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Autore: Vavi_14    21/10/2015    3 recensioni
«Tu non sei mai stato un ragazzino dormiglione, in effetti» aggiunse il maggiore, scrutando distrattamente l’albero di ciliegio che primeggiava nel loro giardino. L’ombra dei raggi lunari riflessa sulle foglie lo rendeva ancora più suggestivo.
«Ti svegliavi sempre nel cuore della notte e lamentavi di aver avuto un incubo».
Sasuke si voltò a guardarlo con un sopracciglio alzato. «Davvero?» domandò, incuriosito.
«Già» confermò Itachi, abbozzando un sorriso. «Eri troppo piccolo per ricordartelo. Bussavi sempre alla mia porta e quando ti chiedevo cosa mai avessi sognato di tanto spaventoso, puntualmente rispondevi “Non me lo ricordo”». Da come lo raccontava sembrava che la cosa lo divertisse. Sasuke aspettò di sentire il resto.
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Un ”what if” grande come una casa e un sogno quasi dimenticato da realizzare. Sentivo nostalgia dei due fratelli, perciò eccovi il secondo sbrocco della settimana. Hope you like it! :)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il fruscio di una porta scorrevole sui tatami interruppe lo stato di dormiveglia che di lì a poco lo avrebbe fatto beare di un sonno profondo. Dopo l’ultima missione durata più di una settimana, ciò che bramava più di ogni altra cosa era senz’altro il riposo, ma sfortunatamente suo fratello non la pensava esattamente come lui, dato che da qualche giorno sembrava faticare ad addormentarsi.

Si alzò lentamente, massaggiandosi le tempie. Se avesse continuato a passare le notti insonni di sicuro sua madre lo avrebbe fatto ricoverare, viste le occhiaie che si andavano calcando sempre di più, ma di certo non poteva permetterselo in un momento così importante per Sasuke.
Camminò cercando di spostare il peso sulle punte, in modo da non svegliare i genitori. Raggiunta la cucina, scorse la sagoma di suo fratello seduto in veranda e senza pensarci due volte lo raggiunse, accomodandosi accanto a lui.
Sasuke alzò di poco lo sguardo, ma poi tornò a studiarsi le mani, incrociate e abbandonate sulle ginocchia.
«Non riesci a dormire neanche stasera, eh?»
Itachi gli riservò un’occhiata comprensiva, cercando di invogliarlo a parlare. Le notti precedenti aveva sempre fatto finta di non sentirlo, poiché immaginava preferisse rimanere da solo, ma forse era arrivato il momento di spingerlo ad esternare le sue preoccupazioni.
Sasuke scosse la testa in segno di diniego; sapeva che suo fratello si era accorto di quelle sue meditazioni al fresco del mattino e gli era grato per aver lasciato che gestisse da solo la situazione. D’altronde immaginava che prima o poi avrebbe preso la decisione di parlargli.
«Tu non sei mai stato un ragazzino dormiglione, in effetti» aggiunse il maggiore, scrutando distrattamente l’albero di ciliegio che primeggiava nel loro giardino. L’ombra dei raggi lunari riflessa sulle foglie lo rendeva ancora più suggestivo.
«Ti svegliavi sempre nel cuore della notte e lamentavi di aver avuto un incubo».
Sasuke si voltò a guardarlo con un sopracciglio alzato. «Davvero?» domandò, incuriosito.
«Già» confermò Itachi, abbozzando un sorriso. «Eri troppo piccolo per ricordartelo. Bussavi sempre alla mia porta e quando ti chiedevo cosa mai avessi sognato di tanto spaventoso, puntualmente rispondevi “Non me lo ricordo”». Da come lo raccontava sembrava che la cosa lo divertisse. Sasuke aspettò di sentire il resto.
«A volte penso che fosse solo una scusa perché non volevi dormire da solo».
«Ma smettila» il minore distolse lo sguardo, imbarazzato. Bastò poco però perché la sua espressione tornasse seria e corrucciata. Itachi stava cercando di distrarlo – o metterlo in difficoltà, non lo aveva ancora capito – ma quei pensieri gli bombardavano le tempie in modo prepotente senza dargli tregua.
L’indomani avrebbe avuto il test di ammissione per entrare a far parte del corpo di Polizia di Konoha; lo attendeva da anni ormai, e adesso che finalmente era  pronto per affrontarlo, mille dubbi erano tornati ad assalirlo, tanto più dopo aver appreso la notizia che suo padre capeggiava tra i giudici di prova.
«E’ normale essere agitati» lo rincuorò Itachi, accorgendosi del suo cambio d’umore.
«Tu non lo eri quando entrasti della Squadra Speciale» lo rimbeccò Sasuke, un po’su di giri.
L’altro alzò le spalle. «Solo perché non sembravo agitato agli occhi degli altri non vuol dire che in realtà non lo fossi».
Già, neanche Itachi amava far trasparire i propri stati d’animo, preferendo quasi sempre vivere determinate emozioni per conto proprio. Pur essendo fratelli, Sasuke credeva di non riuscire mai a comprenderlo del tutto. Suo fratello, più di lui, era un enigma vivente. Forse anche per questo motivo aveva da sempre nutrito un’ammirazione sconfinata nei suoi confronti, che però puntualmente veniva intaccata da quella punta d’invidia che gli faceva desiderare di non esser da meno.
«Papà sarà spietato» mormorò Sasuke, constatando l’ovvio.
Itachi annuì. «Lo sarà come sempre, otouto, e questo è un bene, credimi. Entrerai nel corpo di Polizia solo per le tue capacità, dovresti esserne orgoglioso».
Il minore rimase in silenzio, consapevole che suo fratello diceva il vero, eppure ancora esisteva in lui il dubbio dell’insuccesso, e anche stavolta il maggiore comprese la radice del problema senza che Sasuke dovesse aggiungere altro.
«Non devi temere il fallimento, Sasuke. Non sempre tutto può andare per il verso il giusto, ma se dovesse succedere basterà rimboccarsi le maniche e provare ancora, no?»
Gli strinse una spalla con la mano, infondendogli sicurezza. «E comunque non ha senso preoccuparsi. Tu hai la stoffa del leader e tra qualche anno sostituirai papà nella gestione della Centrale».
Sasuke accolse quell’affermazione con un ghigno. «Io? Guarda che sei tu quello che è stato nominato capo della Squadra Speciale a tredici anni».
Itachi allontanò il braccio. «Solo perché mi è stato imposto, altrimenti rinuncerei volentieri a quel titolo, otouto».
Si scambiarono uno sguardo d’intesa, per poi tornare ad osservare la distesa d’erba fittamente tagliata dinanzi a loro. Fugaku, oltre che prestare servizio al Villaggio, aveva sempre amato prendersi cura del loro giardino, mantenendolo pulito e sorprendentemente rigoglioso.
«Sarà meglio cercare di dormire un po’ adesso, che dici?» domandò il maggiore, notando che i lineamenti del viso di suo fratello si erano lievemente distesi.
Sasuke annuì ed insieme si alzarono per dirigersi verso le rispettive camere da letto.
«A meno che non preferisci che ti legga una storia della buonanotte» buttò lì prima di far scorrere la porta, beccandosi una spintarella da Sasuke, che lo squadrò in malo modo.
«Non sei divertente» borbottò il minore, mettendo su un finto muso al quale non credeva neanche lui.
Itachi non poté fare a meno di sorridere, accorgendosi di come quell’espressione imbronciata fosse rimasta uguale anche nel corso negli anni.
«Dormi bene, otouto» gli augurò con un gesto della mano, prima di richiudersi la porta alle spalle.
Sasuke ricambiò il sorriso. «Grazie, nii-san».




















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Questo credo sia l’ultimo strappo alla regola che faccio, visto che ora dovrò tornare a dedicarmi alle raccolte che ho in corso. Lo so, sono pessima, ma ne avevo bisogno! Il titolo ovviamente non è farina del mio sacco, ma appartiene al venerabilissimo William Sheakespeare. Forse un tantinino altisonante per la semplicità di questa one shot, però mi è sembrato azzeccato.

Ps. Scusate per i titoletti colorati. C’ho preso gusto! XD
 





Vavi
  
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