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Autore: njaalls    22/10/2015    1 recensioni
E non si sa come va a finire, cosa porterà,
come il tempo torna e ci trasforma

È un istante quello in cui si chiede se toccarlo possa sconvolgere il suo stato d'animo o meno, prima di prendergli la mano e tenerlo stretto con il cuore che le martella nel petto. Trattiene l'altro corpo come se ne andasse delle sua vita e Grace percepisce quel l'amore che è nato con la loro amicizia in prima elementare e che le cresce dentro da quando lo ha visto sotto un'altra luce, con le sue mani sui suoi fianchi e i suoi baci contro il collo.
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho scritto questa os in un paio di mesi, quindi non è stato qualcosa uscita di getto. Premetto, prima che leggiate, che non è il mio genere, dato che sono più propensa a buttare giù one shot introspettive e piuttosto brevi, ma mi sono voluta cimentare in qualcosa che in passato ho già fatto, ma che non mi ha mai davvero soddisfatta. L'idea iniziale è ispirata dal video di Poison di Rita Ora, ma poi me ne sono discostata, lasciando che la storia andasse avanti verso una direzione distante dal video musicale.
Il titolo e la citazione iniziale, con i quali voglio racchiudere al massimo la storia,sono tratti dall'omonima canzone Una Vita di Nesli. Grande uomo, e non smetterò mai di ripeterlo.
Spero vi piaccia. :)
Njaalls

 
 
E non si sa come va a finire, cosa porterà,
come il tempo torna e ci trasforma.

 
Grace ha vent’anni e i soliti amici di una vita, quelli da contare sulle dita di una mano e con cui è meglio ridere dei problemi, anziché piangerci sù.
Ci sono i loro —più o meno— quindici anni di conoscenza alle spalle che tremano per le risate e i sorrisi scaltri nascosi dietro le espressioni imbronciate tipiche dei litigi e delle scazzottate, e ci sono poi la rampa da skate che frequentano da quando erano dei mocciosi alti appena un metro e mezzo e non erano un cazzo di nessuno lì e le discussioni intrattenute all'angolo più appartato, adesso, dove nessuno li disturba e che è solo loro. Sono tutti grandi ormai e nel loro piccolo sono diventai qualcuno.
Qualcuno di sicuro e spavaldo e non hanno nulla da temere perché dopo dieci anni di vai e vieni da quella rampa, se lo sono guadagnati, il rispetto, esattamente come si sono sudati quel ritrovo di ragazzi nella periferia di Manchester che è quasi loro.
Ora, mentre la città è un gran chiasso, Grace sa che dovrebbe tornare a casa e studiare per il suo imminente esame di diritto civile, mentre i pantaloncini non le coprono abbastanza e i collant non la riscaldano neppure, ma c'è sempre quell'aria di libertà e assoluto menefreghismo in quel piccolo angolo polveroso e abbandonato dalla civiltà che —come sempre— la intrappola e lei ne è quasi contenta, quindi sorride.
Sorride con Tamra che sfoglia la copia di Glamour che hanno comprato prima di arrivare alla rampa quella mattina, con il sole pallido che le bacia il viso e gli occhi ben aperti, ma nascosti dietro le grandi lenti degli occhiali da sole. Si guarda intorno, con il suo corpo morbido —i capelli all'indietro e i gomiti impuntati sull'asfalto— semi sdraiato su una piattaforma all'angolo, da dove lei vede tutti e tutti vedono lei e sa che non è per nulla indifferente ai ragazzi che si affollano poco lontani e che la guardano. Lo skate sotto braccio, c'è chi la scruta con desiderio e chi con imbarazzo, rispetto o ammirazione. E lei ne è assolutamente indifferente.
Grace sa e sente. Sente le parole che mormorano, che si scambiano i ragazzini più piccoli quando la vedono —vedono i suoi sorrisi ammaliatori, il suo corpo in forma e le giuste curve sui fianchi— e sente i loro sguardi addosso e probabilmente per Tamra è lo stesso, solo che alla sua migliore amica piace provocare e anche lasciarsi andare in totale disinvoltura, quasi come se abbandonarsi a dei totali incapaci e sconosciuti fosse in qualche modo divertente. Grace sorride, ma le uniche cose che la divertono davvero sono solo gli sguardi ogni volta diversi, ma sempre minuziosi, e poi la storia si ferma lì, con lei che si fa una risata e il suo mondo che è fatto d'altro. La vita di Grace gira intorno agli amici di una vita, a Tamra e il suo continuo parlare di moda, all'università che la impegna abbastanza e mai troppo, e poi gira intorno alle Vans consumate che adesso le si piazzano davanti e che appartengono a quel corpo che la ripara controvoglia dal sole scialbo di quel giorno.
Grace alza la testa infastidita, anche se non per davvero, e con un smorfia si poggia gli occhiali sulla fronte, guardando con occhi ridotti a due fessure la figura che si staglia sopra di lei. Si morde un labbro e non sarebbe la prima volta: lui l'ha sempre sovrastata con la sua parlantina facile, davanti ai loro amici con la sua sola presenza e anche a letto, soli e più vicini di quanto a quattordici anni avrebbero mai pensato. A quei tempi avrebbero provato ribrezzo se avessero saputo che avrebbero visto le loro gambe intrecciate tra le coperte del letto di Grace, che si sarebbero spinti tanto oltre da poter toccare ogni centimetro di pelle dell'altro come se fosse la propria; ora che lo sanno, che osservarsi senza più pudore non è impossibile, il ribrezzo ha lasciato posto a qualcosa di molto più forte e che ancora non sono pronti ad ammettere.
«Mi piacciono questi jeans» afferma con sicurezza guardandola da capo a piedi, si sofferma sul suo seno appena scoperto dallo scollo a barca della maglietta attillata e le si siede accanto, distogliendo lo sguardo dal suo petto giusto per lasciare che la propria mano scivoli sul fianco di lei, stringendolo appena. «Sexy» le mormora all'orecchio, in modo che lo senta nessuno, se non Grace.
Lei sorride perché se degli altri non le importa, Niall è decisamente un'eccezione in tutto quello che fa e la fa sentire donna e non solo per i reggiseni in pizzo che compra e poi gli mostra camminando per la sua camera come se fosse in passerella, ma anche per il modo in cui la sfiora, la bacia e la considera intelligente, determinata, vera e un'ottima compagnia, non solo tra le coperte, ma anche per una discussione importante. A Grace Niall piace quando suona sicuro il campanello di casa sua e ha voglia di farlo e il divano o il letto è lo stesso, ma gli piace sopratutto quando bussa alla sua porta e ha lo sguardo languido di chi ha bisogno prima di una chiacchierata e poi di un buon piatto. Averlo tra i piedi fa sentire Grace bene, quasi importante, e se lui ce ne capisse un minimo di cucina, allora le chiederebbe di non preparare più nulla e limitarsi ad ascoltarlo o a stare sdraiati sul divano, invece mangia tutto con voracità e quando finisce lava i piatti di entrambi, facendo illudere Grace che forse non è così male in cucina.
Sono ottimi amici, Niall e Grace, di quelli che conoscono tutti i segreti dell'altro, anche se non hanno stabilito nessun patto che preveda sincerità reciproca, ma semplicemente sono due persone che quando i problemi diventano troppo grandi scoppiano e hanno appurato, con il tempo, che è piacevole lasciare che l'altro si assuma la parte del carico troppo pesante.
Niall e Grace non sono sempre andati d'accordo e le loro famiglie si odiano, abitano nella stessa strada di periferia e loro due litigano con la stessa frequenza di quando fanno sesso, ma Niall le ha insegnato a rubare una zucca per Halloween nel campo in fondo alla via senza farsi beccare e ha comprato a Grace il primo pacco di assorbenti quando a tredici anni la aiutava ad andare sullo skate e improvvisante la sua gonna si era sporcata. Grace era scoppiata in lacrime e Tamra aveva iniziato a strillare che quelle erano le mestruazioni. Niall era corso ridendo fino al supermercato più vicino e quando era tornato Grace non piangeva più, ma rimaneva in disparte con la felpa di Harry intorno alla vita e Tamra a spiegarle nel dettaglio cosa avrebbe dovuto fare d'ora in poi. Come un bravo amico, lui aveva fatto finta di non sentire i loro discorsi, né aveva guardato più la gonna macchiata di Grace, ma aveva sentito un «Grazie» flebile, quando le aveva passato il pacco appena acquistato con una parte dei soldi che sarebbero dovuti servire per comprare la cena per sè e suo fratello. Aveva annuito comunque e poi l'amica era sparita, scortata da Tamra verso i bagni pubblici dietro la rampa.
Grace aveva perso la verginità a quindici anni con un compagno di scuola —e amico, con suo disappunto— più grande e Niall aveva dato di matto quando lo aveva scoperto, avevano finito per litigare e non si erano rivolti la parola per il mese successivo: lui troppo incazzato senza sapere il perché e lei sconvolta dalla reazione del ragazzino, a suo avviso, esagerata. Quando alla fine Niall era andato a trovarla per discutere un mese dopo, aveva improvvisante capito che vedere il corpo di Grace senza veli non gli avrebbe più provocato imbarazzo o ribrezzo, che erano maturati e lo avevano fatto insieme, che a Grace era cresciuto il seno in maniera provocate e che allo stesso tempo a Niall erano comparsi i primi peli sul petto. Grace era ancora arrabbiata con lui e aveva perfino inventato che i suoi genitori erano in casa e quindi non poteva nemmeno entrare —tutto pur di non guardalo o parlargli— ma Niall sapeva che i suoi lavoravano fino a tardi ogni giorno: quindi l'aveva baciata con un sorriso scaltro e poi l'avevano fatto sul letto ad una piazza di Grace come i due ragazzini quali erano, impacciati e insicuri, ma chiarendo quello che improvvisamente era cominciato a passare per la mente di entrambi.
Adesso Niall non è più un mistero per Grace e nemmeno lei per lui, non stanno di certo insieme e hanno frequentato altri ragazzi, ma sono molto più una coppia di quanto loro ammettano, perché hanno gli stessi vizi di due ventenni innamorati e rimangono consumati dal corso degli eventi che li ferisce e li fortifica.
«Ciao anche a te, Niall» è la voce di Tamra che in quel momento stupisce entrambi e nessuno dei due si aspettava che la concentrazione della loro amica potesse rivolgersi a qualcosa che non fosse la sua attuale lettura. Niall toglie la mano dal fianco di Grace e guarda l'altra ragazza con un sorriso, anche se questa non gli rivolge neppure uno sguardo.
«Ciao, Tamra» risponde comunque, giocherellando con lo skate sotto ai piedi e tastandosi le tasche dei jeans in cerca delle sue sigarette. «Scusami»
La loro amica liquida le sue parole con un gesto repentino della mano, come se non gli interessare poi granché, e continua imperterrita a leggere un articolo sui toni più in voga da portare sulle labbra con rossetti o lucidalabbra per quel inverno imminente.
Grace la guarda e sorride scambiandosi uno sguardo alla fine con gli occhi limpidi di Niall che la rendono più vulnerabile di quanto vorrebbe. Lui si accende la sigaretta con maestria e dopo il primo tiro, lei gliela sottrae, lasciandolo all'asciutto e costringendolo a cacciarne un'altra fuori dal pacco, ma senza scomporsi, come se avesse saputo che lo avrebbe fatto e lui non avesse aspettato altro.
Louis Tomlinson fa la sua comparsa con la sua solita aria menefreghista e quel sorriso bastardo che non gli muore mai sulle labbra, mentre Manchester si incasina e le vite dei suoi abitanti si intrecciano come fili d'argento invisibili.
Louis è sfacciato e scaltro, ma è anche una persona leale, amichevole e tremendamente rumorosa. Si presenta a tutti con una serie di imprecazioni e la sigaretta mezza consumata tra le labbra. Niall gli riserva un'occhiataccia, mentre Grace gli sorride contenta.
«Quello stronzo di mio padre mi ha tagliato i fondi» annuncia, sedendosi a gambe incrociate. La maglietta senza maniche dei Rolling Stones gli fascia l'addome sotto la felpa Adidas, poi si degna di salutare i suoi amici con un cenno del capo e un sorrisino irriverente sulle labbra sottili. «Sono nella merda»
«Hai detto la stessa cosa due settimane fa» gli fa notare Tamra distrattamente. Si accomoda meglio con le spalle contro il cemento e per un nano secondo rivolge il proprio sguardo verso Louis. Lui sbuffa e lei torna ad ignorare il mondo intero, le pagine di Glamour sfogliate quasi fino alla fine e strette tra i polpastrelli.
«Dolcezza» inizia Louis, con finto fastidio. «Questa volta sono serio» e aspira teatralmente la sigaretta, per poi buttare fuori il fumo. «Mai stato così serio»
«Quando inizierai a cercarti un lavoro, io ti crederò» si intromette Grace semi sdraiata sul cemento freddo, con lo sguardo che vaga per il cielo, dietro le lenti degli occhiali da sole.
Louis si accorge veramente di lei solo in quel istante e non perché Grace sia una che passa facilmente inosservata, ma semplicemente perché aveva troppe cose per la mente per degnarla della dovuta attenzione.
Le gambe dell'amica sono coperte da degli spessi collant scuri e la vita è fasciata da dei pantaloncini di jeans che Louis non ricorda di averle mai visto addosso. Le sorride languidamente e poi sposta il peso sul palmo della mano sinistra poggiata sul cemento, la sigaretta incastrata tra l'indice e il medio della destra.
«È una cosa seria. Ieri sera quando sono tornato a casa ero strafatto—» si interrompe e con insolenza si rivolge a Niall, rimasto in silenzio per tutto quel tempo. «Glieli hai visti quei jeans? Amico, ma quanta cazzo di fortuna hai?»
Niall ride e poi senza troppi complimenti rifila un calcio alla coscia di Louis, vorrebbe ricordargli che lui ha già avuto Grace per sè, ma tace e osserva poi il sorriso compiaciuto dell'amica.
Louis Tomlinson, infatti, era quasi maggiorenne quando si era preso la verginità di Grace Adler senza porsi scrupoli o pensare che quella ragazzina era, alla fine, sua amica. Lo avevano fatto una sera ad una festa ed entrambi avevano ricordato negli anni a venire quel evento con dei sorrisi complici e delle risate su quanto Grace fosse impedita. Non se l'era mai presa con Louis per quelle voci che aveva messo in circolazione, ma ci rideva sù e lo abbracciava come un fratello.
Tamra ora si agita nervosa e Niall sa che sta ascoltando molto più di quello che credono, quindi prova a cambiare discorso con la sigaretta tra le labbra, perché lui è un bravo amico.
«Niente più paghetta per il figlioletto?» aspira e poi butta via il fumo tra i denti.
«Nulla»
«Dovresti dar retta a Grace, allora»
«Ma io ci sto provando a guadagnare qualcosa. Ho messo da parte un po' di soldi, ho quel lavoretto e—»
«Louis» esala Tamra chiudendo di scatto la rivista che tiene tra le mani, con il tono che una madre userebbe con un figlio capriccioso. La pelle scura brilla alla luce del sole, seppur scialbo e velato, e i denti spiccano tra le labbra carnose. «Giocare a calcio non vale se non sei nemmeno lontanamente Beckham, o Ronaldo. E la vostra squadra è sponsorizzata dal supermercato del quartiere, giusto per rendere l'idea»
Louis scrolla le spalle e le lancia un'occhiataccia, lei ricambia con stizza e allora hanno decisamente concluso e probabilmente faranno di tutto per ignorarsi per il tempo a seguire. Come sempre.
«Siete petulanti» mormora comunque Grace del tutto calma, il corpo ancora sdraiato e consapevole che i diretti interessati abbiano già chiuso il discorso. «Vi odio immensamente quando vi comportate così»
Qualcuno urla lontano, c'è un ragazzino che è appena caduto dallo skate e Niall se la ride in maniera spudorata, vantandosi silenziosamente della sua bravura a confronto. Grace stringe le labbra in una smorfia.
«Odi anche me?» e un'altra voce si aggrega a quella discussione, mentre una risata aleggia tra i rumori della rampa, le loro parole, i toni concitati di chi guarda gli skate scivolare sull'asfalto deformato e tifa per il più agile. Le labbra di Louis si tendono in un sorriso amichevole e quelle del resto degli amici pure, a parte Tamra che è sempre troppo sulle sue per stare al gioco di quei ragazzi che ancora si domanda perché frequenti. «Certo che no» si risponde da solo l'ultimo arrivato.
Harry Styles non ha nulla a che vedere con la rampa. Sono come due galassie che conoscono l'esistenza dell'altra senza potersi però mai incontrare, o mischiare in qualche assurdo modo. Saranno i vestiti costosi, i modi aggraziati e quel sorriso che di cattivo non ha nulla, ma Harry Styles è decisamente troppo per un posto del genere. Grace crede che sia troppo perfino per della gente superficiale come loro, rumorosi e sempre incasinati, ma è un bravo ragazzo, ed leale, allego e tanto buono quando bello.
Sorride in maniera smagliante e prende posto a gambe incrociate accanto a Tamra, dando una spallata amichevole alla ragazza imbronciata.
«Qual buon vento?» domanda Louis armeggiando con i lacci della propria felpa.
«Sono venuto a salutare» risponde dentro il cappotto aderente che adesso Tamra sta toccando con attenzione e curiosità.
«Hai addosso un Yves Saint Laurant e ti sei appena seduto con il culo su questo cemento lurido» mormora e sembra quasi offesa per il capo d'abbigliamento. «Cazzo, voglio un po' dei tuoi soldi»
«Farebbero comodo anche a me» si intromette Louis, che allo sguardo attonito del ragazzo, si affretta a spiegare gli ultimi avvenimenti in casa Tomlinson. «Mio padre mi ha tagliato i fondi. Bella merda, no?»
«Hai una villa a tre piani e una camera da letto solo per te che è grande quanto tutto l'appartamento in cui vivo, Louis. Non rompere se papino non ti da più la paghetta» si intromette Niall sdegnato. «Io divido la mia camera con mio fratello, e lo devo già ringraziare se non scopa con la sua ragazza quando sono nella stessa stanza»
«Ma a me servono quei soldi!» ribatte l'altro.
«Non al tuo cervello però» mormora Harry pacato e del tutto disinvolto. «Tutta quell'erba ti sta mangiando i neuroni, Louis»
Grace osserva curiosa Harry, i capelli lunghi e scuri, il sorriso più rassicurante che qualcuno le abbia mai rivolto e gli occhi più sinceri che abbia mai visto. Harry è bello e Grace ne è pienamente consapevole, nello stesso modo in cui sa che sua madre ha sempre avuto un occhio di riguardo per quel ragazzo tutto adorabili fossette.
Sua madre che lo ha sempre preferito ai suoi amici.
E a Niall.
Niall che in casa sua ci mette piede esclusivamente se non ci sia nessuno dei genitori Adler e che, non lo dice mai, suo padre un po' lo intimorisce.
I genitori di Niall, invece, sono separati da quando era un bambino e già prima del divorzio la sua famiglia e quella di Grace non erano per nulla in rapporti amichevoli. Quando il padre era poi tornato in Irlanda, il paese d'origine della famiglia Horan, lui era rimasto con la madre e il fratello e la situazione per Grace all'interno di quel nucleo familiare si era in qualche modo ammorbidita. Non sapeva neppure perché le due famiglie fossero tanto ostili e di certo credeva che non ci fosse un motivo concreto alle spalle, ma Maura aveva cominciato a mollare la presa intorno alle amicizie del figlio e aveva accettato Tamra e la famiglia disastrata da cui proveniva, Louis che invece era la pecora nera della propria e perfino Grace che sembrava sempre troppo donna agli occhi di tutti. Troppo per una persona semplice come Niall.
Non erano amici abituati a frequentare le famiglie altrui, ma quella degli Adler era gran parte del tempo assente, così capitava che l'intera cricca si ritrovasse nel soggiorno della madre di Grace o che Niall soltanto trascorresse lì i suoi pomeriggi. Qualche volta erano stati beccati da Maura a casa del ragazzo e a denti stretti la donna aveva offerto lei un pranzo, o una cena, durante il quale Grace aveva tentato di dare la migliore impressione possibile. Non era mai stato un tipo snob, né aveva poco rispetto per chi la circondava, quindi provava sempre a sorridere in situazioni imbarazzanti e quei ritrovi intorno al tavolo degli Horan erano sempre imbarazzanti.
Dopo anni di amicizia alle spalle, Niall le chiede ancora scusa quando gli occhi azzurri —ma buoni— di sua madre la incastrano e lei è costretta a mormorare un «Con piacere» e poi «Grazie». Ma Niall poi le sorride, gli occhi limpidi, la barba appena accennata sotto il mento e le lentiggini chiare che spuntano solo in determinate condizioni meteorologiche e allora è okay, perché casa Horan è accogliente seppur piccola e con il tempo è timidamente diventata parte della famiglia, volente o nolente.
«Chi cazzo è quel tipo?» Grace batte le palpebre più volte, mentre le parole di Tamra la ridestano dai pensieri della propria mente. Sente Niall accanto a lei voltarsi nella direzione indicata dalla loro migliore amica e vede gli altri fare lo stesso.
Click.
La rampa è affollata quel giorno, ma un ragazzo sta al centro di essa, poco distante dai tipi che fanno skate, ed palese che stia guardando loro attraverso l'obiettivo di una macchina fotografica.
Grace vede delle spalle larghe e un corpo ben piazzato coperto da un cappotto sportivo, poi c'è un altro Click e lei arriccia le labbra in una smorfia infastidita. Niall dice qualcosa e Louis controbatte, ma Grace è così distratta che nemmeno vi bada.
Il ragazzo in questione abbassa la camera e rivela dei tratti estremamente giovanili e dolci. Sorride. Inizialmente sembra lo faccia al gruppo con decisione e sicurezza, ma poi Grace capisce che sta sorridendo a lei: i suoi occhi la scrutano e vorrebbe capire di che colore siano, ma è troppo lontana, quindi con un gesto spontaneo si alza e lo raggiunge.
Alle sue spalle qualcuno dice qualcosa, forse Tamra, ma non la sente e cammina senza indecisione verso lo sconosciuto. Improvvisamente si accorge che i suoi occhi sono castani e profondi tanto da farcela cadere dentro. Le sorride ancora, con più foga, e Grace ha la certezza che stesse sorridendo a lei anche prima. Che stesse fotografando lei e, in qualche modo, ne è lusingata.
«Non puoi» afferma comunque rigida, mentre lui continua a sorridere, facendola quasi cedere. «Non puoi fotografarci. Ai miei amici non piace»
«Oh, ma non fotografavo loro» ha una parlantina veloce ed allegra. E sorride così tanto da farle corrugare la fronte, in uno stato di confusione. «Fotografavo te» precisa.
Grace non ha il tempo di ribattere, che lui le afferra un polso e cerca qualcosa nella tasca del cappotto, ha un tocco delicato, nonostante l'abbia presa rapidamente e in contropiede.
Dalla tasca caccia un pennarello con un tappo nero e Grace fa una smorfia quando inizia a scriverle sul palmo della mano con naturalezza.
«Faccio il fotografo. Ho dei lavori in corso e—» si mordicchia il labbro mentre appunta delle lettere e delle cifre nell'ultimo spazio rimasto sulla pelle di Grace. «E mi piacerebbe darti un'opportunità»
«Cosa c'entro io?»
«Vorrei fossi un mio soggetto» spiega pratico. «La mia modella»
C'è qualcosa ora che sconvolge Grace e non sa se quel mia detto con un tono amichevole, ma allo stesso tempo possessivo, o il modella che le rimbalza in mente con foga.
«Modella?» ripete spiazzata, dando voce ai suoi pensieri. Deglutisce con fatica e si chiede chi diavolo sia in realtà quel ragazzo e perché, sopratutto, abbia guardato lei anziché Tamra al suo fianco. Chiude gli occhi perché cazzo, Tamra e non ne sarà per nulla contenta.
Grace non è una patita di moda o di quel mondo fatto di flash e copertine: lei è la ragazzina troppo esuberante che è felice quando si trova al centro dell'attenzione, ma che ha anche ottimi voti, frequenta l'università e lo fa con piacere, mentre quella sempre con i tipici comportamenti da prima donna è decisamente Tamra che invece fa i capricci, veste in maniere succinta anche quando non dovrebbe e spende tutti i suoi pochi risparmi tra erba e prodotti Mac. Tamra è ossessionata dalla moda, non Grace.
Il ragazzo smette di scrivere un indirizzo sul suo palmo e la lascia andare, sorridendo in maniera smagliante. Grace è quasi gelosa del suo sorriso e vorrebbe chiedere di smetterla, perché la urta, ma lui la precede: «Vieni quando vuoi e—»
Alle spalle di Grace compare una figura che si staglia con la propria ombra sul cemento: la ragazza nemmeno la guarda, non ha bisogno di voltarsi, perché la sente più vivida e vicina che mai.
«C'è qualche problema?»
La voce marcata di Niall le mette i brividi lungo la schiena, come la mano che piano scivola sul suo fondoschiena fino ad infilarsi nella tasca posteriore dei jeans di Grace, facendoli avvicinare inevitabilmente. Il ragazzo ignora sia il gesto intenzionale per marcare il proprio territorio da parte di Niall, sia la sua interruzione.
Con un gesto della testa saluta Grace e fa un passo indietro, sorridendole e passando sopra il comportamento infantile dell'ultimo arrivato, i cui occhi cercano di catturare ogni dettaglio della scena che gli si presenta davanti.
«Ti aspetto, okay?» continua il moro allontanandosi, ma mantenendo il contatto visivo con Grace. Sorride e «Quello è l'indirizzo» le indica la mano sporca di inchiostro con cenno. «Una volta lì, chiedi di Liam»
Grace alza automaticamente la mano nella propria visuale e legge più volte l'indirizzo e il numero civico nero sulla propria pelle, quando il ragazzo sparisce lontano tra gli skate e sente Niall muoversi al suo fianco, fino a lasciarle i jeans e la presa sul suo gluteo.
C'è un momento in cui Grace vorrebbe ancora contemplare il proprio palmo con curiosità, ma la rabbia è così tanta che si volta di scatto verso il biondo i cui occhi sono ridotti a due fessure, mentre la fissa con la stessa intensità che lei gli sta riservando.
«Chi cazzo era?» domanda infastidito, cacciando una mano nella tasca dei jeans. «Che voleva?»
«Dimmi che non lo hai fatto» sbotta lei di rimando, nera di rabbia e umiliata. Stende le braccia e con i palmi della mani lo spinge dalle spalle, senza grande successo. «Dimmi che non mi hai appena trattata come una tua proprietà»
Lui deglutisce faticosamente e distogli gli occhi da quelli dell'amica, ma la sua mascella rimane contratta e con tono ruvido ripete: «Che cazzo voleva, Grace»
Niall Horan è come un libro aperto per Grace Adler e nel suo linguaggio del corpo lei riesce a notare quello che in altre persone le sembrerebbe assolutamente inutile ed irrilevante: è incazzato, ma si sente colpevole, e poi c'è il modo in cui ha distolto lo sguardo che le rivela tutte le sue intenzioni di scusarsi, ma al quale proverà a non cedere. Niall è amichevole, è quello che ricorda i nomi di tutti e non è rancoroso, ma Grace è l'eccezione nella sua vita a cui non riesce a resistere e, tra loro, chiedere scusa non è previsto. Non è previsto come non perdere così tanto la testa, abbandonarsi a comportamenti troppo intimi o alla gelosia.
Grace prova a pensare lucidamente che forse è lei ad essere andata oltre, ma tutto quello che percepisce è il corpo di Niall, in piedi davanti a lei, che trasuda fastidio, irriverenza e, , gelosia.
Scuote la testa più volte e i loro amici, nota Grace, fanno di tutto per non fissarli, ma quando gli occhi di Harry incontrano i suoi, capisce che i loro tentativi non funzionano nel migliore dei modi. Lui distoglie lo sguardo e Grace si morde il labbro, prima di scuotere la testa.
«Oh, chiudiamola qui» mormora a Niall e si incammina verso il gruppetto seduto per terra in religioso silenzio: nel modo di superarlo, gli da una spallata. Vorrebbe dire di non averlo fatto apposta, come una bambina capricciosa che non è riuscita ad avere il proprio lecca-lecca, ma mentirebbe e lei non sa proprio farlo, quindi lascia che la sua spalla si scontri con quella del suo amico e procede senza scomporsi.
«Grace—» inizia lui.
«Ti prego, sta’ un po' zitto» lo supplica senza voltarsi, ma alzando il tono della voce. Afferra la propria borsa piegandosi in avanti e ignora lo sguardo di Louis che sta studiando ogni curva del suo sedere con minuziosa attenzione. Si scambia uno sguardo con Tamra che, in silenzio, comprende che è ora di andare e sopratutto di non fare domande: raccattano le loro borse e si trastullano cercando di capire come comportarsi.
«Bhe, ci vediamo» mormora svogliatamente Tamra verso i ragazzi, gli altri annuiscono e Grace non si prende il disturbo salutarli. Con un passo agile supera lo skate di Niall, abbandonato sulla sua traiettoria, e incrocia il suo sguardo impassibile che la osserva.
Ha le braccia incrociate al petto e le sta silenziosamente dando dell'immatura, ma Grace e Niall hanno sempre avuto un patto ad unirli e lei odia che qualcuno la rivendichi come se fosse un oggetto. Grace ha sempre sostenuto l'idea di essere una fottuta persona e non riesce a non pensare che, negli ultimi tempi, le cose con Niall siano cambiate.
Non sente le farfalle nello stomaco, ma si agita quando la guarda e controlla più spesso che i capelli siano al loro posto quando la chiama e chiede «Posso passare?», quindi lei risponde con un «Certo» il cui tono è attentamente controllato, per evitare di eccedere con l'entusiasmo.
Forse, del fatto che Niall l'abbia trattata come una sua proprietà, come se lei potesse essere di qualcuno e non di se stessa, non le porta granché —solo un poco, si ripete, non doveva farlo—, ma deglutisce ed è più facile.
Chiude gli occhi e aspetta che Tamra, fuori dalla rampa, la raggiunga. È più facile, che ammettere di provare qualcosa che la terrorizza.
«Che cazzo era quella scenata?»
 
 
 
Grace appunta l'indirizzo sulla bacheca della sua camera, con una puntina rossa che spicca sul foglio bianco. Guarda il biglietto per i tre giorni successivi, incastrato tra delle foto e i ticket dei concerti a cui è andata e l'etichetta dei suoi jeans preferiti. All'angolo della tavola di sughero e legno c'è anche l'autografo di James Bay che Niall le aveva fatto avere pochi giorni dopo averlo ascoltato in concerto. Grace desiderava incontrarlo quella sera stessa e aveva supplicato l'amico per fermarsi dopo l'esibizione, ma, dopo aver aspettato una buona ora, lui aveva annunciato che era tempo di tornare a casa e Grace aveva dovuto seguirlo perché il suo era l'unico passaggio e i suoi avevano già acconsentito per lasciarla andare con lui.
Era stato il miglior regalo di compleanno che si sarebbe mai aspettata da uno come Niall che, in verità, non aveva mai brillato per originalità. Non aveva voluto spiegarle come era riuscito ad avere quel autografo e Grace aveva protestato come una bambina, spinta dalla curiosità, ma lui si era sempre dimostrato testardo e sopratutto divertito e aveva mantenuto la bocca chiusa finché lei non aveva mollato la presa e si era accontenta.
Ora sente l'adrenalina di quella serata di due anni prima che le vibra sulla pelle, ricorda i maglioni pesanti e i baci stretti tra la folla, la gola secca per aver cantato a squarcia gola e i palmi sudati per essersi tenuti tutto il tempo per mano.
Grace non esce di casa da tre giorni, ha i libri di diritto civile sul tavolo del soggiorno e i piedi scalzi che scivolano sul pavimento quando percorre la distanza che la separa fino al frigo in cucina. L'orologio ticchetta da tre lunghi ed estenuanti giorni e Tamra l'ha già chiamata dieci volte in quel arco di tempo per dirle di fare un salto da lei o alla rampa, di vedersi perché ha bisogno di qualcuno che le metta lo smalto o qualcuno con cui fumarsi una canna, ma poi Grace rifiuta gli inviti e allora sospira e «Come vuoi» è il massimo a cui può aspirare come risposta. Nel peggiore dei casi le avrebbe chiuso il telefono al secondo rifiuto e non l'avrebbe più chiamata per i giorni a seguire, quindi —stando a Grace— se l'è cavata egregiamente e deve ricordarsi di doverle un favore solo per averci provato.
Louis le scrive due volte quel giorno: una per chiederle se ha intenzione di andare alla rampa nel pomeriggio e l'altra semplicemente per correggere un errore nel messaggio precedente, poi lei risponde che, no, non andrà alla rampa e lui visualizza, ma non risponde.
Un quarto d'ora, due paragrafi e almeno una decina di orsetti gommosi dopo il campanello suona e lei fissa con curiosità l'ora sull'orologio appeso al muro che segna le quattro del pomeriggio e un mucchio di pagine ancora da leggere, sottolineare e ripetere.
I piedi nudi percorrono il corridoio d'ingresso con fare svogliato, mentre il maglione largo le cade sul busto scivolandole oltre i fianchi e su una spalla. Prima di parlare, mastica nervosamente la manciata di caramelle che ha ingoiato a campanello non ancora suonato e si batte più volte la mano sul petto, deglutendo a fatica.
«Chi è?» domanda, con una punta di incertezza nella voce.
«Io»
Non ha bisogno di chiedere ancora chi perché riconoscerebbe la sua voce anche dopo anni lontani e perché è l'unico, oltre i suoi, che non si annuncia con il proprio nome al campanello, come se fosse normale che lui stesse lì e la sua presenza fosse in qualche modo scontata. Ma Grace sa che non lo dà mai per scontato, che ogni giorno è come vederlo per la prima volta e che, in quel esatto istante, lei sta lottando contro la voglia di portarsi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. Alla fine cede e si lecca anche le labbra in un gesto nervoso, pochi secondi prima di aprirgli e comparire nello stretto spazio tra lo stipite e la porta di ingresso appena scostata.
Si limita ad alzare il capo, con un fianco poggiato al legno e un piede scalzo sull'altro e lo osserva in silenzio. Indossa un giubbotto leggero e i soliti jeans neri, intravede la camicia a scacchi che Harry gli ha regalato per l'ultimo compleanno e le chiavi di casa appese al passante dei pantaloni.
«Ehi» Niall è il primo ad interrompere il contatto visivo e il primo a parlare, ma accentuando la tensione palpabile sul pianerottolo del palazzo. Grace vuole lasciargli credere che sia ancora arrabbiata con lui, ma la realtà dei fatti è che è più incazzata con se stessa per quello che ancora non capisce e per la scenata a cui si è lasciata andare qualche giorno prima.
«Ehi» mormora di rimando, ma rimane immobile.
Lui sembra farsi più nervoso del solito ed è soltanto quando torna a parlare, che si degna di guardarla negli occhi chiari. Grace si sente cadere e, come se potesse aiutarla in qualche modo, si aggrappa alla maniglia.
«Solitamente io arrivo e tu mi fai entrare» le fa notare, cercando di cacciare un tono sarcastico, ma fallendo miseramente. Anche il sorriso che cerca di emulare, si trasforma in una smorfia.
Grace mima un «Va bene» e si scosta, aprendo di più la porta.
Lui entra con passo calcolato in casa, quasi fosse un estraneo che ha bisogno del permesso del proprietario anche solo per raggiungere la fine del corridoio e minuziosamente passa in rassegna il corpo dell'amica. Indossa i pantaloni del pigiama che non ha tolto la mattina e il maglione sformato che le sta eccessivamente largo sul busto stretto e i fianchi appena più pronunciati, non porta reggiseno e ha il viso struccato, ma nel tempo Niall l'ha vista con i brufoli, la matita sbavata fino alle borse sotto agli occhi, con i capelli appiccicati sulla fronte e sul collo a causa del sudore e l'ha vista inerme, sotto il tocco delle sue mani, completamente nuda, quindi Grace non si sconvolge e nemmeno Niall.
Lei ora incrocia le braccia sul petto e si sforza di non essere troppo brusca nel modo di comportarsi, mentre insieme si incamminano nel soggiorno degli Adler, come se Niall non fosse di casa.
«Come stai?» domanda infine lui, dopo degli istanti di imbarazzante silenzio e sguardi insolitamente cauti. «Non ti vedo da quando—»
«Sto bene, Niall» lo interrompe lei bruscamente, ma vorrebbe provare a non riaprire la questione e, anzi, dimenticare la scenata che gli ha fatto. Gli occhi di Niall che inchiodano i suoi sono come un diamante affiatato che la ferisce, sono limpidi e le mettono una certa soggezione quando litigano o, semplicemente, discutono: ha l'impressione che sappiano sempre cosa le passa per la mente e che, alla fine, la conoscano con impressionante precisione. Si concentra sui libri aperti sul tavolo del soggiorno e glieli indica con un cenno. «Sono stata impegnata»
Con la coda dell'occhio lo vede annuire, ma poi si ritrova a dover sostenere una conversazione e domanda: «E tu? Come stai?»
Sembra che quella domanda lo colga completamente alla sprovvista, perché si dondola sui talloni delle Vans e si tortura un ciuffo di capelli. «Bene»
Grace annuisce in imbarazzo, una situazione che con Niall non ha mai provato, nemmeno durante la loro prima volta o durante uno dei pranzi con Maura, in cui lui prova sempre a smorzare la tensione e metterla a suo agio nei confronti della madre.
«Senti» esordisce alla fine, sfilandole accanto e frantumando la bolla di formalità in cui si sono rifugiati, sedendosi scomposto sul divano. Si stropiccia gli occhi e Grace è scossa da un fremito. «Credo che dovremmo parlare»
«Parlare?» la voce della ragazza è più acuta di quello che aveva in mente, ma dopo aver deglutito, si poggia al bordo del tavolo. «Non c'è nulla di cui dovremmo parlare»
«Io dico di »
«Oh, avanti! Tu non vuoi parlare, Niall» lo liquida lei con un gesto della mano, volendo indicare che non è nulla di importante. «Se vuoi fare sesso, bene, facciamolo e saltiamo i convenevoli»
Le sopracciglia del ragazzo si aggrottano in maniera palese, stupito, ma c'è qualcosa c'è stona e Grace potrebbe strozzarsi con la sua saliva, perché lui sembra quasi ferito. La ragazza si morde un labbro e si stropiccia gli occhi; non vuole pensare che quel espressione dipenda da lei, ma stenta a trovare una risposta che la accontenti.
«Pensavo che avessi un po' più considerazione di me» ruggisce alzandosi in piedi, al centro del soggiorno degli Adler. La famiglia di Grace non naviga nell'oro come quella di Louis o Harry, ma se la cavano abbastanza grazie all'impiego di sua madre come segretaria in una clinica e quello di suo padre che ha in gestione un piccolo ferramenta in un quartiere vicino a quello dove abitano. La famiglia non è ricca, ma sta bene e Grace è infinitamente grata per quello che le è stato dato e anche l'università, che non le hanno negato, è un passo che con una famiglia come quella di Tamra, per esempio, non si sarebbe potuta permettere.
Niall, che le sta di fronte, non ha mai avuto uno spiccato senso dello studio, è sempre stato svogliato dietro un banco di scuola e ha preferito il mondo oltre l'apprendimento scolastico, ma è un gran lavoratore, è leale e nella vita si è sempre guadagnato ogni centesimo per non gravare sulle spalle della madre, che non raccoglie abbastanza per mantenere se stessa e due figli. Niall è cresciuto e Grace sa che non è più il ragazzino con cui giocava a palla pochi anni prima; ora si sente così piccola davanti ai suoi occhi e il suo essere uomo, che si chiede quando esattamente i ruoli si siano invertiti e lei abbai smesso di essere l'adulta della situazione. Nel soggiorno di casa sua, lui la scruta incredulo, come si guarderebbe una bambina troppo piccola che ha appena detto una parolaccia davanti al proprio padre, e Grace vorrebbe scusarsi, ma poggia il proprio sguardo sulla trama del divano che ha di fronte e prova quasi a consumarlo con lo sguardo.
«Che cazzo ci faccio qui» mormora e il fatto che non gridi, colpisce Grace come una coltellata e le sue nocche intorno al tavolo diventano così bianche che, se distogliesse lo sguardo dal divano e le guardasse, la spaventerebbero per il colore inusuale. «Sei una ragazzina viziata» dice ancora e allora si dirige a grandi falcate verso il corridoio all'ingresso, le spalle curve e i capelli biondi scombinati. «Lo sei sempre stata! Ti hanno sempre reputata troppo grande, troppo bella, troppo tutto, ma non hanno capito un cazzo di te, Grace!» Si ferma così all'improvviso che lei, dopo averlo seguito fino all'ingresso, quasi gli finisce addosso. Si arresta appena in tempo e quando apre la porta, si volta a guardarla. «Sei una bambina! Una bambina che o ha quello che vuole, o niente! Non te ne importa dei sentimenti altrui, di quello che noi comuni mortali pensiamo e proviamo. Sei sempre lì, sulla difensiva, convinta di avere ragione, ma sai che ti dico? Non hai ragione! Non esiste solo quel cazzo di cervello che ti ritrovi e che funziona anche troppo bene, hai un cuore Grace e —sorpresa— ne ho uno anche io! Non mi interessa solo portati a letto e lo sai benissimo, ma hai così paura di affrontarmi, di affrontare te stessa, che è più facile convincersi che tra noi non ci siano sentimenti, giusto? Bene, darò una notizia sconvolgente alla principessa: non ho intenzione di mettermi da parte perché lei hai troppa paura e cerca di fare la cattiva ragazza senza emozioni. Anzi dovresti proprio abbandonare questa cazzo di facciata, perché non sei Tamra! Smettila di provare ad essere lei, perché ti conosco abbastanza da vederti prendere fuoco quando ti faccio un complimento, so che odi quando prendiamo in giro i ragazzini più piccoli alla rampa e che ti piaccio anche quando ci accontentiamo di magiare insieme o guardare la televisione, anziché fare sesso!»
Gli occhi di Grace sono spalancati per la sorpresa, mentre ogni parola, vocale e sillaba le rimbalza contro ferendola istante dopo istante.
Grace e Niall litigano in continuazione, ma di rado Niall è stato così furibondo con lei: di solito discutono per stronzate che poi dimenticano un'ora dopo, ma ora, con il fiato corto e la gola secca, Grace sa che i loro sentimenti non sono una stronzata, ma lei ha troppa paura.
È terrorizzata all'idea di qualcuno da portare a cena con i suoi, qualcuno che la presenti come la sua fidanzata e che le dica che la ama. Ha paura di una storia seria e di tutto quello che ne scaturisce perché ha vent'anni e quello che prova è troppo grande da gestire. Grace ha l'università, gli amici e una famiglia che la vuole bene, e un ragazzo è un scatola chiusa piena di sorprese e incertezze che non si sente pronta ad affrontare.
Ma è anche totalmente incapace di rinunciare a Niall e l'idea di poter iniziare una storia che non sanno come possa concludersi la destabilizza: non è pronta a litigare con i suoi, camminare mano nella mano con il migliore amico di una vita o decidere di troncare la loro storia perché non sono fatti per stare insieme. Non può permettersi di perderlo. Non se dal suo umore dipende quello di Grace, se aspetta che la mattina le scriva un messaggio durante una pausa a lavoro o se lei lo va a trovare e lo bacia contro lo sportello di un auto.
Grace ha bisogno di ogni singola attenzione che Niall le riserva e non è disposta che l'amore rovini tutto.
L'amore è complicato e il loro rapporto è sempre stato semplice, almeno fino a quel momento.
Niall aspetta che dica qualcosa, magari che lo fermi e gli dica che, sì, dannazione è innamorata di lui, ma non fa nulla di tutto ciò, quindi annuisce e supera la soglia dell'appartamento.
Prima che lei possa cambiare idea e afferrarlo per un braccio, sparisce imboccando le scale e portandosi via tutto: l'amore e Grace.
Grace che si spezza, fino a frantumarsi.
 
 
 
Due giorni dopo, Manchester è frenetica e sono le cinque del pomeriggio quando in Mosley Street la gente si affaccenda tra un marciapiede e l'altro, compresa Grace.
Indossa la tenuta sportiva che usa quando va a correre, le Nike ai piedi e un paio di leggins con una maglietta dallo scollo a barca che la fasciano nei punti giusti, lasciando il giusto spazio all'immaginazione.
La coda di cavallo le si muove sulle spalle ad ogni passo e arrivare fino al centro città non era nei suoi piani, almeno non prima di uscire per distrarsi dallo studio che da quasi una settimana la allontana da altri pensieri.
Grace ama l'aria aperta, camminare tra la gente senza conoscerla e fare sport. Corre ed anche veloce, ma non rischia mai e si ferma sempre di colpo, prima di scontrarsi con la realtà e doversi rialzare a fatica.
Grace è testarda e, —con suo grande dispiacere— Niall ha ragione, perché non è così grande come tutti credono e, se potesse, crollerebbe a terra piangendo, sperando che qualcosa la aiuti a risollevarsi.
Ora Mosley Street si estende in lunghezza per almeno due chilometri, ma in quei giorni Grace ha avuto così tanto tempo da trascorrere in casa, da aver potuto memorizzare l'indirizzo senza grande sforzo. Il numero 115 è un palazzetto appena fuori dal nucleo storico della città in mattoni rossi e infissi in alluminio nero, la grande entrata ora le sta davanti e un po' la intimorisce.
Lo guarda con il naso all'insù e le spalle tese, chiedendosi cosa ci faccia esattamente lì. Era uscita solo per una corsa in quartiere, ma poi aveva svoltato consciamente per la strada sbagliata ed ed era arrivata fin lì senza grandi sforzi.
Paolo Nutini canta nel suo iPod, mentre alle sue spalle qualcuno suona un clacson e lei quasi si dispiace di aver un auricolare penzoloni che non può attutire i rumori esterni.
Non crede di essere presentabile, ma è anche vero che non è andata lì per accettare la proposta, ma considera quel improvviso giro più una perlustrazione.
Sarà la stanchezza, la frustrazione o la porta che si è appena aperta, ma Grace compie un passo dopo l'altro e si ritrova a ringraziare la ragazza che è appena uscita dalla porta d'ingresso, lasciandola aperta per lei.
C'è una hall accogliente, le pareti bianche e delle fotografie in bianco e nero appese sui muri intatti di fronte ad un'isola in legno chiaro piena di quelle che a Grace sembrano scartoffie, probabilmente documenti.
C'è una ragazza minuta, capelli scuri e una grande montatura sul naso: è così concentrata, che nemmeno si accorge di lei ed è solo quando le Nike di Grace la conducono a mezzo metro dal tavolo in legno, che alza lo sguardo, mentre l'altra lo abbassa su quelli che riconosce non essere solo documenti ma anche fotografie. Centinaia di fotografie.
«Posso aiutarti?» domanda catturando l'attenzione dell'ospite in tenuta sportiva, che ora la scruta a sua volta. Può aiutarmi?, si domanda, ma nonostante conosca la risposta annuisce e si guarda intorno un'ultima volta.
Alla fine prende un respiro profondo. «Sì, cerco Liam»
 
 
 
«Allora come ti è sembrato?»
Grace si guarda intorno, lo zainetto poggiato in un angolo e le labbra ridotte ad una fessure, mentre annuisce con foga. Liam le sta di fronte, ma le da le spalle mentre armeggia con degli obiettivi e mette tutto a posto dopo averci lavorato su per l'intero pomeriggio. Grace lo aveva raggiunto solo due ore e mezza prima, ma da quanto aveva capito il ragazzo era già in piedi in quello studio da molto tempo e, se lei era stanca, lui doveva esserlo almeno tre volte di più.
«Non male» la voce di Grace esce come un sussurro, mentre continua a guardarsi intorno spiazzata. Ci sono le luci, almeno quattro macchine fotografiche e degli oggetti che, le hanno spiegato, servono per i set. Liam era stato per tutto il tempo gentile ed estremamente professionale con lei.
Quando era giunta in quella camera del secondo piano con la ragazza della hall —che aveva scoperto chiamarsi Lee—, lei aveva annunciato il suo nome con un tono tranquillo, ma Liam si era voltato confuso come se avesse quasi urlato, le aveva guardate e quando il suo sguardo si era soffermato su Grace le aveva sorriso, cancellando il primo accenno di sorpresa.
Lee era sparita poco dopo avergli detto qualcosa all'orecchio, quando poi si era chiusa la porta alle spalle, Liam era tornato a studiarla con un sorriso ancora più grande. Grace si era quasi sentita in dovere di precisare che non aveva accettato, ma che passava di lì e le era sembrata una buona idea fermarsi. Lui aveva annuito con convinzione e aveva lascito che lei lo scrutasse, cogliendone ogni tratto.
«Quindi, Grace, se ti chiedessi di metterti lì—» aveva iniziato calcando il suo nome appena appreso e indicandole un muro bianco, oltre le attrezzature da fotografo. «Mi diresti no?»
Lei aveva fatto notare che indossava la tenuta sportiva, che i capelli erano scombinati e non era in forma smagliante, ma lui aveva detto che per cominciare non ci sarebbero stati problemi.
Se in un primo momento era stata impacciata ed insicura e non sapeva che espressione utilizzare o come comportarsi con il proprio corpo, poi le era cominciato a sembrare tutto molto più semplice e spontaneo, anche quando dei ragazzi erano entrati ad aiutare Liam con le luci e improvvisamente gli occhi a fissarla si erano moltiplicati in maniera esagerata.
Dopo due ore e mezza, Liam aveva detto che avevano fatto abbastanza e che, se ci fosse stata un'altra occasione, avrebbero lavorato almeno il doppio. Grace, ora, è su di giri e sorride elettrizzata, ma prova ad essere grande e  «Ci sarà» lo avverte con tono pacato.
«Ci sarà?» ribatte Liam, alzando un sopracciglio nella sua direzione.
«Sì, dimmi quando e verrò» insistite lei, raccogliendo il suo zaino di Primark da un angolino. Lui le sorride sinceramente colpito e poggia sul tavolo le ultime attrezzature.
«Fantastico» mormora, si guarda intorno e avendo accurato che tutto è in ordine, si incamminano verso la porta della camera. «Lunedì pomeriggio, ti aspetto»
«Va bene»
Liam ha i capelli castani molto corti e le spalle larghe, le apre la porta e la lascia uscire per prima. Le sembra un tipo a posto, allegro e gentile, ma che sa stare al suo posto. Le sorride spesso e non dice mai una parola di troppo, quando poi entrano nell'ascensore della palazzina ormai quasi deserta, lui pigia il bottone del piano terra.
«Solitamente si scelgono gli scatti migliori. Lo faccio io da solo o con un mio amico, e poi li mettiamo sul nostro sito web» le spiega con un tono pacato. «I modelli li vedono prima che finiscano su internet, nel caso qualche scatto da noi scelto non piaccia. Non voglio mentirti: non siamo così pieni di soldi e risorse qui, e i soggetti fanno tutto gratis. Solo che abbiamo qualche accesso qua e là e facciamo in modo che i modelli vengano notati, tanto quanto i nostri scatti»
«Nostri?»
«Sì, il posto non è mio» risponde nell'esatto istante in cui le porte dell'ascensore si aprono. «È dei genitori di Lee e con dei nostri amici appassionati di fotografia abbiamo messo su una sorta di... Associazione»
Grace annuisce. «Okay, mi sta benissimo»
Lui inclina la testa mentre camminano verso la hall. «Davvero? Sai, spesso quando diciamo che non paghiamo—»
«Senti, mi è piaciuto oggi» si stringe nelle spalle e scuote il capo con innocenza. «Sono così incasinata al momento, che avere la mente sgombera mi è sembrato incredibile. Sono un studentessa e non ho nient'altro di meglio da fare: non posso trovare un lavoro per distrarmi perché richiederebbe costanza che non garantisco, ma questo... Questo mi piace. Senza impegno, però»
Lui annuisce comprensivo ed arrivati all'ingresso, Lee li ferma con un sorriso e una busta tra le mani. «Questi sono gli scatti, ci siamo permessi di stamparli senza farteli vedere, ma saranno solo tuoi» sorride a Grace in maniera sgargiante dietro le lenti spesse e le passa la busta bianca. «Non li inseriremo da nessuna parte... Consideralo un giro di prova»
«Bhe, grazie» sorride ad entrambi e poi mormora: «A lunedì?»
«A lunedì» conferma Liam, raggiungendo Lee e poggiandole una mano sul fianco con fare intimo. «Vieni quando vuoi, ma non troppo tardi»
Quando Grace esce in strada, il freddo autunnale la colpisce come uno schiaffo, mentre si stringe nelle maniche della maglietta, con frenesia apre la busta bianca e ne studia il contenuto.
C'è lei che sembra così bella anche con solo il mascara a coprirle gli occhi e le labbra bianche, che si stupisce della bravura di Liam nel catturare le luci giuste e renderla unica. Unica in ogni punto, sguardo, espressione.
Grace sorride perché era convinta che non fosse per nulla presentabile, ma era bastato che Lee le suggerisse con un sussurro «Slegati i capelli» e poi il resto era venuto da sé. Sapeva di essere bella, di avere un certo portamento con le sue spalle dritte e gli occhi grandi, ma era piuttosto certa che la propria bellezza fosse solo un quarto dell'eleganza che quelle foto trasmettevano.
Grace sorride spontaneamente sul marciapiede freddo, mentre una signora in impermeabile le passa accanto con un bicchiere di cartone in mano e il telefono incastrato tra l'orecchio e spalla, la guarda e lei non la degna nemmeno del minimo interesse. Quando si volta di nuovo verso l'entrata del numero 115, le luci sono ancora accese e Liam sta baciando Lee appena dietro il tavolo in legno chiaro, ignari di Grace al freddo di Manchester che sorride nel vederli.
Sente una stretta al petto calda e soffocante, mentre si morde un labbro felice, ma malinconica; quando torna con lo sguardo alla strada trafficata, le foto strette tra le mani e i vestiti troppo leggeri capisce che c'è un solo posto che potrebbe ospitarla in quel momento.
 
 
 
 
L'Irish Pub dista qualche isolato da casa sua, in un quartiere benestante di Manchester dove i marciapiedi sono pieni di luce e le vetrine illuminate a giorno anche durante gli orari di chiusura.
Grace non vive in un cattivo quartiere, ma è decisamente più semplice e forse un po' grezzo con la sua rampa che è tutto cemento, i palazzi sbiaditi dal tempo ma gli attici pieni di piante, e le piccole botteghe che arrivano a fine mese stringendo i denti.
Grace frequenta quella zona di Manchester da ormai diverso tempo, non entra di certo in quei negozi costosi preferendo i grandi magazzini e le catene internazionali nel centro città, ma bazzica per quelle strade quando i suoi litigano e lei è costretta a fare la parte della grande e «Potremmo andare dal parrucchiere!» così sua madre guida fino a lì, anche se a piedi è appena un quarto d'ora.
Grace va lì anche per quel Irish Pub che ora compare svoltato l'angolo sul marciapiede largo, tra una boutique di abiti sartoriali e il fioraio che sta entrando i vasi esposti e pieni di fiori per chiudere la saracinesca smaltata di verde.
Un verde decisamente troppo chiaro e un po' sgargiante, se accostato a quello scuro e pesante del locale a fianco, i cui vetri trasparenti sono circondati da una spessa cornice in legno. La scritta Irish Pub campeggia rossa su un'asse verde sopra la stretta entrata.
Grace temporeggia incerta davanti all'unica vetrina, dove di solito nel periodo primaverile ed estivo vengono posizionati dei tavoli in ferro battuto per permettere di ristorarsi all'aperto, ma ora, al freddo umido di ottobre, ci sono solo delle piante con dei fiori colorati, sgargianti.
Il locale non è affollato, vi sono un paio di tavoli occupati e qualche cliente al bancone; c'è un secondo in cui Grace è tentata di fare dietrofront e proseguire fino a casa, ma come se non avesse poi tanta scelta un ciuffo chiaro compare tra le luci soffuse del locale ed è inevitabile che i suoi occhi si rivolgano alla strada.
La vede ferma sul marciapiede e allora si arresta quasi bruscamente, mentre il sorriso allegro scompare di botto e lei prova ad abbozzarne uno.
Niall scuote la testa come per cancellare la sua immagine dalla mente e serve il piatto che aveva in mano al tavolo vicino con la mascella contratta, quando si rivolge di nuovo a lei, le fa cenno di entrare e Grace trattiene il fiato.
Si guarda intorno più volte, si dondola sui piedi e poi prende un respiro profondo, fino a incamminarsi sugli scalini all'entrata e aprire la porta: la accoglie un calore rassicurante e si lascia investire completamente dal tepore misto alle sensazioni che si aggrovigliano come fili.
«Che ci fai qui a quest'ora?» Niall compare all'improvviso dalla cucina con un vassoio in mano pieno di birre e piatti, soffermandosi vicino all'ingresso solo per porle quella domanda con il tono più contrariato e affilato che è riuscito a trovare, poi si dirige verso un tavolo. Non le lascia il tempo di rispondere e lei non vuole intralciarlo, quindi cammina fino al bancone e si siede su uno sgabello alto, lasciando cadere per terra il suo zaino.
«Grace!» esclama una voce allegra e lei è costretta a voltarsi verso la traiettoria di quel suono, per vedere Zayn comparire dietro il bancone con un bloc notes tra le mani e addosso una felpa Nike rosso fuoco. Ha i capelli ordinati nella solita acconciatura sbarazzina e la barba piena sotto il mento appuntito, gli occhi sembrano più scuri, come ogni volta che si incontrano in quel locale esageratamente cupo a causa delle luci soffuse e dei mobili mogano. Le sorride sincerante e le si piazza davanti, con il bancone a dividerli.
«Hey, come stai?» la voce di Grace è affettuosa e ricambia il sorriso in maniera automatica perché Zayn è il ragazzo più emotivamente instabile che abbia mai incontrato e le piace.
Si sono conosciuti per la prima volta quasi due anni prima, quando Niall aveva smesso di studiare a liceo concluso e si era messo a lavorare lì ogni sera. All'inizio Zayn aveva mantenuto una certa distanza con tutti gli amici di Niall che si erano presentati lì diverse sere per fare contento il biondo, poi si era lasciato andare a qualche sorriso e a delle battute e Grace aveva scoperto che in realtà era sorprendentemente chiacchierone, si intendeva di musica e fumavano le stesse sigarette.
Niall e Grace erano usciti un paio di volte con Zayn e i suoi amici, andavano in qualche locale il lunedì quando il pub era chiuso, ma poi Niall aveva smesso di frequentarli e le aveva detto che non era il caso che continuassero ad uscire insieme: Grace non aveva mai chiesto il motivo, perché tanto gli amici di Zayn l'avevano lasciata del tutto indifferente, ma era piuttosto certa che Niall e Zayn si frequentassero ancora di tanto in tanto per procurasi l'erba.
«Ti posso portare qualcosa?» domanda il moro con fare amichevole, mentre una seconda figura più chiara spunta accanto a lui.
«Che ci fai qui?» ripete Niall, stretto nella felpa nera e i capelli scombinati. Gli occhi sono ridotti a due fessure quando Grace smette di guardare Zayn e si concentra su quello sguardo serio e limpido anche sotto quelle luci.
«Una bionda» mormora rivolta all'altro ragazzo ed ignorando Niall che con le braccia aperte si è poggiato sul bancone e la scruta scettico. «Grazie, Zayn»
Per tutta risposta lui lancia uno sguardo sia a lei che a Niall, prima di annuire e allontanarsi con un sorrisino circospetto sulle labbra sottili.
«Allora?» la voce del suo amico così seria la fa tremare e cerca di non dar a vedere ciò che le lascia provare, sorridendo appena e guardando le etichette dei liquori alle spalle del ragazzo.
«Ero in giro e ho pensato di passare» risponde piatta, mentre le parole che le ha detto qualche giorno prima le scalfiscono il petto.
Ti hanno sempre considerata troppe bella, troppo grande, troppo tutto, ma non hanno capito un cazzo di te, Grace!
Improvvisamente si chiede se abbia fatto bene a passare di lì, come se non le avesse urlato fino a farle male, come se non fosse maledettamente incazzato con lei e deluso. Chiude gli occhi e li stropiccia perché ormai è lì, è il danno è fatto. Irrimediabilmente. Quando libera il viso dalle sue mani sfilate e si concentra sulla persona che ha di fronte, vede la sua mascella che non è più contratta e la sua espressione ammorbidita.
«Se vuoi vado via» dice d'un fiato e lui fa una smorfia contrariata.
«No» replica secco. «È che è quasi ora di cena e—»
«I miei sono fuori» lo interrompe sorridendo soddisfatta. No, le ha detto e potrebbe sentire il suo cuore che batte all'impazzata se non fosse per i mormorii nel locale e la musica di sottofondo. «Avevo detto loro che sarei stata da Tamra»
«Ma tu non sei da Tamra»
«Perspicace»
Niall scuote la testa, trattenendo un sorrisino sulle labbra che solitamente la baciano dandole piacere e poi si fa da parte per lasciare che Zayn le porga la sua birra alla spina.
«Ti faccio preparare qualcosa da mangiare» e la voce di Niall scompare con la sua figura snella verso la porta della cucina, che prima di passare lascia aperta per una cameriera che Grace non ha mai visto lì prima. Sembra che mormori un «Grazie» e Niall le sorride di rimando: Grace non la perde di vista un solo istante, mentre Zayn aspetta e la ragazzina si muove lenta tra i tavoli.
«Chi è?» domanda Grace al moro, indicando la sconosciuta con un cenno del capo.
«Ingrid» mormora. «Spagnola. È qui per un Erasmus, sta da me perché poi mia sorella dovrà andare da lei. Le serviva un lavoro e mi sono offerto di farla presente al capo»
Grace la osserva tornare verso Zayn con un sorriso, prima di aggirare il bancone e farsi più vicina.
«Vogliono un'altra birra» afferma con un accento caloroso e marcato, indicando il tavolo più vicino all'ingresso. «Piccola»
Lui annuisce prendendo appunti su un foglietto alla cassa lì accanto e quando lei si muove verso il distributore di birra alla spina con la misura di pinta più piccola che hanno al locale, non sfugge l'occhiata che Zayn lancia lascivo al fondoschiena della ragazza. Bassina e formosa, ha i capelli ricci di un rosso accesso, è truccata in maniera provocante e i suoi occhi sono così grandi, da essere quasi due fari chiari che emanano luce propria. Probabilmente si sente osservata e mentre la birra scivola nel bicchiere alza lo sguardo, puntandolo in quello di Grace, che discosta il proprio infastidita.
Zayn torna da lei con un sorriso, dopo aver servito un piatto ad un uomo seduto da solo ad un tavolo e una Coca ad una bambina bionda in compagnia dei suoi genitori, quando la rossa passa di nuovo accanto a loro per portare la pinta al cliente.
«Capisce bene l'inglese, ma Niall si diverte a farla uscire di testa parlandole in irlandese stretto» ride e Grace prende un sorso di birra dal suo bicchiere. «Dovresti vederla mentre si sforza di stargli dietro. È una scena esilarante»
Zayn ride, ma in realtà la delusione e la paura sono le uniche emozioni che Grace riesce a percepire dentro di sé, mentre una strana fitta allo stomaco si aggrava dentro di lei.
«Uhm» è la sola cosa che riesce a far uscire dalla sua bocca, mentre con passo svelto Niall taglia la sala del locale dirigendosi con le mani piene ad un tavolo lontano. Non la guarda e Grace vorrebbe sprofondare per l'imbarazzo.
Zayn si accorge forse di ogni singola espressione che le attraversa il viso e le sorride in maniera comprensiva. «Come vanno le cose?»
Grace si stringe nelle spalle, scrutando le proprie unghie laccate di rosso. «Bene»
«Con Niall, intendevo» lui si fa serio e la osserva con uno sguardo pieno di attenzione, la stessa che si rivolgerebbe ad una sorella minore.
Lei fa una risata nervosa, quando alza lo sguardo e incrocia con quello scuro di Zayn, decide che mentire non è un'opzione valida. «Una merda»
«Lo avevo immaginato» risponde e si fa più vicino a lei, come se le stesse confessando un segreto indicibile. Può sentire l'odore del dopobarba che ha addosso e vede chiaramente quanto belli siano i suoi occhi scuri. «È tremendamente distratto. Ha rotto due bicchieri e ha sbagliato una consegna solo stasera. E due giorni fa ha fatto una sfuriata ad Ingrid perché era troppo lenta»
Grace abbassa la testa e si sente in colpa, sentendo la situazione gravarle addosso troppo pesante per le sue ossa che in quei tempi sembrano essere più fragili che mai. «Mi dispiace»
«È okay... Vuole dell'altro?» chiede allontanandosi verso ad un uomo seduto al bancone, qualche sgabello oltre Grace. Gli toglie il piatto e quando l'uomo chiede il conto, Zayn le sfila davanti facendo cenno di aspettare un secondo. Lascia la ceramica sporca su un tavolo vicino alla cucina che la ragazzina, Ingrid, prende automaticamente portandola oltre la porta di legno che si apre e chiude alle spalle di Zayn, mentre questo cerca l'ordinazione tra i biglietti sparsi intorno alla cassa. «È che sono io il responsabile qui dentro quando il proprietario non c'è ed Ingrid è andata nel panico quando Niall l'ha aggredita. È scoppiata a piangere davanti a tutto il locale, lui le ha chiesto scusa subito» porge lo scontrino all'uomo poco lontano e senza degnarlo di grandi attenzioni, se non un sorriso, si avvicina di nuovo a Grace per lasciare al cliente tutto il tempo che gli serve per pagare. «Ma per farla smettere di singhiozzare ho dovuto darle dieci minuti di pausa in più e sono stati entrambi fortunati che il locale era mezzo vuoto, o avrebbero dovuto lasciare le loro chiappe qui a darmi una mano se ci fosse stato il pieno, mascara colato o no»
Grace annuisce, alzando la testa e non perdendo nemmeno una di quelle parole, mentre Zayn fa avanti ed indietro dietro il bancone, dà il resto e prepara le birre che poi Ingrid o un Niall frettoloso portano al tavolo giusto.
«È parecchio suscettibile, testardo, non mi ascolta e litiga facilmente» continua l'amico, imperterrito.
«È semplicemente Niall»
«No, forse è il tuo Niall. Quello che conosco io è allegro, i clienti si ricordano sempre di lui e le ragazze ci provano in continuazione quando prende le comande» replica piccato.
Un improvviso fastidio agguanta Grace che inizia ad agitarsi sulla sedia, fuori posto. Posa i suoi occhi in quelli di Zayn e aggrotta le sopracciglia.
«Grazie per avermelo fatto presente. Tu si che sai come aiutare gli amici» risponde, lanciandogli un'occhiataccia. Lui fa schioccare la lingua e alza gli occhi al cielo sconsolato.
«Sai perfettamente che non si lascia abbindolare» ribatte. «Lui è apposto così»
«No, in realtà non lo so. Perché dovrebbe essere contento di quello che ha?» risponde con tono acceso e concitato Grace. «Di quello che gli do» precisa più a se stessa, che a Zayn. Si tortura le mani e quando torna a parlare al ragazzo che le sta di fronte le sembra di non aver abbastanza aria per respirare. «Non stiamo insieme e un giorno si stuferà di trattarmi bene, senza ricevere nulla in cambio. Non potrà aspettare in eterno»
«Ma aspettare cosa, Grace?»
«Che io sia pronta a rischiare anni di amicizia per una storia che potrebbe finire senza preavviso, portandomi via l'unica persona che in questo stupido mondo mi fa stare bene!» sbotta d'un fiato, arrabbiata. Lo stesso uomo che poco prima aveva chiesto il conto a Zayn e che ora è in piedi con il cappotto in mano, le lancia un'occhiata fugace e prima che lei possa chiedergli in maniera sgarbata cosa ci guardi, Zayn lo saluta con un tono fin troppo alto ed allegro.
Grace si guarda intorno per accertarsi che nessuno l'abbia sentita e che Niall non sia nei paraggi, quando lo vede prendere un piatto dalle mani tremanti di Ingrid con un sorriso e una battuta sulle labbra, il suo stomaco si contrae e ha bisogno di guardare tutto, ma non loro. Fissare Zayn è spaventoso quasi allo stesso modo e non si rende conto di quello che ha fatto, finché non lo vede gli occhi di lui sempre più pieni di compassione.
Lei non ha bisogno di quei tipi di sguardi e l'idea di aver detto ciò che la passa per la mente ad un'altra persona oltre Tamra la alleggerisce, ma allo stesso la carica di una consapevolezza che non la dà pace: sente la realtà delle parole aprirle ferite che stava cercando di far rimarginare. Quelle ferite che si obbliga a subire da sola, che sono vivide sulla pelle e la fanno piangere quando è sola.
«Avete superato la soglia dell'amicizia da un po', Grace» le fa presente lui con dolcezza e un tono caldo. «E lo sapete entrambi»
Lei rimane in silenzio per una manciata di secondi, torturandosi il labbro inferiore con i denti e poi annuisce, ma  «Non gli dire nulla» sussurra, cercando un respiro. «Per favore»
Zayn scuote la testa nell'esatto istante in cui Niall compare al suo fianco, allungando apprensivo un piatto davanti al viso di Grace e guardandola con i suoi occhi trasparenti.
«Mangia» le dice e quando Grace osserva il contenuto della ceramica bianca che ha sul legno sotto i suoi gomiti, c'è un'altra ferita che si apre sul suo corpo. Le ha fatto preparare un bistecca ai ferri con patatine fritte in abbondanza, perché sa quanto Grace faccia i capricci a tavola e non mangi quasi nulla, lei sorride perché è andato sul sicuro, trattandola come la bambina che è e comportandosi con la suo solita minuziosa attenzione nei suoi confronti. La conosce così bene, che a volte questo la spaventa, ma Grace non crede di poter trovare qualcuno che riesca ad eguagliare Niall nelle attenzioni che le riserva, nel carattere e nel bene che le vuole.
«Grazie» lui annuisce e rimane lì impalato a sostenere il suo sguardo.
Poi Zayn tossisce e Niall sembra risvegliarsi, distogliendo i propri occhi da quelli di Grace con riluttanza.
«Vado» mormora al moro, lanciando prima a l'uno e poi all'altro un'occhiata.
«No» la voce di Zayn appare chiara ad entrambi e con un sospiro, scuote la testa come se stesse facendo una pazzia. «Diamoci il cambio. Tu resta qui dietro il banco, io aiuto Ingrid con quei piatti prima che li faccia capitombolare a terra»
Prima di andarsene lancia uno sguardo nuovo a Grace e poi si abbassa verso Niall, riservandogli un spallata e mormorando quello che la ragazza interpreta come un «Magari me la dà», che fa ridere Niall con la sua solita risata cristallina.
«Per ora non sembra filarti troppo» risponde di rimando, ma Zayn scuote la testa e replica che è solo questione di tempo. Niall ride ancora e Grace sorride a sua volta.
Inizia a mangiare in silenzio, tagliando la carne con facilità e quando prende la prima forchetta di patatine Niall smette di osservarla come se fosse l'unico essere vivente sulla terra e le dice di aspettare, quando torna le porge una bottiglia di ketchup.
«È piccante?»
Lui le sorride e scuote il capo. «Certo che no»
Grace spazza via ogni briciola di cibo dal suo piatto e vuota almeno metà del suo boccale di birra senza grande sforzo. Per tutto il tempo non perde d'occhio Niall che ricambia allo stesso modo, intanto che si destreggia tra un cliente ed un altro, prende le mance e i conti e osserva di tanto in tanto Zayn per accertarsi che non si sia dimenticato com'è essere un cameriere come un altro.
«Allora» dice, parandosi davanti all'amica, i cui capelli castani le incorniciano il viso e gli occhi verdi brillano. «Come mai da queste parti, quando sappiamo entrambi che oggi è venerdì e—»
«E ho una puntata di Pretty Little Liars da guardare. Sì e non mi ci fare pensare» risponde con un sorriso Grace, annuendo. Lui ride in maniera nervosa e lei temporeggia, per poi sospirare e abbassarsi a prendere la busta, che per tutto quel tempo ha lasciato custodita nella tasca del suo zaino. Si guarda intorno, sperando che qualcuno chiami Niall, ma nessuno sembra ascoltare le sue preghiere e gli spinge l'oggetto bianco sul bancone, invitandolo a prenderlo.
Lui si fa circospetto e con un lentezza esasperante allunga la mano sulla superficie fredda: quando i suoi polpastrelli si stringono sulla carta, la attira a sé e velocemente la apre.
Grace studia la sua espressione non volendosi perdere per nulla al mondo ciò che gli passa per la mente: è concentrato, poi le sue sopracciglia si aggrottano e il suo viso si fa un insieme di confusione e stupore.
«Cosa sono?» chiede, sfogliandole una ad una con estrema attenzione, come se volesse imprimere a mente ogni dettaglio, prima di passare alla successiva.
«Fotografie» e prima che lui possa ribattere, dopo aver fatto una smorfia nella sua direzione, lei si affretta a spiegargli la realtà dei fatti. «Il ragazzo dell'altro giorno, quello della rampa, si chiama Liam e fa il fotografo. Mi ha chiesto se mi andasse di posare per lui»
Grace studia la espressione prima curiosa trasformarsi in una maschera di finta indifferenza, ma lei nota la mascella contattata e allora pensa che si sia appena fregato perché è arrabbiato ed irritato, o forse un po' deluso, ma non lo vuole dare a vedere.
«L'altro giorno alla rampa mi ha scritto l'indirizzo dell'associazione che gestisce con degli amici» spiega pratica, prima di aggiungere l'unica parte che a Niall forse interesserà davvero. «E con la sua ragazza»
Improvvisamente i muscoli che poco prima aveva contratto sotto lo sguardo vigile di Grace si allentano, fino ad abbandonare definitivamente la tensione. Annuisce solo ed arrivato all'ultima fotografia, sorride appena, rimanendo in un silenzio quasi inquietante.
«Mi piace questa» afferma mostrandola a Grace con un tono pacato e gli occhi che però brillano. Nella foto c'è un suo primo piano in bianco e nero, gli occhi socchiusi e i capelli ad incorniciarli il volto, ha la testa leggermente inclinata verso dietro, lasciando così che i suoi occhi si assottiglino. Ha uno sguardo magnetico contornato da folte ciglia e non sorride, quasi come fosse una sfida. È probabilmente una delle fotografie scattate alla fine del pomeriggio, dopo un po' di pratica e meno imbarazzo. «Mi piace» ripete.
Grace si limita a sorridere, mentre Niall ne sfoglia di già viste e poi gliele restituisce.
«Che significa?» domanda poi accigliato, quando Grace piega la testa di lato con un'espressione perplessa. «Questa cosa—» spiega, indicandole la busta contenente le fotografie e non sapendo cosa altro aggiungere.
«Potrebbe diventare un passatempo» replica lei. «Non poserò per Cosmopolitan, né diventerò amica di Cara Delevingne se è questo che intendi, ma mi è piaciuto. Sai, pensavo che non facesse per me, per via di tutte quelle persone che ti guardano e il non sapere cosa fare, come muoverti, invece è stato naturale»
«Sei abituata a questo tipo di attenzioni»
«Sì, lo sono» annuisce Grace e abbassa lo sguardo sentendosi quasi colpevole. «Ma hai ragione, non sono così grande e spavalda come gli altri mi vedono. Oggi, mentre questa... Esperienza mi investiva, ho capito che il mondo mi spaventa molto più di quanto tutti credano, che anche se cammino con le spalle dritte e il petto in fuori ho paura di provare emozioni così basilari e limpide che penso di non valere quanto tutti dicono. Di non valere le occhiate dei ragazzi alla rampa, o i vestiti di Topshop che mi rendono più grande mettendo i mostra il seno. Non credo di valere le tue attenzioni»
Grace sente lo sguardo di Niall addosso, mentre alle loro spalle la gente mormora e lei non ha il coraggio di alzare gli occhi dal bancone in legno. Vorrebbe aggiungere di essere tremendamente codarda, ma non fiata aspettando che lui dica qualcosa, ma senza successo.
«Non sono venuta per tornare a discutere come l'altro pomeriggio» azzarda, quando capisce che Niall non risponderà, ma rimarrà poggiato al mobile con le braccia larghe, semplicemente a guardarla. «Nè ho chiarito cosa mi passi per la mente» mormora. «Ma se dovesse succedere qualcosa di brutto al nostro rapporto, qualsiasi esso sia, non me lo perdonerei mai, quindi sono passata perché volevo che fossi parte di quello che mi succede in questi giorni e anche perché volevo ringraziarti»
«Grace—»
«No, sta' zitto» lo interrompe, alzando gli occhi e posandoli sui suoi chiari e accesi di mille emozioni che ora Grace non ha la forza di studiare. «L'altro pomeriggio hai detto delle cose vere e ne hai dimenticate così tanti di insulti che se cominciassi ad elencarli adesso, probabilmente Zayn mi butterebbe fuori per il linguaggio che sarei costretta ad usare. Non sono una santa e mai lo sarò, sbaglio in continuazione, litigo con i miei, faccio sesso con una ragazzo con cui nemmeno faccio coppia fissa e impreco dalla mattina alla sera, ma tengo a te e ho un fottuta paura di quello che è la mia vita. Non voglio prenderti in giro, dirti che voglio una relazione seria o quant'altro, ma hai perfettamente ragione. Sono una bambina che fa i capricci, che ha troppo per la mente e che cerca di apparire più grande di quello che è, ma ho la cazzo di fortuna di avere le migliori persone nella mia vita e non sono nemmeno brava a tenermele strette. E rimane il fatto che hai ragione su tutti i fronti, e io torto. Mi dispiace»
Grace e Niall si guardano negli occhi e lei si sente tremendamente osservata da un uomo che sta qualche sgabello oltre la cassa, ma non distoglie lo sguardo dall'unica cosa buona della vita che è completamente sua. Lei lo ferisce, lascia che lui faccia altrettanto e poi rimangono sempre e soltanto Niall e Grace.
Non loro che stanno insieme, che si amano, che si rispettano. Ma solo Grace e poi Niall che fanno l'amore e non lo sanno, che credono che non riusciranno mai a superare il sesso puramente carnale e che hanno sempre bruciato in fretta le tappe.
«A me vai benissimo così»
Grace scuote la testa contrariata, perché è a lei che non va bene.
Non va bene avere un carattere di merda, dipendere da qualcuno così tanto da sentirsi debole e pretendere che la persona che più si ama reprima i priori sentimenti.
Grace si crede quasi un mostro e non si da pace, freme, si agita.
Ora agguanta lo zaino e prende il portafogli, lascia una manciata di soldi sul banco, proprio accanto alla mano pallida del ragazzo e commette un solo errore, prima di comportarsi come la codarda che è: incrocia lo sguardo di Niall e prima che possa prendere un respiro profondo, una lacrima le solca la guancia.
Poi corre via e allora c'è solo il vento a sorreggerla e ad asciugarle il pianto.
 
 
 
«Stai scherzando?» la voce di Tamra è seria, acuta e terribilmente sconvolta. La guarda con le sopracciglia aggrottate e la bocca colorata da un rossetto bordeaux socchiusa.
C'è Grace che le sta di fronte, il cielo pumbleo sulla testa e il collo coperto da un'enorme sciarpa di lana dentro la quale vorrebbe solo sprofondare.
La rampa è quasi completamente deserta se non per i pochi ragazzini molto distanti che scivolano sul cemento freddo con i loro skateboard, sono le due del pomeriggio e Grace è consapevole che di lì a poco tre figure compariranno nitide all'ingresso arrugginito e fatiscente del ritrovo. Harry e Louis non li vede da un po' e le mancano come se non si incontrassero da anni quando è passato appena una settimana, sente il bisogno di sorridere al riccio e ascoltare la parlantina veloce e stranamente acuta dell'altro, la fanno ridere a modo loro e li considera le figure più vicine che ha a dei fratelli; ma poi pensa che con loro ci sarà anche Niall e non sa se poi sia così contenta di essere lì, tra i suoi amici.
Sono trascorsi due giorni da quando è scappata dall'Irish Pub, dopo aver sbottato quasi tutto quello che le passava per la mente e non lo aveva più visto, né sentito. Non almeno fino a quando Tamra l'aveva chiamata intimandole di muovere il suo bel culo dalla sedia e convocando una riunione. Al telefono la sua voce era frizzante, allegra e su di giri, mentre ora che le ha raccontato di Liam e di quello che fanno è quasi arrabbiata, come prevedibile che fosse.
«Sono andata lì due giorni fa e lui mi ha incastrata, non ci ho rimuginato troppo quando si è presentato qui» mente, ma sapendo che con Tamra le bugie a fin di bene sono più che lecite. «Non ho riflettuto che ti avrebbe dato fastidio, è successo molto velocemente»
«Rimane il fatto che sei una stronza» sbotta l'altra, accendo una Chesterfield dal pacco di Grace. «Sai quanto mi avrebbe fatto piacere essere presa in considerazione!»
«Cosa avrei dovuto fare, dirgli ‘Sai, potresti scegliere la mia amica laggiù’ quando è venuto alla rampa?» chiede retoricamente, ma senza alzare troppo il tono. Litiga con così tante persone per ora, che mettersi contro Tamra sarebbe solo un passo verso la propria personale rovina.
La sua migliore amica da tempo immemore è la persona più egocentrica e piena di sé che Grace abbia mai incontrato. Ha un modo tutto suo di comunicare e relazionarsi con gli altri, non ammette mai di volere bene a qualcuno perché significherebbe mostrare debolezza ed è così carica, concentrata e sicura del proprio essere che è più brava a farsi nemici, che amici. Quando Grace o uno dei ragazzi glielo fa notare, risponde che lei non ha bisogno di nuove compagnie e che loro, come amici, gli bastano da tempo, perché è la più grande —a parte Louis, ma stando a Tamra ha un cervello così piccolo e regredito da non poter essere tenuto così tanto in considerazione— e allora chi se ne frega se gli altri la odiano: ha Grace che le sorride e Harry che la ascolta, ha Niall che è la migliorie compagnia per una sbronza e Louis che è un altro paio di maniche.
Tamra con Louis litiga fino a perdere la testa e la voce, una volta gli ha assestato un pugno così forte che il giorno dopo lui si è andato a complimentare per il destro, lei ha riso di gusto e per la prima volta ha lasciato che qualcuno, oltre Grace, la apprezzasse per il sorriso che riusciva a tirare sù sulle proprie labbra e su quelle degli altri. Quella volta, Louis l'ha baciata e da allora i loro rapporti non sono andati che a peggiorare perché se c'è una cosa che accomuna Tamra e Grace è la paura di amare incondizionate e subire tutto quello che ne deriva.
Oggi Tamra e Louis vivono, ma a nessuno sfuggono gli sguardi, i pianti e le urla che si riservano e che si addossano come pelli troppo pesanti da sopportare, ma meritate.
Quando litigano sul serio, Grace chiude gli occhi e aspetta che passi, che passino loro e i problemi che si portano dietro, Harry abbassa lo sguardo troppo discreto e Niall guarda, invece, Grace perché è perfettamente consapevole che loro non sono poi così diversi: è solo che litigano e poi fanno sesso, mentre Louis è per Tamra un campo minato e lo stesso al contrario, quindi non si avventurano troppo spaventati di rimanerci secchi. Restano lontani e se lo fanno bastare, o scoppierebbe una guerra.
Grace una volta ha chiesto a Niall perché deve essere sempre così complicato tra due persone che si vogliono davvero bene, lui non ha saputo risponderle e si è limitato ad abbracciarla quando nessuno li avrebbe potuti vedere.
Ora, Tamra aspira la nicotina dalla sigaretta e annuisce a Grace in risposta all'ultima domanda che la sua migliore amica le ha posto. «Sì, avresti dovuto»
«Okay» mormora sconfitta. «La prossima volta che vado in Mosley Street gliene parlerò. Contenta?»
Tamra si stringe nelle spalle esili, molto più felice di quanto voglia ammettere. Ha la pelle scura e i denti bianchissimi quando schiude le labbra grandi per incastrarci la sigaretta appena rubata, strizza poi gli occhi e guarda un punto alla spalle della sua pallida migliore amica.
«Eccoli!» annuncia con finta indifferenza, lasciando trapelare però l'eccitazione del momento. Si sporge oltre Grace e aspetta con impazienza, mentre la ragazza che le sta di fronte trema e resiste alla voglia di voltarsi: per tenere la mente e le mani occupate, prende un sigaretta dal pacco rosso e bianco poggiato per terra e se la accende, coprendo la punta con un mano e girando la rondella dell'accendino con l'altra.
Harry è il primo ad entrare nella sua visuale dopo aver dato un bacio sulla testa ad entrambe le amiche, con il suo grande cappotto senape e un beanie verde a coprirgli parte dei capelli lunghi. Si siede con estrema delicatezza accanto a Tamra e incrocia davanti a sé le gambe lunghe fasciate da dei jeans neri, nello stesso istante in cui la voce vivace di Louis si annuncia al mondo.
«Mi hai buttato giù dal letto, quindi mi auguro tu abbia una buona scusa per avermi mandato qualcosa tipo... Venti messaggi?» domanda contrito, lasciando un'occhiata perplessa a Tamra e ai capelli scuri che le contornano il viso dello stesso colore. Lo sguardo di Louis scivola su di lei con indifferenza, ma si poggia su ogni particolare che riguarda Tamra: gli orecchini chiari sulla pelle cioccolato, il rossetto, il maglione corto sui jeans a vita alta che le fasciano la pancia, le Vans abbinate ad una cavigliera di finti brillanti e poi le sorride languido. Quando si volta verso Grace le sue labbra sono sollevate in un'espressione più giocosa e allegra, perché Grace non è Tamra ed è tutto più semplice. «Dolcezza, tutto bene? Non hai proprio un bel aspetto»
La diretta interessata lo ringrazia con un movimento lento del capo, perché Louis, sì, che sa come fare sentire meglio qualcuno con quella sua giacca Adidas, a detta di Grace orribile, che accoglie i più disparati colori.
Tomlinson prende posto accanto a Grace contemporaneamente all'ultimo dei ragazzi che, troppo occupato a mantenere un silenzio studiato, si accomoda al fianco di una Tamra concentrata a parlottare con Harry. Lui le sorride da un lato, mentre dall'altro Niall fissa i propri piedi, prima di alzare lo sguardo sull'unica persona che lo sta guardando di rimando: Grace deglutisce con forza e ringrazia la sciarpa pesante che le copre il collo, poi entrambi abbassano lo sguardo e forse è meglio così. Se lo ripete. Se lo imprime bene a mente, ma non ne è così sicura.
Grace sa di non avere un bel aspetto, perché ha i capelli scombinati dal vento e le labbra secche, non si è truccata nemmeno un po' e si sente così debole, che ha paura si possa spezzare con quelle temperature basse e frizzanti. Niall, di fronte a lei, invece, sembra sempre lo stesso: in forma, le labbra rosee e i capelli scombinati in maniera naturale, indossa un maglione grigio intrecciato sotto il giubbotto leggero, abbinato ai jeans scuri e alle Converse nere, ma è silenzioso e allora tutto quello che la prima impressione illude, viene malamente frantumato.
«Allora?» è la voce di Louis a ridestare tutti dai propri pensieri e le proprie chiacchiere, così Niall e Grace hanno qualcuno da guardare che non siano loro stessi, mentre Tamra ed Harry smettono di parlare di chissà cosa, prima di riservargli attenzione. «Ditemi che non siamo venuti qui a conversare amabilmente del più e del meno, perché se così fosse avrei preferito farlo ad un altro orario»
«Sono le tre del pomeriggio passate» constata Tamra, facendo una smorfia e borbottando qualcos'altro contro più grande dei suoi amici, ma con un tono troppo basso.
«Io non tengo conto di quando dormi tu, o con chi. Non credo di essermi mai fatto gli affaracci tuoi, quindi—»
«Sei un grandissimo figlio di puttana»
«Cazzo, dovresti cambiare insulto!» la rimbecca Louis con un sorriso furbo e maledettamente studiato per far sì che Tamra vada in escandescenza. «Me lo dici così spesso che ormai non me la prendo neanche più»
«Bhe, forse dovresti chiederti perché te lo ripeto ogni volta che ti vedo!» sbotta Tamra, e Grace vede le sue nocche diventare bianche e i suoi occhi saettare incazzati su tutti i particolari della figura di Louis. «Fattele due domande! O sei così stupido da—»
«Cazzo, chiudete quelle bocche!»
Quattro persone si voltano a irrimediabilmente verso la fonte di quelle parole piene di ira e fastidio. Niall ha gli occhi socchiusi e un'espressione non arrabbiata, ma più che altro stanca, come se non avesse la forza necessaria per stare a discutere lì con loro, o semplicemente ad ascoltarli. Ha la ruga tra le sopracciglia ben marcata, la barba chiara appena accennata sotto il mento e lungo la mascella contratta e gli occhi appena aperti stranamente spenti.
Louis borbotta un «Dovrebbe scopare più spesso» che Grace decide di ignorare con disappunto, mentre Niall —per fortuna— non lo sente nemmeno. Ora la situazione è più silenziosa, ma anche più tesa, mentre si cercano con sguardi muti e ponderano ogni comportamento.
Grace si mangiucchia una pellicina del pollice tra un tiro ed un altro, mentre Niall muove ritmicamente il piede sul cemento freddo e i lacci delle Vans strisciano per terra, Louis dal canto suo si sta rollando una sigaretta con Tamra che lo guarda con insistenza e senza speranza.
Harry è tranquillo e pacato come sempre, ma quando si agita sulla superficie ghiacciata della rampa —nel loro angolo, anche se non è propriamente suo— decide di interrompere quel estenuante silenzio: «Allora?» domanda rivolto a Tamra.
Lei sembra ridestarsi quanto basta, il suo corpo esile si dondola sulle cosce coperte dai jeans a vita alta e con un sorriso si scosta i capelli dalle spalle: i suoi occhi brillano, elettrizzati.
«Darò una festa per il mio compleanno al Grunge!» enuncia con così tanta enfasi che per poco non barcolla, fino a finire faccia avanti sul cemento. Sorride in maniera esagerata, con i denti scoperti ed una vera felicità stampata sul volto magro.
Grace è la prima a sorridere a sua volta per la notizia, allegra e comprensiva nei confronti della sua migliore amica così euforica per qualcosa che per un altro ragazzo sarebbe stato assolutamente normale e di routine. Però Tamra è Tamra e ha avuto una famiglia così fuori dal comune, disastrata e sconquassata che l'ultimo compleanno festeggiato è probabilmente risalente a quando aveva compiuto dieci anni ed aveva potuto invitare solo gli amici più intimi per una merenda e pochi giochi. Di quel compleanno Grace non ricorda nessun altro se non loro, una cugina poi dimenticata e la nonna di Tamra che, per tutti quegli anni, ha cresciuto a denti stretti una bambina difficile a causa degli eventi e gran parte del tempo problematica.
Il padre si era tolto la vita quando lei aveva appena tre anni a causa di debiti di gioco che non era più riuscito a colmare; ora la ragazza nemmeno lo ricorda, ma alla fine è più una questione di abitudine alle occhiate altrui che al dolore stesso. Lo pensa —pensa a come sarebbe stato se non avesse mai mollato, o se ci avesse provato, almeno— e lo fa ogni giorno della sua vita, accostandolo alla figura materna che le manca più di chiunque: perdita che è decisamente più difficile, perché c'è e respira, ma non è abbastanza presente, e non perché non vuole, ma perché non può.
Grace non ricorda granché della madre di Tamra, forse proprio nulla se non qualche tratto marcato come quelli della figlia e la pelle scura, ma sa che la sua migliore amica ricorda invece e anche bene. Dopo la morte del signor Pearl, la madre di Tamra aveva letteralmente perso il lume della ragione, si era lasciata trasportare dal dolore per anni, lasciando che sua figlia crescesse piccola come era tra le braccia della nonna e l'affetto altrui. Con il trascorrere degli anni, la situazione era diventa insostenibile e sempre più spesso aveva accusato Tamra di aver portato via l'amore della sua vita: i medici a cui era stata data in cura avevano spiegato che la donna credeva che i debiti del marito e la dipendenza dal gioco avevano alla base il desiderio di poter dare alla propria famiglia un'indipendenza economica che non avevano al momento della nascita, ma Tamra aveva raccontato a Grace che, in realtà, il padre soffriva di dipendenza dal gioco d'azzardo già prima che lei nascesse —almeno così le era stato detto dalla nonna— e che sua madre si era lasciata fuorviare dall'amore. Quando la signora Pearl era stata portata in una clinica psichiatrica, la figlia si era nascosta dietro una scorza dura, fatta di risate sarcastiche e occhi chiusi per non piangere.
Solo Grace aveva potuto vedere nel
corso di quegli anni l'altra Tamra e nemmeno Louis è arrivato a spingersi così oltre con i suoi sorrisi scaltri, gli occhi vispi e le domande mirate, ma ben celate.
«È fantastico!» esclama Grace in direzione dell'amica che sorride raggiante.
«Non è tra tipo... Tre mesi?» chiede Louis con nonchalance, portandosi la sigaretta abilmente rollata alle labbra. Cerca a tentoni l'accendino nelle tasche della felpa e dei pantaloni, così quando non lo trova si allunga verso Grace e le ruba il suo. In risposta l'amica gli lancia un'occhiataccia che sa molto di Ma sei idiota?, così si stringe nelle spalle e dopo aver bruciato la punta della sigaretta, sorride a Tamra in modo impertinente. «Ma è fantastico! Davvero fantastico»
«Grazie, Grace» risponde l'interessata, ignorando appositamente Louis e cercando di non lasciarsi influenzare dalla sua boccaccia troppo larga. Drizza le spalle e Louis Tomlinson non le guasterà per nulla al mondo la giornata, non nello stesso modo in cui gli ha scombussolato la vita con quei suoi modi pretenziosi e turbolenti. «Ho già prenotato, perché sapete come vanno le cose al Grunge: ci sono sempre troppa persone e troppe feste» Spegne la cicca per terra e con la scarpa la calcia in direzione di Louis, scrollando poi le spalle e lasciando intendere che i suoi amici sanno cosa alluda. «Chiaramente siete tutti invitati»
«Chiaramente» la prende in giro Harry, rifilandole poi una spallata leggera e un sorriso felice. «Ci sarò»
«Puoi portare anche Gemma» risponde Tamra, riferendosi alla sorella del riccio, che non è mai stata molto presente nelle relazioni del fratello e la cricca lì riunita la vede solo di tanto in tanto: entrambi i fratelli hanno delle compagnie differenti, sebbene siano affiatati come pochi. Harry ricorda Gemma sia nell'aspetto fisico, che nel carattere, perché hanno un modo leggero di prendere la vita e hanno la capacità di sorridere sempre, anche quando la realtà è dura e allora si dovrebbero contrarre le mascelle e cacciare un po' di aggressività. Gli Styles hanno un modo tutto loro, però, di imporsi sugli altri. «E, Niall, l'invito vale anche per Greg. Sempre che il suo testosterone gli permetta di partecipare alla festa di una ragazzina»
Niall che per tutto quel tempo è rimasto in silenzio sorride a Tamra con le rughe d'espressione agli angoli degli occhi, ma in maniera così forzata che Grace è costretta a non guardarlo. Si concentra sulle proprie Converse e va un po' meglio.
«Riferirò» risponde, ridendo appena, con la voce un po' roca e le mani che giocano con i lacci delle scarpe.
«E io?» si intromette Louis, con finta innocenza e gli occhi azzurri che brillano nel modo di guardare Tamra. Lei per tutta risposta alza un sopracciglio in attesa che parli troppo, come sempre. «Posso portare Lottie o è troppo immatura per questo imperdibile party al Grunge
Tamra si lecca le labbra con fare audace e sorride come un cacciatore davanti alla sua presa. «Oh, tranquillo. Ho già invitato Lottie e Fizzie, sono mature abbastanza. Ho avuto qualche dubbio sulla tua presenza, ma—»
«Simpatica» la rimbecca con un tono sarcastico, ma del tutto spontaneo.
«Ho imparato dal migliore»
Grace ridacchia con i denti scoperti e i capelli che le ondeggiano sulle spalle and ogni scossa del suo corpo quando il suo sguardo vaga da Tamra a Louis con divertimento.
Grace ha gli occhi scuri che sono stanchi e la mente che è un po' per i fatti suoi, quel giorno, ma sa di essere osservata e non ha bisogno di nessuna conferma per affermare a chi quello sguardo appartenga.
L'intensità di emozioni che Niall le trasmette con le iridi cristalline e tremendamente vere ha la capacità di farla avvampare all'istante in un imbarazzo quasi soffocante, perché c'è sempre quel modo in cui la guarda, che le riesce a far pensare per un istante che sia quasi l'unica donna che lui possa vedere in un mondo così vasto e popolato.
Trema sotto il suo sguardo e sono lontani, ma Grace trema anche quando la tocca e in quel momento, con gli occhi fissi su di lei, non brama altro se non poterlo anche solo sfiorare.
Trattiene un respiro e potrebbe andare in apnea per chissà quanto, quando lui abbozza un sorriso tirato nella sua direzione e i capelli scombinati gli ricadono pigramente sulla fronte a causa del venticello.
Grace si domanda a che gioco stiano giocando, perché non è più sicura di esserne all'altezza. Prima litigavano per stronzate e bastava che uno dei due tornasse sui suoi passi con un sorriso come quello o un semplice bacio e alla discussione avuta in precedenza veniva messo un enorme punto, ma ora ci sono in mezzo i loro sentimenti, la loro vita, e ogni volta che provavano a risolvere la situazione, qualcosa —una parola, uno sguardo, una lacrima— li porta irrimediabilmente al punto di partenza. Grace ne è un po' stufa perché non sa più gestire gli eventi, Niall e perfino se stessa.
Tamra e Louis continuano a battibeccare come una vecchia coppia acida ed Harry ogni tanto si insinua nella discussione per prendere le parti di qualcuno e rincarare la dose contro un altro, ma con un tono del tutto divertito ed amichevole. Mentre Grace rimane del tutto in silenzio e, in verità, non li ascolta nemmeno, troppo impegnata a scambiarsi degli sguardi sporadici con l'unica persona che come lei non è interessata alla conversazione del resto del gruppo.
Due sigarette consumate dopo e un numero cospicuo di occhi che si incrociano, si studiano, si sentono, Grace si schiarisce la gola attirando l'attenzione di tutti.
«Devo andare» spiega, tirandosi su e pulendosi i jeans attillati con le mani. Ha il fondoschiena freddo e le ossa intorpidite, così si stiracchia appena e rivolta a Tamra sorride.
«Di già?» chiede Louis stendendosi per terra con il cappuccio della felpa alzato per riparare i capelli dalla sporcizia.
«Sì, devo—»
«Studiare» conclude per lei con un ghigno e gli occhi azzurri che brillano dell'ilarità tipica di Louis. Lei alza un sopracciglio con uno sguardo che dovrebbe essere minaccioso, ma lui ride e si stringe nelle spalle. «Sei così prevedibile, Adler»
«Scusa se cerco di costruirmi un futuro» ribatte piccata, assottigliando gli occhi. «Non è un concetto che afferri del tutto, ma potresti anche sforzarti»
A quel punto Harry ride e Niall sospira quasi esasperato, seduto alle spalle di Grace. Tamra spalanca gli occhi e li punta in quelli azzurri di Louis, come se si fosse appena ricordata qualcosa di fondamentale. Lui aggrotta le sopracciglia e storce il naso quando vede l'espressione dell'amica.
«Mi sono dimenticata di dirti che al locale cercano qualcuno per servire ai tavoli» esclama Tamra, alludendo al bar piuttosto scognito nel quale lavora nei fine settimana. Improvvisamente si ammutolisce, come se stesse pesando le parole che le sono appena uscite dalle labbra, e poi si stringe nelle spalle. «Bhe, ho pensato ti potesse interessare»
Louis rimane appena qualche secondo immobile a guardarla con gli occhi ben aperti, poi sorride e lo fa con tutta l'irriverenza che riesce a cacciare e in cui eccelle, senza concorrenza. A Grace sembra che stia per prendere in giro Tamra perché ha pensato a lui, ma poi apre bocca e rovina le aspettative di tutti i presente: «Io che servo qualcuno?»
C'è chi sospira, o chi chiude gli occhi come Grace e scuote la testa, mentre Tamra cuce le labbra con uno sguardo carico di aggressività, fastidio e disprezzo.
«Sei un coglione» sbotta con un sincerità sconcertate. «Sei un maledettissimo coglione. È io che ancora ti ascolto, ti parlo, ti guardo»
Per tutta risposta, Louis ride e Grace annuncia che andrà a casa, lasciandoli ai loro bisticci che mai finiranno.
Saluta la sua migliore amica con un gesto del capo, poi alza appena la mano senza soffermarsi su nessuno dei ragazzi in particolare e mormora un «Ci vediamo» che la accompagna in mente per tutto il tempo necessario che le serve per superare il gruppo e non guardare l'unico sguardo che non crede di poter reggere.
Si incammina con la tracolla che sua madre le ha comprato durante un viaggio a Londra e si stringe negli abiti pesanti per cercare conforto e calore: gli unici ragazzini presenti alla rampa quel freddo pomeriggio domenicale la guardano quando sfila loro accanto e lei sorride senza incrociare lo sguardo di nessuno, ma fissando solo dritto davanti a sé.
Grace è bella, attira gli sguardi degli uomini anche senza una vistosa scollatura ed è estremamente intelligente. Lei ne è perfettamente consapevole e, pur non essendo la prima donna che è Tamra, lascia che il mondo la ammiri.
Fuori dalla rampa la città scorre monotona davanti agli occhi chiari di Grace che, stanca e fragile, si ferma con i piedi ben fissi per terra e il labbro inferiore tra gli incisivi superiori. Si scosta appena i capelli quando una folata di vento minaccia di occultarle la vista con delle ciocche castane e poi sente un presenza arrivarle dalle spalle, dall'ingresso della rampa. Sa chi è —lo percepisce— e non si volta, non per orgoglio o chissà cosa, ma più un'autoconservazione.
Rimangono in silenzio per diversi secondi in cui i loro sguardi puntano un qualsiasi ed innocuo oggetto all'interno del loro campo visivo e Grace attende che il suo cuore smetta di battere in maniera così frenetica. Stringe la presa delle labbra tra i denti e supplica il suo organo vitale di non essere così violento contro il suo petto, o lei e le sue emozioni verranno malamente messa a nudo. È lui ad interrompere il silenzio che hanno suggellato implicitamente.
«Ti accompagno?» domanda con voce seria, ma marcata dal suo solito accento che a volte Grace trova seccante e altre divertente. Mentirebbe se dicesse di apprezzarlo e Niall la preferisce quando è completamente e totalmente sincera.
Lei si stringe nelle spalle, ma non si abbandona nemmeno a guardarlo, rimanendo concentrata sul cartello stradale di fronte, dall'altro lato della strada, che indica un attraversante pedonale. «Posso andare a piedi»
Non è una negazione e lei la vede più come una possibilità, un'opzione, un'alternativa, come se avesse detto Mi piacerebbe, ma posso andare piedi se è un problema, eppure sa che per Niall quello è un rifiuto.
Lui si muove impercettibilmente e allora Grace capisce che ha annuito e si chiede perché l'abbia seguita se poi decide di non insistere nemmeno un po' a fare qualcosa che in altre circostanze e in altri tempi sarebbe stato normale. Chiude gli occhi, mentre uno strano dolore le attanaglia lo stomaco e le toglie il fiato: si rimprovera ed è davvero una bella ipocrita, perché lui non ha posto di nuovo la domanda convincendola ad accettare, ma non può fargliene una colpa, quando lei ha declinato la sua offerta, pur potendo accettare, o al massimo ripensarci.
«Mi manchi» mormora alla fine Niall con sfrontata sincerità, imprimendo sulla pelle di Grace i brividi e anche una sensazione di inquietudine.
C'è il fruscio del vento tra le fronde degli alberi, la gente che sfila loro accanto e parla —mormora, grida, sussurra, esala— ignara di loro che sono più dell'apparenza, più di due ragazzi un po' scapestrati; ci sono le loro scarpe ferme ad un buon metro di distanza e gli sguardi che se potessero si divorerebbero all'istante. Niall si dondola fino a spostare il peso del proprio corpo sul piede destro, infila una mano nella giacca e aspetta. E, per Grace, aspetta da così tanto tempo che non riesce più a stare dietro ai suoi sorrisi e ai loro litigi, agli sguardi accusatori e quelli vogliosi.
Lei trema per il vento, ma anche —sopratutto— per Niall che ha appena cercato una tregua per una guerra che nessuno dei due vuole combattere, ma nella quale sono coinvolti inevitabilmente. Ne sono gli istigatori e ne sono sono consapevoli, così «Anche tu» risponde Grace, con tono quasi rassegnato.
Con i capelli castani che si agitano sulle spalle, conta venti secondi buoni, quattro macchine che passano loro davanti in tutta la loro eleganza e chissà quanto battiti cardiaci, prima che lui torni a parlare con tono caldo in quel freddo gelo autunnale di Manchester.
«Ti accompagno» e questa volta non è una domanda, ma un'affermazione: un modo per rimarcare un concetto semplice appena espresso, ma un po' più pieno di sensazioni rispetto alle due parole Mi manchi, alle quali avrebbe voluto aggiungere anche qualcos'altro. È come se volesse dire che ha bisogno di lei e che, come sempre, si accontenta, perché è Niall e in tutti quegli anni non ha fatto altro.
«Perché?» domanda Grace, cercando la voce più fluida e chiara che riesca a non rompersi in sussurri. Si volta e capisce che è tempo di guardarlo negli occhi, anche se il suo sguardo riesce contemporaneamente a riscaldarla per l'affetto e il calore che possono emanare e raggelarla per durezza che sono in grado di trasmetterle. Quando il suo sguardo viene inchiodato da quello magnetico, trasparente e vero di Niall, Grace sa che non può farcela, così come la sua voce che si incrina alla fine, trasmettendo il suo stato d'animo con rassegnata sincerità. «Perché lo fai? Cosa ho di speciale»
Lui sbatte appena le palpebre come se non si aspettasse quella domanda così diretta e distoglie subito lo sguardo da quello di Grace, lasciando che nella sua espressione lei non possa leggere la sorpresa che lo attraversa.
Sono solo pochi i secondi in cui entrambi rimangono in silenzio e Grace aspetta qualcosa: una risposta, uno sguardo, qualsiasi cosa che possa alleviarle il dolore che si autoimpone. Solo che aspetta e brama, ma non arriva.
Le spalle di Niall si tendono nervose quando inspira profondamente, come se non respirasse da una vita, e si limita ad un cenno del capo, intimandole di seguirla.
Grace è un concentrato di paura mista alla voglia di prenderlo per mano e rimanere a guardare le sue lentiggini sotto la luce calda del sole più folgorante, ma quel giorno è così cupo che ben presto la paura e l'ansia sono le uniche sensazioni che riesce a percepire dentro sé, così sigilla le labbra e lo segue in uno studiato silenzio.
Accelera il passo giusto per raggiungerlo da quel vantaggio che gli ha concesso quando è rimasta immobile sul marciapiede freddo di Manchester. Ben presto lo affianca e mantiene il suo passo lungo senza difficoltà, guardando per tutto il tragitto davanti a sé.
Niall è taciturno in quel momento, in contrasto con il suo solito essere allegro e casinista, costeggia le macchine posteggiate per una manciata di istanti, la bocca cucita e il capo che dondola a destra e sinistra guardandosi intorno con disinvoltura.
Per Grace è impossibile non riconoscere la vecchia Ford Fiesta laccata di azzurro, frutto di un regalo del padre quando aveva compiuto diciotto anni, misto al lavoro come meccanico che Niall esegue ancora, ogni mattina, per tutta la settimana tranne la domenica.
Quando gliela aveva fatta vedere per la prima volta era di un grigio opaco, triste, aveva un finestrino guasto e i sedili davanti logori, lui aveva ripetuto mille volte che era di seconda mano —se non di terza— ma che camminava bene. Grace per tutto il tempo gli aveva tenuto una mano e accarezzato il braccio con quella libera: altrettante volte gli aveva ripetuto che le piaceva, sì, che finalmente sarebbero potuti andare in centro senza dover prendere la metro che, puntualmente, era sempre affollata e Grace non avrebbe dovuto sentirlo lamentare per tutto il viaggio. Lui aveva sorriso e, senza rispondere alla provocazione, le aveva chiesto di che colore le sarebbe piaciuta: Grace aveva detto che non era sua alla fine, ma Niall aveva insistito così tanto, stretto al suo braccio, che aveva ceduto e «Azzurro. Intenso, ma non vivace». Non aveva aggiunto come i tuoi occhi, idiota!, se l'era tenuto per sé e una settimana dopo lui era spuntato con la sua nuova auto laccata di un azzurro intenso, ma non vivace. Giusto, perfetto.
Grace si era morsa il labbro sul ciglio del marciapiede perché era quasi felice e non per quella stupita macchina, ma quella che a lei era sembrata quasi un'intimità che prima aveva sempre provato a non notare, a lasciar perdere. Quel modo di fare, quei comportamenti equilibrati che li legavano la facevano stare bene, ma la travolgevano anche con una tale vitalità ed irruenza che la spaventavano fino a farle chiedere se fosse giusto lasciarsi trasportare degli eventi, da Niall. Grace aveva cominciato ad aver seriamente paura del loro rapporto quella volta, quando aveva finalmente compreso che il loro non era solo sesso, ma che c'era sempre qualcosa che li legava inevitabilmente e che tornare indietro non era possibile, così come andare avanti.
Non avrebbe mai rinunciato a Niall ed è per questo che ora, come quella volta davanti alla rampa in cui lui era fiero della sua auto e anche un po' di Grace, è spaventata dalle conseguenze del loro cercarsi, volersi, ma anche del loro tenersi a distanza dopo quei litigi che la spingono a pensare che é la fine e crede di non poter più rimediare ai danni.
Niall la invita adesso a salire sull'auto, aprendo la propria porta e sedendosi dal lato del guidatore, si sporge verso Grace e la guarda negli occhi, con il finestrino a dividerli. Lei guarda la strada un solo istante, chiedendosi se sia giusto entrare in auto con Niall quando solo pochi giorni prima hanno avuto una discussione e lei ha espressamente ammesso di non volere una relazione, ma anche di non volerlo perdere, che è una bambina capricciosa e che lui non la merita, ma poi prende un profondo respiro e apre la portiera.
Si accomoda sul sedile caldo, ricoperto da un tessuto simile alla finta pelle, e Niall spegne la radio che ha montato quando gli è stata regalata e che ora si è accesa non appena ha girato la chiave nel quadro. Entrambi mettono la cintura di sicurezza, ma Grace ha completa fiducia in Niall e la sua guida non ha mai avuto pecche, così si adagia contro lo schienale del sedile con familiarità e vorrebbe sprofondarci dentro.
Ci sono due strade che portano alla via in cui entrambi abitano, ma lui imbocca quella decisamente più lunga e Grace non glielo fa notare, nella speranza che lo abbia fatto di proposito, intanto che accanto a loro i palazzi di Manchester scivolano lenti. Non guida troppo veloce, più per prudenza essendo in città, che per carattere, perché Niall sa andare veloce e Grace ha potuto assaporare più volte quel limite di velocità che d'estate la fa viaggiare con il finestrino aperto e gli occhi vispi contro il vento, e d'inverno un po' la trattiene perché «Rallenta. Per terra è bagnato e non voglio morire». Ogni volta Niall ride e le giura che non morirà e Grace lo sa già perché non va così veloce e comunque gli crede sulla parola.
Ci sono poche macchine in giro per la le strade e alla fine Niall si chiede chi ci debba essere di domenica a quell'ora che non è né presto, né tardi. Scuote la testa perché solo Tamra avrebbe potuto chiedere di vedersi in quel momento, quando il resto della città si riposa perché, Cristo!, é domenica. Anche lui avrebbe voluto rimanere a casa, a letto, essendo l'unico giorno in cui non lavora all'officina, ma poi Tamra lo aveva reclamato e lui si era vestito controvoglia, consolandosi solo del fatto che di lì a poco sarebbe comunque dovuto scendere da a casa per andare al pub. Magari avrebbe riposato un'altra oretta, o avrebbe giocato alla play come il bambino che gran parte del tempo è, ma alla fine si era costretto a vestirsi e aveva raggiunto Grace.
Grace che ora le è seduta accanto e che lui guarda con la coda dell'occhio, tra un cambio di marcia e un'altra: ha la testa leggermente inclinata e i capelli che le scivolano sulla spalla, guarda fuori dal finestrino accovacciata sul sedile a suo agio, come se fosse abituata a quella macchina, hai suoi sedili foderati e hai finestrini che si abbassano all'antica, al tepore e all'affetto che quel auto racchiude e al guidatore —sempre lo stesso— che su quelle quattro ruote la porterebbe in capo al mondo, se potesse. Sorride per quei pensieri e quando arriva il momento di svoltare verso le loro case, prosegue dritto, superando il semaforo verde e l'inizio della via piena di palazzi anonimi e ingrigiti dal tempo.
Grace si scosta dalla spalliera del sedile come se d'improvviso fosse scomoda e gli rivolge un lungo sguardo, le sopracciglia aggottate e un'espressione confusa.
«Dove vai?» chiede con voce seria, ma non arrabbiata. Ha perfettamente compreso che la deviazione dal tragitto originale è stato del tutto volontaria e quindi non gli fa notare che ha saltato la svolta, ma gli domanda solo dove la stia conducendo.
Con le labbra serrate, Niall fa spallucce e non mente: non ha idea di dove stia andando e dovrebbe anche recarsi a lavoro in meno di un'ora per aiutare nei preparativi della serata, ma non gli importa e sorride quando Grace si accontenta della risposta muta e torna seduta in maniera rilassata.
Trascorrono i minuti e stando all'orologio sul cruscotto Grace ne conta prima tre, poi sette, finché non si distrae a guardare altri palazzi scivolarle accanto e allora ne calcola undici. Undici minuti in cui nessuno dei due proferisce parola, istanti in cui c'è il silenzio a proclamarsi capo indiscusso della situazione, ma nessuno tra i due prova imbarazzo o fastidio: è come se stessero bene tra il loro muto linguaggio e le dita che tamburellano o sul volante o sulle gambe, mentre c'è il loro mezzo metro a dividerli, ma una rete così fitta di pensieri irrimediabilmente legati a loro, che è impossibile sentirsi fuori posto, lontani.
Quando Grace interrompe il flusso di pensieri, però Niall la ringrazia mentalmente perché, piacevole o no, il silenzio lo stava conducendo a pensieri che gli bruciano sulla pelle, belli ma dolorosi: vorrebbe baciarla, o vorrebbe semplicemente poggiarlo una mano sulla gamba e non riesce a trattenersi se c'è tutto quel silenzio che non li fa pensare ad altro.
«Non dovresti andare a lavoro?»
Lui si stringe nelle spalle e lanciando un'occhiata allo specchietto retrovisore laterale, mette la freccia e svolta su una grande strada che, se non sbaglia, Grace ricorda condurre alla periferia. «Ho ancora tempo»
Lei annuisce e poi si morde l'interno guancia, frustrata e spaventata. Con un respiro profondo voltata verso il proprio finestrino, così che lui non la possa vedere, domanda: «Come stai Niall?»
Lui annuisce a sua volta, ma non prima di un buon silenzio calcolato, in cui la sua amica può percepire tensione dalle nocche e che diventano bianche quando le dita si stringono al volante, dal sospiro che Niall prova a non farsi scappare e dal modo in cui evita di voltarsi verso lei. «Bene. E tu?»
«Bene»
Li avvolgono e li cullano altri istanti in cui lui rumore leggero del motore è l'unico suono udibile e nessuno parla, mormora, domanda o cerca l'altro. Grace guarda fuori dal finestrino, Niall fissa la strada desolata sulla quale sta guidando. Grace conta tre sospiri da parte del biondo, cinque indicatori di direzione azionati e due tentativi da parte sua di guardarlo, per poi ripensarci, prima di parlare di nuovo.
«Dove andiamo?» a quella domanda, Niall smette di fissare davanti a sé e si guarda intorno, fuori dal vano. Ci sono pochi palazzetti bassi e qualche auto posteggiata, persone non se ne vedono e con un respiro mette la freccia, accostando.
«Non lo so» mormora, spegnendo il motore e tirando il freno a mano.
Grace si siede meglio sul proprio sedile, ruotando il busto verso il guidatore e dando le spalle al finestrino e al mondo che le ha fatto compagna per tutto quel tempo, gli sorride e senza esitazione gli poggia una mano tra le sue giunte. Lui sembra confuso dal gesto, ma dopo un primo momento stringe le sue dita sottili e lunghe, giocando con l'anello che lei porta al medio e che adesso striscia nei movimenti un po' sulla pelle di Niall e un po' sul tessuto dei suoi pantaloni.
«Mi sei mancata» sussurra, con al voce spezzata dalla tensione.
«Lo hai già detto»
«No, ho detto mi manchi» le fa notare con un sorriso nervoso, poi le indica le loro mani intrecciate e la guarda negli occhi prima di continuare a parlare. «Ora sei qui e mi basta»
Lei sorride, ma è un sorriso di facciata, caldo ma calcolato: vuole nascondere l'ansia e il tormento che prova e che alla fine la fa stare bene, perché Niall è con lei. «Diciamo che potrebbe essere un sequestro di persona. Non ero del tutto consenziente»
Lui scuote la testa e si morde un labbro accarezzandole il dorso della mano con attenta delicatezza, trasmettendole quasi nostalgia. «Non hai protestato granché»
«Sei più forte di me, non avrei avuto grande vantaggio»
«Uhm» i suoi occhi inchiodano le loro mani intrecciate e poi le sue dita smettono di toccare quelle di Grace che si morde la lingua, pur di non chiedergli di continuare a toccarla in quel modo che grida Niall e la fa sentire voluta bene, apprezzata, amata. «Se non fossi voluta venire, lo avrei capito»
Lei scuote la testa e guarda la strada davanti a loro: vuota, triste, desolata; mentre lei si sente allo stesso modo e Niall che si assume sempre tutto il carico della sua testardaggine la fa stare uno schifo. «Dovrei essere io a dovermi rassegnare al fatto che potresti non volermi parlare più parlare, o guardare, un giorno di questi»
Le mani di Niall stringono automaticamente quella di Grace e lei sorride incerta, sperando che non la scusi, ma lo conosce bene e conosce quel espressione che sta comparendo nei suoi occhi e sulle labbra sottili e allora sa che lo farà. È rassegnata, quando lui poggia i capelli biondi contro il poggiatesta e la cintura di sicurezza gli taglia il petto a metà in modo brusco facendo piegare la giacca, fino al collo. «Non fare la melodrammatica, ognuno ha le sue colpe»
«Niall—» inizia, facendo vagare lo sguardo per la strada.
«Grace» la interrompe, stringendo le sue dita con quelle di una sola mano e cercando con l'altra di afferrale la testa. Poggia il palmo caldo della destra sulla sua guancia, incastrandola sull'orecchio e tra i capelli, lei sobbalza sorpresa, ma la presa di Niall sulle ciocche castane è forte e la obbliga a voltarsi, guardandolo negli occhi chiari e sinceri. «Mi sei mancata» ripete.
Poggia la fronte contro quella liscia e pallida dell'amica, prima di spingersi con l'intero busto verso la ragazza e baciarla. Grace sente la presa sul suo viso farsi sempre più forte e quella sulle labbra più impetuosa, carica di vitalità, mentre la frastorna e la consuma come la cera di una candela alla vicinanza con il fuoco.
La bacia come se non sapesse fare altro nella vita, con prepotenza, ma anche attenzione a farle percepire ogni singolo istante, ogni morso e ogni respiro che si mischia a quello di Grace che intanto sente la pelle prendere fuoco e i brividi guizzarle lungo la schiena. Sospira pesantemente, ma appagata, quando le labbra di Niall smettono di torturare le sue e scendono lungo il mento lasciandole baci umidi e piccoli morsi giù per il collo. La mano che prima stringeva quella di Grace si aggrappa al suo corpo, ai passanti dei pantaloni e poi al lembo di pelle che scova sotto i pesanti strati di vestiti: le morde il lobo dell'orecchio e la fa fremere, mentre le apre il giubbotto e le sfila la sciarpa ingombrante. Indossa un maglione leggero e ora che Grace si toglie senza esitazioni la giacca, Niall ha più possibilità di muoversi verso di lei anche se l'auto è piccola e sbatte le gambe contro la base del cambio. Grace ride accanto alla sua fronte quando impreca per aver colpito la plastica scura con il ginocchio, ma poi schiude le labbra e si lascia sfuggire un gemito, mentre lui si impone come sempre su di lei.
Le braccia di Grace si allungano, abbarbicandosi contro il corpo di Niall che non ha un fisico robusto, ma possiede delle spalle larghe e una buona forza; le mani del ragazzo intanto cercano il contato con la pelle calda di Grace, le alza l'orlo del maglione e poi della maglietta, trovando finalmente un modo per afferrale i fianchi con le dita larghe intorno alle sue curve morbide e lisce. Cercano di avvicinarsi ancora un po', ma lo spazio per il freno a mano glielo impedisce, così Niall riprende a baciarla accontentandosi e Grace mormora il suo nome sottovoce, facendolo diventare pazzo.
Le lascia un segno rosso proprio sotto l'orecchio e poi sulla clavicola scoperta, la bacia e le dice che è bellissima. Grace ci credere: ci crede per Niall che chiude gli occhi quando la bacia e per le labbra che ardono sulla sua pelle, potrebbe crederci anche perché tutti la guardano e allora è bella, sì, ma se è Niall a confidarglielo allora le mani le tremano e il fiato le si mozza, quindi con slancio gli crede e lui fa in modo che non perda la sua fiducia.
Le dita esperte del biondo la toccano in punti del corpo che solo lui sa le provocano piacere immenso, come quel lembo di pelle proprio sotto il seno e quello intorno all'ombelico, sul ventre piatto e i fianchi morbidi. Mentre Grace gode di tutta l'unicità del momento, crede che forse dovrebbe provarci, lasciarsi andare a Niall e non al sesso con Niall, ma ad una storia, ad un qualcosa che valga la pena piangere ed urlare, qualcosa che faccia ridere fino ad avere male allo stomaco e le faccia desiderare di non essere da nessun'altra parte. Grace chiude gli occhi e dimentica all'istante tutti quei pensieri, quando le dita sottili e sicure si stringono intorno al suo seno e Niall la chiama.
«Non lo farò qui, Grace» le sussurra all'orecchio, massaggiandole la pelle schiacciata sotto il reggiseno di pizzo.
Lei mugugna qualcosa di comprensibile, prima di aprire di scatto gli occhi e afferragli i capelli tra l'indice e il pollice: glieli tira e Niall porta la testa indietro assecondano i suoi movimenti, quando poi Grace preme con estenuate lentezza le sua labbra sul collo del biondo, inerme e abbandonato, questo perde del tutto la ragione. Potrebbe farlo anche per tutta la vita, con quella lentezza sadica che è di Grace e morirebbe comunque felice.
Gli mordicchia la pelle e poi si ferma, ricomincia con lenta sicurezza e Niall vorrebbe dire qualcosa, ma apre la bocca e non ne esce alcun suono.
«Sei un bastardo» lo rimprovera, allontanandosi dalla sua pelle di qualche centimetro, ma respirandogli contro. Lui emette un risatina trattenuta e sottovoce, ma non ribatte, mentre la lingua di Grace percorre il suo collo fino all'orecchio in piccoli cerchi, per poi tornare giù. «Prima mi seduci e poi ti tiri indietro»
Quando crede che non dirà nulla, sente nuovamente il suono della sua risata candida e allegra e percepisce le spalle alzarsi e abbassarsi sotto le proprie dita con sussulti irregolari: lei sorride contro il suo collo che le punge appena contro le labbra e poi gli stringe il busto con le braccia, lasciandogli un bacio sulla vena che sporge sotto l'orecchio.
«Non hai bisogno che ti seduca» la canzona con voce alta, ma provata, quando lei si allontana rifugiandosi contro il proprio sedile, come colta in flagrante. Lui rimane immobile, con il busto sporto in avanti e le mani poggiate una sul volante e l'altra sul poggiatesta di Grace, si fa serio e la osserva con intensità tale che lei prova a sostenere lo sguardo con tutto l'orgoglio e la sicurezza che possiede, ma costringendola alla fine a rivolgere attenzione alla strada. «Sei fantastica»
Lei rotea gli occhi, con finto fastidio e il giusto imbarazzo, ma accogliendo a cuore aperto il complimento. «Smettila»
Lui si agita sul sedile e le sorride. «Hai ancora quella foto?»
«Quale foto?»
«Quella che ti ha fatto quel tizio—» storce il naso e Grace gli lancia un'occhiata sospettosa. «Com'è che si chiamava? Larry?»
Lei sorride e incrocia le braccia sotto il seno, rifilandogli un'espressione soddisfatta perché Niall ricorda i nomi di tutti e durante la scuola l'aveva tolta da situazioni imbarazzanti così tante volte, che Grace non era più riuscita a tenere il conto alla fine del liceo. Fa una smorfia e non riesce a credere per nulla al mondo che ora non ricordi il nome di Liam, quindi lo inchioda come una madre che ha beccato il proprio figlio con la mani nel sacco. «Lo stai davvero facendo?»
«Facendo cosa?»
«Lo sbadato che non ricorda il nome di quello che fino a pochi giorni fa girava intorno alla propria—» Grace si interrompe incerta su come continuare la frase, se aggiungere la parola amica o cambiare repentinamente l'oggetto della conversazione, perché non utilizzerà il termine ragazza e Niall lo sa. Scuote la testa e fa spallucce. «Comunque l'ho a casa, perché?» domanda, sapendo a quelle foto fa riferimento.
Lui temporeggia con il volto serio, perfettamente cosciente di ciò a cui entrambi stavano andando in contro e poi sorride quando Grace inizia ad essere insistente con quel suo sguardo in grado di trapassare la gente. «La vorrei. Se per te non è un problema»
Le labbra di Grace si aprono in un sorriso spontaneo e contagioso che riesce a coinvolgere anche la bocca sottile di un Niall piuttosto teso, che ora non fa altro che torturasi con le dita un ciuffo di capelli biondi sulla fronte.
Tra Grace e Niall non vanno tante cose, iniziando dalle loro menti, dai rapporti tra le loro famiglie, dalle idee che portano sulle spalle e da quel modo di vedere l'amore che non potrebbe mai cozzare più di tanto. Ma se riescono ad essere in disaccordo su così tanti punti, alla pari riescono anche ad essere così affiatati da spaventare chi li minaccia dall'esterno del loro mondo fatto di un perfetto squilibrio: possono litigare e apprezzarsi fino al più piccolo ed impensabile difetto e, sopratutto, si amano.
Si amano con le sopracciglia che si alzano irritate e la schiena che trema, si amano per tutte le volte che si chiudono il telefono in faccia o visualizzano e non rispondono e si amano perché è così che deve andare, ma ancora non lo sanno.
Grace guarda solo fuori dal finestrino e annuisce tra sé e sé, contenta, soddisfatta e lusingata. È un istante quello in cui si chiede se toccarlo possa sconvolgere il suo stato d'animo o meno, prima di prendergli la mano e tenerlo stretto con il cuore che le martella nel petto. Trattiene l'altro corpo come se ne andasse delle sua vita e Grace percepisce quel l'amore che è nato con la loro amicizia in prima elementare e che le cresce dentro da quando lo ha visto sotto un'altra luce, con le sue mani sui suoi fianchi e i suoi baci contro il collo. Grace trema, ora, con la testa contro il petto di Niall e le sue braccia appena muscolose intorno al corpo e, alla fine, è certa che non vorrebbe stare da nessun'altra parte.
 
 
 
 
Nei tre mesi successivi Grace è così assorbita da Liam e il suo nuovo passatempo che inizia a conoscerlo così bene, che quasi se ne stupisce e rimane perplessa quando lui aprire la bocca per impartirle qualche ordine, ma lei sa già quello che deve fare, o quando ha bisogno di una pausa e una sigaretta, perché comincia a sospirare, poi sospirare e sospirare ancora. Lei sorride e «Pausa?», così i suoi occhi scuri sorridono prima ancora delle sue labbra a quella ragazza che tutto pensava fosse, ma non così propensa ad un passatempo del genere. Le sembrava così imperturbabile e fredda, inizialmente, che lui si sorprende a sua volta quando inizia a trascorrere con lei sempre più tempo e capisce che Grace le piace. È frizzante, un po' stronza e tremendamente bella, lo ascolta quando si perdono in chiacchiere e sorride anche quando non ce n'è bisogno, e Liam ci sta così bene con le sue sopracciglia che si alzano quando qualcosa non le piace e la sua lingua lunga, che è sollevato quando Lee ammette che Grace è una forza e le si è affeziona già dopo le prime settimane.
Niall e gli altri, invece, li vede di sfuggita e sempre meno con il passare costante dei giorni, perché non riesce a stare dietro a tutto, con l'università, Liam, i suoi genitori e gli amici, ma si sente così in colpa, che perfino sua madre nota un cambiamento di umore quando ronza per casa la sera.
Adesso, Grace studia e passa in Mosley Street gran parte del tempo libero e scopre che posare le piace, con i falsh che la accecano e gli sguardi che la ammirano e la ammaliano per la loro intensità.
Durante quel tempo c'è Tamra che la chiama poche volte, dopo che lei declina diversi inviti per vedersi alla rampa e allora cerca di farle pesare tutte le mancanze come se fossero di piombo, Grace le chiede scusa, ma la sua migliore amica non l'ha ancora perdonata del tutto e non sa per quanto riuscirà a sostenere quel peso. C'è poi Louis che le manda qualche messaggio di tanto intanto, ma non indaga, comportandosi con naturalezza e mandandole selfie mentre è in bagno o dal dentista, oppure invitandola a qualche riunione del gruppo o ad un party privato chissà dove e al quale lei è felice di partecipare: è lì che riesce a far togliere il broncio a Tamra, ma poi commette un'altra cazzata e Grace rovina sempre tutto.
Alla fine, a farla stare peggio, si aggrava Harry che, troppo buono, si informa almeno ogni giorno su quello che fa, come sta, se stia prendendo le scelte giuste e poi le ricorda che le vuole bene. Grace gli è grata per tutti gli sforzi, perché non è mai stato facile starle dietro, ma lui ci riesce pure egregiamente anche se, alla fine, la fa sentire più colpevole di quanto già non si senta.
Niall è, invece, sempre un'incognita.
Grace è convinta che ce l'abbia —di nuovo— con lei ma non potrebbe giurarlo, perché lavorando quasi tutto il giorno si vedono già poco in tempi normali, così Grace non ha modo di capire realmente se è incazzato con lei o se è solo che sono entrambi così impegnati che quando si vedono lui ha la solita ruga tra le sopracciglia e lei è stanca, gli occhi che quasi le si chiudono da soli.
Ora Grace cammina spedita tra le luci di Manchester, il pacco regalo sotto al braccio e le gambe che traballano sui tacchi che ha comprato per l'occasione. Ha i capelli fluenti sulle spalle e il rossetto Rouge di Dior, che sua madre le ha regalato qualche mese prima senza un apparente motivo, che sorride sulle sue labbra mentre si avvia con passo deciso verso il Grunge.
È in ritardo di mezz'ora e la città sfavilla chiassosa e bellissima tra la vita notturna che è Manchester e che Grace adora per quelle luci e per l'odore di terra bagnata che in Inghilterra è sacrosanta. I suoi passi uno dietro l'altro sono sicuri, certi della traiettoria e aggraziati sul cemento freddo del marciapiede illuminato dai lampioni sul ciglio della strada.
Quando svolta l'angolo, la musica della discoteca è già udibile e i bassi le fremono lungo la colonna vertebrale con accurata veemenza e forza, che la fa traballare, ma senza destabilizzarla.
Liam l'ha trattenuta più del necessario quel giorno, ma lei per sicurezza si era portata dietro il cambio per la serata e il regalo che aveva affidato a Lee, a costo della sua stessa vita. A sua madre, gran sostenitrice della novità in cui Grace si era catapultata, ha fatto solo una telefonata per avvertirla che non sarebbe passata da casa, che si sarebbe recata direttamente al locale e che, con grandi probabilità, sarebbe poi andata da Tamra e avrebbe dormito da lei.
La verità è che Grace spera con tutto il cuore di andare da Niall, in realtà, preferendo di gran lunga la camera accogliente e mascolina del biondo, al bagno di casa di Tamra che sa si rivelerà il suo peggiore incubo tra drink e vomito.
Grace, da Niall, di notte ci è andata solo un paio di volte: la prima volta era stata quando Maura era dovuta partire per l'Irlanda e il figlio minore aveva invitato Grace a passare da lui, ai tempi la ragazza aveva mentito nello stesso modo in cui aveva fatto quella sera con sua madre, utilizzando la carta Tamra; la seconda volta era stata del tutto imprevista perché avevano appena superato gli esami finali a scuola e dovevano festeggiare, così la rampa era diventato il luogo del loro party privato e Louis, quello che avrebbe dovuto dare il buono esempio, aveva portato così tanta roba da bere che alla fine Niall non si reggeva più in piedi e Grace era ubriaca solo quanto bastava per accompagnarlo a casa senza intoppi. Grace quella sera, come ogni istante trascorso con quel ragazzo, era rimasta incastrata da quegli occhi sinceri e allegri, che le mettevano i brividi e la facevano sentire così pesante da essere sicura di essere più di un corpo: Niall l'aveva baciata, quella volta come le altre, e l'aveva fatta sentire importante. Adesso, quelle sensazioni non sono cambiate, nonostante il tempo trascorso.
Nel freddo di quella sera, Grace spera che lui la accolga, come sempre, e la tenga stretta tra le sue braccia che quando la abbracciano sembrano non poter fare altro: lei sorride e lui è contento di essere amato in maniera così unica ed imprevedibile.
Entra nel locale superando un paio di persone, poggiate al muro sotto la scritta al neon Grunge, che illumina abbastanza nella serata fredda e scura. Conosce bene il locale, con i ragazzi c'è stata diverse volte ed è un luogo parecchio rinomato in città, così cammina tra i corpi caldi che si muovono ed evita i drink freddi che i clienti tengono in modo precario tra le mani.
Grace sorride appena vede Tamra nella zona riservata: indossa un vestito nero troppo corto, con uno scollo eccessivamente appariscente con quella fila di brillantini sull'orlo e parecchio succinto con quel seno tatticamente in bella mostra; sorride ad alcuni ragazzi che Grace non conosce e si chiede dove li abbia trovati, mentre ciondola sui tacchi a spillo. Non che Tamra non abbia altre conoscenze al di fuori del gruppo, ma nessuno è mai stato davvero suo amico a parte quei quattro che la fanno irritare come pochi, ma divertire anche di più.
Grace inchioda con eleganza davanti al bodyguard di guardia all'entrata della zona riservata e fa vedere lui l'invito ufficiale al party, che la sua migliore amica le ha consegnato qualche giorno dopo il loro ultimo incontro alla rampa. Lui le mette un braccialetto fluorescente al polso con gentilezza e lei sorride di più quando la lascia passare e sa di essere bellissima.
Si avvicina a Tamra dalle spalle e le grida —letteralmente— buon compleanno all'orecchio, cercando di sovrastare il rumore assordante della musica. L'amica si volta con un'espressione euforica e pronta per abbracciarla, ma poi i suoi occhi brillano alle luci colorate e psichedeliche e sulle sue labbra compare una smorfia accusatoria.
«Sei in ritardo di quasi tre quarti d'ora!»
Grace arriccia le labbra. «Lo so e mi dispiace! Liam mi ha trattenuta e—»
«Non mi interessa!» dichiara irritata l'altra, assottigliando lo sguardo. I due ragazzi con cui chiacchierava prima, ora si spostano appena, ma abbastanza per lasciare alle due lo spazio per parlare senza essere sentite. Come se fosse possibile in quel posto assordante. «Sono io la tua migliore amica, non Liam!»
Grace trattiene uno sbuffo e sa che ha perfettamente ragione ed è lei ad essere in torto marcio, così cerca di riparare il danno come può.
«Bhe, se fossi arrivata in orario, avrei dovuto darti questo regalo un'altra volta e non mi avresti mai sul serio perdonata» mente, mostrandole il pacco e convincendosi che quella è una bugia a fin di bene.
Gli occhi di Tamra brillano alla vista del regalo e quello che ne viene dopo è tutto un abbraccio, un miliardo di grazie e l'ha già scusata in realtà, perché quegli stivali sono gli stessi per i quali si era disperata qualche mese prima, non potendoseli permettere.
Nella mezz'ora dopo Grace nota Harry chiacchierare con dei ragazzi e un sorriso sulle labbra: la saluta con un gesto del capo, ma rimane lì per parecchio tempo prima che lei lo perda di vista. Di Louis nemmeno l'ombra e Niall lo stesso, con un po' di sollievo da parte di Grace e un sospiro che non riesce a trattenere.
«Cosa c'era in quello scatolo?»
Zayn compare sorridente alle spalle di Grace un quarto d'ora abbonante dopo e la ragazza saluta i conoscenti con cui stava scherzando, per concentrarsi sull'amico che è appena apparso dal nulla e con due drink tra le mani. Gliene porge uno e Grace lo scruta confusa. «Ti ho vista e ho pensato volessi da bere» si stringe nelle spalle e lei poggia il suo ultimo bicchiere su un tavolino basso, per prendere l'ultimo che le viene offerto.
«Grazie» dice, portando la cannuccia alle labbra. «Come stai?»
«Io bene, tu?»
«Bene» risponde sincera, ma lui le lancia un'occhiata indagatrice. «Più o meno bene»
Lui annuisce e la guarda: osserva le sue forme in quei jeans neri che le fasciano le gambe lunghe e la canotta legata al collo dello stesso colore che non mette in mostra nulla se non la pancia piatta, ma che insieme al suo corpo e al resto —i pendenti che luccicano, i tacchi e il rossetto rosso— la rendono a suo modo seducente. «Sei uno schianto»
Grace sorride fingendo un imbarazzo che Zayn non le sa fare provare e scuote la testa, prima di ringraziarlo. «Come mai qui? Ti ha invitato Niall o—»
«No, Tamra» la interrompe. «È apparsa qualche settimana fa al locale e mi ha consegnato l'invito. È sempre così—» si volta a guardala e la cerca con lo sguardo nel locale semibuio. «Prorompente?»
«Decisamente sì»
«Ed è libera?»
Grace scoppia a ridere con la testa all'indietro e il naso arricciato, mentre tra le labbra lascia comparire una fila di denti perfetti, che spiccano tra il buio e le luci psichedeliche. «È complicato»
«È come te e Niall?»
Lei fa una smorfia, mentre lancia uno sguardo al profilo di Zayn che le sorride a sua volta. «Più o meno. Se la intende con Louis, ma sono due idioti»
«Sono in ottima compagnia» e dallo sguardo che le lancia, Grace afferra a pieno a chi alluda.
«Lo hai visto?» chiede incerta, osservandosi attorno e sperando di incontralo.
«Sì» Zayn stringe le labbra e le indica una zona riservata a cui ancora non si è avvicinata. «Era lì dietro con dei ragazzi, mi sono allontano quando ho cominciato ad annoiarmi»
«Niall non è noioso»
«Bhe, le cose hanno preso una piaga inaspettata e non volevo fare quello che regge la candela» spiega lui e all'occhiata raggelata di Grace, prova a farsi comprendere meglio. «Lui non ci ha provato con nessuna. Era lei: bassa, mora, piuttosto carina e nemmeno troppo sciatta, ma lui non mi è sembrato intenzionato ad assecondarla»
«Fantastico» beve il suo drink tutto in un sorso e scola il bicchiere, prima di poggiarlo rumorosamente sul bancone poco lontano. «Vado a distruggere quella candela»
Grace è sicura di sè, finché non si parla di quel ragazzo ossuto e snello che è Niall, dei suoi capelli tinti e del sorriso amichevole e sincero: lì, il suo cuore vacilla sempre appena, ma abbastanza per innescare un processo di ansia, nervosismo e incertezze che la sovrasta.
Raggiunge a grandi falcate la zona riservata più interna del locale e durante il tragitto incrocia svelti gli occhi di un Louis impegnato in una fitta conversazione con una biondina che, se lo scoprisse Tamra, non avrebbe più una vita facile: le loro teste sono troppo vicine e prega che la festeggiata non se ne accorga.
Grace prosegue spedita contro i suoi, di problemi, perché non può preoccuparsi per quelli degli altri se lei è la prima ad esserne sommersa; così i tacchi che ha indossato la trascinano slanciata verso i divanetti più appartati, non appena le luci che si alternano nella semioscurità lasciano che ai suoi occhi compaiano dei capelli chiari e un'espressione vuota che le fa alzare gli occhi al cielo.
Niall ride con il naso rosso e le palpebre socchiuse, i denti sono scoperti e le guance sono più sporgenti del solito mentre scherza con dei loro vecchi compagni e qualche conoscenza più grande. Indossa una camicia scura con una fantasia che da quel punto del locale non riesce a scorgere, è in piedi vicino ad un tavolino e sembra sereno.
Grace prende un respiro profondo e spera che non sia tanto ubriaco, considerando anche che la festa è iniziata da due orette o poco più.
Non ha bisogno di annunciarsi, Grace, ci pensa la compagnia chiassosa di Niall a presentarla e a lasciare che gli occhi di lui la scorgano nelle luci fioche del locale. Lei sorride e saluta le vecchie conoscenze, chiede come stanno e avanzano i complimenti iniziando da quegli infiniti «Sei uno schianto, Grace!» o «Sempre una bomba!» di ragazzi troppi brilli e che la figlia degli Adler se la sono sempre sognata.
Niall rimane in silenzio, improvvisante più serio e concertato, e non sposta lo sguardo dall'ultima arrivata nemmeno per un secondo: di rimando lei gli lancia degli sguardi o dei sorrisi che sono parte della conversazione che sta mandando avanti con gli altri conoscenti, con un'impeccabile gentilezza e disponibilità che fa storcere il naso al biondo. Grace però rimane impassibile, stretta nei jeans aderenti e nel crop top leggero, con un sorriso amichevole sulle labbra e pensa che, alla fine, sta andando bene e che Niall non è così perso da parlare a vanvera o iniziare a ridere senza sosta, almeno fin quando Olly, vecchio amico di Niall alla fine delle superiori, non sorride amabilmente e «Ma vuoi due state ancora insieme?»
Le labbra di Grace si schiudono e poi il suo sguardo si sposta su Niall perché non lo sa. Non sa nemmeno se siano mai stati realmente insieme o, perlomeno, lei la verità sul loro passato la conosce, ma spiegarla agli altri la mette a disagio. Soprattutto ora che forse hanno fatto un passo avanti, ma nelle loro menti vi sono più fili ingarbugliati di prima.
Niall sostiene il suo sguardo con un'espressione carica di rabbia e sfida. Grace sa che lui vuole solo invitarla a parlare e a rispondere, perché è stata il centro della conversazione per tutto il tempo e ha avuto tutti in pugno, con quel modo di fare certo, le curve al posto giusto che tutti hanno guardato e un'espressione di assoluta soddisfazione nell'essere ammirata.
Con un sorriso colpevole, Grace si stringe nelle spalle. «Perché, lo siano mai stati?»
La sua voce si interrompe in concomitanza alla canzone che termina e lascia spazio alla successiva e allo sguardo di Niall che la abbandona, lasciandola da sola a respirare di nuovo con regolarità. La momentanea quiete viene distrutta, calpestata e sbriciolata da una nuova presenza che si fa largo tra lei e Niall: una ragazza con lunghi capelli castani e una giacca Varsety abbondate sopra un vestito troppo corto, subentra nel cerchio di chiacchiere che si è formato e sorride all'unica persona di cui a Grace importi, offrendogli un bicchiere colmo di qualcosa.
Niall le sorride riconoscente. «Grazie»
Lei annuisce e si agita sui tacchi vertiginosi a ritmo della musica che invade il posto, mentre i vecchi compagni di scuola di Niall e Grace si allontanano inconsciamente per proseguire la serata altrove. La mora sorride di rimando a Niall, che la guarda con sincera allegria, prima di abbassarsi verso l'orecchio di lei più vicino a Grace e urlarle: «Ti va di ballare?»
Lei annuisce contenta e prima che possa avviarsi verso la pista comune al resto del locale, Niall mostra alla sua più stretta amica un sorriso rigido, ma carico di scaltrezza: Grace per tutta risposta mette insieme qualche passo, urtando sbadatamente la ragazzina. Questa avanza irrimediabilmente verso Niall e, prima che si possa fermare, i due si scontrano e i loro drink si gettano fuori dai bicchieri di vetro. Grace osserva la macchia sulla camicia di Niall e fa una smorfia nella sua direzione carica di soddisfazione, si rivolge all'altra ragazza e «Smacchiagliela, le piacciono le ragazze servizievoli».
Si accinge a muoversi, a dileguarsi, ma non ha messo insieme nemmeno pochi —forse due?— passi, che una voce profonda la obbliga a fermarsi. «Vaffanculo!»
Grace si volta e resta immobile ad osservare Niall con un groppo in gola e lo sguardo guardingo. Solitamente è uno che quando beve inizia a ridere senza sosta ed essendo una persona allegra, quando si sbronza accentua quel suo lato amichevole e chiassoso, che manda Grace fuori di testa. Ma ora è teso, lo sguardo accigliato e la ruga d'espressione tra le sopracciglia che accentua il fatto che o è stata una giornata di merda o era già infastidito prima di iniziare a bere.
Lei piega la testa di lato, con fare assolutamente indifferente, e alza le sopracciglia, invitandolo a parlare.
Lui rimane immobile, vicino ma non troppo, e la osserva con uno sguardo carico di rabbia.
La ragazza guarda ancora i loro abiti sporchi, con il sorriso innocente di una persona che non ha idea del campo di battaglia nel quale si è infiltrata. Senza consenso, senza che nessuno la volesse.
«Vaffanculo, Grace!» sbotta incazzato e teso. La guarda con uno sguardo che, se potesse, la sbriciolerebbe all'istante o la farebbe correre via in colpa, se fosse un'altra più indecisa e fragile. Ma Grace, fragile, non lo è, quindi raddrizza le spalle e lo fronteggia in attesa che continuai a parlare. «Non hai nessuno diritto di fare la stronza con me, ora»
«Non sono io che mi accontento del primo che ci prova» esala lei, facendo un passo indietro con una smorfia sulle labbra. Si stringe i passanti dei pantaloni tra le dita fino a far diventare i polpastrelli bianchi per la pressione contro il tessuto. «La troietta vuole un ballo. Giusto per iniziare»
La diretta interessata probabilmente non comprende a pieno le sue parole in mezzo a quel marasma, perché con espressione neutra si guarda ancora la macchia sul vestito e ogni tanto sorride a qualcuno che passa accanto alla sua figura o a quella di Niall.
Niall che, ora, la ignora praticamente del tutto e si affretta a fare un passo avanti e a prendere Grace per un braccio. Le sbarra la strada con uno strattone e lei arriccia le labbra.
«Smettila con questa scenata del cazzo» le sbotta contro il viso con l'irruenza di una persona infastidita e ferita. «Mi stai facendo incazzare. E non sei nella posizione migliore per fare del sarcasmo, comportarti come la solita stronza egocentrica che conoscono tutti o parlami come se nulla fosse»
Lei aggrotta le sopracciglia confusa, mentre un lampo di luce verde illumina il volto stanco del giovane che le sta di fronte. «Di che parli?»
Lui schiude le labbra, in contropiede. «Sei seria?» quando si accorge che l'espressione di Grace è realmente confusa, distoglie lo sguardo. «Sono tre fottuti mesi che non ti fai vedere, o sentire, cazzo! Quanto ci siamo visti? Due volte?» domanda alludendo alle uniche volte un cui è passata per qualche minuto alla rampa. «Sono stufo di essere sempre io quello a fare il primo passo, a cercarti. A volerti. A volere una stronza che alla fine non ha nulla di speciale, sai?»
Se le parole fossero coltelli, allora in quel momento Grace sarebbe sanguinate e in preda al dolore più atroce. Ma ne prova un altro, di dolore, non fisico, ma molto più forte e aggressivo che la lascia boccheggiante, in cerca di ossigeno sufficiente per sopravvivere. Si libera lentamente dalla presa di Niall ed è perfettamente cosciente che ha ragione su tutti i fronti. Nonostante i suoi due lavori, infatti, lui ha sempre cercato di conciliare i suoi impieghi con gli amici e la famiglia, con Grace. Adesso che è lei ad essere impegnata, si è completamente lasciata assorbire da qualcosa che non sarà mai all'altezza di ripagarla e farla sentire abbastanza importante da dirsi che lei è oltre le apparenze, che c'è qualcuno per cui vale la pena sorridere, e per questo si sente in colpa e Niall ha ragione. Cosa ha di speciale lei? Assolutamente nulla.
Lo lascia al centro del locale ed inizia a mettere insieme una camminata degna di Grace Adler e spera con tutto il cuore che nessuno si accorga delle sue gambe molli e dei jeans attillati che ora non sono più così attraenti.
Una mano forte la afferra, la issa quasi da quel barcollare su dei tacchi davvero scomodi e Louis le sorride comprensivo. Grace si arresta bruscamente e lo fissa con gli occhi sgranati e appena velati dall'alcol di un paio di bicchieri. Stringe le labbra e ce ne vorrebbe un altro, di bicchiere.
Lui le fa segno di seguirlo, ma la verità è che non la molla nemmeno un secondo, le tiene stretta una mano e lei è felice che non la lasci camminare sui suoi piedi, ma la trascini via quasi nel senso letterale del termine.
Imboccano il corridoio d'uscita mano nella mano e incrociano Tamra con cui Louis si scambia un'occhiata che a Grace non dice nulla, ma che la sua migliore amica comprende. Si chiede se lei e Niall diano la stessa impressione a chi li guarda da fuori: silenziosamente affiatati.
All'estero del Grunge fa freddo e Louis passa a Grace la sua giacca di jeans quando questa si strofina le mani sulle braccia per un brivido di freddo, chiude gli occhi e si maledice per aver lasciato la giacca di pelle e la borsa sul divanetto vicino ai regali.
C'è un gruppo di persone in piedi sul marciapiede, poco spostato dall'ingresso, che chiacchiera e fuma. Una ragazza dice qualcosa e il resto della compagnia ride divertita, mentre assumono nicotina che va in circolo.
Grace si accomoda su dei mattoni di marmo sotto la vetrina del Grunge, coperta da dei cartelli di eventi e serate, e Louis segue il suo esempio, prendendo posto accanto alla sua migliore amica e tastando le tasche del giubbotto che le ha dato in cerca di un pacco di sigarette. Gliene offre una, ma lei la rifiuta in silenzio.
Non dicono nulla per una manciata di minuti, ma poi Louis inizia a giocare con il mozzicone che gli è rimasto in mano e lo tira lontano, oltre il bordo del marciapiede.
«Siete due teste di cazzo» afferma atono. «Qualsiasi cosa sia successa»
Grace sorride in modo amaro e non smette di fissare un punto vago davanti a sé. «Perché deve essere successo qualcosa?»
Louis ride e lei trattiene un sospiro. «Perché siete Grace e Niall e i problemi ve li portate a casa, anziché lasciare che gli altri si facciano gli affari vostri. E poi avevate due facce da meglio tenersi alla larga»
«Però non lo hai fatto»
«Siete i miei migliori amici, non potevo»
Grace sorride riconoscente e annuisce. «Ti ringrazio»
Louis non risponde, limitandosi ad annuire e a cercare di riscaldarsi le mani come meglio può. Per la seconda volta in quella serata, Grace si sente in colpa e prova restituirgli la giacca di jeans, ma lui scuote la testa. «Scordatelo»
C'è che è mezzanotte passata e la serata ha preso una piega che Grace non aveva nemmeno immaginato, ci sono le macchine che sfrecciano sull'asfalto umido e c'è una ragazza che sta rovinando la serata alla sua migliore amica. In un momento, Grace sente un nodo formarsi in gola e prima che possa rendersene conto scoppia a piangere sulla spalla di un Louis incredulo. Con titubanza la abbraccia e rimane in silenzio, credendo che alla fine sia la scelta giusta.
Le lacrime abbondanti di Grace cominciano a fermarsi qualche istante dopo essersi torturata mentalmente e aver pensato che, , Niall ha perfettamente ragione e lei non potrebbe essere più in torto di così. Ben presto si allontanata dal corpo del suo amico e cerca di parlare, sebbene tra ogni parola si affermi sempre e prepotentemente un singhiozzo che la manda in bestia.
«Questa volta mi lascia, Louis» sospira, in cerca di una boccata d'aria che la rimetta in sesto. È sicura di avere un aspetto orribile e il mascara tra le ciglia impiastricciato, ma tira di naso e non c'è nulla che senta il bisogno di nascondere a Louis. «Non torna»
«Non essere ridicola» le rispose lui con un tono sincero e appena divertito. «Non sopravvivrebbe»
Lei ridacchia nervosa e scuote la testa, mentre il labbro inferiore si incastra tra i suoi denti e addio al Rouge di Dior. «Mi ha chiaramente convinta del contrario, che non ho nulla per cui valga la pena andare avanti e sono pianamente d'accordo»
«Senti, tesoro» Louis sospira teatralmente e Grace lancia lui un'occhiata di traverso. «Niall è il mio migliore amico e siamo dotati di un apparato riproduttore diverso dal tuo ed è chiaro che, per questo motivo, certe cose le confessa a me e non a te. Considerando anche che non state ufficialmente insieme, che entrambi state ancora capendo verso cosa andate in contro e che se si aprisse davvero con te, con grande probabilità, scapperesti, io al suo posto farei lo stesso» sospira di nuovo e Grace vorrebbe tiragli un pugno.
Ma lo ignora e «Certe cose cosa?», chiede.
«Le stesse stronzate sentimentali di cui parlate tu e Tamra quando non ci siamo noi in giro» sbotta, piuttosto certo che fosse una risposta scontata. «Il fatto che ne parliamo davanti ad una canna ancora da rollare, non rende la situazione meno seria. Niall prova molto più di quanto ti possa aspettare, Grace, e fidati se ti dico che senza di te non sopravvivrebbe»
Rimangono in silenzio parecchio tempo, in cui cui Grace si raggomitola con le braccia intorno alle gambe e la testa rivolta a Louis, seduto in maniera più rilassata. Le sorride in attesa che parli e quando lo fa con un sussurro, le sue labbra sottili si chiudono in una smorfia. «Ma sono così egoista e a volte anche superficiale e—» inizia la ragazza.
«Sei fantastica, Grace!» la interrompe bruscamente, alzandosi dal gradino sul quale si sono accomodati e pulendosi i jeans neri. «Siamo tutti pieni di difetti, nessuno escluso. Anche io sono una testa di cazzo, tratto male Tamra e i miei non sanno più dove sbattere la testa con me, ma ho una famiglia che mi vuole bene alla fine e ho voi, i miei migliori amici da una vita! Non vi merito nella maggior parte del tempo, eppure eccomi qui» sospira ancora e le tende una mano. «Tu non sei affatto una cattiva persona, anche se sei piena di difetti e certe volte non ti sopporto, lo ammetto, ma questo ti rende solo più umana. Ora rientriamo? Mi si sta gelando il culo»
Grace sorride appena e scuote la testa, declinando l'invito. «Ti dispiace se resto ancora un po' qui? Qualche minuto e torno dentro. Devo comunque chiedere scusa a Tamra e restituirti il giubbotto»
Louis si guarda intorno e sembra valutare se lasciarla sola nel buio della notte sia una mossa corretta o no, ma poi il suo sguardo si sofferma sul gruppo piuttosto tranquillo che ancora scherza e chiacchiera sul marciapiede in cui anche loro stanno fermi e annuisce. «D'accordo, ma se qualcosa non ti piace, entra dentro» acconsente allusivo. Grace annuisce, ma non riesce a trattenere un principio di riso e Louis sembra prendere quel gesto con tranquilla allegria. «Scusami, ma il mio lato da fratello maggiore a volte ha la meglio. Adesso, proprio per questo motivo, devo tornare dentro e tenere d'occhio Lottie»
«Certo» risponde Grace con un sorrisino, stringendosi nella giacca e guardandolo allontanarsi. «Louis?» chiama però, prima che lo veda perdersi risucchiato dal buio oltre la porta e dai bassi del locale. Lui aspetta in silenzio, con un passo già dentro al Grunge. «Grazie»
Lui sorride e poi scompare.
Grace resta sola e il silenzio non è così male, forse perché è muta, ma è comunque circondata dal chiasso e dai bassi che le vibrano nel petto. Piange ancora, con la testa nascosta tra le ginocchia e il freddo a colpirle le caviglie scoperte. Pensa che le parole di Louis l'hanno consolata appena per non farle dare di matto, ma che alla fine si sente una merda lo stesso. Pensa a Niall e alle sue lentiggini che compaiono alla luce del sole e non c'è nulla di meglio di un suo abbraccio e ne vorrebbe uno, ora, che la faccia stare bene e sentire leggera.
Niall nelle mani di Grace vibra di elettricità ed potere pure, quello che non le basta mai e che lo rende l'unico in grado di farla sembrare più bella, più audace, più grande e più tutto.
Niall è la debolezza di Grace, ma solo dipende da che punto si guardi la situazione, o potrebbe essere il suo più grande pregio e la sua più grande forza. Grace una vita senza Niall nemmeno se la immagina ed è a questo punto, a questa presa di coscienza, che qualcosa in lei si muove e si insinua nel punto più buio e restio del suo petto.
Quella sensazione si muove svelta e sicura come quelle Vans che all'improvviso si intrufolano con prepotenza nel suo campo visivo e allora non ha più il tempo di pensare o rimuginare su ciò che ha appena sentito, perché si asciuga veloce le guance umide e cerca di darsi un contegno.
Niall non la nota subito e lei ci rimane un po' male, perché significa che non è lì per lei, ma alla fine è giusto così, si ripete. Si alza in piedi, indecisa se rientrare senza essere vista, come una codarda, o se chiedergli almeno scusa per il modo infantile in cui si è comportata, ma non ha molto tempo per riflettere che lui si volta, una sigaretta tra le labbra e gli occhi lucidi di una persona che ha accettato volentieri la compagnia di diversi bicchieri d'alcol.
Il suo sguardo si assottiglia sul viso di Grace, ma non si scompone più di tanto nel vederla lì: si accede la sigaretta con l'accendino verde e la scritta Sono sexy ed Irlandese che lei gli ha regalato qualche mese prima con un sorriso e «Guarda, si ricarica! Così, se non lo perdi, ti dura più a lungo», prende una boccata di nicotina e lo mette di nuovo nella tasca dei pantaloni. Al suo sguardo felice e spontaneo, ricorda Grace, Niall era scoppiato a ridere.
Ora però ha un'espressione dura e non sembra intenzionato a dire nulla e ha anche le sue buone ragioni, mentre lei è piuttosto certa che abbia comunque capito che prima stesse piangendo.
Si guarda intorno, Grace, e il gruppo che le ha fatto compagnia per tutto il tempo decide di rientrare all'intero, così la ragazza aspetta che anche l'ultima testa sia scomparsa, prima di parlare. «Mi dispiace»
Niall non batte ciglio, ma si poggia al fianco della macchina grigia metallizzata con le gambe incrociate e la sigaretta che dalle labbra, viene stretta con eccessiva irruenza tra l'indice e il medio della sua mano destra. Grace si stringe nel giubbotto e serra le gambe, morta dal freddo ma forse anche dalla paura.
«Mi dispiace, okay?» sbotta magari con un po' troppa foga, quando si accorge che lui continua a rimanere in silenzio, a guardarla con uno sguardo impassibile che le sta pugnalando il cuore. I capelli scombinati di Niall si muovono sferzati dal vento e la sua presenza è confortante per Grace, ma quell'espressione la raggela molto più del freddo che si sta impossessando del suo corpo. «Ti prego, Niall—» e vorrebbe chiedergli di smetterla. Smetterla di guardarla in quel modo, di ignorarla, di farla sentire un mostro per tutte le volte che hanno litigato ed era colpa sua, per le porte in faccia che gli ha sbattuto, per le balle quando non voleva vederlo e per tutti i sentimenti che ha sempre provato ad ignorare, convincendosi di emozioni che non hanno fatto che ferirli entrambi per tutti quegli anni. Vorrebbe chiedere scusa a voce per tutte quelle pecche, ma questa viene meno e allora, come con Louis, scoppia in un pianto liberatorio.
Niall schiude le labbra preso in contropiede e la cenere crolla sull'asfalto dall'oggetto dimenticato che si consuma tra le sue dita.
«Smettila, Grace» scuote la testa e butta con violenza la sigaretta quasi del tutto integra per terra. La pesta con il piede, prima di avvicinarsi con passo furente alla ragazza e puntarle un dito contro il petto. «Smettila, non risolverai niente piangendo»
«Mi dispiace, Niall» cerca di dire, ma la interrompe.
«Lo hai già detto, Grace!» sbotta, arrabbiato. «E io sono stanco di sentirmi dire sempre le stesse stronzate ogni volta che litighiamo e non quello che vorrei mi dicessi»
Lei affila lo sguardo quanto basta e piega la testa di lato, mentre lui ficca le mani nelle tasche del giubbotto verde militare che si è messo addosso prima di uscire.
«Cos'è che vorresti sentirti dire se non scusa?» chiede Grace, ma appena lui smette di camminare nervoso sul marciapiede e tenta di rispondere, lei scuote la testa e gli lascia capire che non ha finito. «Sbaglio in continuazione, con te più di tutti, e l'ho dimostrando sparendo per mesi, ma mi dispiace davvero, Niall! Sono una stupida, va bene? Ho lasciato che la situazione mi sfuggisse di mano e che ti perdessi di vista, ma ora ho bisogno che ti fidi di me e che mi dica chiaramente quello che ti aspetti che io faccia, quello che vuoi sentirti dire. Perché non so più cosa fare, cosa possa ferirti o cosa ti stia bene. Non reggo più e non voglio perderti, Niall»
Lui si arresta poco lontano da Grace e la guarda con un'intensità che le era mancata e che le fa vibrare il corpo come elettricità. Quella che solo Niall le concede e che la fa vivere. Sorride, ma è un sorriso un po' morto e sperduto di chi è in mezzo al nulla e sta male, ma per non angosciarsi allora sorride. «Ti amo, Grace, ma tu non lo ha mai capito e io non ho mai avuto il coraggio di dirtelo sinceramene. Saresti scappata e non me lo sarei perdonato. Hai sempre così paura di provare qualcosa che vada oltre ciò che riesci a controllare e—» aggrottate le sopracciglia e scuote la testa. «E dovresti guardarti adesso, sei stravolta!, e allora scusami se mi tormento e me la prendo con te, ma provo qualcosa che non ho idea se  sarà mai ricambiato e ho paura che te ne possa andare e lasciarmi dopo tutto questo tempo in cui ho contato solo su di te»
Grace ha gli occhi sgranati e il battito cardiaco irregolare, mentre sente la terra scivolargli sotto i piedi e Non ci credo. Niall resta in silenzio, la guarda e forse si aspetta che lei dica qualcosa, qualsiasi cosa, ma quando apre la bocca non ne esce nessun suono. La richiude e lui si stropiccia gli occhi. Stanco. Più grande.
Annuisce appena, il tempo di scambiarsi uno sguardo con Grace pieno di qualcosa che lei interpreta come speranza e poi si volta, incamminandosi lontano dal punto in cui si trova.
Rimane in silenzio e le ha detto che la ama e allora qualcosa riempie il petto di Grace, che sussulta in risposta. Ha sempre avuto paura di non poter gestire la loro relazione se fossero arrivati a quel punto in cui sono più di due amici che si piacciono e sono una coppia, allora un litigio e tutto potrebbe sgretolarsi in un momento, lasciandoli schiacciati e soli. Grace spia quel possibile momento come un nemico troppo grande e sa che non può rinunciare a Niall. Non vuole.
La vista si annebbia e non ha idea per quanto tempo rimanga a guardarlo sparire, fino a consumare con lo sguardo l'asfalto lontano sul quale è diventato un puntino che poi è svanito nel nulla.
Non sa quanto tempo trascorra prima che la porta del Grunge cigoli impercettibilmente e la musica si riversi in strada, raggiungendola.
Qualcuno la chiama e ha il tempo di sentire il proprio nome pronunciato con tono allegro, prima che si renda conto che è Tamra e che sorride euforica.
«Pensavo fossi dentro!» ride ed è anche un po' brilla, ma è quando Grace si volta che il sorriso le muore sulle labbra piene, prima di trascinarsi in avanti, verso la sua migliore amica. «Che cazzo è successo? Pensavo che fosse qualcosa di passeggero poco fa... E che fossi tornata dentro con Louis!»
«L'ha detto!» grida con tutta la voce che ha in gola e per via delle lacrime e dei singhiozzi, sente il petto prima pieno di sensazioni stranamente vuoto. Tamra la afferra per le spalle per osservarla meglio, ma Grace chiude gli occhi e si rifugia contro la sua spalla. «Lo ha detto» sussurra alla sua amica. «Ha detto che mi ama»
 
 
 
Grace raggiunge l'appartamento degli Horan —o per la precisione della signora Gallagher e figli— tre giorni dopo, con il vento a inveire contro la sue pelle e i capelli raccolti in una treccia che hanno avuto una vita migliore.
Ha passato il fine settimana in casa e ha evitato qualsiasi rapporto con il mondo esterno fino a quel lunedì pomeriggio quando le chiamate di sua madre dal lavoro sono diventate troppe e i messaggi assillanti dei suoi amici hanno iniziato ad infastidirla e «Sto uscendo, okay? Devo comunque farlo» ha esclamato contro la signora Adler che alle sue parole ha sospirato e ha confessato di preferire che si incontrasse con i suoi amici anziché stare rintanata in casa a poltrire sul divano. La figlia ha lasciato correre e non ha accennato a cosa avrebbe dovuto fare quel pomeriggio, così è prima arrivata in Mosley Street, per concludere una faccenda che non poteva più tenere in sospeso, e con grande rammarico ha dovuto guardare Liam rattristarsi, prima di annuire. L'ha abbraccia e le ha detto che si sarebbero potuti incontrare di nuovo, magari per bere qualcosa insieme, ma ora non ci credono nemmeno loro.
Grace suona svelta il campanello dell'appartamento al secondo piano nella sua stessa via e che conosce davvero bene. Bene come casa propria, bene come una persona che ci è stata così tante volte da ricordarsi l'altezza precisa del capanello anche senza guardare, che sa che lo spioncino non funziona e che potrebbe aprire chiunque a quell'ora così presto del pomeriggio.
Greg non ha un lavoro fisso e spesso Grace lo trova in casa a non far nulla se lei passa di lì, anche se l'ultima volta che lo ha visto ricorda gli abbia accennato di essere stato assunto come cassiere al supermarket vicino, mentre Maura fa la segretaria per un notabile, distinta com'è e sempre in tiro, ma a quell'ora Grace è piuttosto certa che ancora non lavori, ma che stia per prepararsi.
Si aggiusta qualche ciocca che scappa dalla treccia, compiaciuta di comprendere e conoscere quasi ogni particolare di quella famiglia e dei suoi membri, quando il suo dito smette di pigiare l'interruttore e attende che qualcuno si degni di aprirle. Con tutto il cuore spera che sia Niall e che, sopratutto, non la tratti in maniera sgarbata.
Quando le voci dall'interno prima chiedendo chi possa andare ad aprire e poi tacciono sinistramente, Grace incrocia le braccia al petto ed è pronta. O almeno spera.
La porta si scosta silenziosa, dopo il solo rumore secco della serratura che viene aperta, e l'ultima persona che si aspetta di trovare lì davanti a lei è quel uomo sulla cinquantina passata, i capelli ormai quasi grigi e le gote così rosse da farle pensare che potrebbe andare a fuoco da un momento all'altro. Grace strabuzza gli occhi impreparata a quel incontro e apre la bocca in cerca di qualcosa da dire. Lui le sorride, ma è piuttosto certa che non l'abbia nemmeno riconosciuta.
«Signor Horan?» domanda confusa e sorriso dell'uomo si allarga, mentre squadra l'ospite con minuziosa attenzione.
«Sì, ci conosciamo?» lei aggrotta le sopracciglia, mentre lui si sforza di ricordare il viso della ragazza che stretta nella spalle e in un maglione che non la riscalda abbastanza lo scruta in attesa. Improvvisante sembra aver capito e fa un sorriso. «Aspetta, tu sei—»
«Grace?» Niall compare alle spalle di suo padre e sembra sorpreso, ma anche stanco. Indossa un paio di pantaloni di tuta e una maglietta a maniche corte gualcita con lo stemma di una band. Il suo sguardo accoglie quello di Grace che ora non sa più se piombare lì sia stata la mossa più corretta e sente le mani sudare. «Che ci fai qui?»
Al suo fianco compare Maura, gli occhi spenti e uno sguardo che percorre la distanza da suo figlio, al quale stava parlando poco prima, fino all'ingresso, dove l'ex marito sta facendo entrare Grace Adler spostandosi quanto basta per lasciarla passare verso l'interno della casa.
«Sei cresciuta» le fa notare con un sorriso un po' tirato e la camicia a quadri chiusa fino all'ultima asola. «Ho avuto difficoltà a riconoscerti»
«Bhe, il tempo passa par tutti» mormora Grace in risposta, cercando un contatto visivo con Niall, che invece non perde di vista il punto vuoto che sta osservando, sembra teso e nervoso dalla sua apparizione. «Si cambia»
«Sì, decisamente»
Grace osserva Niall con intensità e cerca le parole per rispondere alla sua domanda, a quel «Che ci fai qui?» che le ha posto non appena l'ha vista, ma quando i loro occhi si scontrano dopo un breve istante di esitazione, lui le fa cenno di spostarsi in un'altro luogo dove possano parlare da soli e lei allora si decide a non dire nulla. Grace fa un cenno di permesso al signor Horan e accelerando il passo verso il figlio che la aspetta poco distante, sfila accanto a Maura che le sorride appena.
«Ciao» mormora, poggiandole però insolitamente una mano sul braccio e stringendola quanto basta per fermarla. Grace osserva prima la sua presa intorno alla propria pelle e poi la madre del suo migliore amico, suo fratello, del ragazzino mingherlino che l'ha presa in giro durante l'infanzia, del ragazzo con le spalle larghe che l'ha protetta quando era adolescente e dell'uomo che ha imparato ad apprezzare, odiare ed amare.
«Ciao, Maura» ma la sua voce è incrinata e cerca di comprende quel gesto della signora Gallagher che, insolito com'è, cerca di trasmetterle qualcosa, di dirle qualcosa. Soprattutto ora che alza il proprio sguardo in quello di Grace e lei vi legge quasi una disperazione, aiuto.
Niall richiama sua madre e la invita a lasciare Grace, così quando nessuno delle due sembra intenzionata ad ascoltarlo, lui torna indietro e tira via la sua amica.
La camera di Niall è disordinata e non eccessivamente maschile, ci sono i vestiti accatastati sulla sedia e le coperte perennemente sfatte perché lavorando ogni mattina e ogni sera, il pomeriggio Niall dorme e se invece decide che dopo un paio d'ore può anche rilassarsi alla rampa, non lo rifà comunque. Questo manda Maura fuori di testa e Grace ha spesso assistito alle sfuriate dell'ex signora Horan contro il figlio, mentre si domandava in silenzio se fosse umanamente possibile dormire per così poco tempo e lavorare così tanto. L'unico giorno di quasi totale riposo per Niall è la domenica e allora è praticamente irraggiungibile, il più delle volte, fino al tardo pomeriggio quando si tira su e si veste per andare al pub, ancora.
Si fermano entrambi a fianco del letto scombinato e lui incrocia le braccia sul petto, piegando la testa di lato e guardando il maglione intrecciato di Grace con attenzione. Lei comprende che la sta evitando senza pudore.
«Perché tuo padre è qui?» chiede cauta, cercando di aggirarlo prima di parlare di ciò che l'ha portata lì.
Niall fa spallucce. «Dovevano discutere ancora di alcuni documenti del divorzio» risponde e sente gli adulti esprimersi lontani, probabilmente in cucina, ma lei sa che c'è dell'altro e che Niall non ne vuole parlare. Non ora almeno, perché sanno entrambi che per il divorzio il più delle volte si telefonano o si mandano delle formali mail. «Che fai qui comunque?»
«Avevo bisogno di parlarti»
Lui allarga le braccia, indicando la camera, sé e il momento, facendole capire che ora ci sono e può anche spiegarsi, così Grace percepisce più nervosismo di quanto ne avesse prima, che era già abbastanza ma ora è troppo. Si attorciglia le dita davanti all'addome, gioca con gli anelli e sposta appena lo sguardo verso la finestra, prima di concentrarsi di nuovo su Niall.
«Mi dispiace» mormora, preda di una sensazione mista tra ansia e angoscia. «Te l'ho già detto venerdì al Grunge, ma dovevo ridirtelo, Niall. Mi dispiace e quella in torto ero, e sono, io. Mi sono lasciata sovrastare dagli eventi e—»
«Lo fai sempre, Grace» la interrompe il ragazzo, i capelli scombinati e la maglia che si piega sul suo addome quando si stende sul letto, fissando il soffitto. «Ti lasci sempre sopraffare dagli eventi»
«Ma solo le cose belle restano» risponde con tono sommesso Grace, alludendo a quanto lui sia importante per lei, a quanto tempo abbiamo passato insieme e che sono in qualche modo legati. «Da quanto ci conosciamo, Niall? Quindici anni? Anche di più, e non mi sono mai stufata di te»
«Ti ringrazio» borbotta lui sarcastico, guardandola finalmente negli occhi e sedendosi di scatto sul materasso. Lei prende posto accanto a lui con una sicurezza che non crede di provare davvero e cercando di ignorare quella fitta allo stomaco che avrà la meglio, se non combatterà.
«Sono andata da Liam. Vengo da lì» lui alza un sopracciglio, in attesa, e Grace crede che il suo cuore batta troppo veloce. «Gli ho detto che smetto, non fa per me»
Lo sguardo di Niall si fa assorto e scuote la testa. «Io non... Io non volevo che smettessi, Grace»
«Ma io sì» mormora in risposta, stringendosi nelle spalle e cercando le mani di Niall. Ne prende una e accosta i loro palmi caldi, confondendolo, per poi intrecciare le dita. Lui ricambia la stretta e questo è un tuffo al cuore per Grace. «Era una distrazione. L'università, i ragazzi, te»
«Grace ti devo—»
«Ragazzi» Maura compare alla porta ed entrambi si voltano di scatto, come se fossero stati colti in flagrante. Lo sguardo languido è seccato della madre scivola sulle loro mani stette e chiude gli occhi per un solo istante. Li riapre e sorride con forza. «Io e Bobby andiamo dall'avvocato» mormora. «Va bene?»
Niall annuisce e si alza andando incontro la madre che, passo dopo passo, si è introdotta all'interno della camera per dare un bacio al minore dei suoi figli. Lancia un'occhiata a Grace e poi un cenno del capo per salutarla e ancora cerca di trasmetterle qualcosa, come se si aspettasse che da lei potesse dipendere ciò che evidentemente la preoccupa.
Ci sono istante di silenzio in cui anche i respiri di Niall e Grace sono un sussurro nell'atmosfera, poi la porta di ingresso di richiude e allora tornano a muoversi, sospirare, ad essere loro e basta.
«Ti avevo già perdonata, comunque. Probabilmente già quando me ne sono andato dal compleanno di Tamra, senza nemmeno salutarla» sbotta poi il ragazzo, rivolto alla sua compagnia, tornando al discorso precedentemente abbandonato. Grace si alza in piedi e lo raggiunge alla porta della camera, stringendo nei palmi il tessuto morbido del maglione e sentendo alle sue spalle il materasso agitarsi sulle reti cigolanti. «Non c'era bisogno che andassi da lui e smettessi di fare una cosa che ti rendeva felice»
«E ti saresti accontento di questo?»
«Mi sarei accontentato di saperti bene»
«Bhe, forse c'è altro che mi fa stare bene ed è stato a quella festa che l'ho capito. Quando mi hai mollata sul marciapiede. Sola» Grace scuote la testa e inizia a camminare nervosamente per la camera, come se la volesse misurare con le proprie falcate. «Mi hai detto che mi ami, Niall! Non è come dire che ti piaccio, o che ti eccito, che ho un buon odore o che ti piace il modo in cui ti faccio ridere. Mi hai detto che mi ami»
C'è un istante ancora di silenzio, ma per nulla imbarazzato o forzato, in cui entrambi riflettono su quelle parole. Grace è sbalordita di essere riuscita a tirare fuori l'argomento così facilmente, quando solo dieci minuti prima il solo pensiero la metteva in soggezione, e Niall riflette che è vero che la ama. La ama come un uomo fedele che riversa amore alla donna con cui vive da anni, come un cane ama il proprio padrone e un figlio la propria madre. Niall ama Grace ed è piuttosto certo che nulla possa cambiare una realtà così vera e vivida, nemmeno la distanza, o il tempo, mentre tutto scorre e lui non potrebbe mai dimenticare, smettere di volerla o sentire la necessità di abbracciarla.
Grace fa una passo verso il corpo caldo di Niall, e poi un'altro, come si fa con una belva spaventata che potrebbe scappare al minimo rumore, mentre lui trattiene il fiato e aspetta che sia lei a fare qualcosa, qualsiasi cosa.
Quando accosta la testa al suo petto e poi anche il resto del corpo si cinge a quello di Niall, con le braccia intorno alla sua schiena e la guancia premuta contro la maglietta dei Green Day, torna a respirare e la stringe tra le braccia. Grace chiude gli occhi.
«Potremmo farlo per sempre» sussurra sincera, stringendolo più forte. «Giuro che non me ne stancherei»
Niall tace, ma non smette di tenerla legata a sé perché percepisce la tensione di poco prima tramutata in emozione. È tutto quello che ha sempre voluto, ma si chiede se Grace lo senta davvero, che non lo faccia solo perché, in qualche modo, forzata. Non se lo perdonerebbe. «È quello che cerco di farti capire da un po', ma ne sei sicura?»
Restano in silenzio, petto contro petto e il respiro di Niall sulla testa di Grace, le cui mani tremano e non per il freddo. Si scosta appena e i capelli che escono dalla treccia solleticano il mento di Niall prima di allontanarsi.
Grace ha gli occhi nocciola e le sopracciglia folte e curate che mettono in risalto l'oro delle iridi: ora Niall la guarda e sa che non potrebbe farne a meno. Lo rendono vulnerabile, lei lo rende vulnerabile, e allora dovrebbe solo restare e proteggere ciò che potrebbe essere la sua più grande debolezza, ma anche il punto di maggior forza, quello che lo potrebbe far cambiare, prendere decisioni inaspettate e che potrebbe renderlo felice e quindi migliore.
Grace lo bacia. Bacia Niall e chiude gli occhi, socchiude la bocca e lascia  che le labbra sottili del ragazzo si incastrino alle sue più piene. Le braccia si stringono di più al suo busto, mentre le mani di Niall slegano la treccia scombinata e si insinuano poi alla radice i suoi capelli castani chiari, comuni, ma bellissimi.
Le mani di Grace tremano ancora e vanno incontro all'orlo dei suoi pantaloni, afferrandolo dai fianchi e spingendo il corpo di Niall verso il letto. Lui non oppone troppa resistenza, ma per un secondo prova ad interrompere il contatto delle loro labbra, gambe, mani e questo preoccupa Grace.
Grace che è a cavalcioni su Niall, quando la mano del ragazzo si fa largo sotto il suo maglione e si poggia sulla curva perfetta del suo fianco: lei scosta la sua testa quanto basta per aprire gli occhi e guardarlo. La tiene stretta e non la vuole lasciare andare, ma c'è qualcosa che lo tormenta.
«Che succede?»
Sospira. «Mio padre non è qui solo per i documenti del divorzio» sussurra, poggiando la fronte contro quella di Grace.
«Che vuol dire» sbotta, senza porre realmente una domanda.
«Mi ha chiesto se voglio tornare a casa. In Irlanda»
Gli occhi di Grace si spalancano, le mani riprendono a tremare e il labbro inferiore pure. Improvvisamente comprende l'atteggiamento inusuale di Maura nei suoi confronti, della tristezza in quegli occhi e nella speranza che lei possa imporsi sul figlio.
Si scosta quanto basta per far capire che è sorpresa e spaventata da quella novità, ma Niall afferra entrambi i suoi fianchi e la trattiene su di sé, stretta a sé.
Grace non parla per diversi istanti e lui prova a diffonderle coraggio, ma non sembra tranquillizzarsi. Quando torna a parlare, ne ha la conferma.
«Casa tua è qui»
«Sì, Grace, ma—»
«Tu hai detto sì!» lo interrompe lei bruscamente. Il tono di voce si alza e Grace si sposta dalle gambe di Niall con tutta la forza che ha per sottrarsi alla presa più forte del biondo. «Te ne vai! Da quanto lo sai?»
«È arrivato venerdì mattina e gli ho detto che avrei dovuto pensarci» mormora, alzandosi e seguendo una nervosa Grace. Lo spaventa quel tremore delle mani e le spalle curve. «Poi noi abbiamo litigato e allora—»
«Non abbiamo solo litigato, Niall!» gli urla contro, impuntando i piedi sul pavimento e sbilanciandosi con il busto avanti per puntargli il dito contro al petto. «Mi hai detto che mi ami!»
«L'ho detto, ma non ho avuto una risposta concreta, Grace!» Niall alza la voce di rimando e quelle labbra che tremano di fronte a lui sono più di una risposta, sono un motivo. E lui non capisce più niente, ma vede solo Grace.
«Sono venuta qui, ho smesso di vedere Liam per qualcosa di serio con te, per stare con te. Non ti basta?»
«Voglio sapere che non scapperai, Grace, e lo sappiamo entrambi che non me lo garantirai» il suo tono si abbassa e il suo corpo torna a sedersi, in segno quasi di resa. «Abbiamo bisogno entrambi di una pausa, credo»
Grace sa che è la sua possibilità per aprirsi ed essere sincera, per ammettere che lo ha sempre sentito, ma non ha mai avuto la forza e il coraggio di dirlo ad alta voce. È un po' arrabbiata con Niall, ma più spaventata, e se c'è qualcosa che gli deve è sicuramente la sincerità, oltre che amore.
Lui le ha sempre concesso entrambe le cose, l'ha amata e l'ha fatta sentire tale, chiedendole senza pensarci due volte di stare bene insieme, perché le ha sempre detto che è bella e intelligente, che ha mille difetti, ma è lo stesso fantastica e lui la ama per ogni cosa.
Niall ha pensato tutto il fine settimana all'idea di allontanarsi da Manchester e da Grace, a come lei avrebbe preso la notizia e se lui fosse stato abbastanza risoluto da preparare i bagagli e sparire, ma ora è certo di quello che farà, della strada che sceglierà di percorrere.
Così quando le spalle di Grace si poggiano alla carta da parati e il suo corpo si rilassa appena prima di tornare a tremare, lui le va incontro e ha bisogno di tutto il coraggio, la determinazione e la forza che possiede per guardarla negli occhi.
Le braccia di Grace Adler si aggrappano alla maglietta di Niall Horan e sa che quello che hanno condiviso, l'elettricità che hanno provato nello stare vicini per tutti quegli anni, non sarà mai abbastanza e che vivere lontani non potrebbe far altro se non distruggerli, se poi saranno costretti a domandarsi se fossero stati bene insieme o se non avrebbe funzionato.
Grace ha paura di quei se, ma ha anche paura di perderlo a prescindere dalle loro relazioni: che stiano insieme o che siano solo amici, non può permettere che lui la lasci e lei non potrebbe sopportarlo.
Quindi abbraccia Niall Horan e sente l'odore del suo profumo sul collo, che le pizzica il naso per la barba sottile.
«Ti amo» sussurra, stringendosi più a lui per evitare che sia testimone dei suoi occhi lucidi, che si sforzano di non piangere. Le braccia di Niall però sono ferme, molli lungo i fianchi e stanche. È a quel punto che Grace comprende che ha già fatto la sua scelta, che andrà via e per quanto non si sa. Si rifugia con tutte le sue forze contro il petto caldo e accogliente che c'è sempre stato per lei, ogni volta che ne ha avuto bisogno e gli bagna la maglietta, fino a formare grandi chiazze sul tessuto. Niall risponde al suo abbraccio, ma è spaventato e attento a non spezzarla, a non spezzare quelle ossa fragili che si aggrappano a lui come se fosse l'unica fonte di vita nel raggio di chilometri. Lo supplica, ma è più un lamento, mentre Grace piange e Niall la consola accarezzandole i capelli. «Ti prego, resta»
«Non posso, Grace»
  
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