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Autore: Vavvola    20/02/2009    1 recensioni
Aprii la mia casella postale e trovai una strana e-mail...
Genere: Triste, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un giorno normalissimo e, come tutti i giorni, era un giorno disastroso!! Ero come al solito in ritardo a scuola. La prof di matematica,come al solito, aveva fatto la sua verifica a sorpresa che, come al solito, era andata male. Infine, una volta a casa, mi ritrovai,come al solito, a fare una marea di compiti.
Dopo una giornata straziante, aprii la mia casella postale e trovai una strana e-mail. 
Diceva: Domani stai lontano dalla tua stanza se no ti romperai una gamba!

Ah, che stupidaggini” pensai.
Il giorno dopo, quando mi alzai, appoggiai il piede sullo skateboart, caddi e mi ruppi la gamba. All’ospedale la gamba mi faceva troppo male per pensare alla strana e disastrosa coincidenza. La mia mente era chiusa, tutta quanta concentrata sulle fitte che mi lanciava la gamba in gesso. Ricordavo vagamente la voce di mia madre che mi chiedeva in continuazione come stessi e la voce del medico… “giovanotto hai la gamba rotta in 7 punti diversi…qualcuno ti deve avere augurato parecchi mali…” qualcuno…non ricordavo chi avesse potuto mandare l’e-mail, anzi…l’e-mail era spuntata fuori dal nulla come stregata da una forza superiore. “ bazzecole…è soltanto una strana coincidenza” mi ostinavo a pensare.
 La gamba ritornò in piena salute soltanto dopo un mese e durante quel mese non ricevetti nessuna strana e-mail. Un giorno mi annoiavo tremendamente e mi collegai ad internet con l’intenzione di giocare on-line al gioco del momento. Raggiunto il sito dovetti aspettare qualche minuto per poter interagire con i giocatori on-line di quel momento. Era da almeno venti minuti buoni che giocavo quando entrò un nuovo giocatore appena registrato. Tutti lo accolsero come d’usanza col rito iniziale e cominciammo a giocare. Il nuovo giocatore era nella mia squadra e decisi che parlarci un po’ in attesa di un attacco nemico non mi avrebbe rovinato la vita. Magari non avessi detto niente…
Lo salutai presentandomi, parlando un po’ di me e concludendo chiedendo informazioni sul suo conto. La sua risposta mi ghiacciò letteralmente le vene. Sentivo chiaramente il sangue raggelare man mano che i mie occhi scorrevano velocemente sullo schermo.
“ Non ho bisogno di sapere chi sei, ne da dove vieni, ne che cosa ti piace, che cosa non ti piace, i tuoi voti a scuola, le tue relazioni amorose perché tu non lo saprai ancora, ma io so chi sei, da dove vieni, cosa ti e non ti piace, i tuoi voti a scuola e persino tutti i tuoi più oscuri segreti” mi scollegai immediatamente dal gioco e tenni spento il computer fin quando non ebbi la forza di riaccenderlo.
Un paio di giorni dopo mi arrivò un’altra e-mail che diceva: Domani la prof di matematica farà una verifica a sorpresa e festeggerai il tuo impegno alla sera!
Il giorno dopo si verificò tutto quello predetto dalla strana e-mail. Coincidenza? Non ne avevo proprio idea ma sapevo soltanto che tutta questa storia non mi piaceva affatto. Controllai più volte l’indirizzo dal quale proveniva. Niente che avessi mai visto in vita mia. Era un indirizzo inesistente. Mi arrivarono anch’ora delle e-mail una più strana dell’ altra. In questo modo mi arrivarono anche notizie sul futuro e naturalmente io, da bravo boccalone, le seguivo tutte alla lettera. Alla notte mi sognavo il gracchiare della rana quando nella mia posta c’erano nuovi messaggi. Non volevo più ricevere quelle e-mail. Mi stavano rovinando la vita. Non potevo nemmeno evitarle perché in qualche modo mi trovavano sempre, trovavano sempre il modo di assalirmi e di torturarmi con frasi dalle mille interpretazioni. La mia mente doveva riuscire a interpretare tutti i possibili tranelli all’interno delle predizioni che mi si aprivano davanti e che i miei occhi erano costretti a leggere. Avevo tentato di divincolarmi a questa forza maledetta, ma era impossibile sfuggirgli. Una volta addirittura avevo ricevuto una chiamata da una voce registrata su un nastro che mi cominciò a predire la giornata successiva e che mi dava indicazioni ben precise su come avrei dovuto affrontarla. Per finire c’era stato il classico ricatto, il ricatto tremendo che mi costringeva ad esaudire tutti i desideri della “voce”. Finita la registrazione provai a richiamare il numero apparso sul display. Con le mani tremanti mi riportai l’apparecchio all’orecchio e con i denti che battevano per l’ansia cercai di prepararmi a una conversazione con la “voce”. Subito dopo una voce femminile annunciava che il numero che avevo composto, era un numero inesistente.

Se prima ero spaventato, adesso ero terrorizzato.
Ogni giorno che passava, non mi opponevo alla forza della “voce” che mi voleva così tanto male. Aspettavo con impazienza mortale, il suono stridulo della rana che mi avvisava di un nuovo messaggio di posta e come drogato, ero costretto a leggere le e-mail e a seguire in ogni minimo particolare le loro istruzioni. La maggior parte delle volte predicevano eventi di un futuro imminente disastrosi per me e per le persone che mi erano accanto.
Ero diventato il paladino della città.
Sapendo tutte le cose in anteprima mi trovavo sempre nel luogo giusto al momento giusto. Facevo del bene, ma se avessi potuto avrei smesso. Perché aveva scelto proprio me? Ero sempre stato un ragazzo codardo, incapace di risolvere i disastri della mia vita figuriamoci quelli della mia città. Eppure le responsabilità aumentavano e ben presto mi ritrovai a dover sopportare tutte quante le tragedie della mia provincia. Non mi era concesso sbagliare, un ripensamento poteva costarmi la vita…si la vita…ecco cosa c’era in gioco…la mia vita. Non mi dispiaceva portare del bene, ma volevo che “la voce” non avesse scelto me per il suo divertimento, come se un dio superiore si divertiva ad assegnarmi le fatiche più odiose ricattandomi tenendo il filo della mia vita tirato. Bastava una minima pressione per spezzarlo. La mia giovane vita stroncata ingiustamente per un volere mostruoso. Avevo soltanto 15 anni.
Dopo qualche anno cominciarono ad arrivarmi e-mail diverse dal solito. Il mittente sempre quello, ma il contenuto incomprensibile. Tre coppie di numeri e due parole. La prima coppia di cifre era una coppia che andava generalmente da 01 a 31; la seconda andava 01 a 12 e la terza non era una coppia ma un numero formato da quattro cifre e che superava sempre il 2009. le due parole erano parole scollegate tra loro senza un senso logico che le univa. La prima era un aggettivo, la seconda un nome di luogo. Non riuscivo a capire cosa volessero dire. Era cambiato anche l’ordine d’arrivo delle e-mail. Non mi arrivavano più a distanza massima di due giorni, anzi, mi arrivavano a una distanza minima di due settimane l’una dall’altra precedute da strazianti dolori e gridi di morte nella mia testa. I mesi passavano e le mie e-mail non avevano ancora preso una forma ben decisa.
Stavo dormendo quando mi sentii chiamare. Una voce nella mia testa mi stava tormentando e questo era indice che avrei ricevuto a poco un’altra e-mail. Questa volta però la voce non era confusa. Sentivo chiaramente ogni singola parola pronunciata da quella voce nella mia testa. Una voce famigliare stava sussurrando il mio nome. Era debole, facevo fatica a sentire quello che diceva. All’improvviso cominciò a gridare. Grida di terrore, di morte affiorarono nella mia mente colpendomi in pieno petto. La voce la conoscevo alla perfezione. Era la voce di mia madre. Con le lacrime agli occhi, il cuore straziato, cercai di scacciare quelle urla che aumentavano, ululavano come lupi in preda alla disperazione, non volendomi lasciarmi dormire in pace. Raggiunsi a strafalcioni la stanza di mia madre sorprendendomi di non sentire realmente quelle urla terribili che non volevano abbandonarmi. Raggiunsi il suo letto gettandomi in ginocchio davanti a lei. Era lì distesa supina, gli occhi chiusi, il respiro troppo veloce e il suono del rumore del suo cuore rimbombava veloce nella stanza e come un orologio dal ritmo incostante nella mia testa. Le strinsi la mano capendo la gravità della situazione e subito lei mi ringraziò nella mia testa per quel gesto. Non avevo idea di come facesse a sentirmi, ma comunque il suo male se ne andò e il suo cuore smise di battere lasciandomi annegare in mezzo al silenzio più profondo che un uomo possa udire. Una settimana dopo, ricevetti un’altra e-mail uguale alla precedente. Erano ore che stavo davanti allo schermo del computer per capire il significato contorto che si celava dietro quei numeri e quelle due parole. Possibile che la morte di mia madre avesse senso con tutto il resto? Feci roteare gli occhi e lo sguardo mi cadde sul santino di mia madre. Nella foto sorridente sembrava una donna felice, e sono contento che le persone che le volevano bene avrebbero potuto ricordarla allegra e spensierata. Anch’io avrei dato tutto me stesso per poterla ricordare come quando ritornavo a casa da scuola e mi faceva trovare un pezzo di torta al cioccolato fumante, appena sfornata, e del buon vecchio succo di frutta, appena fatto appositamente per me. Invece, che cosa mi rimaneva di mia madre? Le urla strazianti della sua morte che mi assalivano tutte le notti nei miei incubi più rincorrenti. Sotto l’immagine di lei, la data del suo decesso: 15/09/2012…una serie combinata di numeri che avevo già letto e riletto, sui quali mi ero tormentato non capendone il senso che adesso appariva vivido in me. Controllai la nuova e-mail per la millesima volta. Appariva sotto un’altra luce…davanti a me c’era la soluzione all’enigma di mesi e mesi. Una data…la data di morte di una persona che non conoscevo. Controllai la vecchia e-mail…l’aggettivo era cara il luogo era camera da letto.

I conti tornavano. La persona che cercavo sarebbe morta il 07/10/2012 ed era una ragazza bionda che sarebbe morta a scuola. Scuola…nella mia città c’erano soltanto tre scuole ognuna con un numero ristretto di alunni. Cominciai le mie ricerche facendo una lista di nomi su tutte le ragazze bionde. Mi ci volle più del previsto e solo alla fine mi sorse un dubbio. C’erano più di 60 nomi su quella lista e io non potevo trovarmi contemporaneamente, casualmente, vicino a più di 60 ragazze nel momento giusto. Come avrei fatto a capire quale era la persona da salvare?

Presto arrivò la data maledetta.
Dalla mattina presto cominciai a percorrere la strada da una scuola e l’altra. Avevo una mia teoria. La mia testa mi avrebbe avvisato conducendomi dalla persona avente bisogno del mio aiuto. Doveva essere così, forse, sperando…
Per la morte di mia mamma, la mia mente mi aveva avvertito con urla strazianti. Mi sarebbe bastato avvicinarmi alla persona che stava per lasciare questo mondo per capire subito chi fosse. Erano più o meno le dieci e mezza quando la mia mente cominciò a localizzare qualcosa. Deboli lamentele.
“Solo pensare al cibo mi viene male” i pensieri della ragazza mi arrivarono forti e chiari. Mi trovavo a cinquecento metri dal liceo della città. Ora di ricreazione…così sarebbe stato molto più difficile trovarla. Un ondata di dolore mi raggiunse. Non riuscivo a capire da dove venisse in mezzo a tutti quegli alunni accalcati per riuscire a prendere la pizza per poterla mangiare nel quarto d’ora che avevano a disposizione per rilassarsi un po’. Forse avrei potuto aspettare che suonasse la fine della ricreazione…delle altre ondate di dolore mi arrivarono invadendomi il corpo. Se avessi aspettato ancora un po’, sarebbe stato troppo tardi.
Mi feci largo tra la folla cercando di raggiungere la parte opposta della scuola. Se pensare al cibo le faceva venire la nausea, allora non doveva trovarsi dove i paninari vendevano la pizza. Cercai in mezzo ai volti che incontravo per i corridoi quello della mia presunta vittima. Tutti volti apparentemente troppo calmi e sereni per poter provare quelle ondate di dolore che mi trafiggevano come se le stessi provando io in prima persona. Non avevo idea di dove fosse. Sentivo che mi stavo avvicinando, ma niente di concreto. Guardai ovunque: negli angoli, nelle aule… Ma dove? In bagno…raggiunsi la fine del corridoio. Man mano che mi avvicinavo sempre più al bagno delle ragazze, il dolore aumentava straziandomi il cervello. Entrato nella stanza sentii i rintocchi del suo cuore ormai agli sgoccioli. Sul pavimento stesa una ragazza bellissima che si contorceva dal dolore. Aveva ingerito una pasticca presa in discoteca la sera prima. Corsi al suo fianco e le strinsi la mano. Sul suo viso nacque uno splendido sorriso. Dolce, sensuale e così…così…rilassato? Stava per morire e rideva? Mi si poteva leggere la meraviglia in viso. Le ondate di dolore si bloccarono immediatamente e la ragazza inspirò una lunga ultima boccata d’aria che espirò all’ultimo rintocco del suo cuore. Il sorriso ancora sopra le labbra, era lì distesa per terra, immobile, così ingiustamente giovane e bella. Avrà avuto almeno qualche anno in meno di me. Lentamente mi diressi alla macchina con le lacrime agli occhi. La morte era una cosa terribile e odiavo questo nuovo ruolo che mi era stato assegnato. Cosa ero? Una specie di mostro che portava le persone dal mondo dei vivi a quello dei morti? Un Caronte moderno oserei dire. Mi odiavo.
Tutte l’e-mail precedenti mi avevano fatto fare soltanto cose che facevano del bene almeno a qualcuno. Adesso? Adesso nessuno ci guadagnava qualcosa. Mi arrivarono altre e-mail con sopra la data di morte di qualche persona che ancora non conoscevo. Continuai a compiere il mio lavoro, in silenzio senza lamentarmi. Cosa ci potevo fare…ero obbligato. Non me n’ero mai accertato, ma avevo già provato a sfidare la sorte non fidandomi di quelle e-mail.

Era una sera fredda. La luna risplendeva alta nel cielo sereno e pieno di stelle. Un leggero venticello soffiava sui miei capelli. Sulla terrazza del mio appartamento mi godevo la splendida vista in pace. Mi piaceva rilassarmi un po’ prima di andare al lavoro. Mi piaceva ricordare a me steso che non esisteva soltanto la morte al mondo. Il mondo era pieno di cose belle, ero io che non avevo mai tempo per farci caso. Ricordo ancora tutti i minimi particolari di quella sera. Ricordo di come ho stappato lo spumante brindando alle cose belle della vita. Il rumore sordo del tappo che è scappato via dalle mie mani andando a sbattere contro il muro. Il quadro appeso era traballato per poi tornare al suo posto lentamente, tropo lentamente. Il mio gatto schizzò in camera da letto spaventato dal rumore della bottiglia. La mia risata risuonava nella stanza…perdendosi per l’immensità improvvisa che aveva in quel momento il salotto. Il calice in alto e la mia solita frase “ A tutte le cose belle”. Ricordo il sapore dolciastro e alcolico dello spumante bagnarmi il palato e poi scendere giù fino ad arrivare allo stomaco. Ricordo tutto quanto con estrema precisione.
La mia ultima sera da mostro non la potrò mai dimenticare. Un dolore allucinante mi colpì in pieno petto trafiggendomi il cuore. Un dolore diverso dal solito. Sembrava che provenisse da…me. un secondo dolore mi colpì la testa. Un dolore famigliare che avevo sentito tante volte nella mia testa. Era il mio cercapersone naturale che mi stava avvisando che c’era bisogno di me. Cercai di capire da dove provenisse il dolore. Il segnale disturbato dalla troppa vicinanza con la fonte non mi permetteva di capire da dove provenisse. Eppure non c’era nessun altro all’infuori di me nella stanza. Una fitta tremenda mi colpì ancora in pieno petto seguita subito dopo da una mia fitta mentale. Che cosa stava succedendo? Era come se stessi….se stessi…morendo…l’avevo provata tante volte quella sensazione  adesso era veramente giunta l’ora. Chiusi gli occhi, lasciandomi trasportare dal dolore allucinante che si assemblava al dolore che provava il mio cercapersone. Aspettavo impaziente qualcosa che sembrava non voler arrivare. Non volevo morire. Allora di che si trattava? Ripensai ai sorrisi che vedevo sui volti della mie vittime…centinaia di vite stroncate per colpa mia…eppure mi tornava sempre in mente quell’immagine… un sorriso, uno splendido sorriso che si consumava con l’ultimo respiro. Ecco che cosa aspettavo…l’ultimo mio sorriso. Quel sorriso che avrebbe resa bella la mia morte. Allora capii. Non ero un mostro. Ero un angelo mandato dal cielo. Il mio compito era quello di rendere la morte lieta, non quello di portarla. Improvvisamente il male sparì e inspirai il mio ultimo boccone d’aria cercando di ricordare quale fosse il suo sapore…l’aria aveva un sapore? Mah…io la ricorderò sempre con un sapore buonissimo. Espirai insieme all’ultimo battito del mio cuore. Il gatto mi leccava leggermente una mano preoccupato per me. Io immobile per terra e con un sorriso sereno sulla faccia. Quel sorriso che cercavo tanto. Il sorriso della libertà.

Arrivati a leggere fino a questo punto, non mi resta che ringraziarvi tutti quanti!

  
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