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Autore: musike    16/10/2015    2 recensioni
Evangeline è una ragazza sempre sulle sue, una strega provetta che però non è benvoluta nella sua casa. Abbandonata ancora in fasce dalla madre, un padre adottivo assente, Evangeline finisce per rinchiudersi dentro una corazza, un muro che sembra proteggerla dai mali esterni, ma che in realtà non riesce a proteggerla dalle tenebre e dall'odio che l'accompagnano come ombre fin da quando era bambina. Una profezia rivelata da un logoro cappello, ma rimasta inascoltata rimescola le carte in gioco, le vite dei nostri eroi cambiano... e con esse anche la vita di Evangeline, anche se lei non lo sa.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus, Silente, Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley, Nuovo, personaggio, Severus, Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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CAPITOLO 11



Due giorni.

Quarantotto ore.

Duemilaottocentottanta minuti e centosettantaduemilaottocento secondi.

Evangeline non aveva alcuna intenzione di uscire da quella stanza, almeno non così presto. Non aveva la forza di fare nulla, la voglia di mettersi in gioco si era assopita; di rialzarsi non se ne parlava, almeno in quel momento con tutto e niente che le passava per la mente. Si sentiva in una sorta di limbo, come se fosse in un luogo che non fosse né bianco, né nero, né colorato.

Semplicemente il nulla.

Devo solo ricominciare a rimettere insieme i pezzi... come ho sempre fatto.

La neve scendeva leggiadra, senza produrre alcun rumore, rispettando la quiete apparente della studentessa che osservava assente quei piccoli fiocchi bianchi volteggiare a causa del vento, in una sorta di danza, di gioco in cui si rincorrevano a vicenda cercando, invano, di raggiungersi.
Erano un po’ come lei; lei, che continuava a cercare un qualcosa che pensava, sperava di sapere.
 
Pensavo sarebbe stato facile, pensavo che ce l’avrei fatta, che ci sarei riuscita.

Nemmeno la sua vista riesco a sopportare, il solo sentirmelo pizzicare sulla pelle mi sta facendo impazzire.

Eppure adesso tutto vacilla, ogni mia convinzione , pensiero e idea è in bilico... una piccola folata e tutto andrà in pezzi.

Cadrò.

Ma... quanto durerà quel volo?

Riuscirò a risalire da quell’antro buio in cui rischio di essere inghiottita?

Evangeline poggiò la mano sul vetro della finestra, lo sguardo fisso sul paesaggio davanti a sé. Era fredda, ma non le dava fastidio... anzi, quei piccoli brividi che iniziava a sentire lungo il corpo erano un qualcosa di rassicurante, di stabile. Tutto in contrasto con il calore della stanza che la avvolgeva ed in sintonia con il gelo che sentiva essere sceso sul suo animo. Evangeline si stava perdendo, se lo sentiva... come se tutto stesse iniziando a scivolarle dalle mani e lei non potesse fare nulla per trattenerlo. Camminava su un terreno sempre più instabile senza sapere esattamente cosa fare per salvarsi. Sapeva che il lusso di smarrirsi non le era concesso, che stava sempre più togliendo tempo a quelli che erano diventati i suoi doveri anche se, effettivamente, qualcosa di realmente concreto non l’aveva ancora fatto.

La fase zero era riuscita, ora doveva solamente sopravvivere alle successive.
 
Quanto è bella la neve che cade
 




Severus stava bevendo il suo whiskey serale quando decise di aprire la posta arrivata quella mattina. Erano due giorni che non vedeva la sua ospite, ma al momento preferiva così.
Non sarebbe riuscito ad affrontarla visto che nemmeno lui stesso riusciva ad accettare la realtà dei fatti. Non sarebbe riuscito a sostenere il suo sguardo, ormai cosciente che era troppo simile alla donna che amava e ama tutt’ora. Non sarebbe riuscito per il momento a guardarla con quegli occhi... occhi di padre.
Non era pronto a voltare pagina, a ricominciare a scrive un nuovo capitolo della sua storia. Faceva ancora troppo male. Era tutto una ferita ancora aperta che difficilmente si sarebbe rimarginata, nemmeno il tempo poteva più far molto nella sua situazione.
Il suo cuore sanguinava e lui non era intenzionato a curarlo... era il prezzo da pagare per quello che le aveva fatto. Ormai era un compagno fidato quel dolore, ne era assuefatto, dipendente. Era la sua unica certezza, la sua catena che non lo lasciava brancolare nel buio. Era un qualcosa di dolciastro, una morsa forte che sentiva nel petto, un male che amava sentirsi perché anche se lo portava lentamente alla morte lo faceva sentire in qualche modo ancora vivo.

Una lettere attirò la sua attenzione; era la più sgualcita e giallognola, come se la carta fosse invecchiata. Non c’era scritto nulla se non il suo indirizzo. L’unica cosa che lo convinse ad aprirla fu il fatto che aveva riconosciuto la grafia del preside nei recapiti. Con uno strappo deciso stacco il sigillo di ceralacca rossa che chiudeva la missiva e, con molta cura in modo da non rompere la pergamena, recuperò la lettera celata all’interno. Sgranò gli occhi quando riconobbe la calligrafia piena di una sua vecchia conoscenza, anche se a tratti era sbavata come se l’autore, mentre metteva nero su bianco i suoi pensieri e li fermava con l’inchiostro, avesse pianto.

Chissà di cosa erano portatrici quelle lacrime.


Preside,

Non so nemmeno io il motivo per cui le sto scrivendo questa lettera, non so nemmeno se avrò mai il coraggio di fargliela recapitare... forse è solo il bisogno di togliermi questo peso dalle spalle; o, più semplicemente, l’illusione di sentirsi meno sporca di quanto non mi senta adesso. La voglia, l’illusione di poter condividere questo vuoto che mi porto dentro, senza danneggiare quelli che oramai per me sono diventati la mia famiglia a tutti gli effetti. Per non vedere la delusione nel loro sguardo, per evitare il loro giudizio, la disapprovazione nei loro occhi che tanto mi sono cari e familiari.

Mi dica, ci ha mai fatto caso?

L’orgoglio... una delle caratteristiche peculiari degli appartenenti alla Casa del grande Godric, un qualcosa che pensavo mi fosse estraneo, invece era insito nella mia persona. A quanto pare non mi conosco così bene come credevo, non sono in grado di andare in profondità alla mia persona senza rimanerne spaventata e scottata. Se non avessi peccato d’orgoglio quella volta si sarebbero potute evitare un sacco di cose, avrei potuto tenere al sicuro Harry probabilmente, sarei riuscita a mantenere unita la mia famiglia, a non doverci nascondere, ad essere un qualcosa di normale.

Forse, sarei stata totalmente felice.

Io ho una figlia, Preside. Inutile girarci troppo intorno.

Una bambina dalla pelle diafana come la neve e i capelli neri come una notte senza stelle.
Una bambina avuta fuori dal matrimonio; non con mio marito ma con il suo nemico giurato... il mio vecchio migliore amico.
Una piccola creatura che ho scelto di abbandonare, perché ero di sicura di non saperla amare. Ogni volta che avrei posato lo sguardo su di lei, avrei rivisto il mio più grande errore, il mio incubo che continua a perseguitarmi non lasciandomi mai in pace con me stessa. Ho fatto un grave torto a James, colui con il quale ho deciso di vivere la mia vita. Ho distrutto la mia famiglia in un batter di cigli; anche se lui non mi fa pesare la cosa io non riesco ad andare avanti.

Semplicemente, non posso, non ne sono in grado.

Ho tradito mio marito, ho tradito la sua fiducia, le nostre promesse di amore eterno.

Ho rovinato tutto con la mia debolezza, con la mia sconsideratezza. Con un momento di smarrimento.

La bambina si chiama Evangeline, l’unica cosa che mi sono permessa di darle è stato il nome. Almeno quello glielo dovevo. Lei non mi appartiene, lei non deve sapere nemmeno che io esisto... le nostre vie si sono incrociate un’unica volta, ma non si devono incontrare mai più. Io non sono in grado di darle amore, non posso farlo. È un qualcosa che va al di là delle mie capacità.

James lo ha scoperto, mi ha visto mentre andavo all’orfanotrofio per vedere se qualcuno l’aveva presa con sé. Non mi ero accorta che mi stesse seguendo, non mi ero accorta di lui fino a che non mi ha abbracciato da dietro per cercare di asciugare quelle lacrime traditrici che mi solcavano le guance. James è cambiato, anche io lo sono. Ora tra i due è lui quello dal cuore nobile, quello puro. Voleva adottarla, Preside... anche se non era sua biologicamente; l’aveva accettata come se fosse sua figlia. Ma come posso io dargli un fardello simile? Come posso solamente fingere di provare un sentimento per un qualcosa che avrei voluto solamente cancellare? Non ho voluto nemmeno tenerla in braccio preside, non le ho concesso nemmeno quello. Io... non mi reputo una brava madre, non lo sono e questo lo dimostra. Ma non posso nemmeno inventare un qualcosa che non sento, un qualcosa che potrebbe nuocere sia a me che a lei. Non posso essere quello che lei vorrebbe che io sia. Lei non era stata cercata, lei non ha colpe anche se io non riesco totalmente ad accettarlo.

Lei si è solo trovata al momento sbagliato e con la persona sbagliata.

Non posso nemmeno dirlo a Severus, non oso immaginare come reagirebbe. Non possa scaricare questo peso su di lui, l’ho ingannato, credeva che fossi riuscita finalmente a perdonarlo per quello che mi aveva fatto; anche se forse adesso sarei io a non meritare il suo perdono. Io non so nemmeno se la vorrebbe. Cosa ne farebbe di lei? Lui, così solitario, così freddo... così distante dal mondo che gli circonda, perennemente avvolto da un manto di tenebra. Buffo no, come il mondo in cui pensavi di vivere, va in frantumi? Tanti piccoli pezzi impossibili da ricomporre, ma che continuano a feriti perché tu ti ostini a camminarci sopra cercando di rimediare al disastro compiuto.

Ho smarrito la via, Preside. Ora tutto quello che provo a fare mi sembra sbagliato, errato. Ingiusto.

Non so più che fare... ma non posso riprendere la bambina, nemmeno se lo volessi.

Ho rinunciato ad ogni mio diritto di madre su di lei quando l’ho abbandonata, l’ho lasciata in quell’istituto.

Possibile che, anche se non riesco ad accettarla, mi preoccupi per lei? Possibile che nonostante tutto quello che le ho fatto non passa giorno che non mi chieda cosa stia facendo, se finalmente ha trovato una famiglia, qualcuno che la ami come io non ho saputo fare?

Come riesco a provare questa apprensione? Come posso se ho deciso di voltarle le spalle per sempre?

Come posso se non ho nemmeno il coraggio di definirla figlia?

Era una notte buia, il cielo sereno illuminato da piccoli boccioli di luce. La luna, mi osservava con sguardo indagatore, a tratti accusatore. Potevo sentire chiaramente nella mente le parole cariche di odio e rammarico che mi stava rivolgendo, ma io ero sorda ai suoi rimproveri. Continuavo, egoisticamente, a pensare che quello fosse il modo più giusto per chiudere con il passato una volta per tutte. Ma, mi dica... è possibile essere capaci di dimenticare quello che è insito nella nostra storia? Cancellare un piccolo pezzo del nostro passato? Io, orgogliosamente, pensavo che così avrei risolto tutti i miei problemi, ma non avevo tenuto conto dei rimorsi che mi avrebbero perseguitato a vita.

Ci crede che non si è nemmeno messa ad urlare?

Mi osservava semplicemente con quei suoi occhi, che stavano assumendo delle piccole sfumature verdastre, piccole gocce scintillanti che le rigavano le guancie. Era una parte di me e non lo era, o forse io non ho mai voluto vederla come tale. Non un suono, non un sorriso, non un broncio. Il nulla. Mi vedeva, lo sguardo fisso sul mio, indagatore... alla ricerca di una qualche risposta alle sue mute e silenziose domande. Lei sapeva, eppure era come se avesse accettato passivamente il suo destino. Come se volesse dirmi, marchiarmelo a fuoco sulla pelle, che io non ero la sua mamma. Che l’avevo lasciata ancor prima che avesse emesso il primo respiro di vita. Lei non aveva mai creduto che io fossi la sua luce, non so come sia possibile. Mi era chiaro e allo stesso tempo oscuro... Può un neonato mettere a nudo tutte le tue barriere e leggerti dentro con la sua innocenza?

Oppure era solo la mia mente che giocava con i miei occhi traditori?

Eppure sento ogni giorno quegli occhi come la me trapassarmi il cuore, giudici di un qualcosa che non conoscevano fino in fondo.

Lei non sapeva, lei non sentiva.

Mai le sue piccole mani si sono intrecciate alle mie, mai io le ho rivolto una carezza su quella pelle lattea e soffice. Non le ho mai riservato un sorriso, mai una parola dolce. Semplicemente il nulla. Avevo paura, quel piccolo fagottino ai miei occhi non era che un errore, un qualcosa di non voluto. Ho cercato invano un modo per vivere ma non ci sono riuscita. Non posso, non potevo. Come avrei potuto crescerla con questo macigno che mi porto dietro? Come avrebbe potuto essere semplicemente serena insieme a quella persona orribile che le aveva dato la vita, ma che non riusciva a volerla fino in fondo?
Era come se stessi facendo un torto a quello in cui avevo sempre creduto, ma al contempo lo facevo a lei.

Che pessima madre, donna, sposa.

Lo so, lo ammetto, è ora che inizi a prendermi le mie colpe e ad accettarle.

Eppure non so se non rifarei tutto questo, una volta tornata indietro.



La lettera venne gettata alle fiamme, la carta bruciava davanti agli occhi del professore incapace di terminare quella lettera che Silente aveva voluto dargli. L’inchiostro svaniva, le parole che poco prima erano incise sulla pergamena con una grafia piena e frettolosa, sparivano, come se non fossero mai realmente esistite... come se non fosse altro che un semplice sogno, un qualcosa di irreale, ma che era riuscito a toccare con mano per pochi istanti. Il fuoco si rifletteva sugli occhi di Severus Piton, mentre questo versava il suo Whiskey Incendiaro nel camino, provocando così una fiammata improvvisa che distrusse in un baleno quelle parole che gli facevano male, sanguinare.

Non arrivò mai a sapere che Lily lasciò la custodia della bambina a Silente, nel caso in cui nessuna famiglia adottiva l’avesse presa sotto la sua ala.

Non seppe mai che la sua vecchia migliore amica alla fine riuscì a chiamare, anche se per una volta soltanto, Evangeline figlia, proprio alla fine di quella lettera.

 
Ti prego... Proteggi mia figlia come io non ho saputo fare



Queste furono le ultime parole di Lily per la sua piccola Evangeline.

 
Angolo autrice: Ehm, salve! Rieccomi dopo essere sparita per un bel po' di tempo... mi scuso per il ritardo, ma la mia testolina aveva deciso di aggiungere un capitolo in più non previsto nella trama e mi son ritrovata ad avere tutta la fine del capitolo, ma senza l'incipit per cui non avrei potuto proprio pubblicare! Io e le mie idee malsane xD Non so come definire il capitolo, non ne ho idea! Spero vi piaccia, vi abbia fatto provare qualcosa... Lily potrebbe essere un po' OOC, se avete critiche costruttive riferitemele pure :) Sono ben accette! Che dire, grazie alle persone che seguono la storia, la recensiscono e la mettono tra i preferiti/seguiti/ricordate, grazie semplicemente a chi legge e arriva alla fine :) Grazie mille di cuore a tutti! Grazie a Mr Apricot che mi supporta, che mi corregge e che mi sopporta di nuovo xD
Vado a cena!
Al prossimo aggiornamento!
Con affetto,
Musike

 
  
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