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Autore: Somriure    26/10/2015    1 recensioni
Una vacanza per abbattere ogni pregiudizio.
Una vacanza per dimostrare la propria personalità.
Una vacanza per cambiare.
Harry, diciassettenne timido e impacciato con le ali tarpate dai genitori troppo severi e oppressivi.
Louis, ventunenne ribelle e solo, allontanato da tutti per stupide credenze e pregiudizi.
Sotto la luce del grande Faro si incontreranno e diventeranno amici.
Forse dalla loro amicizia nascerà qualcosa di più; forse la luce del Faro li farà scottare e allontanare per sempre.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano due giorni che Louis non si faceva vivo. Erano due giorni che Harry era barricato in camera sua. I suoi genitori non lo lasciavano uscire per nessun motivo, poteva lasciare la sua stanza per andare in bagno solo in presenza del signor Dalmon, un maggiordomo che aveva il compito di prendersi cura di lui. Era una situazione imbarazzante! Il signor Dalmon lo fissava con quello sguardo impenetrabile e attento e Harry si sentiva sempre più intimorito. Cercava di ridurre al minimo le passeggiate in bagno, preferiva trattenersi che essere in continuazione soggetto allo sguardo indagatore dell'uomo. Così Harry passava le sue giornate nella solitudine più totale in compagnia della sua migliore amica televisione e delle sue adorate schifezze.

Suo padre non faceva entrare nessuno in camera sua. Diceva che le altre persone avrebbero potuto attaccargli qualche virus che avrebbe compromesso ulteriormente la sua salute e poi era convinto che se avesse smesso di frequentare i suoi amici avrebbe affrontato meglio la partenza che sarebbe avvenuta a breve.

Gemma ogni tanto passava a dargli un salutino. Non era presente come i primi giorni, aveva moltissime cose da studiare e quindi preferiva sedersi sulla sabbia umida a leggere e sottolineare i suoi pesantissimi e incomprensibili tomi di medicina. Cameron sedeva sempre accanto a lei, le accarezzava i capelli e le spiegava quello che la ragazza non riusciva a capire. Cam doveva iniziare l'ultimo anno di tirocinio, era quasi un medico a tutti gli effetti ormai e presto si sarebbe trasferito nel più importante ospedale di Los Angeles che era da sempre stato il suo sogno. Harry li osservava spesso dalla sua finestra. Erano veramente una bella coppia, era molto felice per sua sorella. Si meritava un ragazzo dolce e attento come Cameron.

La felice vita sentimentale di sua sorella, non era l'unica cosa che Harry si dilettava ad osservare dalla finestra. Ormai aveva preso l'abitudine di alzarsi all'alba per osservare la barca del suo ragazzo in mezzo al mare. Lo guardava per un po' e poi si rimetteva a letto per continuare a dormire. Ultimamente le farfalle erano tornate, ma avevano portato con loro un amico elefante. Questo elefante rimaneva costantemente sulla bocca dello stomaco di Harry e, come un macigno pesante, comprimeva la sua pancia dando una sensazione di enorme pesantezza. Harry odiava questa sensazione. Gemma gli aveva spiegato che era una sensazione che si provava in momenti di tristezza. E sì, Harry era tanto triste. Aveva trovato una boccata di felicità per qualche giorno, ma improvvisamente questa era sparita lasciando nuovamente un vuoto più profondo.

Il bussare della porta lo fece destare sai suoi pensieri.

-Posso entrare?- chiese suo padre facendo capolino. Harry annuì e si mise a gambe incrociate sul letto.

-Il dottor Chan ha i risultati delle tue analisi. Ora ne discuteremo insieme e poi ti faremo sapere. Va bene Pulcino?- chiese ridacchiando falsamente l'uomo a carezzando i ricci di Harry. Il ragazzo annuì poco convinto e si stese sul letto osservando le nuvole che si intravedevano dalla finestra rigorosamente chiusa.

Des uscì dalla stanza dopo aver lasciato un nuovo gioco per la play station ad Harry e si recò nel suo studio. Il dottor Chan lo aspettava già lì mentre scorreva un dito su un foglio.

-Allora Hu, cosa può avere mio figlio?- chiese il signor Styles prendendo posto nella sua comoda poltrona.

-Vuoi la verità, Des? Tuo figlio non ha proprio niente. Noto solo qualche valore un po' sballato del sangue riguardante le sue cattive abitudini alimentari e la sua vita troppo sedentaria. Una vita sana e un bello sport all'aria aperta farebbero rifiorire tuo figlio e poi lo sai che la sua asma è perfettamente curabile con qualche medicinale.- disse il dottore togliendo gli occhiali dal naso e riponendoli accuratamente nella custodia.

-E' proprio questo il problema, Hu. Voglio che Harry abbia qualche problema. Lui è completamente inutile per la società e mi serve malato a tutti i costi.- spiegò l'uomo pazientemente.

-Io non riesco ancora a capire il perché.-

-Non dovrei spiegare tutte queste cose a te, ma visto che dopo anni credo di reputarti un amico ti svelerò i miei segreti più oscuri.- disse ridacchiando. -Il ruolo del capo nella mia azienda è tramandato, da sette generazioni, da padre in figlio. Harry è il mio unico figlio maschio, quindi spetterebbe a lui un giorno la gestione di questa impresa, ma sai meglio di me che i ritardati mentali non combineranno nulla di buono nella vita, quindi non posso permettere che Harry prenda in mano la situazione. È incapace e stupido, non sarebbe in grado di portare avanti il prestigioso nome degli Styles e di certo non voglio che la mia azienda venga mandata in aria da un incompetente. Eleanor sarà la degna padrona della mia opera.-

-Va bene, ma perché vuoi a tutti i costi negare una vita pseudo normale a tuo figlio?-

-Harry è sempre vissuto nelle quattro mura domestiche. Non sa nulla del mondo e non sembra interessato. Se per puro caso iniziasse a frequentare la vita al di fuori della carta da parati gialla che ha in camera, scoprirebbe il mondo e il suo essere completamente ritardato con il tempo verrà levigato. Questa è l'ultima cosa che voglio. Hu, devi falsificare la cartella di Harry. Ti pagherò tre volte tanto, ma devi dire a mio figlio di avere una grave malattia degenerativa che lo costringerà a letto per i prossimi... anni? Puoi farlo per la nostra amicizia? Puoi farlo per i miei soldi?-

La decisione da prendere era seria. La richiesta di Des lo avrebbe portato a trascurare ogni norma esistente; in questo modo avrebbe pesantemente infranto il giuramento di Ippocrate e se qualcuno lo avesse scoperto sarebbe finito certamente in galera. Ma i soldi erano tanti e quando uno è ricco aspira ad avere sempre di più.

Il dottor Chan sbuffò e, socchiudendo gli occhi, annuì. Des lasciò una pacca sulla spalla dell'amico e uscì dallo studio. Si ricompose un attimo trasformando la sua espressione soddisfatta in una triste e preoccupata e, seguito dal dottore, tornò in camera di Harry.

Il ragazzo stava facendo una partita a carte con Anne mentre leccava un ghiacciolo. Appena la porta si aprì i due lasciarono la partita. La donna si fiondò accanto al marito con una faccia preoccupata, Harry invece si sedette sul letto svogliatamente.

-Ci sono novità, Des?- chiese Anne. L'uomo annuì seriamente. La donna si accigliò. Harry invece rimase impassibile; il ghiacciolo al limone era molto più interessante.

Il dottor Chan indugiò un istante prima di avvicinarsi completamente al letto del ragazzo.

-Harry, le analisi che ho fatto, hanno riscontrato una grave anomalia nel tuo cuore. Purtroppo non riesce più a svolgere tutte le sue funzioni quindi devi aiutarlo tu!- disse accomodandosi sul suo letto e parlandogli come se fosse stato un bambino piccolo. Harry odiava quando la gente si comportava in questo modo con lui.

-E.. come?- chiese sbuffando.

-Devi preservare al massimo le tue forze limitando i tuoi movimenti. Purtroppo ho paura che tu debba rimanere a letto. Ti ho già messo in lista per un trapianto, ma come puoi ben immaginare questa lista è lunga.-

Harry si sentì morire. Sapeva che la situazione non era delle migliori, lo leggeva nello sguardo di suo padre. Ma non credeva che potesse essere così devastante ricevere una così brutta notizia.

-A...a letto?- chiese per assicurarsi di aver sentito bene.

-Sì Harry, è per il tuo bene.- aggiunse suo padre. Il ragazzo iniziò ad osservare lentamente le persone che gli stavano davanti. Era arrabbiato e frustrato, ma non poteva esternare i suoi sentimenti, questo lo sapeva bene, avrebbe solo mortificato sua madre, irritato suo padre e impazientito il dottor Chan. Era molto meglio rimanere in silenzio e contare fino a 10.

-O...ok, potreste andarvene tutti ora?- chiese con le lacrime agli occhi, ma non gliela avrebbe data vinta, loro non lo avrebbero visto piangere. Si stese sul letto e si accucciò sotto le coperte.

-Ma certo tesoro!- disse suo padre uscendo immediatamente accompagnato dal dottor Chan.

Anne invece si sedette sul suo letto e iniziò ad accarezzargli le gambe.

-Ehi piccolo, non è la fine del mondo. Guarirai, me lo sento. Sei forte, bambino mio!- disse la donna trattenendo un singhiozzo. Harry si accucciò ancora un po' sotterrando completamente la testa sotto al cuscino.

-Vuoi che vada via, vero?- chiese la donna sperando di ricevere una risposta che ovviamente non ci fu; così si alzo e dopo aver sospirato uscì.

Solo allora la testa di Harry, rossa per il calore e bagnata di lacrime spuntò fuori. Il mondo era ingiusto con lui. Perché doveva soffrire così tanto! Riuscì a calmarsi solamente quando, guardando fuori, scorse i capelli color caramello del suo ragazzo fare surf agilmente fra le onde alte del mare. Harry sospirò e con un leggero sorriso malinconico si rimise a letto.

-.-.-.-.-.-.-

Erano due giorni che Nathan era convinto che ci fosse qualcosa di sbagliato nei comportamenti di suo nipote. Era silenzioso e riservato, limitava i discorsi a qualche parola buttata lì e passava il minor tempo possibile a casa. Per la maggior parte del tempo se ne stava da solo nella sua vecchia barca a guardare il mare.

Erano due giorni che non vedeva Harry, Nathan ne era sicuro; gli pareva di aver sentito che il ragazzo fosse a letto malato e che non poteva ricevere visite. Nathan era in pena per i dolori di Louis. Provava a parlargli in tutti i modi possibili e cercava di avvicinarsi a lui in ogni modo: preparandogli il suo piatto preferito o non oberandolo di lavoro; ma il ragazzo rimaneva distante.

Il vecchio Nathan non ne poteva più. Voleva parlare con suo nipote; la sua malattia stava peggiorando e i medici gli avevano dato poco tempo di vita. Non voleva che il suo Louis soffrisse troppo la sua mancanza, voleva stargli vicino per gli ultimi momenti rimasti.

L'anziano guardiano del faro decise di provare l'ultima strada rimasta, avrebbe speso tutti i suoi soldi per rendere di nuovo felice suo nipote.

Uscì presto quella mattina, si recò in un negozio di attrezzature nautiche e comprò quello di cui aveva bisogno. Poi si fece aiutare a trasportare quel grande oggetto fino al molo davanti casa loro. Per dargli una parvenza di regalo lo avvolse in un grande fiocco rosso. Guardò la sua opera con le lacrime agli occhi e si sedette sulla sabbia per aspettare suo nipote e per osservare da vicino l'espressione sorpresa che avrebbe fatto alla vista di quel regalo inaspettato.

Louis arrivò poco dopo. Teneva la testa bassa, ma appena scorse il nonno con la coda dell'occhio si diresse verso di lui. Rimase sorpreso quando notò il regalo: sgranò gli occhi e si avvicinò di più al vecchio.

-Nonno ma... una barca nuova!- esclamò.

-Sì, ti piace? È la tua! Sei diventato un ometto grande ormai, è giusto che tu ne abbia una personale.-

-Ma.. nonno sarà costata tantissimo! Tutti i tuoi risparmi!-

-Oh sciocchezze! Volevo farlo, te lo meriti, Louis.- disse dando una pacca affettuosa alla spalla del nipote.

Louis guardò negli occhi quell'uomo che per anni lo aveva guidato, quell'uomo che si era preso sulle spalle il compito di accudire un piccolo orfano salvato dalle acque, quell'uomo che gli voleva bene più della sua stessa vita. Il ragazzo non ci pensò due volte, cinse con le braccia il corpo gracile di quel suo genitore un po' troppo cresciuto e si fece cullare dal calore dell'uomo che era stato un faro per lui. Dopo qualche secondo il ragazzo si staccò da quell'abbraccio riparatore con un nuovo raggiante sorriso sulle labbra. Se avesse saputo che quello sarebbe stato il loro ultimo abbraccio probabilmente non si sarebbe mai allontanato, ma con la pura felicità dell'ignoranza si diresse verso il suo nuovo mezzo di trasporto.

-Vuoi fare un giro?- chiese al nonno.

-Eh no ragazzo! Prima devi darle un nome e inaugurarla! Non puoi cavalcarla se non la conosci!- esclamò il vecchio. Louis ridacchiò.

-Va bene, oggi le darò un nome e poi la cavalcheremo insieme!-

Il vecchio sorrise e scompigliò i capelli del nipote. Il suo Louis era tornato.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

-Ora spiegami perché, per diventare medico, devo studiare diritto!- esclamò Gemma entrando nella stanza di Harry con la sua solita delicatezza.

-Devi saper riconoscere le truffe, Gemma!- rispose pazientemente quel santo di Cameron. La ragazza sbuffò e si sedette di peso sul letto di suo fratello.

-Ehi polpetta, che succede? Mamma mi ha detto che stai poco bene!- disse la ragazza accarezzandogli una guancia.

-Sto male.- borbottò Harry tristemente.

-Di che si tratta, Harry?- chiese Cameron incuriosito.

-Non lo so, non ho ben capito, il mio cuore...- mormorò il riccio con aria annoiata.

-Mh.. posso leggere la tua cartella clinica? Provo a spiegarti cosa c'è che non va! Spesso noi medici parliamo con termini troppo specifici e ci dimentichiamo che la gente, la maggior parte delle volte, non ci capisce!- ridacchiò il ragazzo grattandosi la testa.

-Credo che sia nello studio di papà, va a prenderla!- concesse Harry. Il ragazzo dai capelli lunghi annuì e uscì dalla stanza.

Gemma si stese accanto al fratello lasciandogli un bacio sulla guancia.

-Ho visto Louis sulla sua barca poco fa, era incavolato nero!- ridacchiò la ragazza, Harry sorrise immaginando il suo ragazzo e la sua poca pazienza nell'affrontare le cose.

-Non lo vedrò mai più...- mormorò tristemente.

-Ma no, non dire così. Convincerò papà. Lo sai che io ho i miei metodi!- lo consolò la ragazza scompigliandogli i capelli.

-Gemma, credo che tu debba vedere questo!- esclamò Cam allarmato entrando di corsa in camera.

-Che succede, Cameron?- chiese la ragazza continuando ad accarezzare i capelli del fratello. Il ragazzo le porse un foglio e si sedette accanto a lei.

Gemma si mise composta e iniziò a leggere cosa ci fosse scritto di tanto importante su quel foglio che aveva tutti i tratti di una cartella clinica.

Harry osservava sua sorella leggere. Aveva sempre voluto imparare a leggere bene, era convinto che ogni libro al suo interno nascondesse delle meraviglie. Gli sarebbe piaciuto viaggiare con la fantasia per mondi inesplorati e magici, ma lui non poteva. Non ne era capace.

Il ragazzo notò le varie espressioni di sua sorella: dalla faccia quasi annoiata che aveva assunto all'inizio della lettura, passò ad una incredula e indignata. Harry la fissava con un'aria interrogativa, mentre Cameron si limitava a tenere la testa bassa.

-Non è possibile! Come cazzo si permette!- urlò. -Tappati le orecchie polpetta!- esclamò prima di alzarsi inferocita.

-Ehi, ehi, ehi, ferma Gems!- la bloccò Cameron con le sue possenti braccia. -Che vuoi fare, mostriciattola?-

-Voglio strozzare quell'uomo.- ringhiò la ragazza guardando la porta.

-Ehi, piccola, così non combinerai nu...-

-Perché sei così tranquillo? Non capisci che mio padre ha falsificato la cartella clinica di mio fratello per fare i suoi interessi? Lui ha relegato Harry in una stanza per una settimana, Cam, come faccio a stare tranquilla?- urlò Gemma con le mani tra i capelli.

Harry spalancò la bocca incapace di dire altro. Si alzò dal letto e continuando a fissare i due ragazzi si diresse lentamente verso la porta, camminando come se stesse calpestando dei pezzi di vetro. Gemma lo osservava silenziosamente con gli occhi colmi di lacrime di rabbia, Cameron la stingeva forte al suo petto cullandola leggermente per farla calmare.

Harry aprì la porta e si diresse con cautela in soggiorno, dove suo padre stava sorseggiando un caffè in compagnia di Briana e di Eleanor. Rimase lì fermo ad osservarli. Ben presto Des si accorse di lui e con quella vocetta fastidiosa e finta che lo aveva accompagnato per tutta la settimana, disse:

-Harry, tesoro, non dovresti stare qui! Hai sentito cosa ha detto il dottor Chan?-

Le due ragazze sghignazzavano tra loro coprendosi inutilmente con la mano. Harry continuò a fissare il padre con uno sguardo indecifrabile.

-Harry...?- riprovò l'uomo nascondendo anche lui un sorrisetto divertito.

-Lascialo stare, Des, lo sai che è ritardato!- disse Briana sottovoce; Eleanor scoppiò a ridere, Des si limitò a sorridere. Anche Harry riuscì a sentire le parole maligne della bionda, ma per una volta volle provare a difendersi in qualche modo, quindi cercò di ricacciare dentro le lacrime e continuò a sostenere lo sguardo del padre.

-Allora, pulcino spennacchiato, vuoi dirmi cosa c'è che non va?-

-S...solo... perché?- chiese il ragazzo tutto ad un fiato.

-Perché cosa?- domandò il padre fingendo di non capire.

-Perché mi hai segregato in camera? Perché hai mentito sulla mia salute? Perché mi obblighi a stare a casa? Perché non posso andare a scuola? Perché mi costringi a suonare il piano anche se non sono capace? Perché mi umili sempre davanti a tutti? Perché devo essere sempre il tuo figlio ritardato? Cosa ho in meno di Gemma? Di Eleanor? Perché per una volta, una fottutissima volta, non puoi semplicemente essere fiero di me anche se sono solamente il tuo figlio ritardato?-

Disse tutto questo senza fermarsi, senza balbettare. Sputò queste parole dal cuore, le parole che da troppo tempo erano rimaste imprigionate dentro di lui, le parole che avrebbe dovuto dire da sempre. Harry era finalmente libero, il senso di vuoto che da una vita conviveva con lui, si era dileguato insieme alle parole. Harry era un'altra persona, si sentiva più forte, sentiva che una corazza di forza stava ricoprendo il suo cuore ormai martoriato dai troppi perché.

Le due ragazze avevano smesso di ridacchiare, Gemma e Cameron erano usciti dalla stanza e lo guardavano orgogliosi, Anne aveva gli occhi sgranati dallo stupore. Nessuno fiatava, neanche una mosca osava ronzare in un momento così delicato.

Des fece un profondo respiro, poi si alzò dal divano. Si mise i fronte ad Harry e iniziò a fronteggiare il suo sguardo. Era furioso. Mai si sarebbe aspettato che quel ritardato di suo figlio potesse in qualche modo farlo cadere così in basso umiliandolo pubblicamente.

Lo perforò con il suo sguardo, poi dopo aver sbuffato ferocemente piantò le sue cinque dita sulla guancia di Harry provocando il rumore secco e sonoro di uno schiaffo.

Improvvisamente tutte le certezze che Harry aveva costruito in quei minuti crollarono. Il riccio tornò a sentirsi il ragazzotto goffo e inutile, che non sapeva leggere e che non avrebbe mai avuto uno scopo nella vita.

Il ragazzo portò la mano sulla guancia rossa e calda guardando il padre con uno sguardo ferito e terrorizzato. Il vuoto che per quei pochi istanti lo aveva lasciato libero, tornò più forte che mai, colpendo Harry in pieno.

Il ragazzo indietreggiò di qualche passo dirigendosi con cautela verso la porta di casa. In un momento come questo avrebbe certo preferito affogare nel cibo, ma sua madre osservava allibita la scena dalla cucina e l'ultima cosa che voleva in quel momento era parlare con sua madre. Così decise di ricorrere al piano B.

Aprì la porta e senza guardarsi indietro si diresse verso quel luogo che nelle ultime settimane era diventato la certezza assoluta della sua estate: il faro.

L'unica persona che il quel momento sarebbe riuscita a calmarlo fortunatamente era lì. Harry si avvicinò lentamente cercando in modo inutile di smettere di piangere. Quando fu abbastanza vicino, notò che Louis aveva una latta di vernice in mano e un grande pennello. Era intento a dipingere una scritta su una barca nuova. Harry era troppo pigro per sforzarsi di leggere e i suoi occhi erano ancora troppo colmi di lacrime per essere del tutto in grado.

Louis era concentratissimo. Non si sarebbe mai accorto di Harry se quest'ultimo non avesse cercato invano di trattenere un singhiozzo.

Il ragazzo del faro si voltò con le guance sporche di vernice verde e dopo il primo istante di sorpresa, sorrise dolcemente ad Harry.

-Ehi, tesoro! Sei guarito!- esclamò lasciando cadere il pennello nella latta e avvicinandosi al ragazzo riccio che teneva la testa bassa.

-Non sono mai stato malato, Lou. Mio padre si è preso gioco di me, un'altra volta.- mormorò con la voce spezzata.

-Oh.- fu l'unica cosa che Louis riuscì a dire. In verità, come al solito avrebbe voluto difendere il suo ragazzo, avrebbe voluto spaccare la testa a quel verme di uomo che si divertiva a manipolare la vita degli altri; ma sapeva che Harry aveva bisogno di lui in quei momenti, e Harry era più importante di una stupida vendetta.

Così Louis si avvicinò lentamente e cinse con le sue braccia esili ma confortanti il corpo massiccio del suo ragazzo sussurrandogli all'orecchio dolci parole.

-Andrà tutto bene, Haz...-

-Tra una settimana parto.- lo interruppe bruscamente staccandosi dall'abbraccio guardandolo con quegli occhi tristi. Louis sospirò abbassando il capo.

-Lo sapevamo, amore, questo prima o poi sarebbe dovuto succedere. Godiamoci quest'ultima settimana al meglio. Comprerò uno di quei cosi che usate per comunicare... te..telefono? e ci sentiremo sempre. Te lo prometto, Harry.- disse accarezzando le guance paffute del ragazzo.

-Me...me lo prometti sul serio?-

-Certo, Hazzold, e io mantengo sempre le mie promesse.- Solo allora Harry sorrise guardando Louis negli occhi.

-E' nuova?- chiese il riccio notando solo allora la barca.

-Sì, me l'ha regalata nonno poco fa. Sto scrivendo il suo nome.- spiegò Louis arrossendo un po'. -Riesci a leggere cosa c'è scritto?-

Harry sospirò e si mise meglio davanti alla barca per cercare di leggere.

-HA...HAZ..HAZZOL... Lou?- mormorò il riccio, imbarazzato. -Lou, la tua barca ha il mio nome?- esclamò sgranando gli occhi dalla sorpresa e dalla gioia.

-Sì, amore. Te l'avevo promesso: la mia barca si sarebbe chiamata come te. Hazzold37 è un bel nome, non credi? Il numero 37 è l'anno di nascita di mio nonno. Sentivo che ci dovesse essere anche lui qui sopra!- spiegò il ragazzo del mare.

Harry annuì grato ed emozionato. Non si sarebbe mai aspettato un regalo così grande e così bello. Ora Louis quando avrebbe cavalcato il suo mare avrebbe sempre pensato a lui. Non lo avrebbe dimenticato mai. Ora Harry ne era certo e improvvisamente il grande peso che lo tormentava da giorni sparì dal suo petto. Louis si sarebbe ricordato di lui.

-Louis, io... io...io vorrei... non niente è imbarazzante.- disse arrossendo. Louis ridacchiò.

-Avanti, Haz, non essere timido!- lo esortò.

-Io vorrei baciarti.- mormorò Harry diventando, se è possibile, ancora più rosso.

Louis si perse negli smeraldi verdi del suo ragazzo continuando ad accarezzare la sua guancia. Lentamente si avvicinò a lui facendo sfiorare delicatamente le labbra di Harry con le sue, mentre socchiudeva gli occhi. Il riccio non ci pensò due volte e iniziò a baciare quelle labbra tanto amate con passione e bramosità. Il ragazzo del faro immergendo le mani nei riccioli boccolosi del suo ragazzo si appoggiò alla Hazzold37 facendo poi sedere Harry sopra di lui senza mai staccare le loro labbra. Il riccio approfondì il bacio infilando la lingua nella bocca del suo amato che lo lasciò passare gemendo leggermente.

Louis dolcemente si staccò dal bacio e facendo unire le loro fronti osservò il magnifico volto del suo ragazzo. Harry continuava a tenere gli occhi chiusi, le sue gote erano arrossate e un leggero sorrisetto emozionato faceva spuntare le sue amabili fossette.

-Ti amo, Harry.- sussurrò Louis sulla sua bocca. Sentiva che quello fosse il momento adatto, sentiva che Harry dovesse finalmente sapere quanto fosse grande l'amore che provava per lui.

Harry sgranò gli occhi e spalancò la bocca. Nessuno mai gli aveva detto questa parola. Da piccolo si divertiva a fantasticare su questo momento immaginandolo come il momento più bello della sua vita, ma questo era di gran lunga più bello di quello che per anni aveva sperato. Il senso di calore e di pienezza che si diramò nel suo cuore non era neanche lontanamente paragonabile a tutti gli altri momenti della sua vita.

Per la prima volta Harry si sentì amato, per la prima volta Harry sentì di appartenere a qualcuno.

Delle calde lacrime scesero dai suoi occhi. Subito Louis si affrettò ad asciugarle.

-Harry, scusa, se è troppo per te posso...-

-Ti amo anche io, Louis. Ti amo anche io.- disse allora senza pensarci due volte. L'espressione incredula ed emozionata di Louis fu forse più impagabile del bacio stesso. Harry non era mai stato così felice in tutta la sua vita. Era sicuro che il suo cuore presto sarebbe esploso per tutte quelle emozioni.

Harry ora si sentiva libero. Era libero di amare, libero di provare emozioni, libero di vivere la vita che desiderava.

Louis lo aveva reso libero.

Angoletto
Ok, non sono morta. Sono una persona pessima, sono 24 giorni che non aggiorno, ma non odiatemi, vi prego! :)

In questo capitolo accadono così tante cose! Harry riesce finalmente a liberarsi per un po' di tutte le menzogne che lo hanno perseguitato nella sua vita. Un po' di respiro per il povero Haz...

Come avete trovato questo capitolo? Spero che vi sia piaciuto, fatemi sapere! Mi piace ricevere i vostri commenti! :)

Oggi sono felicissima perchè sono riuscita a trovare i biglietti per i 5sos a Roma! Chi di voi ci sarà? Magari potremmo anche incontrarci! *.* Fatemi sapere ;)

Ora vado che devo studiare tantissimo per domani. Questa volta vi prometto che non sparirò. :)

A presto, Somriure <

 

  
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