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Autore: Rebecca_Daniels    25/10/2015    0 recensioni
Serie di OS che racconteranno piccoli pezzi di vita di qualcuno che potresti benissimo essere tu...
Se state cercando un mondo in cui fuggire, questa potrebbe essere la chiave che vi serve...
Lots Of Love xx
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hey Angel...

Harry Syles inforcava la sua bicicletta tutte le mattine per scorrazzare tra le strade trafficate di Brooklyn. Quando il suo caposezione aveva provato a fargli cambiare area, lui si era gentilmente impuntato per poter continuare a gironzolare per quello che lui riteneva uno dei quartieri più belli e magici di tutto il mondo. L'aveva cercato a lungo ed era finalmente riuscito a trovarlo. Il fatto che poi dovesse consegnare anche la posta, non faceva che aumentare il divertimento.

La decisione di trasferirsi a NewYork si era fatta strada dentro di lui in una di quelle notti dove ti siedi al chiaro di luna, non importa bene dove, l'essenziale è che sia anche solo uno spicchio di satellite a farti da consigliere. E lì aveva deciso: la Grande Mela sarebbe stata la sua casa e niente e nessuno l'avrebbero potuto fermare. Così, una volta finiti gli studi e guadagnato abbastanza per comprarsi il biglietto aereo, aveva fatto i bagagli, salutato la sua famiglia, detto arrivederci ai suoi amici ed era partito. Il lavoro come postino era capitato tra le sue mani solo una settimana dopo il suo arrivo nel sottotetto di uno degli edifici vicino al MoMa. Era entrato per far colazione in uno dei millemila caffè di cui New York sembrava essere sempre provvista e la sua attenzione si era catalizzata immediatamente sul foglietto appeso vicino alla cassa, mentre pagava per il suo frappuccino. Aveva le mani piene di oggetti, dato che stava cercando di non far cadere a terra né il suo taccuino in pelle marrone, né il telefono con cui stava mandando la foto che si era scattato il giorno prima al CentralPerk (il famoso bar di Friends) all'invasata di sua sorella Gemma, né il portafoglio con cui doveva pagare. Fu per questo, o per la sua irresistibile faccia concentrata, con tanto di rughetta in mezzo alla fronte, che la cameriera si offrì di dargli una mano e gli disse non solo di prendere in numero ma di chiamare dicendo il suo nome, perché il caposezione di quell'ufficio postale era un suo amico. Nell'arco di due giorni era all'asta che la polizia di NewYork faceva ogni martedì pomeriggio per comprarsi una bicicletta e cominciare a lavorare.

Il fatto che gli fosse stata affidata la zona di Brooklyn era avvenuto un po' per caso, più che altro perché nessuno dei suoi colleghi si voleva svegliare così presto per fare una semplice zona residenziale doveva solitamente avevi una sola lettera per casa da consegnare ed erano per lo più bollette ed avvisi di pagamenti di carte di credito. Ben presto, però, Harrry aveva scoperto che c'era ben altro.

Non c'era voluto, molto, infatti perché tutte le signore dai sessanta in su che abitavano nella zona residenziale lo aspettassero alla porta per scambiarci qualche chiacchiera e per ammirare il suo irresistibile sorriso contornato da fossette. E nemmeno perché qualche ragazzina si svegliasse presto anche il sabato mattina per vederlo arrivare di corsa, fasciato nel suo paio di skinny jeans neri, con i capelli lunghi al vento, per consegnare loro la bolletta del gas.

Adorava i viali alberati costeggiati di tante villette a schiera tutte uguali eppure tutte diverse, dove vi scorgeva il passare delle stagioni, il susseguirsi delle festività, i cambiamenti nelle vite dei proprietari: un ottimo modo per scoprire un'infinità di storie senza chiedere a nessuno di raccontargliele. Era sempre stato una persona molto intuitiva e gli bastava poco per capire chi aveva di fronte e dopo due anni di lavoro come postino, alla veneranda età di ventuno anni, Harry poteva dichiararsi un raconteur. Le vite delle persone che incontrava e gli eventi scanditi dalle loro lettere si trasformavano in versi e parole in musica che qualche volta finivano per essere cantati anche da qualche personaggio da video clip. Era un autore di testi musicali abbastanza conosciuto nel giro ma non gli era passata per la testa neanche per un secondo l'idea di abbandonare il suo lavoro da postino perché per lui la sensazione del vento sulla faccia, i muscoli che si muovono per portare una novella a qualcuno, le loro espressioni al suo arrivo non avevano prezzo.

Quella mattina erano le sei in punto quando la sveglia suonò e gli ci vollero i soliti cinque minuti per ricordarsi di essere al mondo, altri quindici per lavarsi e vestirsi, addirittura due per comprare il solito muffin ai frutti di bosco nel chioschetto sotto casa ed otto per prendere la metro ed arrivare dentro alla sede delle poste, salutando Ben, il suo caposezione. Salutò Betty, una signora di circa cinquantanni, ma quelli d'un tempo, che si occupava dello smistamento della posta oltre che di voler un bene dell'anima a Harry, e raccolse le sue due borse piene di lettere. Le issò ai lati del portapacchi della sua bicicletta rossa e si immerse nell'aria fredda di metà Novembre. Halloween era passato già da un pezzo, ma qualche bambino di ostinava a lasciare delle terrificanti zucche intagliate alle finestre, facendolo sorridere, nonostante l'aria da neve che lo circondava, gli stesse congelando le guance. Cominciò il suo solito giro di consegne, fino a quando non gli capitò tra le mani una lettera con un indirizzo nuovo. Aveva notato qualche movimento al numero 223 della 5th Avenue nelle ultime mattine, camion che andavano e venivano, gente che trasportava mobili e grossi scatoloni, ma in quella parte della città era normale che ci fossero traslochi: non tutti erano adatti per vivere a New York ma al contempo era pieno di gente che voleva darsi una possibilità in quella città assurdamente viva. D'altra parte, l'aveva fatto lui stesso appena gli si era presentata l'occasione. Scesa dalla bicicletta, mise il cavalletto e si rigirò la busta tra le mani.

Non era solito farsi così spudoratamente gli affari degli altri, ma quella busta aveva qualcosa di particolare: la carta era di ottima filigrana, candida ed il francobollo era niente di meno che francese. Harry non poté trattenersi dal guardare il mittente e vide che era un ragazzo -o un uomo- di nome Antoine Del Sarte. Abitava al numero 5 di Rue de Passy, Parigi. Per poco non gli cadde la lettera dalle mani, perché lui a Parigi c'aveva sempre voluto andare e si era detto che prima o poi, magari quando avrebbe trovato la donna giusta per lui, avrebbe fatto come tutte quelle coppiette sdolcinate e sarebbe andato nella capitale francese con lei, ma non l'avrebbe portata solo sulla Tour Eiffel, le avrebbe fatto fare un ritratto a Montmartre, per poi andare a visitare nella Ile de la Cité la Sainte Chapelle, mentre i raggi di un caldo sole al tramonto si sarebbero riflessi in mille colori sulla sua pelle e lui... Lui doveva svegliarsi e smetterla di fantasticare, altrimenti non avrebbe mai finito tutto il giro. Infilò la busta nella cassetta della posta e la osservò per un secondo: era di ferro battuto, argentata e con due ali in ceramica bianca applicate sopra. Molto romantica se doveva essere sincero. Scosse la testa, giungendo alla conclusione che si stava davvero fottendo il cervello guardando tutti i film strappalacrime che sua sorella continuava a suggerirgli per trovare ispirazione.

Inforcò la bicicletta e ripresa la sua strada, perché due porte più in là, la signora Gonzales lo stava già aspettando sulla soglia, con la sua solita vestaglia arancione e i bigodini in testa.


֎֎֎


Erano passati circa dieci giorni da quando Harry aveva consegnato quella busta arrivata da Parigi e quella mattina, mentre una leggera neve cominciava a cadere, una nuova lettera proveniente dallo stesso mittente era finita nelle sue mani. Si fermò davanti alla cassetta delle lettera argentata e controllò che la busta fosse ben sigillata: se c'era una cosa che proprio non sopportava era il pensiero che qualcuno potesse pensare che la sua posta fosse stata aperta da qualche sconosciuto. Gli sembrava semplicemente orribile. Fu in quel momento che Harry notò il nome del destinatario. Era strano che non ci avesse fatto caso la prima volta, dato che era scritto con una calligrafia ordinata ed elegante giusto sopra l'indirizzo, ma era sicuro che non se lo sarebbe più dimenticato. Angel. Angel Williams. Gli suonava tanto come il nome di una principessa. Okay, doveva decisamente piantarla con i film consigliati da Gemma e pure con i libri che gli suggeriva Betty. Si rese conto di essere letteralmente circondato da donne e decise che quella sera avrebbe raggiunto i ragazzi del lavoro per la partita di calcetto al parco e la consueta birra nel pub all'angolo perché forse era il caso di risvegliare un attimo la sua parte più virile. Infilò la busta nella cassetta di Angel e si diresse dalla signora Gonzales: se era fortunato, gli aveva preparato anche un bicchiere di caffè da bere al volo.


֎֎֎


Quella mattina diluviava. E la pioggia in combinazione con il ghiaccio, dovuto alla bufera di neve che aveva investito New York negli ultimi cinque giorni e alle temperature rigidissime della notte appena passata, rendevano le strade un campo minato: se non morivi per un qualche volo colossale, rischiavi comunque di essere investito da qualche macchina che andava fuori carreggiata. Una roulette russa, praticamente. Ben stava valutando se sospendere il servizio, almeno fino a quando le strade non fossero state praticabili, ma Harry a lavoro c'era andato lo stesso, nonostante avesse rischiato di morire quelle quattro volte nel solo tragitto tra l'uscita della metro e la porta dell'ufficio. Doveva comunque andare a Manhattan nel pomeriggio per un incontro con un paio di dirigenti di una delle case discografiche con cui collaborava, quindi tanto valeva uscire subito di casa. Betty lo salutò con un sorriso accogliente che lo riscaldò immediatamente e gli pizzicò il sedere come era solita fare quando aveva una buona giornata: lei era l'unica donna al di sopra dei sessant'anni che al posto di essere preoccupata per eventuali infortuni dovuti alla neve, non vedeva l'ora che ne scendesse abbastanza per fare i pupazzi di neve con i suoi nipotini. Un portento.

-Allora Betty, che cos'hai oggi per me?

-Una nuova lettera dalla Francia...

-Davvero? Sembra che quei due abbiano un sacco di cose da dirsi.

-E sembra anche che tu abbia già qualche idea su come usare questa storia, vero ricciolino??

Harry le sorrise malizioso, perché sì, era vero: nell'ultima settimana aveva pensato parecchio ad Angel e Antoine. Avevano dei nomi troppo belli e dal suono decisamente troppo armonioso per avere una storia banale da raccontare. Così aveva immaginato cosa potessero scriversi in quelle lettere che sembravano sempre molto lunghe ed alcuni versi avevano cominciato ad imbrattare una nuova pagina del suo taccuino. Sperava quasi che il nuovo cantante per cui doveva scrivere fosse una ragazza e che avesse bisogno di una canzone d'amore, perché sentiva di essere pronto per scriverne una degna di entrare nella storia.

-Ehi Styles!!

Ben lo richiamò al suo dovere e gli comunicò che poteva effettuare tranquillamente il suo giro, dato che le strade in quella zona della città erano appena state pulite. Harry prese le sue lettere e partì alla volta di 5th Avenue.

A Ben potevano anche aver detto che le strade erano state sistemate, ma Harry rischiò comunque la vita almeno altre cinque volte, compresa una pericolosissima mentre frenava di fronte al numero 223, finendo rovinosamente a terra. Si alzò a fatica, districandosi dalla bicicletta e da tutte le lettere che erano fuoriuscite dalle sacche: si stavano inzuppando con la neve che si era accumulata sul marciapiede e su cui lui si era appena schiantato. Le raccolse il più in fretta possibile, ma la busta di quella di Antoine si era addirittura strappata a metà, lasciando che il contenuto uscisse.

Non lo fece apposta. Stava davvero cercando di rimettere la lettera dentro quel restava della busta, ma questa gli si aprì in mano e gli mostrò tutto il suo contenuto. La calligrafia ordinata ed elegante, vergata quasi sicuramente con una stilografica costosissima, si stendeva lungo tutto il foglio di carta spessa e sembrava tracciata con una cura quasi maniacale. Nulla a che vedere con l'impeto d'amore che Harry si era immaginato scorresse tra di loro. Scacciò un ciuffo ribelle che gli era scivolato davanti agli occhi e soffiò fuori un respiro caldo che diventò immediatamente una piccola nuvoletta di fumo bianco: avrebbe ricominciato a nevicare a breve. Diede una rapida occhiata alla finestra del numero 223 e quando non vi scorse nessuno, si mise a leggere: non era stato lui ad aprire quella busta, quindi non aveva senso sentirsi in colpa.

                                                                                          30 Novembre 2015

Così non può funzionare A.                                                                                 
Io non so cosa tu ti sia messa in testa, ma non mi interessa nemmeno ad
essere sincero.
Se c'è una cosa di cui però sono certo è che tu devi uscire dalla mia vita.
Non chiamarmi più, non mandarmi più messaggi, ma soprattutto
non scrivermi più lettere.
Io mi sposo tra un mese: lo vuoi capire?!
Non mi interessa se tu sei partita per raggiungere l'altra parte dell'oceano
solo perché io me ne ero andato per primo: tu hai gettato la spugna ed ora
non puoi venire a piangere da me. Ero disposto a darti un posto nella sede
della mia azienda che c'è qui a Parigi e saremmo potuti stare assieme lo
stesso... Ma tu no! Dovevi essere la sola ed unica! A. quando lo capirai
che non troverai mai nessuno che vorrà metterti al primo posto? Tu sei
carina, intelligente, persino sensuale alle volte e gli uomini hanno bisogno
che una come te si prenda cura di loro... Ma non ti sposeranno mai.
Potevi avere tutto se solo avessi accettato di stare al tuo posto e
rispettare i patti. Non hai voluto, quindi per me finisce qui.
Ribadisco: non telefonarmi, non mandarmi messaggi e NON
SCRIVERMI LETTERE!
Addio A.
E' stato bello finché è durato.

Antoine Del Sarte


Non riusciva a crederci. Quel tipo non poteva davvero averle scritto una cosa del genere. Forse, dal momento che era cresciuto circondato praticamente solo da donne, aveva imparato a rispettarle e adorarle più del normale, ma ciò che quell'essere aveva scritto nella lettera rasentava l'insulto alla razza umana. Non l'aveva nemmeno mai chiamata per nome. Come se la sua futura moglie potesse capire chi fosse l'amante dalla lettera, quando sulla busta era riportato nome, cognome ed indirizzo per esteso. Era pure un coglione quel tipo, diamine.

L'istinto di accartocciare quell'abominio di lettera e gettarla nel primo cestino a portata di lancio gli stava davvero solleticando la testa, ma non poteva. Quella non era la sua vita. Non avrebbe dovuto nemmeno leggere il contenuto di quella busta, figurarsi decidere di gettarla via. Forse Angel si aspettava già una missiva del genere e quella sarebbe stata l'ultima parola del capitolo Antoine-Coglione, per poi girare pagina. Lui non lo poteva sapere, ma soprattutto non era un suo diritto scoprirlo.

A malincuore mise la lettera nella cassetta argentata e quasi si scusò con le piccole ali in ceramica per quello che stava facendo: se avesse potuto, si sarebbe scusato direttamente con la loro proprietaria per il dolore che le avrebbe inferto.

La sua voglia di scrivere una canzone d'amore era improvvisamente sparita e mentre cercava di raggiungere la porta della signora Gonzales senza schiantarsi di nuovo a terra, si chiese come fosse possibile che qualcuno di nome Angel soffrisse per amore.


֎֎֎


La verità era che il Natale lo metteva estremamente di buon umore. E il fatto che le strade fossero tornate alla loro normale percorribilità, permetteva ad Harry di sopportare anche il freddo pungente che gli sferzava ogni mattina il viso. Quell'anno, finalmente, sarebbe stata la sua famiglia a raggiungerlo nella Grande Mela per trascorrere le festività assieme ed il pensiero di poter riabbracciare sua madre, sua sorella e Robin dopo un intero anno lo faceva sorridere automaticamente. Perché Harry era così: trovava la bellezza nell'aria profumata di cannella che usciva dai caffè, nei fiocchi di neve che scendevano lenti alla luce calda dei lampioni all'angolo tra la Broadway e la Fifth Avenue, i colori a dir poco caleidoscopici di Rockfeller Plaza. Il Natale lo rendeva estremamente felice e lo era anche quella mattina, mentre prendeva i pacchetti di posta dalla scrivania di Betty, per infilarli dentro le sacche.

Fu allora che gli cadde l'occhio sulla lettera in cima alla pila. Non poteva crederci. Un “RIMANDARE AL MITTENTE” spiccava in rosso sul nome del destinatario, che era il nome dell'ultima persona che Harry avrebbe mai voluto leggere: Antoine. Non l'aveva nemmeno letta e gliel'aveva rispedita indietro. Un moto di stizza, ben poco nella sua indole, lo spinse a gettare le lettere dentro la borsa, senza nemmeno guardare se l'ordine fosse corretto: c'avrebbe messo un secolo per consegnarle tutte ora. Inforcò la bicicletta ed arrivò senza nemmeno accorgersene di fronte al 223, rendendosi conti di aver con ogni probabilità saltato qualche casa, e si fermò per riprendere fiato. Perché aveva così tanta fretta di consegnare quella lettera? E soprattutto: perché si sentiva così arrabbiato? Non sapeva nulla di quella ragazza: chi fosse, cosa avesse passato, che relazione ci fosse tra lei e quel tipo francese, eppure... Eppure non si capacitava di come qualcuno potesse chiudere i ponti con una persona senza nemmeno leggere che cosa questa avesse da dire. Tutti meritavano almeno una possibilità di spiegarsi, questo Harry l'aveva imparato a sue spese. Una volta, quando mancavano ormai pochi mesi al suo diciassettesimo compleanno, aveva cominciato a frequentarsi con una donna di circa quattordici anni più grande di lui. Era un semplice flirt, di quelli che ti fanno scoprire cosa di piace davvero e che ti fanno sentire vivo ed importante con un nonnulla. Ed era andato tutto bene, finché la voce non si era sparsa e la storia che andavano raccontando non era altro che un insieme di luoghi comuni, di accuse infondate e di bigotteria. Lei era stata costretta a cambiare città, non ufficialmente certo, ma gli sguardi e le parole della gente quando camminava per strada erano stati peggio di una condanna a morte. Nessuno le aveva mai dato la possibilità di spiegarsi. A nessuno era mai importato che fosse stato lui ad avvicinarsi per primo e a trascinarla in quella innocua storiella. Era in quel momento che aveva imparato come le persone si arrogassero il diritto di sparare sentenze e giudizi senza minimamente sapere di che cosa stessero parlando e che a nessuno interessa la verità. Ma a lui sì, la verità di una storia è quello che ricercava nelle sue canzoni e nei suoi mini racconti, perché solo quello lo metteva in contatto davvero con la gente e rendeva le sue creazioni così emotivamente travolgenti. O almeno era quello che dicevano i produttori della case discografiche con cui collaborava.

Fu per quell'insopprimibile desiderio di verità che aprì la busta di carta bianca, leggera, ed estrasse una lettera scritta con una calligrafia minuta, leggermente inclinata verso destra e arricchita da qualche svolazzamento sulle gambette delle “f”. Eccola lì: quella era Angel e quella era la sua verità.


                                                                                                    1 Dicembre 2015
Caro Antoine.
So che non mi vuoi più sentire e nemmeno ricevere mie lettere, ma questa volta non ti ascolterò.
Sono finita a New York perché tu hai deciso di seguire quello che i tuoi genitori, a cui peraltro
non è mai importato nulla della tua felicità, avevano programmato per te, preferendo una vita
negli agi piuttosto che una vita che avresti amato davvero. Non dico che con me saresti stato
felice, perché se hai rinunciato al nostro amore così in fretta vuol dire che forse non è mai stato
così forte come tu sostenevi che fosse, eppure ho come la sensazione che almeno ci avremmo
provato... Ad essere felici, intendo. Insieme. L'uno affianco all'altra. Ho fatto così tanto per te,
per sostenerti nei tuoi più improbabili progetti, spesso mettendo da parte quello che era importante
per me, ma non te ne faccio una colpa perché è stata una mia libera decisione... Probabilmente sono
stata una sciocca a fidarmi delle tue promesse e a credere che un giorno avresti scelto me a tutte le
altre, che sarei stata l'unica... Ma quelle come me non sono mai abbastanza.
Non sono sicura di quello che dici tu, che non troverò mai nessun uomo disposto a mettermi al
primo posto, magari se mi accontento e la smetti di sperare che il principe azzurro esista anche
per me, un compagno lo troverò anche io... Mi dispiace solo che non sia tu.
So che sei molto più della persona materialista e meschina che mi ha scritto quell'ultima lettera
perché sono certa di non essermi sbagliata durante tutte quelle notti passate ad ascoltare il rumore
del traffico londinese sul tetto del mio appartamento, mentre mi raccontavi dei tuoi progetti per
lasciare un segno su questa terra ed essere il cambiamento... Io so chi sei davvero...
O almeno lo spero...
Tua (comunque) per sempre

Angel xx


Un brivido gli percorse la schiena, ma non era colpa del freddo. Lui non aveva letto quelle parole e non le avrebbe mai lette. Ma soprattutto: Angel non avrebbe mai ricevuto una risposta, dopo essersi esposta ed aver rischiato così tanto. Harry aveva sempre pensato che ci volesse un certo coraggio per scrivere una lettera. Insomma, una volta spedita non si può più modificare e se ci si accorge che quello che si è scritto è sbagliato o avventato o troppo intimo, non si può far altro che aspettare la risposta con le sue conseguenze. Mettersi a nudo in una lettera era un estremo atto di coraggio, perché chi la leggeva aveva tutto il tempo per rifletterci sopra, per soppesare ogni singola parola, per scandagliare nell'anima del mittente senza che questi sia presente. Era anche per questo che Harry amava il suo lavoro: ammirava il coraggio di quelle persone e cercava di carpirne il segreto.

Ed allora decise che quella lettera non poteva rimanere senza risposta, eppure non poteva nemmeno pretendere di essere una persona che non era. Non che gli fosse neanche passato per l'anticamera del cervello di fingersi quel coglione di Antoine, però sapeva di dover fare qualcosa per lei. Così rimise la lettera di Angel dentro la sacca e continuò il suo giro, con la testa però già proiettata sulla carta da lettere che sapeva di aver imbucato da qualche parte nel suo appartamento e che con ogni probabilità risaliva all'epoca del suo decimo compleanno.


֎֎֎


Quella sera non era riuscito nel suo intento, perché uno dei cantanti per cui aveva scritto già qualche pezzo voleva portarlo in un locale appena aperto sull'East River, così l'indomani, in un insospettabilmente soleggiata domenica mattina (quel semestre gli era andata bene con il giorno libero), si sedette su uno degli sgabelli che aveva in cucina, appoggiò sul bancone la tazza di tea aromatizzato alle rose che stava sorseggiando, e riprese in mano la lettera di Angel. L'aveva già riletta un paio di volte, cercando una scusa sensata con cui iniziare la sua risposta, ma non ne era ancora venuto a capo. L'abbandonò sul ripiano usurato dal tempo (tre quarti dei mobili di casa sua provenivano da mercatini dell'usato) e prese in mano la carta e la penna rigorosamente nera che teneva sempre infilata nel suo taccuino. Doveva trovare un modo per iniziare e poi sapeva che le parole sarebbe uscite da sole, come quando scriveva una canzone: i primi versi erano sempre quelli che scriveva per ultimi. Si legò i capelli in uno chignon spettinato, valutando anche l'opzione che fosse giunto il momento di tagliarli, così avrebbe fatto felice anche sua madre, ma poi pensò che ci si era affezionato troppo ed abbandonò l'idea. Ecco come poteva iniziare!


                                                10 Dicembre 2015

Cara Angel,
so che questa non è la lettera che ti aspettavi, ma spero che mi
concederai il privilegio di arrivare a leggere fino alla fine di quanto
sto per scriverti. Mi chiamo Harry e sono il ragazzo che tutte le
mattine passa davanti casa tua per consegnare la posta in bicicletta.
Forse tu non avrai la più pallida idea di chi io sia, ma te lo dico di
modo che tu non possa pensare che sono uno psicopatico o uno stalker.
E' stato il mio lavoro a permettermi di leggere le tue lettere. O meglio,
prima che tu ti possa infuriare, ho letto solo una tua lettera ed una
sua... Sì, intendo proprio di lui. Immagino che a questo punto vorrai
strangolarmi o rintracciarmi per chiamare la polizia, ma ti chiedo solo
qualche altro minuto del tuo tempo per spiegarti tutto. L'altro
giorno stavo per consegnarti la sua lettera quando, a causa della neve
e della mia proverbiale imbranatezza (non so nemmeno se esista come
parola, scusa**), mi sono schiantato al suolo e tutte le lettere che
avevo con me si sono sparpagliate per terra. La sua era particolarmente
presa male, come avrai notato (scusa anche per quello, mia madre me
lo dice sempre che sono la persona più maldestra che conosce... Scusa,
sto divagando ancora**) e la lettera è letteralmente sgusciata fuori
dalla busta, così... Sì, okay, lo ammetto lì ho sbagliato io, ma siamo
umani okay?? Viviamo per raccontare e leggere storie, quindi mi sono
ritrovato a scorrere la sua lettera e... E non potevo crederci! Come
poteva anche solo aver pensato di scriverti parole come quelle?! Io
non so nulla della vostra storia, è vero, ma ho letto le sue parole
e non credo che ti meriti questo. Ma lascia che finisca prima di
risponderti... Perché è questo che sto facendo: sto rispondendo a
quella tua ultima lettera che lui ha deciso di non leggere e di
rispedirti indietro... E sì, come probabilmente starai immaginando
mentre inorridisci, ho letto anche la lettera che tu gli avevi spedito
e ho pensato che fosse il minimo che tu ottenessi una risposta. Perché
io non so nulla di voi, ma soprattutto di te, eppure so che non voglio
tu rimanga senza una risposta... Insomma: per scrivere una lettera di
quel tipo implica possedere un certo coraggio ed io ammiro le persone
che lo posseggono e ne fanno mostra. Angel (lo sai che hai un nome
meraviglioso? So che non centra nulla e che non migliorerà la mia
posizione, ma è la prima cosa che ho pensato quando l'ho letto sulla
busta della prima lettera che hai ricevuto... Scusa, torno al punto
ora^^) forse ho un sacco di cose da dirti oppure non ne ho nemmeno
una, ma voglio che tu sappia che una ragazza con un nome come il
tuo non può soffrire per amore. Non te lo meriti e di questo ne
sono convinto.
Probabilmente penserai che sono pazzo e, forse, un po' lo sono davvero
ma spero che tu capisca che lo sto facendo per te... Wow: questo
suonava supponente, scusa (di nuovo**).
Credo sia meglio se mi fermo qui, perché rischio di dire cose che
nonostante dovrei... Spero tu non voglia ancora uccidermi o
denunciarmi alla polizia.
Se hai bisogno, sono qui (figurativamente e materialmente, dato
che ti consegno la posta ogni mattina alle sette e dieci).
Un abbraccio

HARRY. XX


Guardò la sua firma in stampatello e si chiese se fosse il caso di rileggere quello che aveva scritto, ma ci rinunciò, spendo già che altrimenti non l'avrebbe mai davvero consegnata, strappandola immediatamente. Così, a chiuse, scrisse sopra l'indirizzo di Angel e poi il suo, forse per aiutarla a dare meglio i suoi dati alla polizia postale o magari per fornirle tutti gli strumenti per rispondergli, non ne era proprio sicuro. Mise la lettera nella tasca del cappotto di montone oversize che usava per fare le consegne e tornò a sorseggiare il suo tea. Fuori dalla finestra, l'atmosfera di festa che rendeva l'aria di New York quasi fragrante lo fece sorridere e l'impressione che una nuova canzone stesse prendendo forma nella sua mente si impossessò di lui, ma non era ancora il momento per scriverla. Avrebbe aspettato.

֎֎֎


La mattina dopo consegnò le lettere così velocemente che quasi rischiò di cadere dagli scalini di casa di Angel ricoperti di ghiaccio. Le aveva imbucate entrambe: sia quella che l'altro (non aveva più aggettivi per lui) le aveva rispedito indietro, sia la risposta che aveva scritto la mattina precedente. Inforcò la bicicletta e ripartì alla volta della signora Gonzales. Quella notte ci mise un'ora prima di addormentarsi, perché la sua testa era piena di lettere mai consegnate, di fogli strappati e di denunce recapitate a casa.


֎֎֎


Erano ormai passati tre giorni e di lettere firmate “Angel” nemmeno l'ombra. Ma d'altra parte, non era un po' sciocco aspettarsi una lettera da un angelo? Ormai Harry aveva perso le speranze, perché se non aveva risposto fino ad allora voleva dire che non aveva alcuna intenzione di avere a che fare con lui. Per la prima volta da quando aveva risposto alla sua lettera si chiese, mentre usciva dalla metropolitana per dirigersi alla sua mansarda-appartamento, come si sarebbe comportato lui al posto di Angel. Certo, vedersi arrivare una lettera di un tipo random che ti dice di aver letto la tua corrispondenza non è decisamente il massimo, ma Harry sapeva anche di aver scritto qualche considerazione che avrebbe potuto farle piacere. O almeno: a lui avrebbero fatto piacere. Ma lui non era le altre persone e soprattutto non era Angel.

Si stava ancora arrovellando il cervello chiedendosi che cosa avrebbe fatto lui al posto della ragazza senza volto ma con una grafia delicata, che la punta dei suoi stivaletti si scontrò con qualcosa a terra, poco prima del tappetino di benvenuto con i gatti che sua madre gli aveva regalato il Natale precedente. Una lettera. Non una lettera qualunque: era una lettera che solo una persona poteva aver spedito, perché quella carta era inconfondibile. La prese tra le mani, ringraziando la padrona dello stabile per avergliela messa lì, proteggendola dalla pioggia, ed entrò in casa. Si tolse il giubbotto, lanciandolo sul divano nell'ingresso, assieme alle chiavi, e si diresse al bancone della cucina, accendendo luci a caso. Si sedette e rimase a contemplare quella busta per quella che poteva benissimo essere un'eternità: perché era così nervoso nel leggerne il contenuto? Non lo sapeva, ma doveva a tutti i costi togliersi quella curiosità, perché l'euforia del momento rischiava davvero di farlo cadere dallo sgabello.


                                                                                                                                    11 Dicembre 2015

Caro Harry.

Hai perfettamente ragione: tu sei pazzo e sì, mi sono arrabbiata da morire (per non dire altro) con te.
Non so come ti sia passato per la testa di ficcare il naso nei miei affari. È stato davvero avventato, da
gran maleducato e penalmente perseguibile, vorrei aggiungere.
Ma ti ringrazio. Dico davvero. No, non sono impazzita (quella prerogativa te la lascio volentieri ^^) è
solo che credo tu abbia fatto un gesto speciale... Ed io adoro i gesti speciali. Credo siano quelli a far
sì che esista ancora un po' di magia e di fascino in questo posto chiamato pianeta terra.
Forse mi hai contagiata e sto impazzendo anche io, ma vorrei raccontarti la mia storia e ti prego di
concedermi il privilegio di leggerla fino alla fine, anche perché sei stato tu ad offrirmi il tuo aiuto,
quindi...
Ho conosciuto Lui (scusa, ma scrivere il suo nome mi risulta ancora difficile) quasi sei anni fa e quando
sei una sedicenne innamorata dell'idea dell'amore ed incontri una persona che ti prende così tanto,
sembra davvero che tutto il resto del mondo sparisca... Ed assieme ad esso anche la tua vita. O almeno,
per me è stato così. Non dimenticherò mai la prima volta che i nostri sguardi si sono incrociati, perché
sono quasi certa che tutto sia cominciato in quel preciso istante... Speravo solo durasse per sempre. Ma
comunque, ero al centro ricreativo del mio quartiere, a sud di Londra, perché ci facevo volontariato
tre volte a settimana ed un giorno, mentre fuori c'era una straordinaria giornata di sole, è entrato
dalla porta principale, illuminato da una luce quasi divina, Lui... Un anno più grande di me, fisico
asciutto, capelli lunghi e castani, occhi dannatamente azzurri ed una sicurezza nei modi di fare che
ti travolgeva... E mi ha travolta eccome.
Forse il nostro reale problema è sempre stata la tempistica, perché vedi: quando lui è entrato a far
parte della mia vita, nello stesso momento, sua madre inseriva nella sua quella che doveva essere la
donna perfetta per lui... E sì, eravamo poco più che adolescenti, ma questo non contava per i suoi
genitori... “La reputazione prima di tutto”, credo sia questa la frase che ho sentito più spesso uscire
dalla bocca di suo padre: terrificante. Ti immagini vivere un'intera esistenza preoccupandoti
costantemente di ciò che la gente pensa di te? Impazzisci per forza... Ad ogni modo, non dico che
quella ragazza non fosse realmente la persona giusta per lui, perché se alla fine l'ha scelta vuol dire
che sua madre ci aveva visto molto più lungo di me, però non riesco a non pensare che se, forse,
avessimo avuto un po' di tempo in più per conoscerci senza interferenze esterne, le cose magari
sarebbero andate diversamente...
Ci siamo rincorsi per così tanto tempo che quasi mi ero dimenticata come tutto è iniziato... Magari
sarà così anche per ogni altro ricordo che ho insieme a lui o che è ricollegabile a lui, ma con ogni
probabilità implicherebbe dimenticare gli ultimi sei anni di vita... Chissà.
Per tornare alla nostra storia, credo ti basti sapere che sono finita a fare quella che la gente definisce
come “amante”, anche se io personalmente non ho mai sentito mio questo appellativo... Sì, sono
andata contro ogni mio principio e ho accettato quel ruolo solamente perché lui mi aveva giurato che
fossi io quella che amava davvero, che con lei ci stava assieme solo per far contenta la madre e che lei
sapeva tutto ed aveva pure lei una vita parallela più attiva della sua... Come se fosse una sfida, capisci?
Lo so che non avrei dovuto accettare lo stesso, ma lo amo okay? Dio, sto giustificando le mie scelte con
uno sconosciuto e non riesco a scrivere nemmeno quel verbo al passato... Diamine, scriverlo fa sembrare
tutto più vero e tangibile ed io mi sento una completa idiota. Probabilmente quelle promesse non sono
altro che quelle che tutte le amanti del mondo si sentono rifilare ogni volta... Wow.
Ne uscirò mai, Harry? Secondo te riuscirò mai a rilegare in un angolo della mia testa o persino a
dimenticare tutte le promesse, le dichiarazioni, i gesti ed i sorrisi che ci siamo scambiati? Perché
sinceramente non ne sono per niente sicura e questa cosa mi fa parecchio paura.
Nella tua lettera hai scritto che una ragazza con un nome come il mio non dovrebbe mai soffrire per
amore... Ma la vuoi sapere la verità, Harry? Io ho solo sofferto per amore, perché anche quando lui mi
baciava, mi diceva di amarmi e mi prometteva cose che non avrebbe mai mantenuto, sapevo che lui
non sarebbe mai stato davvero mio. Ed ogni gioia, era una gioia a metà ed ogni speranza era sempre
macchiata dalla consapevolezza che non sarebbe mai andata davvero come io speravo... Quindi mi
dispiace deludere le tue aspettative, ma il mio nome non mi ha salvata dal soffrire per amore... Forse
non tutti abbiamo una storia a lieto fine da raccontare... Tu ce l'hai, Harry?
P.S. Sei adorabile quando ti scusi, ma ho l'impressione che non ti serva farlo...
Un abbraccio

Angel xx


Non ci pensò due volte e andò a prendere un altro foglio da lettere dal cassetto dove aveva scoperto di averli nascosti, prese una penna a caso dal tavolo e si mise a scrivere di getto. Quella ragazza aveva bisogno di sapere che l'amore non era tutto come quello che lei aveva conosciuto: aveva molteplici aspetti, era un caleidoscopio che incantava, spaventava e travolgeva allo stesso tempo.


Cara Angel,
punto primo: grazie!! Grazie per non avermi denunciato, per non aver
chiamato la polizia e, soprattutto per avermi risposto. Ti assicuro
che la tua fiducia in me non è mal riposta e che ti puoi fidare...
E scusa se chiedo troppe volte scusa **
Punto secondo: tutti, prima o poi, trovano la loro storia a lieto
fine da raccontare. Non lo dico per presunzione o per credulità, ma
perché lo so. Sono due anni che abito in questa città straordinaria e
devo solo a lei le più importanti lezioni di vita che ho imparato, tra
cui anche quella che ognuno di noi abbia la propria favola personale. Ho
sempre scritto canzoni (ora lo faccio come secondo lavoro, o come primo,
non lo so nemmeno io quale sia il mio preferito... Forse uno mi serve
per fare l'altro... Scusa, sto divagando di nuovo^^). Io scrivo canzoni e
quasi mai raccontano storie capitate a me** Non che non sappia di cosa
parlare, ma credo che le storie che appartengono alle altre persone mi
intrighino di più. Starai pensando che non sono normale e sinceramente
non mi sento di darti torto, soprattutto dopo che ti avrò detto che
la tua storia mi ha già fatto venire in mente un nuovo testo... Scusa...
Non so nemmeno io per cosa **
Quindi vorrei chiederti un enorme favore: ti andrebbe di raccontarmi
tutta la tua storia?
Un abbraccio
P.S. Angel: lo sai perché alziamo così spesso gli occhi verso il cielo?


HARRY xx


La mise nella busta e prese il suo quaderno personale: quel post scriptum stava per diventare qualcosa d'altro.



Hi sweethearts **

Grazie per aver letto **
Questa è la prima parte di una Os sbucata fuori dal perenne "periodo Harry" in cui vivo e dai tweet emotivamente destabilizzanti che Mr Styles ha deciso di postare... Con ogni probabilità io non sopravviverò al primo ascolto di questa canzone, sappiatelo, ma credo sia giusto così^^ Detto ciò, penso sia corretto dirvi che la storia è ancora in fase di scrittura, quindi non so quando posterò la seconda parte ma spero abbiate la pazienza di aspettarmi... Sempre se pensiate ne valga la pena **  Quindi ditemi tutto quello che pensate su questa storia o sul mio modo di scrivere, perchè sarebbe importantissimo per me... Mi trovate anche su Twitter
Lots of Love xx


  
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