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Autore: Kanae    16/10/2015    2 recensioni
In un giorno particolarmente uggioso, un ragazzo è costretto ad uscire di casa per andare a fare un colloquio di lavoro, ignaro del fatto che, di li a poco, conoscerà prima l'amore, ed in seguito, la più cupa disperazione...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quel giorno, la pioggia incessante ed il vento insistente non volevano saperne di lasciarmi in pace. Ho sempre odiato le giornate uggiose e, quella fine d'estate così brusca, mi aveva irritato non poco. Tuttavia dovevo farmi coraggio ed uscire di casa. Avevo vent'anni, ero diplomato da poco e non avevo alcuna intenzione di proseguire gli studi. Dovevo trovarmi un lavoro e rendermi indipendente il prima possibile, ero stufo di chiedere ai miei persino gli spiccioli per comprare le sigarette. Ero stato convocato per fare un colloquio di lavoro in una piccola catena di fast food. Non che fosse un lavoro entusiasmante ma avevo bisogno di uno stipendio, per quanto misero fosse.

Mi recai alla stazione e fu li che la vidi. Era seduta sull'unica panchina al riparo dalla pioggia. La stazione era deserta come al solito, dopotutto in un paesino così piccolo era già una fortuna averla una stazione, tuttavia non mi accorsi subito della sua presenza. Questo però non significa che lei fosse insignificante, al contrario era di una bellezza da mozzare il fiato. Aveva la pelle candida, talmente chiara da sembrare porcellana, i suoi capelli erano lunghi e neri, un po' in disordine a causa del forte vento e della pioggia. Indossava un lungo cappotto scuro che lasciava intravedere l'orlo della gonna, e ai piedi portava pesanti anfibi.

Mi sedetti accanto a lei, d'altronde quello era l'unico posto al riparo dall'acquazzone, ma lei sembrò non farci caso. Rimase immobile, con le mani poggiate sulle ginocchia e lo sguardo basso. Mi soffermai a guardare le sue mani, erano piccole e delicate, avevano lo stesso colore della Luna quando viene illuminata dai caldi raggi del Sole. Immaginai quelle mani accarezzare il mio corpo. Inutile dire che ebbi un'erezione. Mi vergognai, ma non provai nemmeno a mettere un freno ai miei pensieri, sapevo che non ci sarei riuscito. L'amavo. Ne sono sicuro, il sentimento che provai per lei in quel momento era amore. Avrei voluto parlare, conoscere ogni cosa di lei, anche le cose più futili, come ad esempio quali fossero i suoi cibi preferiti o quale colore le piacesse. Avrei voluto renderla felice e magari stringerla a me nel buio della mia stanza.

Ovviamente tutto questo non ebbi il coraggio di confessarglielo. Chissà cosa sarebbe successo se lo avessi fatto...

Ad un tratto il vento si alzò ancora, tanto da sradicare il piccolo tetto in legno ormai ammuffito che ci riparava dall'acquazzone. Mi sentii trascinare e d'istinto mi aggrappai al lampione più vicino. Sentivo la pioggia gelida bagnarmi i capelli e scendere sul viso, sino a raggiungere i vestiti, inzuppandomeli. D'un tratto mi ricordai di lei. Mi voltai nella direzione della nostra panchina sperando che il vento non l'avesse spazzata via. Mi stupii nel vederla ancora lì, nella stessa posizione di prima. Solo i capelli erano sottomessi alla forza impetuosa del vento.

Finalmente sembrò accorgersi della pioggia che iniziava a bagnarla e lentamente alzò lo sguardo mostrando gli occhi color nocciola. Adesso fissava i nuvoloni sopra le nostre teste. Le gocce d'acqua le cadevano sulle guance, e ogni volta che entravano in contatto con quella bellissima pelle candida, sembravano mutare in lacrime.

Quella ragazza era a pochi metri da me, in quella stessa stazione, ma sembrava appartenere ad un altro luogo, infinitamente distante dalla mia dimensione. Rimasi a lungo incantato a guardarla, mentre sentivo crescere dentro di me la voglia di stringerla e di posare le mie labbra sulle sue. Se mi fossi impegnato, sarei riuscito a renderla felice, ne sono sicuro.

Sentii il treno arrivare, ed in un istante lei scomparve. Dietro di sé lasciò solo delle macchie di sangue a testimoniare che, non molto tempo prima, lei era esistita, si era seduta su quella panchina, accanto a me, ed aveva lasciato che la pioggia le bagnasse il viso ed i lunghi capelli. Rimasi solo con il mio dolore, un dolore buio e logorante, che andava ben oltre la disperazione. Quella dannata pioggia non era neanche in grado di lavare via l'odore del suo sangue.






Piccolo commento dell'autrice:
Heeem, salve a tutti. Grazie per aver letto la mia storiella un po' triste. Ci tenevo a precisare che è la prima volta che scrivo e pubblico qualcosa quindi sicuramente avrò commesso un sacco di errori (nonostante io abbia riletto più e più volte sia il regolamento sia il testo che ho prodotto), e per questo vi chiedo infinitamente perdono. In ogni caso sono ben accette tutte le critiche costruttive, buone o cattive che siano. 

   
 
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