Era una notte
tetra, senza luna. Il fuoco. Fiamma alte circa trenta
metri e colonne di fumo nero circondavano un villaggio. Le grida strazianti
degli uomini rimbombavano entro le mura. Una battaglia, una sanguinosa
battaglia si stava svolgendo all’interno del Paese del Fuoco, precisamente nel
Villaggio della Foglia.
Il demone della
Volpe a Nove Code stava distruggendo tutto ciò che trovava sul suo cammino. Un
cammino fatto di distruzione, di odio e di rancore verso gli uomini che
l’avevano imprigionata. Kyubi, il demone, stava radendo al suolo ogni edificio,
albero o montagna che intralciava la sua strada, le bastava muovere una delle
sue nove code per provocare terremoti e inondazioni :
il paesaggio era una landa desolata, dove al posto dell’erba regnavano sovrane
le fiamme, il fumo e la distruzione.
Un uomo correva verso uno spiazzo
dove fino a pochi minuti prima c’era un edificio, ora solo un cumulo di macerie
polverose. Per un attimo rimase paralizzato di fronte ad immagini che non si
sarebbe mai aspettato di vedere e poi lentamente si avvicinò alle macerie.
Nonostante tutto fosse andato in mille pezzi, l’Hokage riconobbe il luogo dove
si trovava, e osservò con stupore ciò che rimaneva della casa in cui aveva
vissuto per tanto tempo con sua moglie Kushina
Uzumaki.
Le macerie fumanti
erano testimoni del fatto che, qualunque cosa fosse avvenuta in quel luogo,
doveva essere stato solo qualche attimo prima che lui arrivasse lì. Improvvisamente
Minato ( il quarto Hokage) si fermò, poiché qualcosa, tra le macerie, aveva
attirato la sua attenzione. Tra suppellettili e mobili distrutti, l’Hokage vide
stagliarsi il chiaramente il bianco spettrale di una mano inerte, aperta con il
palmo rivolto verso il cielo. Non impiegò molto per comprendere di chi si
trattasse e mentre si rendeva conto di ciò, sentì materializzarsi alle proprie
spalle l’aura familiare del guerriero con cui aveva combattuto contro la Volpe
fino a poco prima. L’arrivo di Jiraia ( uno dei tre
ninja leggendari, considerati da tutti i più forti dopo l’Hokage) fu
accompagnato dallo squarcio rumoroso delle nubi nere che affollavano il cielo offuscandolo e
un’intensa pioggia iniziò a scrosciare su quel cumulo di macerie e sulle membra
stanche dei due ninja.
-Mi dispiace!-
sussurrò Jiraia all’amico.
Ma Minato non si
accorse del tuono, né della pioggia, che scorreva sulla sua pelle lavando via
il sangue, e nemmeno della presenza dell’altro ninja. Il dolore fisico che fino
a quel momento prima gli aveva quasi impedito di reggersi bene in piedi
scomparve improvvisamente, o forse la sua mente non era semplicemente in grado
di percepirlo, ora che era concentrata su un altro dolore incommensurabilmente
più forte. I suoi occhi spalancati si stringevano cercando di mettere bene a
fuoco l’immagine, ma erano coperti da un velo di lacrime trattenute a stento
non potevano fare di meglio.
-Minato- la voce di Jiraia giunse ovattata alle sue
orecchie, come proveniente da molto lontano, un mormorio privo di qualsiasi
significato, né più né meno del rumore della pioggia. Minato non riusciva a
fermare la frenesia dei pensieri che febbrilmente si facevano strada dentro di
lui. La sua casa, il luogo in cui aveva trascorso tanti momenti felici, forse
gli unici ricordi davvero belli che avesse dalla vita, era ridotta a un cumulo
di macerie fumanti. Improvvisamente balzò in avanti e corse verso quei miseri
resti, sui quali si chinò. Jiraia ebbe appena il tempo di scostarsi per
lasciarlo passare, quindi rimase immobile ad osservare i suoi movimenti che si
susseguivano senza alcun filo logico. Non ricordava di averlo mai visto tanto
sconvolto. In passato lo aveva visto affrontare i pericoli più aspri a sangue
freddo e i nemici più terribili, con una sicurezza e una calma talmente
radicate in lui da farlo apparire freddo, e adesso sembrava aver completamente
perso il controllo. Rovistava tra quelle macerie con una furia incredibile, con
una forza che non avrebbe dovuto avere, considerato tutte le ferite che aveva riportato
durante il precedente scontro con la Volpe. Ad un tratto Minato si fermò,
lasciandosi cadere dalle mani ciò che aveva appena spostato, cadde in ginocchio
sul freddo terreno bagnato dalla pioggia. Il fango schizzò sui suoi vestiti e
sul suo volto e Jiraia lo vide sollevare una mano che attirò la sua attenzione.
Lentamente, con una cieca speranza che brillava nei suoi occhi quasi a voler
rifiutare di prendere sul serio una realtà tanto crudele, Minato si portò
quella mano alle labbra e sussultò stupito nel percepirla gelida come il
ghiaccio. Estrasse completamente il corpo di Kushina
dalle macerie. Si chinò sul suo volto, cercandone il respiro, il battito del
cuore, qualunque cenno di vita in quel corpo immoto e freddo che avesse potuto
alimentare le sue false speranze. Ma nulla venne in suo soccorso, nessuna forza
consolatrice placò le urla strazianti del suo cuore e Minato sentì di non aver
provato qualcosa di tanto forte in tutta la sua vita. Il suo animo urlava
disperato, mentre il suo corpo era completamente immobile e immerso nel più
assoluto silenzio. Gli occhi continuavano a fissare le palpebre chiuse della
moglie e delle lacrime che fino a poco prima sembravano trattenute con
difficoltà con c’era alcuna traccia, Minato era talmente concentrato sull’immagine
davanti a se che aveva totalmente perso la consapevolezza di se stesso e anche
piangere era impossibile. Era come se l’anima si fosse staccata dal suo corpo,
che non aveva più alcuna reazione, come un guscio vuoto e abbandonato.
Jiraia si avvicinò
a lui lentamente, stupendosi della sua stessa cautela, e lo aggirò per poterlo
guardare negli occhi. Ma ciò che vide non gli piacque affatto. Lo sguardo del
suo compagno era spento e vacuo, privo di qualsiasi espressione, quasi che
fosse stato anche lui avvolto nel gelo della morte emanato dal cadavere
immobile nel suo grembo. Era sicuramente meglio la furia folle del
combattimento avvenuto poco prima a quella gelida immobilità.
Jiraia capì che
doveva fare qualcosa per richiamarlo dallo stato di torpore in cui la vista di
quel corpo privo di vita lo aveva gettato e lo chiamò per nome ancora una
volta. Udire pronunciare il proprio nome da quella distanza ravvicinata sembrò
finalmente scuotere Minato, che sollevò leggermente il capo e incontrò lo
sguardo di Jiraia. E il repentino cambio di espressione sul suo volto fece
istantaneamente capire al ninja leggendario ciò che sarebbe accaduto di li a poco. Una furia omicida e vendicatrice brillava negli
occhi azzurro-ghiaccio del quarto Hokage che iniziò a tremare incontrollabilmente.
Talmente immerso
nel suo dolore, nella sua sofferenza e nella sua furia omicida che non si
accorse di una voce flebile, appena udibile, in quelle urla strazianti del suo
cuore. In uno stato di incoscienza Minato seguì quella voce, che poco a poco si
trasformò in un pianto, un pianto lieve, di un bambino.
Quasi del tutto
sepolto tra le macerie un bambino piangeva e urlava, aspettando qualcuno che lo
sentisse. Minato guardò la piccola creatura, da poco venuta al mondo e già
testimone di una disgrazia. Il quarto Hokage prese tra
le braccia il piccolo fagotto in cui era stato avvolto il bambino e subito notò
un’impressionante somiglianza: avevano gli stessi occhi azzurro-ghiaccio e gli
stessi capelli ribelli biondo-paglia. Si ricordò improvvisamente che sua moglie
era incinta, avrebbe partorito di lì a pochi giorni.
Un grido. Un grido
di dolore. Lontano. Fiamme. La Volpe era tornata all’attacco. Prese
delicatamente il corpo inerme e senza vita dell’amata moglie e il neonato e li
portò con se.
-Ti vendicherò Kushina!- con queste parole il quarto Hokage depositò il
cadavere della moglie in un luogo sicuro e andò a cercare la Volpe.
Lo so è molto
triste ma non so come ho trovato questa fic
seppellita nel mio computer e ho pensato di pubblicarla.
Recensite in tanti
Genio95