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Autore: Elisha24    20/10/2015    0 recensioni
Una notte come tante. E poi il fumo e la fiamme.
Una bambina colpevole di esistere.
Un Ordine disposto a tutto per nascondere la verità.
E un passato tutto da svelare.
Alitha è cresciuta nel tempio dell'Ordine di Vokam, l'ordine dei devoti. Non ha mai visto nulla al di fuori delle mura, nè conosce altra vita se non quella di devota.
Fino a quando non riceve la Lettera che la convoca alla selezione per diventare regina.
Alitha non è mai uscita dal Tempio e ora si ritrova invischiata nella politica di palazzo, mentre nel suo corpo qualcosa sta per cambiare per sempre.
Nakur, erede legittimo, vive i suoi giorni tra sfarzi e vita di corte rifiutando un potere che non ha mai voluto. Ora il fragile potere della monarchia grava sulle sue spalle e quelle della sua futura compagna. Riuscirà a scegliere con saggezza, rispettando gli equilibri di potere che ha ignorato per decenni?
"Esistono storie che è meglio lasciare sepolte nei libri e alcune che dovrebbero essere marchiate sulla pelle"
"E se ti dicessi che tutto questo è un sogno? Quanto puoi lottare se la tua stessa arma è il tuo nemico?"
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sveglia di soprassalto.

Qualcuno aveva bussato alla mia porta.

- Padrona, il Maestro la cerca-

Sbattei le palpebre qualche volta prima di capire il significato di quelle parole. Perché mai mi avevano svegliata ad un'ora così inusuale?

- Arrivo subito!-

Aprí l'armadio e presi una lunga veste rossa con il corsetto nero di pizzo. 
Quel coso era maledettamente difficile da mettere, ma era l'abito più elegante che mi era concesso indossare.

Con le scarpe in una mano e le vesti nell'altra andai ad aprire la porta.

Un ragazzo entrò tremante porgendomi la mano. La ignorai e provai pena per quel gesto spavaldo.

- Portami da lui- dissi e pregai che nella mia voce non ci fosse esitazione.

L'occhiata sospettosa del ragazzino cancellò ogni mia sicurezza. Lo squadrai con fare severo e alzai un sopracciglio indicandogli con un cenno del capo l'uscita. Subito si affrettò a precedermi e a porgermi il braccio. Il mio Maestro era severo, ma mi amava come una figlia.

I corridoi apparivano ancora piú tetri senza il consueto andirivieni tipico del Tempio.

Quando il mio accompagnatore s'inchinò capì che ero arrivata. Rilassai i muscoli e presi un respiro profondo.

Bussai tre volte. Senza aspettare entrai a testa bassa.

- Maestro mi avete fatto chiamare?-

La mia riverenza doveva apparire elegante come quella di una gallina, tanto ero agitata. Nessuno nei corridoi e una chiamata di mio padre ad una tale ora.

- Qual'é il nostro motto, Alitha?-

Niente saluti. Niente convenevoli. Deve essere successo qualcosa di grave.

Senza alzarmi aprì velocemente la bocca: - Il dovere pesa come una montagna, la morte come una piuma- deglutii sonoramente: - Padre, cosa succede?-

Dopo un breve sospiro, il mio olfatto venne colpito da una zaffata di rose.

Il Maestro mi prese il mento e mi guardò negli occhi. Le gambe mi dolevano e la schiena, stretta nel corsetto messo di fretta, pareva rigida e innaturale. I suoi occhi indugiarono sulle mie labbra sbavate, sul mio collo, sulla vena pulsante:

- La nostra Regina é morta-

Prima che continuasse portai il pugno chiuso sul cuore, come voleva la tradizione.
Il dolore che sentivo al petto, però, non preannunciava nulla di buono. Sapevo perché mi aveva chiamata e raccolsi tutto il coraggio che potevo mostrare.

- Mi é arrivata la Lettera. Avendoti adottata devi presentarti come candidata. Prendi-

Mi porse una lettera con le sue mani scheletriche.

L'afferrai tremante.

A tutte le femmine tra i 18 e i 28 anni appartenenti al Sangue.

La nostra Shellan é morta. 
Il nostro paese ha bisogno di una nuova Regina.

Per servire il nostro paese vi chiediamo di presentarvi al Castello di Phoenos entro il solstizio d'inverno.

Attendendo vostra conferma.

Il Sangue. 
 

- Maestro sono onorata, ma non posso accettare-

Prese il foglio tra le mie mani tese, accarezzandole.

-Figlia mia devi. Vedi, la legge ti obbliga a partecipare. Oggi stesso partiremo. Prepara i bagli, mi dispiace ma non posso fare nulla per te. Sapevi che sarebbe potuto succedere-

Mi alzai con sguardo deciso.

- E io rifiuterò davanti a tutta la Corte se necessario. Di poche cose sono sicura e una di queste è che non intendo rinunciare al mio noviziato. Io non ho casa al di fuori dell'Ordine padre-

- Così forte, così decisa. Eppure fragile ed immatura. Ma soprattutto maleducata, non ti è concesso parlare ad un tuo superiore in maniera tanto sfacciata- disse prendendomi le mani tra le sue.

Ma lui sapeva: diventare Shellan per me sarebbe stata una maledizione, non un dono.

- Non puoi fare diversamente. Quando la Transizione avverrà non sarai sola, se é questo ciò di cui hai paura. L'Ordine non può accoglierti ma faremo di tutto per riportarti a casa, nessuno ti vuole in quel castello. Tanto meno noi. Ricorda di non corrompere il tuo animo, ti riporteremo a casa presto. -

Tornando verso la poltrona mi fece un debole cenno con la mano, congedandomi.

Con le gambe molli uscì sbattendo la porta.

Cosa avrei fatto? Quante As'Shellan, saremmo state? 
Come avrebbero fatto a sceglierci? 
Cosa c'era fuori dal Tempio?

Non riuscivo a pensare. I piedi, animati da volontà propria, volavano sulle piastrelle. 
La seta rossa sulle gambe sembrava una nuvola di tempesta.

E io..io ero a pezzi, non riuscivo a immaginare di lasciare il Tempio.

Girai l'angolo e una figura enorme mi venne addosso.

L'odore del cuoio dei vestiti mi costrinse a fermarmi.

- Alitha al'Shellan. Cosa ci fate fuori dai vostri appartamenti? RICOMPONETEVI IMMEDIATAMENTE!!-

Mi inginocchiai: - La prego...-

Era così bassa che temetti che non avesse sentito. Poi una mano enorme comparve nel mio campo visivo.

- Le abbiamo insegnato tanto Alitha. Controllo, pietà, e tu ti applichi. Battile tutte, Al'Shellan-

Wrath sapeva sempre cosa dire e anche questa volta aveva compiuto il miracolo. Essere chiamata Al'Shellan, pretendente, fece scattare qualcosa in me. Per alcuni sarebbe potuta essere rabbia, per altri dolore. Per me era scoperta. Con il gusto dolce amaro dell'incognito e del dubbio.

Eppure sapevo che questa era una punizione per aver desiderato di scappare. Dannati pensieri.


Da generazioni si susseguivano regine valorose e i nostri re non erano da meno. 
Quando una Shellan moriva la sua discendente femmina prendeva il suo posto, se invece era maschio diventata il compagno della nuova regina.

A me era toccato l'onore di nascere esattamente vent'anni dopo la nascita dell'erede maschio.

- Ci siete?-

Wrath picchiettava dolcemente il suo dito enorme contro la mia piccola spalla.

- Ascoltatemi. Siete parte del Sangue non avete ancora compiuto la Transizione e non siete ancora debuttata. Siete un fulmine a ciel sereno per la Corte, non vi toglieranno gli occhi di dosso. Lo so che non è quello che desideravate, ma prendetela come un'occasione per poter vedere il mondo prima di tornare da noi-

Nonostante tutto, ero tesa come una corda di clavicembalo.

Feci un respiro profondo. Poi un'altro ancora. Fin quando i polmoni bruciarono per gli incensi ai bordi del corridoio.

- Mi scusi, ho bisogno di riordinare i miei pensieri. Credo un ora di meditazione mi farà molto bene. La ringrazio per il tempo che mi ha dedicato, la Vergine solo sa quanto piacere ne abbia ricavato-

Feci una riverenza così profonda che la fronte era a pochi pollici dal pavimento.

- Andate e portate onore. Fidatevi, tornerete-

Feci per rispondere quando mi accorsi che quella non era la risposta giusta. Non avrebbe dovuto desiderare per me che non tornassi?

Prima di poter ribattere mi trovai da sola e mi diressi verso il cuore del Tempio.

L'ampio salone smeraldo e nero era costellato da minuscole ciotole votive, piene di incenso e frutta. 
Qualche fiamma si levava dalle fiaccole del tutto inutili agganciate alle pareti.

Un'enorme vasca piena d'acqua mandava bagliori sinistri contro l'alto soffitto e l'altare di pietra grezza alle sue spalle.

Le colonne portanti scolpite nella pietra viva portavano incisi i canti dei fedeli.

Mi inginocchiai al mio solito posto davanti all'altare.

La mia ciotola era vuota. Non avevo pensato a nessuna offerta. 
Presi una ciocca di capelli e il frammento di ossidiana che tenevo al collo.

Un taglio netto e via. Una ciocca rossa giaceva tra le mie mani pallide.

Appoggiai i capelli nella ciotola e li guardai bruciare mentre chiudevo gli occhi e iniziavo a canticchiare a bocca chiusa.

Avanti e indietro. Avanti e indietro. A ritmo con la litania il corpo aveva trovato il giusto ritmo.

Vergine. Ascolta la mia preghiera e mostrati. Vi prego mostratevi.

Una brezza delicata si alzò dolcemente da dietro l'altare. I miei capelli vennero sospinti all'indietro. Calda come la carezza di una madre passò sulla mia guancia, a sussurrare segreti che solo lei poteva udire.

Forse avevo sbagliato a dubitare. Lei sapeva cosa si nascondeva nel mio cuore e avrei fatto quello che mi chiedeva.

Mi alzai lentamente. Le ginocchia insensibili mi sorressero a malapena.

- Io sono Alitha Al'Shellan. Io servo la Vergine-

Il mio sussurrò riecheggiò sulle pareti, nell'acqua finché, lentamente, si spense.

Andai a rifugiarmi in camera per sfuggire alle chiacchiere delle altre novizie, che nel frattempo avevano popolato i corridoi.

Comunque non potevo evitarle ancora per molto, dato che era quasi ora di cena e che prima avrei dovuto lavarmi nelle docce con le altre sorelle. Mi trascinai fuori dal letto, pronta a entrare nella fossa dei leoni.

Non mi accorsi di aver pianto fin quando, nella mia stanza, mi guardai allo specchio.
Avrei dovuto infilare i miei pochi averi nel baule che avrei portato con me l'indomani, invece di rimanere a fissare il soffitto. 
La collana di ossidiana, unico ricordo della mia vera famiglia, pendeva al collo.

Guardai con rimpianto il mio piccolo letto nell'angolo. Piume, pergamene, inchiostro e tutto quello che era stato la mia vita in quei diciannove anni era riunito lì. 
C'era anche un piccolo dipinto che avevo commissionato due anni prima: io e altre novizie sorridevamo davanti al laghetto.

Non volevo andarmene, ma non avrei mai umiliato mio padre in questo modo. 
Forse c'era ancora speranza.

Qualcuno alla porta bussò educatamente. Il mio bagno doveva essere pronto.

- Al'Shellan, vi prego di seguirmi-

Sorella Leya era una tra le più giovani Guaritrici che il Tempio poteva vantare da lì a cent'anni addietro. E l'unica che possedeva un vero potere.

A soli sedici anni riusciva a guarire completamente persone in punto di morte. Era qualcosa di spettacolare guardarla mentre lavorava.

Con la tunica bianca e i lunghi capelli sciolti iniziava a tracciare delicati movimenti con le dita sul corpo dei malati. Lentamente queste si illuminavano e, dotate di vita propria, si muovevano su tutto il corpo.

Era una meraviglia per gli occhi e anche per il cuore. Ogni volta il Tempio sembrava ridestarsi di gioia improvvisa e anche chi soffriva dei più lievi malanni veniva guarito.

Ma il potere aveva un prezzo. A vent'anni il corpo di Leya era già molto stanco e provato anche se ancora in ottima forma. Dopo interventi particolarmente lunghi ormai le ci voleva qualche giorno per tornare in salute.

Quando aprì la porta feci finta di non notare la fatica che la costrinse a fermarsi prima di entrare nella piccola stanza.

Una tinozza fumante era nell'angolo, vicino ad un armadio di legno e a due sgabelli finemente intagliati.

Mi spogliai davanti agli occhi vigili della Sorella:- Allora Al'Shellan, siete emozionata?-

Emozioni, emozioni cosa erano se non un intricato sentiero nel petto?

- In verità non so cosa provare Sorella- dissi: - Sono emozionata certo, ma quale mia consigliera sapete bene che ciò non è quello che il mio cuore desidera-

Lo specchio mi restituì l'immagine del corpo di una bambina. Le spalle scheletriche, il petto piatto, vita minuscola e nessun segno di distinzione tra il mio corpo e quello maschile.

O meglio, nessun segno degno di nota. Qualche curva qua e là s'intravedeva e i corpetti evidenziavano un seno che non avevo.

I lunghi capelli rosso fiamma erano ancora raccolti nella treccia disordinata della mattina prima.

Leya aveva già in mano un panno chiaro e un vasetto marrone da cui uscivano sottili fumi colorati.

Mi immersi dolcemente nell'acqua chiara. Era pulita e profumava di rose.

Non può andare meglio di così. Non sta andando così male a parte il fatto che domani all'alba sarò tra una schiera di piccole principesse in miniatura. Che non sono mai uscita dal Tempio. 
Che non ho mai visto la Corte di Phoenos. 
Già non può andare meglio.

Le mani di Leya si muovevano lente sulla mia pelle. Era veramente paradisiaco. E poi avevo dormito poco durante il giorno.

- Siete tutta tesa Alitha. Forse siete spaventata perché non ha ancora avuto la Transazione.- annuì lievemente mentre mi insaponava i capelli:- Vede noi vampire abbiamo bisogno di più tempo per maturare. Insomma, vedrà che arriverà anche per lei il gran giorno. -

Aprì gli occhi quando sentì le mani indugiare sulle spalle.

- Sorella Leya, c'è altro che volete dirmi?-

- Voi siete speciale. Anche se qui non siete popolare sapete bene che potete essere la nuova Shellan. Siete voi che vi tirate indietro, Alitha, dovreste smettere di nascondervi. Ci fareste molto fieri e il dovere di essere Shellan, vi poterebbe grande onore-

Onore e dovere, onore e dovere.

- Sorella la verità è che non mi sento in grado di guidare una razza così fiera come la nostra.-

Il suo sorriso era così dolce che mi venne quasi istintivo rispondere. Le piccole zanne che spuntavano dalle labbra sottili della Sorella mi fecero pensare al piccolo gatto delle cucine.

- Credo che sarà un vero onore poter conoscere le altre partecipanti. Le signorine sono il meglio della razza, sono l'Sangue le giovani più pure e sacre.-

Ero terrorizzata dal pensiero di stare nella stessa stanza con del Sangue. Per quello che ne sapevo, io ero stata adottata dal Maestro subito dopo la mia nascita.

E non avevo sangue reale. Appartenevo al Sangue per uno strano scherzo chiamato "adozione".

Moltissime femmine morivano durante il parto e quando i maschi, troppo sconvolti per la morte delle loro compagne, non riconoscevano i bambini l'unica alternativa era mandarli al Tempio. 
Oppure tentare di farli adottare, se sopravvivevano alle prime settimane.

Fortunatamente il Maestro era stato felice di accogliermi e di tenermi con sè.

La Sorella intanto aveva iniziato a spazzolarmi i capelli. Il rosso che andava raccogliendosi nella vasca sembrava sangue. L'odore della tinta quasi mi soffocava. I capelli, per le novizie, dovevano essere rossi. Qualsiasi altro colore era bandito fino a quando non si veniva accolte nell'ordine. A quel punto si lasciava libertà a tutte le sorelle di gestire il loro vestiario e il trucco, anche se molte preferivano mantenere i costumi del noviziato.

Dopo quasi un ora Leya lasciò la sua posizione dietro le mie spalle a mi fece alzare.

Asciugandomi con un panno delicato mi chiesi quanto tempo sarebbe dovuto passare prima di risentire le sue mani sul mio corpo.

Mentre mi interrogavo lo specchio mi restituì l'immagine della mia nuova vita.

I capelli neri sciolti fino alla vita nascondevano il mio corpo segnato dalla pre-transazione. 
Le gote rosee e le labbra carnose non più nere, ma rosse e tormentate dai miei denti. Ma sopratutto il tatuaggio sul fianco. Il piccolo giglio dorato faceva capolino tra la massa nera dei capelli.

Leya aprì l'armadio. Dentro c'era un putiferio di stoffe colorate e lucide. Il mio tesoro più grande. I miei abiti migliori, che usavo quando mio padre voleva godere della mia presenza alla sua tavola. Il che accadeva raramente visto che preferivo consumare i miei pasti con le altre novizie.

Stoffa impalpabile, di tutti i colori possibili e di tutte le fogge più svariate.

Ma era un'altro il vestito che Leya mi porgeva.

La morbida stoffa le scorreva come acqua tra le mani. Sembrava che la sarta avesse cercato di catturare la notte stessa. Il mantello nero era allacciato sul davanti del corpetto dell'abito viola e blu. Il corpetto stretto da lacci argentei doveva esser stato fatto su misura tanto mi stava comodo. E la gonna! Una soffice nuvola. Altro che le pesanti stoffe del Tempio.

Già mi sembrava di volare. Verso un destino che però non conoscevo.

La mia gioia si spense subito e mi lascia truccare docilmente. Mio padre doveva aver speso una fortuna per quell'abito che adesso mi sembrava solo una gabbia.

- Alitha siete magnifica- disse Leya.

Eppure io allo specchio vedevo solo una povera ragazza terrorizzata, costretta ad andare avanti sull'orlo del baratro.

Avevo fatto un giuramento, ma quanto sarei potuta resistere in un mondo che non conoscevo?
 

Un piccolo tocco, delicato ma insistente, mi riscosse dai miei pensieri. Leya mi fece un cenno con il capo indicandomi che sarei dovuto uscire dalla stanza.

La ringraziai con un inchino e poi le sorrisi. Spalancai la porta e venni investita da un mare rosso in piena. 

- Ferme, ferme! Volete darvi una calmata? Ma insomma ricomponetevi!- urlai tra le risate generali.

- Mi scusi Alitha Al'Shellan- disse Anthea scimmiottandomi e iniziando a ridere.

-Adesso dovremo inchinarci tutte quante vero?- chiese invece preoccupata Myrelle, che di alta società non sapeva proprio nulla.

- Ma quanto sei detestabile! E cosa ce ne importa?- ricominciò Anthea prendendomi sottomano insieme a Cintya.

- Bisogna festeggiare, festa festa festa! È la tua ultima notte sotto il tetto di tuo padre- disse ammiccando:- E poi tra qualche e giorno avrai tra le mani quel bel bocconcino di principe-

- Anthea! Non parlare in questo modo del tuo futuro sovrano!- ringhiò Myrelle.

- Quindi tu lo hai visto?- chiesi ad Anthea.

Prima di rispondere ammiccò nella mia direzione. I lunghi capelli eburnei spiccavano tra quelli rossi delle altre ragazze. I canini spuntavano dalla labbra colorate di rosso, come solo lei portava: - Allora sei curiosa di sapere qualcosa in più sul bocconcino...-

Proseguimmo fino alla sala da pranzo ridendo e discutendo se fosse più adatto parlare di "sua altezza bocconcino" o solo "bocconcino". Tutte le volte che incontravamo qualcuno Myrelle cercava di farci stare zitte e iniziava ad arrossire così tanto che sembrava un pomodoro troppo maturo.

 

 

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Piccolo angolo dell'autrice: ergo moi. 

Vorrei ringraziare tutti coloro che stanno leggendo questa storia e chiedere a tutti voi di aiutarmi a farla crescere ogni giorno. Consigli e critiche sono ben accetti!

Cercherò di pubblicare ogni settimana qualcosa di nuovo, sperando che possa piacervi!

Buona lettura.

  
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