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Autore: Uni    21/10/2015    5 recensioni
Non si può scoprire il valore della propria vita finché si è in vita. Difatti, scopriamo il vero valore di qualcosa solo quando questa ci viene sottratta e, non appena ci viene sottratta, rimaniamo soli a vagare in un oblio freddo e buio, dove solo la nostra voce, seppur spezzata, è l'unico essere vivo in quell'ambiente scuro. Così aspettiamo che qualcuno ci porga le mani e ci tiri via da quell'incubo.
[Bluemoon]
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bright, Fine, Rein, Shade
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Secondo.
Anime che perdute nell’oblio, si dimenticano della luce
.


 
 
Un letto di foglie ricopriva il terreno umido. Lì ero distesa, su quel manto increspato di colori tendenti sul rosso e l’arancione. Foglie d’acero, pensai aprendo gli occhi su quella distesa boscosa. Alzandomi da terra, guardai il bosco a torno: da quanto ero lì? E soprattutto, cosa avevo fatto prima di arrivare in quel posto, nel quale mi sembrava di stare da tutta la vita? Quel posto era così familiare e… gelido. Persino i vestiti che avevo in dosso erano così maledettamente ovvi.
L’azzurro pallido del vestito merlettato era quasi in simbiosi con la mia anima. E anche le domande che mi stavo ponendo sulla mia esistenza erano quasi inutili: per ciò che sapevo, io ero sempre stata lì. Mi chiedevo spesso quale fosse il mio nome, il mio passatempo preferito, cosa mi piacesse leggere; ma quelle domande sembravano avere delle risposte talmente ovvie che, forse, il mio subconscio le aveva poste in questo modo, in modo tale che non me ne preoccupassi: come per farmi capire che mi trovavo in pericolo, e capire chi fossi non era necessario per poterne venire a capo.
Girando in torno a me, visionai un gazebo - anche quello molto familiare - in legno bianco, rialzato dal terreno che sporgeva in uno stagno, con una cupola intagliata con motivi geometrici. La vernice candida, tendente sul panna, era corrosa malamente ma, ripensandoci, rendeva quel gazebo ancora più misterioso ed elegante. Avvicinandomi come rapita da quel suo colore pacifico e alleviatore, non mi accorsi della sagoma che - trovandosi all’interno del gazebo - mi dava le spalle guardando verso il lago dall’acqua ristagnante che pareva riflettere il mondo stesso.
Avrei giurato si trattasse di una donna, dalla lunga chioma platina che arrivava a toccare la terra per una buona manciata di centimetri. Indossava una tonaca, forse tendente sul grigio. Rapita da quella sua eleganza e dall’aura pacifica che emanava la sua presenza, continuai il mio lento passo: qualcosa non andava. Il mio corpo, il mio istinto - che sembrava risvegliato da un sonno perpetuo -, mi dicevano che raggiungere quella sagoma non era la cosa giusta. Non appena arrivata di fronte al primo gradino, non appena in procinto di allungare il passo, ecco: una voce. Squillante e forse con un’amara nota nostalgica, rauca, ma divertita – sei sicura di volerlo fare, anima della rara regione del ghiaccio, numerata 9’322°? – squillò. Girandomi quasi d’impulso, scrutai la mia interlocutrice: appoggiata su un ramo, splendente e opaca nel suo abito turchese, vigeva una giovane - forse tredicenne -, dai capelli e gli occhi del colore delle castagne appena mature che, ricci, sfioravano a malapena la spalla.
Chiudendo il libro che aveva in mano, sorrise quasi con nostalgia – se proverai a salire,– disse – perderai la tua esistenza,  anima creata e battezzata sotto il nome di Ima.
Ima, è il mio nome, pensai. Presi un profondo respiro – chi sei? E dove mi trovo? Ti prego di rispondermi – La ragazza scese dal ramo – non sai neanche chi sei e vuoi sapere cos’è questo posto? Sei troppo impertinente, ahi, ahi. – continuò – questo è ciò che voi mortali chiamate: Limbo. Qui vengono create le anime che vengono poi mandate dalla mia Signora al vostro mondo; e qui, finiscono le anime che non sono morte, poiché legate ancora alla terra: in sintesi è questo. Tu sai di essere già stata qui, perché questo è il luogo in sui sei stata concepita. Di anime con colori gelidi come la tua, non se ne vedono tante: ritieniti fortunata, la mia Signora ti ha proprio graziata.
– la tua signora? Ma tu chi sei? Che intendi con “già stata”? – la ragazza passò le mani sul vestito per aggiustare alcune pieghe e aggiunse – La mia signora è madre di tutte le anime: presto la conoscerai; Io sono Lilith, la prima anima creata, nonché custode di questo luogo. – fece un lungo respiro – Cara Ima, con “già stata” intendo che sei stata creata, inviata nel tuo mondo e in seguito ad un fattore esterno, la tua anima (POOF), è uscita dal corpo finendo qui; quel gazebo è l’aldilà: la fine di tutto.– Lilith sorrise con dolcezza.
Mi guardai nuovamente a torno. Io sono Ima, pensai – come faccio a tornare indietro? – Lilith trattenne un gridolino – Bella domanda! – prese a camminare in circolo marcando bene ogni passo – vediamo: diciamo che devi uscire da qua. – semplice, pensai; ma lo sguardo di Lilith diceva tutt’altro.
– Come ho detto – aggiunse – io sono la custode di questo luogo pacifico, ma per poter arrivare al mondo degli umani, bisogna prima passare per le tenebre (non ho idea di come siano, non me lo chiedere) e in poche sono le anime che raggiungono il mondo degli umani; ma appartengono generalmente alla legione carminia del fuoco: la più tenace. Tu in queste tue condizioni non ce la faresti  mai – disse fermandosi a fissarmi.
– Qual’era il mio nome sulla terra? – Tremavo e la vista si stava appannando; Lilith alzò le spalle dicendo che non era lei l’addetta ai ricordi. Mi protese la mano e mi disse che la sua signora mi avrebbe aiutata.
Afferrai quella mano, senza alcuna esitazione.

Nota dell'autore:
Finalmente aggiorno... Non ho scusanti: dovrei aggiornare tipo un sacchissimo di cose, ma non ho voglia - ahah. A parte che con lo studio e gli impegni vari sono stata impegnata, e nei momenti liberi sono stata a disegnare. Poi ho partecipato anche ad un contest indetto da Miku, su questo forum, su un altro fandom. Ma scrivere non mi appassiona più come una volta: adesso la passione arriva e scema in brevissimo. Ma ciancie a parte: parliamo del capitolo. Io mi sono imposta di non spiegare il capitolo, come faccio sempre, ma di spiegare le mie genialate. Ecco, allora. Innanzi tutto, Ima: il suo nome è l'anagramma di Mia, il nome di una mia protagonista in una mia storia. Questi due nomi mi piacciono così tanto che non ne posso fare a meno - ahahah. 
Andando avanti: Lilith. Si dice che la prima donna crata da Dio, non fosse stata Eva, ma bensì Lilith - nonché prima moglie di Adamo. Ho deciso di usare questo nome, perché la personalità di Lilith, nella Bibbia è controversa: amabile ma letale. La mia Lilith, allo stesso modo è letale e attraente, dietro la bellezza di una tredicenne potrebbe celarsi il sangue di mille vittime. Proseguendo sull'ultimo punto: il gazebo e la sagoma bianca. Lilith spiega che la sagoma è colei che trasporta le anime nell'aldilà: la morte. Tutti vedono la morte come qualcosa di negativo e nero, ma per un'anima buona e limpida, la morte conduce al regno dei celi: una condizione migliore alla vita stessa. Tralasciando queste particolarità puramente filosofiche (poiché sono atea, ma interessata alla religione), vi chiedo di lasciare un piccolo commento tra le recensioni: tanto per sapere cosa ne pensate. 
   
 
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