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Autore: Full Moon    19/02/2009    1 recensioni
…«Uscì danzando dalla mia stanza e mi diede la buona notte lanciandomi un bacetto. La odiavo quando faceva così, però la amavo proprio perché era così splendida e semplice come la neve che scende dal cielo, non l’avresti trovata mai sporca»…E’amore fraterno o qualcosa di più? Un mondo incantato, elfi, creature mostruose…voltatevi e scoprirete voi stessi.
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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al di là cap 2

Ringrazio i lettori!!!!! E soprattutto chi ha il fegato e la voglia di recensire la storia!*_______*



CAPITOLO 2

Povero me! Mia madre aveva saputo della mia scampagnata e quando tornammo al castello ci aspettava in entrata con una pila di libri in mano e altre due ai lati. Siccome le avevo disobbedito ancora, ovviamente doveva costringermi a fare cose che io non volevo. Fui punito solo io, invece Seila non fu neanche presa in considerazione. I libri me li consegnò tutti e disse solo: “Li leggerai tutti”. Non parlai nemmeno, ormai sapevo che era inutile comunicare con mia madre, la grande regina Hel non doveva essere contraddetta, in caso contrario le pene dell’inferno!

Adoro leggere, è sempre stata una delle mie più grandi passioni. Mi piacciono soprattutto le storie mitologiche, di dei immortali ed eroi invincibili. Ogni qual volta potevo, al lume di una candela, nella torre più alta del castello, o sotto un albero durante i giorni d’estate, o in riva al mare o nel sottobosco appoggiato ad un albero dalla folta chioma; leggevo e leggevo senza sosta. I miei occhi si perdevano nelle lettere e diventavo un tutt’uno con la storia. Non avevo mai il coraggio di leggere ad alta voce, avevo paura di perdere le parole nel vento e non ricordare più.

Con la pila di libri, mi diressi nella mia stanza privata, che si trovava proprio di fronte alla mia camera da letto, infuriato come non mai. In quella stanza non poteva entrare nessuno eccetto me, almeno così credevo. Proprio mentre tentavo di aprire la porta senza far cadere la pila di volumi, questa si spalancò da sola ed entrai. Su una sedia c’era Seila: “Ti aspettavo!” “E tu come diavolo hai fatto ad entrare!” le ringhiai contro, adirato per la violazione della mia privacy. Nessuno poteva permettersi di entrare lì, tanto meno mia sorella. In quella stanza io mettevo tutti i miei segreti, i miei progetti per il futuro, insomma tutta la mia vita. Mi arrabbiai tanto, forse troppo, infatti, iniziai ad agitarmi, non era per niente un buon segno; stava iniziando la mia trasformazione. Essendo io figlio di una banshee ho acquisito la capacità di trasformarmi ogni volta che sono infuriato. I capelli iniziarono a scurirsi, fino a diventare neri, e gli occhi iniettati di sangue, da dorati che erano. Ero davvero orribile, la pelle anch’essa cambiò colore e diventò di un blu intenso, con qualche scaglia che pian piano cresceva sul viso, sulle mani e sull’avambraccio, provocandomi un dolore atroce. Per questo evitavo sempre di arrabbiarmi, ma quella volta non riuscì a trattenermi, avevo accumulato troppa tensione e quella fu l’ultima goccia che fece traboccare il vaso. I canini scesero fino a sporgere e a toccare il labbro inferiore; la muscolatura si potenziò e la mia forza crebbe.

Seila iniziò a ridere: “Finalmente!è da troppo tempo che ti tieni tutto dentro, dovrai prima o poi sfogarti!”.

La mia mente non capiva più nulla, il lato irrazionale della mia personalità prese il sopravvento e poi, da lì, il buio.

Mi scagliai contro di lei che nel frattempo si era alzata in piedi, la scaraventai a terra e mi misi sopra di lei. Mi guardava sorridendo, ma m’inferocì ancora di più; stavo per sferrarle un pugno dritto in faccia, quando iniziò a produrre quei fastidiosi lamenti tipici delle banshee. Mi scostai da lei e barcollai per tutta la stanza, era tremendamente fastidioso, era come avere milioni di voci nella testa che piangono e si lamentano, io riuscivo a non urlare, ma una normale creatura avrebbe strillato e pianto dal dolore emotivo. Mi rannicchiai in un angolo e lei si fermò. Svenni.

Ero sul mio letto quando mi svegliai e Seila era lì con me. Avevo ripreso il mio stato da elfo, il viso e le braccia però, da dove erano uscite le scaglie, mi facevano ancora male.

“Scusa”. Riuscii solo a dire. Lei mi accarezzò il viso: “Devo chiederti scusa anch’io, però l’ho fatto per il tuo bene, ti tenevi quel dolore dentro da troppo tempo Kail”. “Ma che ne sai tu di quello che provo io?” le dissi distogliendo lo sguardo dai suoi occhi lucenti. Bisbigliò qualcosa che non riuscii a comprendere e quando stavo per chiederle di ripetere, se ne andò, o semplicemente svanì in un “soffio di ninfa”.

Pensavo di essere una carogna, non avrei dovuto perdere il controllo in quel modo, e se le avessi fatto male davvero? Non me lo sarei mai perdonato.

Dovevo imparare a controllare la mia rabbia, a disperderla nei meandri del mio essere. Essere infuriati voleva dire essere deboli. Ed io non volevo fare la parte del debole.

Mi alzai dal letto con le braccia doloranti, e mi sedetti alla scrivania di fronte al mio letto. Presi un libro a caso dalla lunghissima pila e iniziai a leggerlo. Parlava di come il popolo dei Cristalli era riuscito a battere quello dei Dortari. Troppo noioso, e quindi cambiai libro. Ne sfogliai altri, ma tutti parlavano di come governare un regno o di stupide guerre tra re avidi di potere. Disgustosi. Tutti quei libri erano pressoché inutili a mio parere. Mia madre non aveva nient’altro da farmi leggere? Ah già dimenticavo, questa è una punizione, ed essendo tale non prevedeva piaceri di nessun genere. Che serpe!

Strano che non fosse venuta a punirmi ulteriormente per quello che avevo fatto alla sua adorata figlioletta. Di me non si preoccupava mai nessuno, mio padre era sempre a convegni e a congressi con i re degli altri regni per discutere del “da farsi”, che alla fine non si faceva mai. Solo Seila mi rompeva le scatole come si doveva. Mi era sempre intorno, dalla mattina alla sera, da quando eravamo piccoli. Io la proteggevo sempre dagli altri ragazzi, non volevo assolutamente dividerla con nessuno, e ancora adesso è così. Io non ho nessun amico maschio proprio per questa ragione, li odio tutti, dal primo all’ultimo, sempre dietro a sbavare alla gonna di mia sorella. In compenso però avevo molte amiche femmine, molto più interessanti di quegli idioti di ragazzi. Ne conoscevo a milioni: sirene, ninfe, banshee, asrai, ellefolk, ellyllon, pixies, nixie, fate, bellissime principesse (e non) umane, streghe, signore dei ghiacci, del fuoco, della terra e del vento, vampire e licantropi. Erano tutte molto simpatiche, e soprattutto molto carine, adoravo quando bisticciavano per ballare con me. Modestamente sono molto conteso tra queste splendide ragazze. Mi diverte tantissimo vederle combattere per poter passare un po’ di tempo con me. Ad esempio una volta, durante una festa in maschera, tre ninfe iniziarono persino a schiaffeggiarsi per poter avere un ballo; quella volta mi divertii come un matto. Potrà sembrare crudele e di cattivo gusto prendere in giro delle povere giovani, ma quando queste ti stanno addosso solo perché sarai il futuro re, e tu le prendi per i fondelli, allora è solo un piacere.

‘A proposito di balli, tra tre settimane si terrà una festa al mio castello ed io non ho ancora preparato gli inviti per le ospiti!’pensai. Mi alzai in tutta fretta dalla poltrona e corsi a prendere le lettere degli inviti e le buste per contenerli. Inoltre serviva una candela per lo stemma, e siccome ne ero sprovvisto, chiesi alla servitù se me ne procurava un po’. Nel frattempo io scrissi le lettere. Volevo scriverle per tempo, così poi avrei potuto tenere l’ultima settimana per scegliere come vestirmi. Sicuramente mia madre aveva già qualcosa in mente per noi, ma questa volta non le avrei dato retta, avrei fatto tutto di testa mia. Pensavo ad un completo bianco con una giacca decorata d’oro e terminante con una coda di rondine.

Speravo in cuor mio di non veder troppi di quei pessimi pretendenti, che ad ogni festa che davamo, c’erano prontamente. Ed ogni volta dovevo trascinare via Seila da loro oppure restare in silenzio e rosicare dentro senza infuriarmi come una bestia. A volte mi domando perché proprio lei, perché mi sono innamorato di lei? Non riuscirò mai a dare una risposta a questa domanda. Mi faccio persino schifo, un fratello non dovrebbe amare la propria sorella, non dovrebbe desiderarla con tutte le sue forze, io invece si. Il ripudio per me stesso cresce sempre di più, ogni volta che passo del tempo con lei o quando faccio degli stupidi sogni ad occhi aperti, troppo maliziosi da poter raccontare. Tuttavia non potrei mai sconvolgerla con una mia confessione, le rovinerei di sicuro la vita. Dovrò tenere questo peso per sempre, o almeno lo terrò fino a quando la sua immagine si dissolverà dal mio cuore, quando cadrà come un castello di carte.

Tormentato dalla sua immagine e dal mio dolore non riuscii a scrivere che tre lettere. Mi alzai dalla sedia e andai fuori, sul balcone, ad ammirare le stelle.

Da quel balcone riuscivo a vedere tutto il regno, fino al mare. Una lunga distesa di acqua; la luna avrebbe accarezzato il mio corpo e mi avrebbe fatto dimenticare tutti i dispiaceri. Avevo una voglia matta di tuffarmi e nuotare ancora e ancora. Ormai quel mio hobby era diventato una droga, ne volevo sempre di più. Se fossi uscito mia madre mi avrebbe scoperto ancora ed avrei passato altre settimane a casa, a leggere libri insignificanti.

Lo stomaco si fece poi sentire, quindi decisi di scendere fino alle cucine. Mi preparai un panino al miele e un bicchiere di panna montata con fragole. Lo ammetto, sono un golosone! Adoro i dolci con tutto me stesso. Addentai il pane e l’immagine che ne scaturì, fu un angelo che sbatte le ali, mentre si unisce con un altro spirito celeste.

Ogni volta che lo assaporavo era un brivido sulla schiena e quando la fetta finì mi feci una crêpes che farcì con cioccolata e noci. Gli orgasmi a confronto non sono nulla al piacere che si prova mangiando una di quelle prelibatezze.

Bevvi un tè alla pesca e stiracchiandomi, andai a dormire.

La notte dormii profondamente e il giorno dopo mi aspettò una giornata piena d’impegni.


Ore 06:30 la sveglia, una cameriera entrava puntualmente in camera e apriva le tende blu della mia stanza, tutte e cinque con un violento strattone.

Ore 06:45,doccia, fredda come piace a me.

Ore 07:30, colazione con latte, miele, pane appena sfornato e frutta a piacere.

Dalle ore 08:00 alle ore 16:30 le lezioni erano d’obbligo, con una pausa di un quarto d’ora tra un’ora e l’altra, con pranzo dalle ore 13:00 alle ore 14:00. Le materie erano le più svariate: letteratura, poesia, musica, arte, storia e geografia del regno, filosofia, biologia con escursioni nel reame, stregoneria e poi esercizi all’aperto quali la cavalcata, esercizi con la spada e allenamento per il fisico e soprattutto il nuoto in cui io eccellevo. Fortunatamente non sapevo nemmeno cos’erano i compiti per casa.

In compenso, tutte le altre ore però, erano dedite ad imparare come governare il regno.

Ore 20:00 cena.

Per grazia divina, qui lo dico e lo ribadisco, non avevo un coprifuoco per andare a letto.

Quasi tutte le mie giornate si consumavano così, tranne i sabati e le domeniche in cui potevo dormire fino a mezzogiorno.


Nota: i prossimi capitoli credo saranno un po’ più carini…sia perché mi sto davvero impegnando, sia perché i primi 2 erano vecchi nonni!!!! Perciò non abbandonatemi!

Un grazie a todos!


  
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