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Autore: Danciiing    25/10/2015    0 recensioni
-La barca si staccò dalla banchina e iniziò a prendere il largo. Il vento scompigliava capelli dei due innamorati, che si sentivano a casa. Eppure erano così piccoli nella vastità di tutto quello che li circondava… da soli erano come gocce nell’oceano, come formiche nel deserto, come pettirossi nella foresta: insignificanti. Ma insieme erano l’oceano, il deserto e la foresta stessi.-
La storia è un intrigante mix di eventi piacevoli e drammatici con i quali si dovranno confrontare i nostri protagonisti, Nikki Caetano e Josh Holiday. Entrambi impareranno qualcosa dall'altro e allo stesso tempo gli daranno un'importante lezione di vita sulla base delle proprie esperienze.
Genere: Drammatico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pochi giorni dopo Nikki fu dimessa dall’ospedale. I primi giorni in casa con un figlio sono sempre i più difficili, perché bisogna abituarsi a un cambiamento di dimensioni non indifferenti, rifletteva mentre guardava fuori dal finestrino dell’auto, con la testa appoggiata al vetro freddo. Le madri devono essere pronte a prendere in mano le redini di un’altra vita che dipenderà da loro per molto, molto tempo. E i padri, già, i padri! Loro hanno bisogno di più tempo per elaborare la nuova situazione. Dunque non avrebbe potuto contare granché su Josh, concluse. ‘Nella maggior parte dei casi, nei giorni seguenti il parto, le nuove madri tendono a diventare irascibili e paranoiche e possono interpretare l’insicurezza del partner come una mancanza di affetto e arrivare perfino a dubitare del suo amore.’ Le parole dell’articolo sul settimanale ‘Me and my baby’ riaffioravano ora nella testa di Nikki, come per ricordarle l’inevitabile destino al quale sarebbe andata incontro nei mesi a seguire.


Victoria era una bambina tranquilla. Non piangeva quasi mai ma aveva comunque bisogno di essere seguita e accudita, come tutti i neonati. Nonostante fosse consapevole dell’importanza del suo ruolo all’interno della famiglia, Nikki faceva fatica ad abituarsi alla novità: era passata da una relazione nata quasi per gioco a un rapporto serio che sarebbe durato tutta la vita, perché ora che aveva una figlia le sembrava giusto che dovesse avere due punti di riferimento stabili su cui contare.
“Josh, aiutami con questi pannolini.”
Nikki era appena tornata a casa dopo aver fatto scorta di pannolini al discount. Aprì la porta con un calcio poiché aveva le mani impegnate con le innumerevoli buste. La porta ruotò intorno al cardine e sbatté contro la parete retrostante producendo un suono simile a un’esplosione.
Josh si fece strada nel corridoio dell’appartamento, ormai invaso da coperte, tutine e biberon, e le andò incontro. Prese due buste e le appoggiò pesantemente sul tavolo della cucina.
“Si può sapere che ti prende?” gli domandò la ragazza, cogliendo l’espressione svogliata sul suo viso.
“Perché?” fece lui voltandosi a guardarla con una faccia esterrefatta, come se non l’avesse mai vista prima di quel momento.
“Ultimamente sei diverso, non sei più il Josh di cui mi sono innamorata due anni fa.”
“Ma che stai dicendo? Non sono cambiato affatto. Sono sempre io.” rispose lui assumendo un tono piatto della voce e girando la testa verso la finestra del soggiorno per non dover incrociare lo sguardo della ragazza.
Nikki scosse la testa, cercando di trattenere le lacrime che avrebbero voluto bagnarle il viso dopo quella risposta così gelida.
“No. Stai diventando un’altra persona. Sei distaccato, indifferente, mi rispondi male, te ne stai per conto tuo e non mi aiuti mai con la bambina! Ma che hai?”
“Non ho niente, te lo ripeto. E adesso basta con queste inutili paranoie, ok?”
Josh fece per baciarla, ma lei si ritrasse.
“Credevo che non ci avrebbe cambiati avere un figlio, credevo che avremmo continuato a vivere felici e a sostenerci a vicenda, come prima! Sono solo una povera illusa! Dovevo prevedere che la tua immaturità ti avrebbe impedito di assumerti le tue responsabilità!” Nikki cominciò a urlare contro Josh, che perse a sua volta le staffe.
“È questo che pensi di me? È questo che hai sempre pensato? Che sono un immaturo? Allora non mi hai mai amato veramente, non ti sei mai fidata di me!” urlò, sbattendo i pugni sul tavolo e facendo indietreggiare Nikki per la paura.
“Io mi fido di te, Josh, davvero, ma credo che tu non sia ancora pronto per avere un figlio. Non devi fartene una colpa, non tutti siamo pronti nello stesso momento per le stesse cose.” spiegò lei, con il terrore ancora palpabile nella voce.
“Mi stai dicendo che non sono capace di fare il padre? E tu, allora, tu saresti in grado di fare la madre? Eh? Guardati, distrutta dalla testa ai piedi! Quella bambina ti ha schiavizzata!” riattaccò Josh, indicando la piccola creatura che dormiva nella culla accanto al corridoio che portava alla stanza da letto.
“Non ti azzardare a dare la colpa a Victoria! Lei non c’entra niente!” urlò Nikki a sua volta.
“E invece sì che c’entra, c’entra eccome! Se quella bambina non fosse mai nata noi non saremmo qui a litigare, ora!” una grossa vena iniziò a pulsare sul collo di Josh.
Dopo quelle parole Nikki non riuscì più a mantenere la calma. Gli diede uno schiaffo che si sarebbe ricordato per tutta la vita. Rimase per alcuni secondi lì, in piedi davanti a lui, a fissarlo con indignazione mentre si massaggiava la guancia sulla quale l’aveva colpito. Poi prese Victoria dalla culla e, pronunciando insulti incomprensibili, si chiuse nella stanza da letto sbattendosi la porta alle spalle.
Per un quarto d’ora in casa regnò il silenzio. Josh si era abbandonato sul divano pensando alle parole della fidanzata, ancora galleggianti nell’aria come bolle di sapone pronte a esplodere e a riversare su di lui tutta la rabbia che contenevano. Nikki aveva ragione, non era stato capace di prendere in mano la situazione. Non l’aveva mai aiutata con la bambina fino a quel momento perché l’idea di essere diventato papà gli faceva ancora molta paura: da un giorno all’altro era passato dal baciare e accarezzare un pancione in cui immaginava si trovasse sua figlia all’accarezzare una bambina vera, che dal momento della sua nascita fino all’eternità avrebbe preteso da lui qualcosa di più di una semplice carezza o di un bacio. E lui aveva il dovere di darglielo, di qualsiasi cosa si trattasse. Josh era spaventato di fronte a tutte quelle responsabilità che lo avevano invaso all’improvviso e questo faceva di lui un uomo immaturo, secondo la filosofia di vita di suo padre. ‘Un uomo non ha mai paura.’ Le parole paterne gli martellavano il cranio. Ecco: ora che gli tornava in mente quel genitore che odiava tanto, un altro timore iniziava a tormentarlo: quello di diventare come lui, che non ne aveva mai capito niente di come si crescesse un figlio e che aveva passato la sua esistenza a opprimerlo con i suoi discorsi troppo maturi per un bambino di appena sei anni. No, non voleva finire come suo padre: decise che si sarebbe impegnato al massimo al fine di essere una buona guida per Victoria. In quel momento iniziò a realizzare di aver detto a Nikki delle cose orribili: ‘Sarebbe stato meglio se la bambina non fosse mai nata!’. Le parole della lite di poco prima riaffioravano nella sua mente e lo colpivano al cuore come lame affilate. Perché aveva detto una simile sciocchezza? Lui non lo pensava davvero, anzi, quella piccola era stata una vera e propria benedizione: senza volerlo lo stava spronando a diventare un uomo. Senza di lei non avrebbe mai avuto la possibilità di riscattarsi. Aveva provato per un po’ con la Marina, credendo che quel lavoro lo avrebbe reso uomo tanto quanto quei colossi nerboruti che si vedevano in TV, ma se in quel momento era ancora lì a rimuginare sulla sua infanzia bruciata, allora significava che non era servito proprio a niente. Dunque, la sua ultima possibilità era Victoria.
Il primo passo per raggiungere il suo obiettivo, cioè quello di essere un buon padre per la piccola, era quello di prendersi le sue responsabilità: innanzitutto avrebbe dovuto chiedere scusa a Nikki e promettere di aiutarla a prendersi cura di Victoria, poi il resto sarebbe venuto da sé. Rimase ancora per qualche minuto immobile a fissare il soffitto, come se quell’incombente strato bianco e liscio sopra la sua testa potesse dargli la forza di andare da Nikki per fare la pace. Ripassò più volte mentalmente quello che le avrebbe detto una volta giunto davanti alla porta della camera: che era un idiota e che non intendeva dire quelle cose orribili. Poi l’avrebbe implorata di perdonarlo. A grandi linee in questo consisteva il suo discorso. Sembrava tutto così facile a immaginarselo, ma sapeva che una volta giunto davanti a lei quei suoi occhi di un verde-azzurro splendente lo avrebbero annientato. Sarebbe stato tutto molto più complicato di come se lo stava immaginando in quel momento, ne era certo.
Si alzò dal divano. Appena fu in piedi fece tre profondi sospiri, poi si incamminò. Si fermò davanti alla porta chiusa: dall’interno provenivano dei singhiozzi soffocati. Nikki stava piangendo.
Bussò. Nessuna risposta. Bussò ancora. Niente. Allora si accasciò a terra, con le spalle attaccate alla porta.
“Nikki, aprimi per favore. Dobbiamo parlare.”
I singhiozzi che continuavano a provenire dalla stanza palesavano una risposta negativa.
“Dai… non fare così… io non volevo offenderti.” continuò Josh “E non volevo neanche dire quello che ho detto sulla bambina. Sono un idiota. Un totale e completo idiota. Ti prego, perdonami.”
Josh si sciolse in un pianto silenzioso, sprofondando la testa nelle ginocchia piegate vicino al petto. Non poteva sopportare che Nikki fosse arrabbiata con lui. La amava troppo, non voleva perderla per un semplice litigio. Aveva paura che lo avrebbe cacciato di casa, che la loro appassionata storia d’amore sarebbe finita così, per una lite. Mentre pensava a tutto questo, gli venne a mancare l’appoggio dietro la schiena. Si voltò per notare che la porta si era aperta. Sulla soglia Nikki aveva il volto rigato dalle lacrime e gli occhi gonfi.
“Alzati.” gli ordinò, gelida. Si voltò e tornò a sedersi sul letto, prendendo la figlia tra le braccia. Josh entrò nella stanza con il cuore pesante.
“Nik…” cominciò, ma subito fu interrotto.
“Non dire niente” esordì la ragazza mentre giocherellava con la piccola Victoria, che si divertiva a stringere il suo indice tra le piccole manine. Un lieve sorriso apparve sul suo viso quando la piccola si accucciò contro il suo petto stringendole il dito ancora più forte. Non voleva sentire la sua mamma urlare contro il suo papà. “Non mi va di mettermi a litigare di nuovo con te, specialmente davanti alla bambina.”
“Questo significa che mi hai perdonato?” domandò Josh, sulle spine.
“No. Non ancora. Ma direi che per adesso possiamo lasciar perdere.”
“Nikki, io ho bisogno di sapere se mi ami ancora, non posso continuare a vivere con questo tormento.”
Nikki sospirò. “Se qualche volta litighiamo, non vuol dire che io non ti ami più. Fa parte della vita. Tutte le coppie hanno alti e bassi.” disse, tranquilla. “E adesso esci, devo allattare la bambina.”
Josh non si mosse, nonostante la richiesta della sua ragazza. Rimase pietrificato di fronte al letto con un’espressione pensierosa. “Senti, io proprio non ce la faccio a vederti arrabbiata con me” sbottò, infine. “dobbiamo chiarire questa faccenda adesso.”
“Non puoi pretendere che io ti perdoni immediatamente per quello che hai fatto. Puoi insultare me quanto vuoi, ma non devi azzardarti a coinvolgere Victoria. È stato questo che mi ha fatto imbestialire.” Nikki pronunciò quest’ultima frase scandendo ogni singola parola, sperando in questo modo di far sì che il concetto si cementasse nel cranio cocciuto del suo fidanzato.
“Lo so, e sono davvero mortificato, credimi, io non pensavo davvero tutte quelle cose né su di te né sulla bambina. Tu sei una madre straordinaria, hai preso in mano la situazione con grande maturità e Victoria, beh, lei è stata la cosa più bella che mi potesse capitare” disse, cercando di mettere nella voce quanta più sicurezza fosse possibile esprimere. “Oltre a conoscere te, ovviamente.” aggiunse con patetico fare adulatore.
Nikki non fece molta attenzione all’ultima frase e continuò con il suo gelido discorso.
“Non mi piacciono le persone che dicono qualcosa e poi se ne pentono. A tutto questo dovevi pensarci prima di aprire la bocca.” Fece una pausa. “Però capisco che questa non è una situazione facile e sicuramente i padri hanno bisogno di più tempo per abituarsi all’idea di avere un figlio.”
“Ero spaventato, e la paura mi ha fatto dire cose che non pensavo!” Josh riversò quelle parole dette tutte d’un fiato come un fiume in piena sulla ragazza, credendo scioccamente che quell’impatto così veloce e violento sarebbe potuto servire a calmare la sua ira. Magari vedendo la disperazione espressa da quel fiume di parole lei lo avrebbe perdonato, pensava. Gli avrebbe fatto pena, pensava. Dal modo in cui Nikki aveva preso a torturarsi nervosamente una ciocca di capelli castani capì che quella non era la giusta strategia, anzi la stava irritando ulteriormente. Allora si avvicinò al letto e si sedette accanto a lei. “Perdonami, ti prego. Ti giuro che una cosa simile non si ripeterà mai più.” le sussurrò in un orecchio, appoggiando la testa contro quella della sua ragazza. Lei si accoccolò sulla sua spalla e si lasciò avvolgere in un abbraccio caldo, scoppiando a piangere. Josh la strinse a sé ancora più forte, stupito di come la dolcezza fosse riuscita più della violenza delle parole ad abbattere quel muro che si era creato tra di loro. Nikki aveva solo bisogno di un abbraccio. Solo di questo. Magari non sarebbe stato così difficile fare il padre, pensò Josh, se baci e abbracci potevano risolvere ogni cosa. In fondo non sarebbe stato così diverso da quando Victoria era nella pancia della mamma.
   
 
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