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Autore: HelenHM    14/10/2015    4 recensioni
"Draco" lo chiamò sorridendogli.
"Sì, Madre" rispose automaticamente lui, rivolgendole uno sguardo interrogativo.
"Penso che sia arrivato il momento di parlare del tuo piccolo ... disturbo notturno"
Il diciottenne si irrigidì immediatamente, mentre una sgradevole sensazione di calore incominciava a pizzicargli le guance, solitamente esangui.
"Non so proprio a che cosa tu ti riferisca"
Narcissa ignorò quest'ultima esternazione "Io e tuo padre pensiamo che dovresti farti aiutare da un ... Guaritore" ... "Esperto in Disturbi Mentali, ovviamente"
Aggiunse quest'ultima informazione tutta d'un fiato, mentre sul volto di Draco si dipingeva un espressione di indignazione totale.
Lui, un Malfoy, da uno ... strizzacervelli? Sarebbero dovuti passare sul suo cadavere.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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Il sollievo che aveva pervaso Draco nello scorgere l'imponente viale del Maniero si disintegrò in una manciata di secondi. La villa era illuminata a festa e dalle ampie finestre poteva scorgere il frenetico movimento di elfi domestici al suo interno. Di solito, sopra la casa aleggiava un'opprimente cortina di nebbia, penombra e –soprattutto- silenzio. I Malfoy, in seguito alla caduta di Voldemort, si erano trincerati tra le poco accoglienti mura del palazzo, lontani dagli sguardi giudicanti della comunità magica. Non avevano più organizzato memorabili ricevimenti, limitandosi a qualche funereo pranzo in compagnia delle altre famiglie di stirpe purosangue. Dal canto suo, Draco non aveva mai sopportato quegli eventi sociali: inforcare un sorriso fasullo, indossare gli abiti più ricercati, spogliarsi dei propri dolori per ostentare una sicurezza di sé che non possedeva. Aveva deciso di non avere la pazienza di essere ipocrita come i suoi genitori, che trascorrevano gran parte del tempo in compagnia di gente che detestavano. Erano giochi di potere, prese di posizione che non avevano niente a che spartire con lui. Voleva solo essere lasciato in pace. Desiderava stare in compagnia di gente che gli voleva bene in modo autentico e franco e, per ora, la lista si limitava a due persone: Harry e Columbine. Soltanto in loro presenza Draco si sentiva accettato, compreso ed amato. Forse il comportamento di Columbine nei suoi confronti era stato un po' ambiguo ultimamente, forse si nutriva di sentimenti poco consoni ... però Draco sapeva di poter contare su di lei, sempre. Per i suoi genitori, invece, la situazione diveniva più complessa e dolorosa. Lo amavano, certo. Ma tendevano a proiettare su di lui ambizioni e speranze che gli erano estranee. Il figlio era un prolungamento delle loro personalità, un simulacro da plasmare a propria immagine e somiglianza, un progetto a lungo termine. Spesso e volentieri, si dimenticavano del fatto che Draco fosse un essere umano, con tanto di cuore pulsante e cervello in funzione.

Il giovane Malfoy entrò di soppiatto, cercando di essere il più silenzioso possibile. L'ingresso, a differenza del solito, era illuminato a giorno da un imponente lampadario di cristallo, lucidato per l'occasione. Cercò con lo sguardo il suo furetto, ma l'animale non sembrava essere nei paraggi. Non che solitamente lo aspettasse con ansia di fronte al portone. Generalmente trascorreva le proprie giornate sul suo letto a baldacchino e solo di tanto in tanto si avventurava nell'immenso parco, scorrazzando alla ricerca di prede. Sebbene fosse piuttosto altero e scostante, nutriva una sorta di adorazione nei confronti del suo padrone. Lo seguiva ovunque come un'ombra, trotterellandogli intorno con incedere maestoso ed acciambellandosi sul suo grembo nei momenti di relax. Draco adorava Malferret: la sua presenza era ormai diventata indispensabile. Non avrebbe mai potuto fare a meno di lui. Era sorprendente il fatto che non lo avesse ancora fatto vedere ad Harry. Conosceva a menadito le intime ragioni di quella scelta e preferiva non pensarci troppo. Columbine glielo aveva spiegato piuttosto bene, in una delle prime sedute: Harry e il furetto rappresentavano due mondi incompatibili. Malferret era parte della famiglia Malfoy, un membro a tutti gli effetti. Narcissa gli aveva persino allacciato al collo un nastrino smeraldo, su cui campeggiava come ciondolo lo stemma della Casata. Non era ancora pronto a far incontrare, simbolicamente, quei due giganti su cui si poggiava la sua affettività. Aveva bisogno di entrambe le parti per poter resistere, sopravvivere, non lasciarsi annegare dallo sconforto.
Un elfo domestico distolse Draco dalle sue riflessioni, riportandolo bruscamente alla realtà. Inorridito dalla prospettiva di essere scoperto e di essere coinvolto nella festa, gli intimò bruscamente di stare zitto, portandosi un dito ossuto alla bocca. L'elfo sgranò gli occhi impaurito, ma rispettò il volere del padroncino: indietreggiò velocemente, per poi scomparire nel dedalo di corridoi che conduceva al salotto. Dal salone provenivano risate e tintinni di piatti e bicchieri. Tra il vociare indistinto , si levò una voce conosciuta. Pansy Parkinson, con tono lamentoso, chiedeva dove si fosse cacciato il suo Draco. Malfoy chiuse di scatto i pugni, irato per il comportamento di quella sgualdrina. Come osava anche solo pensare di poter rivendicare qualche improbabile diritto sulla sua persona? Avrebbe tanto voluto entrare nella stanza, solo per contraddirla e bistrattarla di fronte a tutti. Stava per farlo, contro ogni buon senso, ma decise di rimanere nella penombra, in ascolto. Dopotutto, era curioso di conoscere il motivo di tanta allegria, visto gli scarsi motivi per festeggiare. Dalla sua postazione, il ragazzo non riusciva che a cogliere brandelli di conversazione, nessuno dei quali sembrava essere di suo interesse. Poi, però, dovette accadere qualcosa. I discorsi andavano scemando, come se gli astanti fossero in attesa. Anche Draco drizzò le orecchie, contagiato da quell'inspiegabile senso di aspettativa.

Lucius Malfoy prese la parola. E per Draco, quello fu l'inizio.  Della fine. 

"... sono lieto di annunciarvi il fidanzamento ufficiale tra mio figlio e la deliziosa Pansy..."
Il mondo sembrò crollare. E forse lo fece davvero. Senza fiato, Draco appoggiò il palmo sudato della mano sulla tappezzeria, come a sorreggersi. La testa gli girava, lo stomaco si era dolorosamente attorcigliato su se stesso, la nausea lo attanagliava. Come un automa privo di emozioni, stordito da quella svolta improvvisa della propria esistenza, si staccò dal muro. Fece alcuni passi indietro, prima di incominciare a correre come un pazzo. 
Desiderava solo andarsene da quella combriccola di traditori, lasciare per sempre quelle stanze senza fare mai più ritorno. Non desistette neppure quando, richiamati dal rumore, i coniugi Malfoy si accorsero della sua presenza. Sgomenti e concitati pronunciarono il suo nome. 
 Draco, lo chiamò con voce spezzata e supplichevole la madre. Draco! In tono imperioso, il padre.
Non si guardò indietro. I suoi genitori non avevano più alcun diritto su di lui. Non dopo quello che gli avevano fatto. Avevano tramato alle sue spalle, senza minimamente prendersi cura dei suoi sentimenti, dei suoi sogni, delle sue speranze. Come potevano ancora sperare di avere qualcosa da spartire con lui? 

Fu distolto da quei pensieri dolorosi quando una longilinea ed altera creatura gli si parò davanti, bloccandogli il passo. Per Draco fu un sollievo enorme scorgere Malferret ai suoi piedi: lo avrebbe portato con sé. Fu quasi commovente vedere l'animale protendersi verso di lui, in cerca di protezione ed affetto. Proprio in quel momento, il ragazzo fu raggiunto da una furiosa Pansy. Nonostante la situazione, non poté far a meno di pensare che fosse proprio carina, quella sera. Doveva essersi impegnata per apparire splendida ai suoi occhi: il suo corpo era fasciato da un elegante vestito color smeraldo ed aveva raccolto i capelli in un'acconciatura riccamente intarsiata. Sembrava più matura, più ... donna. Una perfetta futura padrona di casa. Provò pietà per lei, nello scorgere il livore sul viso delicatamente truccato. Dopotutto, stava deliberatamente distruggendo le sue ambizioni e calpestando il suo amore. Per quanto fosse un'insopportabile snob, Pansy non lo aveva mai abbandonato, neppure nei momenti più oscuri della sua giovinezza. Nel corso del Sesto Anno era stata l'unica a preoccuparsi per lui, portandogli spuntini quando saltava i pasti e coprendolo di attenzioni soffocanti. Quando la Guerra era finita, lasciando dietro di sé macerie e calcinacci, lei era stata lì. Gli aveva tenuto la mano quando, per la prima volta, si era presentato in pubblico. La sua presenza, il contatto con la pelle calda ed asciutta avevano reso gli insulti, le occhiatacce, gli sputi più accettabili. Sorprendentemente, Draco si rese conto di essere – in qualche modo – riconoscente alla Parkinson. Gli era stata devota per gran parte della propria infanzia ed adolescenza. Lo aveva aspettato, protetto, curato ... nella speranza che lui, prima o poi, si accorgesse di lei. I baci, la disastrosa prima volta dovevano aver rinfocolato e ravvivato la sua bramosia. Draco provò un'improvvisa tenerezza che – per un frammento di secondo – sotterrò l'ira palpitante. Si avvicinò a Pansy, le accarezzò una guancia. La ragazza si scostò stizzita, mordendosi il labbro inferiore per non scoppiare a piangere.

"Pansy, io ... " Indugiò Malfoy, per poi proseguire con un filo di voce: " Non voglio sposarti. Sarebbe una follia... La verità è che non potrei mai amarti come tu vorresti e meriteresti. Perdonami."
E sentendosi un perfetto verme ed inetto, Draco si smaterializzò. Lasciandosi alle spalle un cuore spezzato, ambizioni distrutte, sogni perduti ed insorgenti sensi di colpa.



Harry era di umore tetro. Aveva trascorso il resto del pomeriggio raggomitolato sulla poltrona, in preda ad oscuri pensieri. Hermione lo aveva chiamato, invitandolo a cena, ma lui aveva desistito. Una serata con l'allegra compagnia dei Weasley sarebbe stata troppo impegnativa; avrebbe significato rispondere a domande scomode, soffocare le lacrime che gli inumidivano gli occhi in favore di un sorriso vacuo, rimpinzarsi di leccornie nonostante la nausea. Desiderava solo la compagnia di se stesso, in quel momento. Magari avrebbe sintonizzato su un qualsiasi film di quart'ordine, il volume al massimo per evitare di ascoltare i propri singhiozzi solitari. Forse avrebbe dato un'occhiata alla Gazzetta del Profeta, che ancora giaceva intonsa sul tavolo.

Mentre soppesava quale di queste opportunità fosse più deprimente, il campanello suonò, distogliendolo dai suoi pensieri mortiferi.
Quasi si precipitò alla porta, benedicendo quell'inaspettata visita. Chiunque fosse stato il suo ospite, lo aveva appena salvato dalla propria funerea disperazione.
La scena che gli si parò davanti lo fece rimanere a bocca aperta. Che cosa ci faceva Draco Malfoy nel suo androne, in compagnia di un ... Harry strabuzzò gli occhi, per assicurarsi di aver visto bene... Furetto ? 
Rimasero entrambi in silenzio, esaminandosi reciprocamente in volto. Draco sembrava sconvolto, constatò Harry. Le mani gli tremavano visibilmente sotto la veste scura stropicciata ed aveva ridotto il labbro inferiore a brandelli sanguinolenti, a forza di mordicchiarlo nervosamente. 
Non ci fu bisogno di parole o spiegazioni. Gli occhi di Draco arrossati e gonfi avevano lanciato una richiesta di soccorso, prontamente accolta da Harry. Sembrava dicessero: Aiutami, non ho che te.
Lo invitò ad entrare.
"Ho dei biscotti..."   
Esordì Harry, senza una ragione apparente, in tono svagato. Draco sorrise, i denti leggermente sporchi di sangue. Alzò divertito un sopracciglio, per poi rassicurarlo. "I biscotti andranno benissimo."
Un tuono li fece sobbalzare. Stava per ricominciare a piovere. Harry rinchiuse la porta dietro di loro, lasciando il resto del mondo fuori. Sorrise soddisfatto: lì, la tempesta non li avrebbe sorpresi.

Draco osservava di sottecchi Harry: il ragazzo si stava ingozzando senza ritegno di biscotti al cioccolato. "Potter, sei disgustoso" lo redarguì, ostentando una smorfia di disprezzo ed alzando fieramente il sopracciglio. Harry lo guardò confuso, le guance gonfie all'inverosimile e la bocca macchiata di cacao. Cercò di inghiottire velocemente per ribattere, ma senza successo. Un attimo dopo Malfoy era stato costretto a somministrargli due vigorose pacche sulla schiena ossuta per evitare che soffocasse. "Che razza di idiota!" esclamò veemente, cercando di nascondere la paura che lo aveva pervaso. Infastidito, per l'ennesima volta si rese conto che la sua esistenza era ormai dipendente a quella di Harry. Ancora una volta, Columbine aveva avuto ragione.

Quella donna sembrava avere tutte le risposte.

Angolo dell'autrice:
Probabilmente mi avevate dato per dispersa, invece eccomi qui! Mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, spero di non deludervi.
Fatemi sapere cosa ne pensate. Un abbraccio a tutti voi, che dedicate qualche minuto alla lettura della mia storia. A presto <3
  
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