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Autore: Fiamma Drakon    18/02/2009    1 recensioni
Un alchimista... un demone devastatore... legati per la vita da una profezia annunziata secoli prima. Riuscirà Edward Elric ad impedirgli di stendere un velo di morte sul mondo?
Genere: Malinconico, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1_Vita spezzata Era dannato. Condannato ad una vita a metà. Una vita costretta nell’oscurità.
Era stato così fin dalla nascita, fin dall’infanzia. Nascosto in sé viveva un mostro assetato di sangue, un qualcosa di inumano pronto a distruggere il mondo se solo ne avesse avuta l’occasione. Ma lui non gliel’avrebbe data per nessuna ragione. Era pronto a morire pur di impedire che un simile cataclisma si abbattesse sul mondo e sulle persone a cui era affezionato. Era pronto a sacrificare la sua vita o qualche altra parte del suo corpo pur di riuscirci.
Perché lui era l’unico che poteva riuscirci. L’unico a conoscenza della sua esistenza.
La pioggia battente scrosciava indisturbata mentre lui e Alphonse viaggiavano nel crepuscolo senza una precisa destinazione.
Attorno a loro, un silenzio agghiacciante, mentre percorrevano le strade deserte di East City. Edward continuava a fissare il lastricato sotto i suoi piedi, mentre con la mente ritornava alla prima volta che l’aveva vista, la prima volta che aveva visto quegli occhi iniettati di sangue fissarlo di rimando dalla lastra trasparente e cristallina che era lo specchio del bagno di casa sua. La casa che lui e Alphonse avevano bruciato prima di partire alla ricerca della Pietra Filosofale.
Quegli occhi che riuscivano ancora a turbarlo come la prima volta. Quegli occhi che tormentavano ancora le sue notti popolate di incubi spaventosi. Era mostruoso pensare che dentro di lui albergasse una creatura del genere, una creatura legata da un indissolubile filo d’acciaio alla sua vita. La morte di uno equivaleva alla morte dell’altro. Per questo non aveva mai avuto il coraggio di tirarla fuori da dentro di sé e ucciderla. Ma lei si era dimostrata sempre disposta ad uscire. Gli aveva parlato, gli aveva dimostrato che se c’era qualcosa di pericoloso al mondo, quel “qualcosa” era lei. E lui si era sempre rifiutato di accontentarla. Non avrebbe rischiato di vedere la fine dei suoi cari a causa di quella mostruosità inumana.
- Fratellone... tutto bene? - domandò la titubante voce di Alphonse, rompendo quel tetro silenzio.
- Eh? Sì... sto bene - rispose Edward poco convinto, tornando a guardare a terra.
- Forse è meglio se cerchiamo un posto dove dormire... si sta facendo buio... - fece notare l’altro.
- Sì... hai ragione - concordò il biondo.
Per quanto non fosse in vena di allegria, non poteva e non doveva permettere ad Al di scoprire quella verità. Era inutile e avrebbe dato al fratellino solo maggiori preoccupazioni.
Attraversarono nel silenzio la città e, una volta giunti ad un albergo, entrarono. La luce che illuminava il locale era accecante se confrontata a quella spenta e morta del crepuscolo alla quale ormai gli occhi di Edward si erano abituati.
Lui e suo fratello presero una stanza e, senza cena, si ritirarono avvolti nel silenzio.
- Fratellone... c’è qualcosa che non va? - chiese Alphonse, una volta chiusosi la porta alle spalle.
- No, Al... sono solo stanco - mentì Edward.
- Non è così. Perché ti ostini a nascondermi i tuoi pensieri? - indagò ancora il fratellino.
- Non ho niente Al. Ho solamente sonno -
- No, se fossi stanco me ne sarei già accorto. Hai qualcosa in testa e vorrei tanto sapere cosa -
- Non sono affari che ti riguardano -
- Sì, invece! Sono tuo fratello e ho il diritto di... -
- Tu non hai diritto a un bel niente! Non sono faccende che ti riguardano punto e basta -
Edward si chiuse in bagno e tirò un lungo sospiro. Odiava mentire a suo fratello. Odiava quell’esistenza a metà a cui era costretto suo malgrado. Odiava vivere quella vita spezzata il cui solo scopo era impedire alla creatura di evadere e creare il caos.
I suoi occhi caddero involontariamente sullo specchio posto dinanzi a lui e la vide. Vide di nuovo quegli occhi di brace puntati su di lui, vide di nuovo quel ghigno perfido aprirsi sul suo viso in ombra. Guardarla era come vedere la morte in faccia. Era una cosa spaventosa che ti segnava dentro.
- Ciao Edward... è da tanto che non ci vediamo... -
- Sta’ zitta. Non ti voglio parlare... -
- Oh, ma perché sei così scorbutico? In fondo, io sono te -
- Non è vero. Sta’ zitta -
- Edward... è inutile negare l’evidenza. Ormai è inequivocabile. Io sono parte di te -
- No. Non è vero. Sono tutte bugie. Sta’ zitta! -
- Edward accettalo, ti sentirai molto meglio. In fondo, che c’è di male ad ammettere che io in fondo sono l’incarnazione della tua rabbia, della tua sete di potere e di vendetta contro il mondo intero? -
- Ti ho detto di stare zitta! -
- Edward... non ti infliggere dolore inutile. Sai benissimo che non puoi fare niente contro di me. Piuttosto, dovresti aiutarmi... -
- STA’ ZITTA!!! -
Edward cadde in ginocchio, stravolto. Quell’essere era la sua condanna. La sua croce fino alla fine e nessuno mai avrebbe potuto cambiare quella situazione.
- Fratellone! Fratellone! -
Alphonse entrò nel bagno e la sua attenzione immediatamente si focalizzò sul fratello, inginocchiato a terra singhiozzante.
- Fratellone, cos’è successo? Fratellone! -
Edward non rispose. Si limitò a rimanere sul pavimento, agonizzante. Pian piano, il suo corpo iniziò ad essere scosso da violenti tremiti e Alphonse, presolo in grembo, lo portò a letto, adagiandolo sotto le coperte.
- Dormi fratellone... -
Edward iniziò a piangere. Le lacrime sgorgavano spontanee e sembravano non volersi più fermare. Gli rigavano i lati del viso, ricadendo sul cuscino, bagnandolo. E Alphonse vegliava su di lui, seduto vicino al suo letto.
Non era la prima volta che succedeva. Spesso, per ragioni a lui sconosciute, suo fratello veniva assalito da crisi del genere che a volte duravano persino ore. E lui, angosciato per la salute di Edward, rimaneva ad assisterlo finché non gli passava. E dopo era di nuovo tutto come prima: freddo e tanta, tanta tristezza. Non erano mai stati davvero felici. Dopo la fallita trasmutazione per riportare in vita la loro mamma, la situazione era addirittura peggiorata. Il loro viaggio per recuperare i loro corpi era una tortura che Alphonse sopportava nel silenzio agghiacciante che li accompagnava sempre e dovunque. Quella situazione insostenibile era una tortura psicologica vera e propria.
Pian piano, Edward scivolò in un sonno tormentato nel quale dominavano quegli occhi di brace iniettati di sangue. Quelle stridule risate demoniache. Quelle promesse di morte.
   
 
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