’espressione idiota, ricevendo poi uno schiaffetto sul capo dal suo ragazzo che, con la bocca piena di pane, voleva soltanto ricordargli della sua presenza. Io ridacchiai alla scena, tanto buffa e dolce.

«Scherzavo amore», sollevò le mani sopra alla testa in segno di resa per poi abbandonarsi anche lui al suo pranzo. Io, al contrario, non avevo per niente fame. Al posto dello stomaco avevo una voragine ed avevo il sospetto che la causa fosse proprio un ragazzino dai capelli ricci.
Purtroppo non fui l’unico a farci caso. I miei due migliori amici mi stavano osservando con volto interrogativo.
Era davvero strano che non avessi fame.

«Qualcosa non va, LouLou?»
Michael aveva persino lasciato da parte il suo sandwich per dedicarsi esclusivamente a me. Io mi sentii profondamente a disagio ma poi mi decisi a parlare.
«Sono leggermente teso… sta sera usciremo insieme per andare al cinema.»
Improvvisamente i loro volti passarono dall’essere curiosi all’essere stupiti.

«E non sei felice?», esclamò così Michael allargando le braccia sopra al tavolo.
«Non ho mica detto il contrario», alzai gli occhi al cielo per poi scorgere Ash farsi largo tra le persone in coda per il cibo.
In meno di un secondo ci raggiunse sorridente per poi prendere posto di fianco a noi.
Sperai con tutto il cuore che non continuassero a parlare riguardo all’argomento Harry, e fortunatamente Luke capì al volo la mia paura e cambiò tema di discussione non appena Ashton ci salutò con un amichevole «Ehi».

Non mi sentivo ancora pronto a parlarne con tutti e quattro i miei migliori amici. Luke e Michael erano okay siccome anche loro si erano trovati nella mia stessa situazione, ma di parlarne con Ashton e Calum, che fin dai tempi delle elementari erano convinti che anche a me piacessero lo ragazze con le treccine e i mini top eleganti, non ne avevo nessunissima intenzione. In qualche modo avevo il timore di poterli deludere, e forse avrebbero semplicemente pensato «oddio adesso anche lui.» Sapevo di certo che non mi avrebbero mai abbandonato per quel motivo, ma avevo una virilità da difendere, e di certo mettermi a parlare come una ragazzina della sua cotta liceale non avrebbe migliorato la mia immagine.

Chiacchierammo di diverse cose, ma grazie al cielo non toccammo mai l’argomento ragazze/ragazzi. Quando finimmo di mangiare non riuscii a fare a meno di avvertire un terribile mal di pancia, nonostante avessi mangiato due o tre verdure. Così mi decisi a tornare a casa, invece che rimanere inchiodato a scuola fino a quella sera. Avevo bisogno di dormire, se davvero volevo rimanere sveglio tutta la sera.
Così appena arrivato a casa mi scaraventai sul mio letto e, chiudendo gli occhi, caddi in un sonno profondo.
 

Mi svegliai alle 7 di sera, leggermente sudato e con il viso spalmato sul cuscino. Non credevo avrei dormito così tante ore. Fra meno di un’ora mi sarei dovuto presentare all’appuntamento con Harry, ma io non ero ancora ne fisicamente ne psicologicamente pronto. Balzai in piedi e senza pensarci due volte mi sfilai i vestiti e mi misi sotto all’acqua gelata.

Non potevo fare a meno di pensare che quella sera dovevo essere impeccabile. I motivi di questa mia aspettativa erano due, e ben chiari. Il primo, di certo, era per il fatto che sicuramente Harry sarebbe somigliato ad un Dio, ed io, di girare liberamente per Londra vestito da barbone al fianco di una divinità di bellezza estrema non ne avevo nessuna voglia. Non che in tal caso non mi sarei presentato all’incontro. Io ci tenevo particolarmente a vederlo. Ma semplicemente volevo dimostrarmi alla sua altezza.

Per secondo, lui mi piaceva, ed io volevo a tutti i costi che il sentimento venisse ricambiato.
Passai ben tre volte lo shampoo sopra ai miei capelli, massaggiando altrettanto perfettamente. Misi due tipi di doccia schiuma differenti. Non volevo di certo puzzare e passare per uno che mai in vita sua aveva sentito la parola “doccia”. Quando ebbi eseguito il secondo risciacquo spensi il getto e mi avvolsi nel caldo e accogliente accappatoio rosso che avevo preparato all’uscita della cabina. Mi guardai velocemente allo specchio, sperando che il mio aspetto non fosse dei peggiori. Eppure ciò che vidi era semplicemente un ragazzo pieno d’ansia con due enormi occhiaie sotto agli occhi, violacee e blu.

«Oh andiamo», imprecai tra me e me. Mai che apparissi diverso dal solito Louis stanco, triste e assolutamente orribile.
Mi asciugai velocemente per poi dirigermi in camera ed indossare i miei soliti skinny jeans neri e la mia felpa grigia con il cappuccio. A completare il tutto, ovviamente le mie indimenticabili vans.

Quando fui pronto, con capelli asciugati e vestiti sistemati mi detti un’ultima occhiata allo specchio.
Non sapevo se gli sarei piaciuto, ma ero sicuro che anche se nonostante tutto lui fosse arrivato all’appuntamento vestito molto semplice e monotono sarebbe stato comunque lo spettacolo migliore della serata.

Già me lo immaginavo arrivare, con le sue dolci fossette sulle guance che stavano ad indicare un bellissimo sorriso. Gli occhi sarebbero stati più verdi che mai, semplicemente perché ogni volta che li guardavo sembravano migliori. E anche se fosse stato come al solito depresso, non mi sarei trattenuto dal guardarlo come se fosse la cosa migliore che potesse esistere sull’intero pianeta.

Sospirai sonoramente, per poi spengere le luci e chiudermi la chiave alle spalle.
Era il momento.




*Angolo autrice*

Waa! Eccomi di nuovo! I’m back with Larrys again!

Calmiamo tutti insieme il mio animo da fangirl. Come vi sembra questo capitolo? Devo dire che mi sono divertita un sacco a scriverlo.
Ammettete tutti che i Muke sono dolciosissimi. Eggià.

Per non parlare di tutti questi momenti Larry… Ma andate avanti a leggere, ce ne saranno anche di migliori;) okay no spoiler.

Premetto solo che, andando avanti con la storia inserirò anche Zayn, Liam e Niall. Ovvio, loro non possono mancare.

Come avrete notato, Lou è cotto di Harry. Harry invece sta abbastanza sulle sue, ma riusciamo a vederlo sciogliersi in alcuni momenti. Beh, cosa ne pensate?
Spero tanto sia di vostro gradimento, aggiornare mi ha riempito l’anima. Sono davvero felice.

Se lasciaste una piccola recensione per informarmi di quello che vi è piaciuto o meno ve ne sarei infinitamente grata. In ogni caso un grazie anche a tutti i lettori silenziosi.

Buonanotte guyss xx
Baci al cioccolato, Abby Shadow William.
   
 
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