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Autore: SagaFrirry    27/10/2015    1 recensioni
Asteria è un pianeta diviso in 10 territori identici, ciascuno dei quali è governato da un diverso elemento. Questa storia narra le avventure attorno ad un mondo fantastico popolato da creature legate a Luce, Fuoco, Metallo, Terra, Roccia, Oscurità, Acqua, Ghiaccio, Aria ed Elettricità. Per compiere una missione di fondamentale importanza per la sopravvivenza del pianeta, creature estremamente diverse e solitamente rivali dovranno allearsi. Fra difficoltà, risse, assurdità e personaggi strambi, i dieci regni li attendono. Scritto nell'ormai lontano 2011, vede comparire alcune creature della trilogia "città degli Dei" (capitemi..è la mia prima storia, ci sono affezionata!) e tutti (e dico TUTTI) i personaggi presenti in questa storia sono persone reali. Amici, parenti, ex fidanzati..ovviamente modificati a dovere. Li vorrei ringraziare tutti ma non ho molto spazio. Spero vi divertiate, come io mi sono divertita a scrivere.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VI

 

L’aria gelida del regno di Hanjuly investì i dieci. Sapevano bene che avrebbero dovuto restare in quelle condizioni molto a lungo, non potendo farsi trasportare da alcuna creatura di quel mondo, essendo fatte in buona parte dall’elemento che li circondava. Ghiaccio e neve, bianco che si perdeva a vista d’occhio, brillavano alla luce del giorno, riflettenti come specchi. Lehelin adattò i suoi occhi, capovolgendoli in verticale e stringendoli, e sfruttò le ombre dei suoi compagni per trovare riparo da quella luce. Non gli fu difficile, essendo piuttosto piccina. Notò che Thuwey già iniziava a stringersi, sottomettendosi al gelo esterno. Kassihell saltellava per scaldarsi.

“Viaggeremo di giorno, quando la luce di Sirona in qualche modo vi scalderà…” iniziò Hanjuly, sentendosi a suo agio a parecchi gradi sottozero “…e di notte ci fermeremo presso dei villaggi che incroceremo lungo la strada. Noi non abbiamo grandi città e quindi se ne incontra piuttosto spesso”.

“Non è un problema per quelli della tua specie?” domandò Efrehem “Intendo dire: ospitare delle creature estranee, provenienti da altri regni nemici…”.

“Non sarà un problema. Magari all’inizio resteranno un po’ spiazzati ma poi, vedrete…andrà tutto bene! Siamo guerrieri ma non stronzi. Sappiamo anche essere accoglienti…”.

“Speriamo. Non vorrei essere sacrificato alla tua divinità” commentò il Metallo ed i Ghiaccio lo guardò in modo strano, come a volergli dire “Ma che stai dicendo?!”.

“Bene. In marcia. Approfittiamo del bel tempo per avanzare. Avete avuto la fortuna di capitare qui quando ancora non è giunto l’inverno” spronò il gruppo la nuova leader.

“Domanda: in inverno quanto freddo fa?” rabbrividì la Luce.

“Molto più di adesso. E le giornate sono molto più corte. Perciò muovetevi, se non volete ritrovarvici nel mezzo!” rispose Hanjuly ed iniziò a camminare.

Il ritmo della principessa del Ghiaccio era piuttosto sostenuto ed i più piccoli facevano fatica a starle dietro. Fortunatamente il cielo e l’aria erano limpidi e quindi non rischiavano di perdersi.

“Ci sono bestie feroci in questo mondo?” si preoccupò Enki.

“Sì, un paio. Ma so perfettamente come allontanarle. Tranquilli…ci sono nata qui! Ne conosco ogni angolo! I miei genitori mi ci han portato spesso fra le diverse regioni del regno”.

Durante la prima giornata di marcia, i dieci attraversarono diversi villaggi illuminati da Sirona e passarono oltre, fra lo stupore della popolazione. Notarono subito, però, che dopo la diffidenza iniziale sapevano essere molto loquaci ed ospitali. La compagnia rabbrividiva quando entrava in uno di questi insediamenti, notando gli sguardi di ghiaccio e fastidio che gli venivano puntati addosso. Nessuno si avvicinava, rimanendo silenzioso ed indifferente. La situazione cambiava dopo qualche ora, in cui Hanjuly chiedeva le venisse portato da mangiare, ed il popolo iniziava a fidarsi e ad aprirsi, divenendo chiacchierone e simpatico. L’atmosfera si scaldava, per quanto possibile, e ci si scambiavano racconti e battute. Arrivarono perfino ad accendere un fuoco, una sera, solamente per gli ospiti. Il disagio fu notevolmente smorzato quando i villaggi iniziarono ad avvisarsi fra loro del passaggio di quel colorito gruppo di visitatori. Così facendo, man mano che i giorni avanzavano, si creavano sempre meno problemi e sguardi minacciosi.

 

Arrivarono in prossimità di un grande lago ghiacciato quando Sirona già era molto bassa all’orizzonte, prossima al tramonto. Indecisi sul da farsi, non sapendo decidere se attraversare la distesa ed arrivare in tempo al riparo per la notte oppure percorrere le sponde e proseguire per un tratto al buio. Iniziò a nevicare e la compagnia optò per la camminata sul ghiaccio. Ben in pochi camminarono…la maggior parte ruzzolò in terra in poco tempo. Hanjuly riusciva a rimanere in piedi, come sui pattini, e diede spiegazioni al gruppo su come fare. Thuwey, ormai alto come Aherektess e la principessa gelata, cioè di quasi venti centimetri più piccolo rispetto al normale, modificò il metallo ai suoi piedi ed iniziò a scivolare, dolcemente, avanzando velocemente. Anche Aherektess riuscì a non avere troppi problemi, con il suo passo leggero. Reishefy trovò divertente cadere continuamente e proseguì il suo cammino così, fra un ruzzolone ed un altro, oppure attaccandosi a qualche malcapitato che si reggeva in piedi. Mattehedike, con i piedi piuttosto grandi, stava in equilibrio ma continuava ad osservare la superficie del ghiaccio, dubbioso.

“Potete stare tranquilli. Il ghiaccio non si romperà. Non lo ha mai fatto in secoli di traversate. Son passate ben più persone di noi più di una volta e non si è mai neppure incrinato!” rassicurò Hanjuly.

Idisi si aggrappò alla Roccia e proseguirono fianco a fianco. Lehelin, stando ben lontana da Efrehem che era circondato da una tale luce, riflessa dalla superficie lucida, da essere accecante, non ebbe grossi problemi. La Luce, in notevole difficoltà, fu guidato e sorretto da Hanjuly, che fu quasi tentata di prenderlo in braccio, piccolo com’era. Enki, invece, si fece portare dal Metallo. Thuwey se la caricò sulle spalle senza troppa delicatezza. Grazie ai lunghissimi capelli neri, evitò che la giovane restasse attaccata alla pelle grigia e metallica. Kassihell, l’ultimo a mettere piede su quella distesa bianca, sfruttò il suo buon equilibrio per non cadere e non rimase troppo indietro, anche se mezzo congelato. Pattinarono, scivolarono, caddero, risero ed imprecarono, scorgendo sempre più chiaramente la loro meta: il villaggio che sorgeva sul lato opposto. Nel frattempo la neve si era fatta più fitta ed i raggi di Sirona più radi e deboli. Erano prossimi al tramonto.

“Non manca molto” disse la principessa di quel regno, tirando Efrehem per la mano.

“Ce la fai?” domandò la Roccia, girandosi verso il Fuoco.

Kassihell non rispose. Camminava molto lentamente, battendo i denti, trascinando i piedi.

“Vuoi una mano?” aggiunse Idisi.

Il Fuoco riuscì a scuotere la testa ma la Roccia, spinta dalla Terra, indietreggiò, porgendogli la mano. Idisi e Mattehedike, a braccetto, erano ora a pochi passi da Kassihell, che si era fermato.

“Avanti, ci siamo quasi. Fra poco saremo tutti quanti al caldo” lo incoraggiò Idisi.

Il Fuoco, orgoglioso e con nessuna voglia di essere aiutato da nessuno, guardò i due con fastidio. La Roccia insisteva nel porgergli la mano e lui insisteva nel non volerla prendere. Cercò d’istinto vicino al collo, dove aveva il medaglione, nuovamente tentato ad usarlo, ma poi pensò che non avrebbe risolto nulla. Prima o poi quel regno avrebbe dovuto attraversarlo. Chiuse gli occhi, per proteggerli dalla neve sempre più fitta, e si sforzò per fare un altro passo. Si bloccò e rizzò le orecchie quando sentì un rumore, una sorta di lungo gemito.

“Hai detto qualcosa?” gli domandò Idisi ed il Fuoco scosse di nuovo la testa.

I tre si guardarono, con aria interrogativa, quando un altro gemito gli giunse all’orecchio. Aherektess, con il suo ottimo udito, lo percepì a sua volta e si bloccò, girando gli occhi ed il viso.

Al gemito si unì uno scricchiolio ed al trio Terra-Roccia-Fuoco fu chiaro cosa stesse succedendo. In coro lanciarono un grido, incitando i compagni a correre. Il ghiaccio si stava rompendo, probabilmente a causa del calore di Kassihell ed il peso di Mattehedike. Hanjuly non volle crederci ma poi giunsero anche al suo orecchio quei rumori ed incitò il gruppo a muoversi. Enki urlò nelle orecchie del Metallo, che sibilò per il fastidio. Tutti corsero verso la sponda, fortunatamente vicina. I primi ad arrivarci furono Aherektess e la coppia Acqua-Metallo. Thuwey depose Enki sulla neve, al sicuro, e si voltò per vedere a che punto fossero i suoi compagni. Reishefy arrivò di volata, schiantandosi addosso all’Aria e, ovviamente, dandogli la scossa. Hanjuly, sempre con Efrehem per mano, attese il trio rimasto indietro e lo incitò a muoversi più in fretta, mentre il ghiaccio si apriva sotto i loro piedi. Diede una poderosa spinta a Kassihell, facendolo atterrare sulla neve in malo modo. Aherektess, toltosi di dosso l’Elettricità, guardò il lago e scattò in piedi. L’Oscurità, non muovendosi molto velocemente, era rimasta bloccata, accecata dalla Luce di Efrehem. Senza esitare, l’Aria corse verso di lei e la afferrò, sollevandola da terra. Giunsero appena in tempo sulla sponda. Aherektess percepì chiaramente l’acqua gelida sulla punta delle dita, mentre si buttava disteso per mettersi al sicuro. Salvatore e salvato si guardarono negli occhi, stesi sulla neve e si sorrisero, con sollievo.

“Te lo avevo detto che non mi sarei scordato di quello che hai fatto per me” le disse l’Aria.

Anche gli altri si stavano ringraziando a vicenda, stupiti di essere stati davvero in grado di aiutarsi.

“Se questo fosse successo all’inizio del viaggio…” commentò Efrehem “…dubito che ci saremmo salvati tutti. Stiamo diventando sempre di più una compagnia unita!”.

Fuoco ed Aria si fissarono, poco convinti, togliendosi la neve dalle vesti.

Il villaggio era vicinissimo, pochi metri, e ci arrivarono correndo, per scaricare l’adrenalina e la tensione che ancora avvertivano nel sangue. La neve aveva ora un andamento regolare, quasi piacevole, mentre Sirona era ormai quasi del tutto scomparsa all’orizzonte. Il calore che li accolse, giunti fra quelle case, li riempì di gioia. Finalmente avrebbero messo qualcosa sotto i denti e avrebbero riposato, avvolti in stupende coperte di pelo. Gli abitanti fecero festa nel vederli, e la cosa stupì i dieci ma trovarono l’avvenimento piuttosto piacevole. Due bambini, biondi e gemelli, fecero un inchino alla principessa del regno, invitandola a seguirli. Hanjuly gli sorrise e camminò dietro di loro. Dopo qualche passo si fermò. Davanti ad una delle tende di pelli calde, di cui era composto il villaggio, stavano i suoi genitori ed Igorhay, il fratello di mezzo. Madre e padre la fissavano con rimprovero mentre il fratello le sorrideva.

“La regina Rocana…” mormorò il Metallo, spaventato dall’improvviso silenzio che si era creato.

“Sei sicuro?” gli domandò, sempre a bassa voce, Efrehem.

“Sì. L’ho vista diverse volte mentre accompagnavo la mia regina nei suoi incontri diplomatici”.

“È davvero una bella donna…” notò Idisi.

“Come la figlia” concluse la Luce, mentre la famiglia del Ghiaccio si abbracciava.

“Dovrei punirti severamente per ciò che hai fatto!” parlò la Regina, nella lingua degli abitanti di quel regno, incomprensibile alla compagnia straniera.

“Scambiarti di posto con Igorhay, il prescelto per questa missione, è stata la cosa più sconsiderata che potessi fare! Non sai quanto siamo stati in pensiero per te! Solo ad immaginarti tutta sola là fuori…in preda a chissà quali pericoli e paure…”.

“Non ero da sola, mamma. C’erano loro nove con me e, credimi, non sono come tu pensi”.

“Ad ogni modo, ora sarà Igorhay a proseguire” si intromise il re “Siamo stati informati sui tuoi spostamenti nel regno e ti abbiamo anticipato”.

“Cosa?! No!! Io non fermo qui il mio viaggio!”.

“Mi dispiace, sorellina. Ho tentato di convincerli ma non han voluto sentire ragioni!” sospirò Igorhay, avvicinandosi ad Hanjuly con la testa chinata.

“No! Non potete costringermi!” protestò la principessa.

“Sei capricciosa, come sempre. Tuo fratello sarà di certo più utile in questo cammino” continuò la regina, guardando sottecchi gli altri nove viaggiatori.

“Scusate…” interruppe Efrehem, inaspettatamente parlando nella lingua degli abitanti del Ghiaccio.

“Scusate se ho l’ardire di interrompere, regina, ma ritengo che Vostra figlia sia stata indispensabile fin ora e lo sarà ancora”.

“Come sai la lingua del nostro popolo?” si stupì Hanjuly.

“Imparo le lingue con molta facilità e mi è bastato passarci un breve periodo, fra un villaggio ed un altro, ascoltando le parole dei nativi” spiegò la Luce.

“Notevole…ma tu chi sei?” riprese la sovrana, usando la lingua del Ghiaccio e tentando di metterlo in difficoltà e disagio.

Non ci riuscì, perché Efrehem riprese subito a parlare, in modo fluente e chiaro.

“Io sono Efrehem, nipote di Friedrik, re della Luce. E penso di parlare a nome di tutto il gruppo quando dico che Hanjuly è molto importante per il buon esito della missione e che, senza di lei, non avremmo mai potuto superare certi ostacoli”.

Rocana si stupì molto a quelle parole e guardò l’intera compagnia.

“È vero?” domandò, questa volta nella lingua comune a tutti gli abitanti di Asteria.

“È vero che mia figlia è stata fin ora importantissima per la missione?”.

“Confermo” rispose il Metallo “Ha avuto delle idee che ci han aiutato molto e sono sicuro che anche in futuro avremo bisogno di lei”.

“Che genere di idee?” parlò Igorhay.

“Ha fatto una barca per attraversare il mio regno” spiegò Enki.

“Ci ha fatto legare nel regno dell’Oscurità per non perderci…” continuò Reishefy “…ed è mia amica, ormai. Ma perché lo chiede?”.

“Vuole portarla via. Vuole che il viaggio lo continui il figlio…” disse Efrehem.

“Cosa?! No!” urlò Reishefy, ignorando Idisi che le suggeriva di calmarsi.

Non ci fu verso di farla stare ferma e la principessa dell’Elettricità andò spedita al cospetto della regina. La guardò negli occhi, pur essendo di parecchi centimetri più piccola, con aria di sfida.

 “Lei, mia cara signora, non ha idea di cosa significhi per noi restare tutti uniti senza litigare o crearci problemi. Ogni piccola cosa è una sfida ma, pian piano, stiamo iniziando a formare una vera compagnia. Ci aiutiamo, ci preoccupiamo l’un l’altro ed affrontiamo ogni guaio assieme. Non immagina quanto sia difficile tutto questo e mi creda, se ora vuole scambiare i figli, creerà un vero casino. Sì, un casino! E la causa del casino sarò io! Non ho nulla contro suo figlio, ma Hanjuly è mia amica, nostra amica, ed ormai abbiamo iniziato un percorso con lei. Non ce la porterà via!”.

“Riprendi fiato…” le sorrise Thuwey, mentre ogni singolo membro del gruppo confermava alla sovrana che non avrebbe mai permesso ad Hanjuly di andarsene.

La regina si stupì davvero molto di quella situazione, sicura di trovarne di ben diverse. Invece, eccoli lì…nove sconosciuti, di razze diverse e nemiche, che le spiegavano di quanto fosse importante la sua bambina per loro. Senza dimenticare di sottolinearne il coraggio, la forza, l’intelligenza, la simpatia…

“Beh…ecco…” balbettò, indecisa “…io non so che fare!”.

“Lasci che Hanjuly prosegua il suo viaggio con noi!” suggerì Reishefy.

“Capisco la sua preoccupazione, regina…” parlò Idisi “…ma le posso assicurare che tornerà sana e salva. Inoltre, credo che l’inserimento di un nuovo elemento in una situazione già così complicata porterebbe solo ad ulteriori problemi”.

Rocana, quasi rassicurata dallo sguardo maturo della Terra, chinò il capo ed acconsentì al proseguimento della missione da parte della figlia, che l’abbracciò con entusiasmo. Dopodiché andò ringraziare i suoi nove compagni, per l’assistenza ed i complimenti, con baci ed altri abbracci.

“Non correte grossi rischi, vero?” volle sapere il re, quando il mattino seguente i dieci ripartirono.

“No…” mentì Reishefy “…tutto ok! Tranquilli!”.

Il resto del gruppo la guardò un po’ male, ripensando a tutto ciò che avevano passato fino a quel momento, ma non dissero nulla, accelerando il passo. Re e regina, assieme ad Igorhay, sospirarono vedendoli allontanare e tornarono verso palazzo non appena sparirono all’orizzonte, avvolti dalla nebbia e dalla neve bianca.

 

†††

 

“Carino tuo fratello…” commentò l’Elettricità, saltellando a fianco di Hanjuly.

Il Ghiaccio ridacchiò e diede una notizia inaspettata al gruppo: il luogo proibito era vicino.

Quasi si stupirono di quanto in fretta ci fossero arrivati. Kassihell tirò un sospiro di sollievo, felice solo all’idea di lasciare quel mondo. Thuwey era stanco di sentirsi così piccolo e sorrise soddisfatto. Aherektess, coprendo l’Oscurità dal vento gelido e dalla neve, fremeva all’idea di riaprire le ali e volare. Mattehedike era piuttosto in ansia, ricordando le parole del suo sovrano che gli raccomandava di non stare troppo a lungo nel gelo.

“Eccolo!” urlò Reishefy, indicando davanti a sé e risvegliando il gruppo dai suoi pensieri.

In lontananza, si iniziava a scorgere un edificio bianco latte, non molto alto e di forma semplice. Interamente a forme geometriche, pareva una piramide con annessi cubi e parallelepipedi contenenti piccole finestre, non presentava nemmeno una forma dolce, come un cerchio o un arco.

“Una piramide!” esclamò l’Elettricità, con insensato entusiasmo.

“Non è una piramide. Non ha la base quadrata” la corresse Efrehem “Quello è un tetraedro”.

“Quello che è, mister precisino…” si scocciò la ragazzina, imbronciandosi.

Più i dieci si avvicinavano e più la luce aumentava, riflessa dalle pareti lisce e lucide. A Lehelin la cosa non piacque e si nascose sempre di più alle spalle dell’Aria, che allargò le braccia. Attorno a quel luogo c’era un piacevole tepore, probabilmente dovuto ai raggi riflessi di Sirona. Il Fuoco, imbacuccato com’era, socchiuse gli occhi, l’unica parte visibile del suo corpo tutto avvolto da mantelli e coperte. Quel riflesso stava iniziando a dare fastidio a tutti. A tutti tranne alla Luce, che fissò l’edificio con le sue antenne rosse. Curioso, voleva avvicinarsi di più ma si fermò, notando che gli altri stavano restando indietro. I più alti tentavano di fare ombra ai più piccoli, coprendosi il viso, ma il riverbero era comunque irritante. Seguirono il consiglio di Efrehem, che suggerì di provare da un altro lato della figura, magari non illuminato da Sirona, ma si accorsero ben presto che non serviva a nulla. Dove non c’era la luce diretta di Sirona, c’erano altre luci a colpirla, grazie ad un gioco di cristalli e specchi.

“Credo tocchi a te, piccoletto…” disse Kassihell.

“A me?” esclamò la Luce, vedendo cadere all’improvviso ogni suo appiglio logico.

“Sì, a te. E và tranquillo…il mio Dio non è cattivo come sembra!” lo rassicurò Hanjuly, mentre una sezione rettangolare sul tetraedro compariva dal nulla, simile ad una porta, accogliendo la Luce.

Efrehem lanciò un’ultima occhiata alle sue spalle e poi entrò, sentendo subito la porta rinchiudersi alle sue spalle e sparire. Era in trappola. Nessuna via d’uscita. Sospirò e si decise ad aprire gli occhi.

 

†††

 

Mentre gli altri nove si scaldavano, ad occhi chiusi, seduti accanto alla piramide a tre lati, Efrehem fu avvolto da una fortissima luce. Dritto davanti a sé vide una creatura, seduta a gambe incrociate. Era come incastonata nell’incrocio di due dei lati del tetraedro. La Luce, invece, era immobile sull’apotema della figura, la linea retta che divideva la facciata a metà. Dallo spigolo, l’occupante di quel luogo non gli disse nulla. Si limitò a fissarlo, come infastidito.

“Buonasera…” salutò educatamente Efrehem.

“Non è sera” si affrettò a rispondere la figura, sempre accigliata.

“Già…avete ragione…”.

“Avete, chi? Ci sono solo io qui, sgorbio, oltre a te”.

La Luce non disse altro, per paura di infastidire ancora di più quell’essere avvolto dai riflessi dell’edificio e dallo sguardo di ghiaccio.

“Accomodati” sbottò l’abitante della figura a triangoli, creando con la mano una sorta di sgabello cubico su cui Efrehem si sedette, agitato.

“Lei è la divinità del Ghiaccio?” azzardò a dire.

“No. Non sono una donna. Io sono il Dio del Ghiaccio. E tu chi sei, lampadina?”.

La Luce sospirò, stanco di sentirsi chiamare “lampadina”.

“Io mi chiamo Efrehem e vengo dal regno della Luce. Sono qui per recuperare l’oggetto proibito”.

“Non lo avrai da me” tagliò corto il Dio.

“La mia missione è averlo. Già altri miei compagni lo hanno ottenuto”.

“Chi e da chi?”.

“Reishefy, principessa dell’Elettricità, ha ottenuto una coppa dalla Dea dell’Acqua. E Kassihell, rappresentante del Fuoco, ha al collo il medaglione datogli da Kaos”.

“Kaos?! Kaos ha dato qualcosa a qualcuno?!”.

“Esatto. Ed ora tocca a me. Mi dica cosa devo fare per ottenerlo…”.

“Mi dica, chi? Se vuoi te lo dico io, usa un’altra volta questi termini impersonali e ti butto fuori”.

“Sissignore…”.

Il Dio lo osservò, con aria minacciosa, ed Efrehem rabbrividì.

“Io sono Enrikiran” iniziò la divinità “E comando il Ghiaccio. Fra me ed Heronìka, Dea dell’Acqua, non può esserci rivalità perciò, se lei ha dato una possibilità ad uno di voi di ricevere l’oggetto, allora lo devo fare anch’io. Ti avverto…non sono buono come lei”.

La Luce deglutì, ripensando a quanto gli aveva raccontato l’Elettricità. Il Dio, con i capelli corti ritti in una cresta gelata, non sorrise, nemmeno per un attimo, e chiuse gli occhi. Fra le sue mani, che mosse leggermente, apparve una chitarra dalle forme dure e dalle linee rette. Efrehem lo fissò con curiosità, mentre si passava fra le dita un plettro bianco candido e lucente. Enrikiran fissò l’intruso con aria di sfida e, tornando ad appoggiarsi al trono, gli chiese di scegliere uno strumento.

“Fra quali?” domandò il mortale.

“Scegline uno. Quello che vuoi. Te lo faccio io con il ghiaccio”.

“Per farne cosa?”.

“Ha importanza?”.

“Logicamente parlando, credo che alcuni strumenti siano adatti a certe cose ed altri no”.

Enrikiran, rizzando le orecchie con un certo compiacimento alla parola “logicamente”, non rispose alla domanda ma si limitò a domandargli se sapesse suonare uno strumento.

“Più di uno” si affrettò a rispondere la Luce.

“Bene. Quali sai suonare meglio?”.

“Pianoforte e violino”.

“Scegline uno ed andiamo avanti”.

Efrehem rimase in silenzio, qualche istante, meditando sul da farsi. Poi, guardando ciò che il Dio reggeva fra le mani, capì che, forse, aveva bisogno di uno strumento adatto anche a muoversi.

“Se non sai deciderti, posso darti la possibilità di scegliere fra uno di questi due lungo la sfida, scambiandoli quando preferisci. Che buono che sono…”.

“Molto. Grazie!”.

“Ok, mortale. Preparati a dimostrarmi che sei degno dell’oggetto proibito”.                                                      

 

L’atmosfera mutò all’interno dell’edificio. Si fece buio ed Efrehem vide il suo riflesso alle pareti, che notò a scacchi bianchi e neri. Aumentò la luminescenza della pelle, leggermente a disagio, e guardò il Dio, senza capire.

“Vieni avanti” gli ordinò Enrikiran, tirandolo con un movimento della mano.

Dietro al mortale crebbe dal nulla un meraviglioso pianoforte in cristallo ed un violino dello stesso materiale, con un archetto particolarmente curato.

“Hai senso del ritmo, mortale?”.

“Certo”.

“Senza nemmeno un pizzico di modestia…bene, staremo a vedere! Suonami qualcosa, con lo strumento che vuoi”.

“Cosa devo suonare? Suono da vent’anni…le mie sonorità sono praticamente perfette”.

“Credi di suonare meglio di me? Moltiplica i tuoi miseri anni di esercizio con il numero più alto che ti viene in mente e, ti assicuro, non arriveresti alla cifra dei miei anni”.

“Non saprei. Sono piuttosto ferrato anche in matematica. Il numero più alto che mi viene in mente è piuttosto elevato…”.

“Non costringermi a sfidarti ad una gara di matematica! Suona! Quello che ti pare! Stupiscimi…”.

La Luce, sicuro delle proprie capacità, si accostò al piano ed iniziò a suonare, ad occhi chiusi. Esordì con un brano piuttosto semplice per poi proseguire in crescendo, con sempre maggior difficoltà nel pezzo. Lui lo suonava come se fosse semplicissimo, con un sorriso.

“Basta così!” lo interruppe il Dio, senza cambiare la sua espressione corrucciata “Ora passiamo alla seconda fase. Suonerò ciò che mi va di suonare e tu lo ripeterai, uguale, con lo strumento che troverai più appropriato. Parti appena mi fermo, mai esitare!”.

La Luce annuì e respirò a fondo, concentrandosi. Subito Enrikiran iniziò a suonare un brano piuttosto complesso con chitarra e plettro. Quello strumento emetteva una melodia molto particolare, quasi elettrica, molto piacevole. Efrehem dovette ammettere che chi aveva di fronte era parecchio dotato. Ma ciò che stava suonando non era particolarmente complesso da riprodurre. Appena la divinità ebbe finito, la Luce ripeté il brano al pianoforte. Non sbagliò neppure una nota e sorrise. Sicuro di aver vinto, rimase spiazzato quando Enrikiran riprese a suonare un altro pezzo, più complesso e veloce. Sempre al piano, Efrehem lo rifece. Andarono avanti così per un totale di sei brani, sempre più complessi. La Luce riuscì a ripeterli perfettamente. Enrikiran, sempre senza mutare espressione, attaccò con il settimo ed Efrehem rimase immobile davanti ad una tale velocità e difficoltà. Non sapeva assolutamente come poterlo riprodurre ed iniziò a sudare freddo quando il Dio si fermò e lo fissò. Dopo attimi di silenzio, Enrikiran fece un ghigno, non proprio un sorriso.

“Tranquillo, mortale” lo rassicurò “Questo può suonarlo solo un Dio. Ed un Dio molto bravo. Era giusto per toglierti un pizzico di spocchia. Prendi il violino…”.

La Luce obbedì, sentendolo freddo fra le mani. Era davvero bellissimo ed estremamente leggero.

“Accompagnami, mortale. Suona assieme a me. Vediamo che cosa sei in grado di fare…”.

La divinità si alzò in piedi e si avvicinò al piccolo Efrehem, che lo fissò solo per alcuni istanti negli occhi di ghiaccio. Enrikiran iniziò a suonare. Improvvisò qualcosa di semplice, per permettere al mortale di capirne il ritmo e seguirlo. Ci volle davvero poco perché il suonatore di violino si unisse, creando un duetto davvero singolare. Il Dio accelerò e la Luce incespicò, non riuscendo bene a stargli dietro così all’improvviso.

“Smettila di usare solo la testa” suggerì la divinità “Usare il cervello e la logica è lodevole e positivo ma non in questo caso. Quando suoni, ascolta anche l’istinto e ti sarà tutto più semplice”.

Efrehem chiuse gli occhi, tentando di “disattivare” per un attimo il continuo vociare del suo cervello e cercare un aiuto da altro. Era nel panico. Non aveva mai tentato di fare a meno della testa fin ora. Poi, all’improvviso, avvertì un suono dentro di sé: il battito regolare del suo cuore. Sorrise, percependone il ritmo, ed iniziò a suonare mosso da nuova ispirazione. Riaprì gli occhi e ricominciò a duettare con il Dio. Iniziarono a camminare per la stanza, girando uno di fronte all’altro, come in una strana danza, mentre la musica diveniva sempre più complicata e bella. Enrikiran lo lasciò perfino esibirsi in un assolo, per poi continuare ad incalzarlo con una difficoltà sempre maggiore. Ad un tratto, così come era iniziato, il brano giunse alla fine ed Efrehem ripose in terra il suo strumento, sfinito. Il Dio tornò a sedersi ed attese che il mortale rialzasse la testa, chinato sulle ginocchia per riprendere fiato. Quando la Luce rialzò gli occhi, vide che la divinità del Ghiaccio gli stava sorridendo, sinceramente.

“Bravo” gli disse “Questo è per te”.

Gli tirò il plettro bianco, che stranamente Efrehem afferrò al volo.

“Quello è l’oggetto proibito che cerchi, musicista. Ora puoi andare…saprai quando e come usarlo”.

“Grazie…” riuscì a balbettare la Luce, osservando l’oggetto con venerazione.

“Salutami il mio fratellino, il Dio dell’Aria…”.

“Riferirò a chi dovrà entrare nella sua zona proibita”.

“A presto…e cerca di ricordarti le sensazioni che hai provato qui. Il cervello e la logica sono un’arma potente ma, a volte, non bastano”.

Efrehem annuì, grato per i consigli. Si girò e fece per andarsene quando il Dio lo fermò.

“Puoi tenerlo, se vuoi…” disse.

“Il plettro?” domandò il mortale.

“Ed il violino, se lo desideri”.

“Mi piange il cuore, perché è davvero un ottimo strumento, ma non credo possa essere per me tanto semplice da portare lungo la via. La strada da percorrere sarà ancora lunga…”.

“Vorrà dire che te lo riporterò quando ci rivedremo”.

“Quando, cosa?!” si stupì Efrehem ma non ricevette risposta.

Enrikiran era scomparso, in una nube di neve e ghiaccio, lasciandolo da solo. La porta alle sue spalle si riaprì e la Luce uscì, raggiante e soddisfatto.

 

†††

 

“Com’è andata?” domandò Hanjuly “Hai visto Enrikiran, il Dio che governa il mio regno?”.

“Sì e…è stato fantastico! Lo rifarei subito, se potessi!” esclamò Efrehem, con un entusiasmo mai mostrato prima.

“E l’oggetto proibito?” si fece avanti Kassihell.

La Luce mostrò il plettro, schiudendo le sue mani come un piccolo fiore bianco, e si udirono vari commenti ed esclamazioni di stupore. Il portatore di quell’oggetto lo ripose con cura nel piccolo taschino della sua giacca, sicuro che da lì non sarebbe uscito. Raccontò agli altri la sua avventura, mentre riprendevano il cammino, soffermandosi sul fatto che il Dio gli avesse sorriso e di come avessero suonato cose straordinarie assieme.

“Chissà chi sarà il prossimo…” si domandò Reishefy.

“Chiunque entrerà nella sona proibita dell’Aria, dovrà portare i saluti del Ghiaccio al suo fratellino. Mi ha detto così…”.

“Che carini…amore fraterno!” cinguettò l’Elettricità, saltellando.

Il Fuoco non capì il motivo di tanto entusiasmo, essendo tornati tutti quanti al gelo e sotto la neve. Imbacuccato com’era, avanzava a piccoli passi, incoraggiato dagli altri quando restava troppo indietro. Le sue bestemmie si udirono per tutta la strada ed erano talmente forti che, probabilmente, anche buona parte del regno le sentì. Thuwey, improvvisamente tornato di buon umore non si sa per quale ragione, correva avanti ed indietro facendo guerra con l’Elettricità a palle di neve. Ovviamente, fra un tiro ed un altro, andò anche a colpire altri membri della compagnia poco propensi a quel divertimento, come Aherektess o Mattehedike. Solo la stanchezza impedì loro di rimettersi di nuovo a litigare.

“Mi fanno male i piedi…” mugolò Enki “…ci fermiamo?”.

Hanjuly si guardò attorno. Non c’era altro che ghiaccio e neve, in un’immensa pianura bianca. Dove avrebbero potuto fermarsi? Scosse il capo alla principessa dell’Acqua, rassicurandola che ormai mancava poco al prossimo villaggio. Kassihell sospirò, scacciando qualcosa di colorato da davanti. Lo fissò, poi, con aria interrogativa. Era una farfalla, e si era posata sulla neve. Cosa diavolo ci faceva una farfalla variopinta in mezzo al nulla a diversi gradi sottozero?! Alzò le spalle e la ignorò. Ma la bestia non voleva essere ignorata e riprese a volare, dandogli di nuovo fastidio. Il Fuoco la cacciò in malo modo e poi scosse il capo. Era convinto di vederla più grande di prima ma era impossibile…le farfalle non aumentano di volume! Ricominciò a camminare, lasciandosela alle spalle. Dopo qualche istante, la creatura lo sorpassò e lui ne fu sicuro: era più grande! Convinto di avere le visioni, non disse nulla e proseguì. La bestia svolazzò fra i dieci. Alcuni la notarono ed altri no. Molti sorrisero nel vederla, come rincuorati da quella punta di colore in mezzo all’immenso bianco. Solamente il Fuoco la fissava preoccupato. Solo lui notava il suo progressivo cambio di dimensioni? Era la stanchezza che gli faceva brutti scherzi?

“Sembra anche a te che quell’animale lieviti?” si sentì domandare da Thuwey.

“Meno male che lo noti anche tu! Ero convinto di essere pazzo!”.

“Pure io…ma cresce per davvero?”.

“Mi pare di sì…”.

Fuoco e Metallo accelerarono il passo, per lasciarsela alle spalle e sorrisero quando non la videro più. Purtroppo, girando lo sguardo, se la ritrovarono a fianco. Sussultarono.

“Peserà mezzo chilo, adesso!” commentò Thuwey, vedendo quanto era grossa.

“Pussa via, bestiaccia!” la minacciò Kassihell, pronto ad incenerirla.

“Contro chi stai inveendo?” si stupì Aherektess, girandosi assieme all’Oscurità.

“Contro questa cosa…” spiegò il Fuoco.

“Una farfalla…?” inclinò la testa l’Aria.

“Una farfalla che ingrassa a vista d’occhio!” aggiunse il Metallo.

“Si vede che mangia bene” si limitò a dire Aherektess, tornando a girarsi.

“Cosa vi siete fumati, voi due?” scosse il capo Idisi.

“Ma è vero!” protestarono, in coro, Fuoco e Metallo.

“Non dite fesserie! Se avete paura di una farfalla, fatevi curare!” sbottò Mattehedike.

Thuwey e Kassihell si offesero ma non dissero altro, notando con soddisfazione che l’animale non li seguiva più. Ci risero su. Dopotutto era vero…era solo una farfalla!

I già scarsi raggi di Sirona furono oscurati. Nessuno ci fece particolare caso, pensando ad una nuvola, quando uno stridio fastidiosissimo assordò la compagnia. Alzarono lo sguardo.

“È diventata da una tonnellata!” gridò il Metallo.

“Ora ha anche qualcun altro paura della nostra farfalla?” domandò il Fuoco, mentre tutti iniziavano a correre, in preda al panico.

La bestia era cresciuta a dismisura, arrivando ad un’apertura alare in grado di coprire tutti i dieci abitanti di Asteria ed oltre.

“Che farfalle ci sono nel tuo regno?!” domandò l’Aria ad Hanjuly.

“Non ho mai visto niente del genere!” rispose lei.

La farfallona spalancò la bocca, puntando le antenne pelose sui fuggitivi, mostrando lunghi ed inspiegabili denti aguzzi.

“Ma che razza di farfalla è?!” si allarmò Idisi, convinta fino a quel momento che fosse solo una povera creatura indifesa in cerca di compagnia.

L’animale scese in picchiata e sfiorò la testa del Metallo, che si scansò in tempo.

“Non possiamo scappare in eterno. Non ci sono posti in cui nascondersi nelle vicinanze. Dobbiamo combattere!” urlò Aherektess, bloccandosi di scivolata, alzando un bel mucchietto di neve.

L’Aria sfoderò le sue armi e si preparò ad attaccare la bestia, che continuava a crescere. Il Fuoco seguì il suo esempio, togliendo il mantello che lo impediva nei movimenti. Reishefy concentrò il suo potere, pronta all’attacco. Hanjuly estrasse la sua arma gelata ed andò accanto ad Efrehem, intimandogli di non fare pazzie. Se avesse usato la magia della Luce, il ghiaccio avrebbe mandato un tale riverbero da impedire a chiunque altro di fare qualcosa. Mattehedike strinse i pugni, aumentando la percentuale di roccia sulla pelle, pronto a prendere a cazzotti quella strana creatura. Idisi, sempre contraria al far male agli animali, dovette arrendersi all’evidenza ed impugnò il suo remo, rivolgendolo verso l’enorme farfalla. La Roccia guardò quell’arma e sorrise.

“Posso?” domandò, impugnandola.

“Prego…non me la rovinare, però…”.

“Al contrario, madama!”.

La Roccia si concentrò e lungo tutta la parte piatta in legno apparvero punte di ossidiana.

“Questo si chiama macuahuitl” spiegò, restituendolo alla Terra.

“Wow. Grazie!” sorrise lei e si apprestò a provarla sulla creatura.

Lehelin aumentò di dimensioni, espandendo la sua ombra, mentre Enki andava a rannicchiarsi sulla neve, impaurita, avvolgendosi in uno spesso mantello. Forse avrebbe potuto combattere sfruttando la magia dell’Acqua ma era troppo spaventata per farlo.

“Vieni qui, tesoruccio!” ringhiò il Metallo.

Aherektess si distrasse, solo un attimo, accorgendosi che le braccia di Thuwey si erano trasformate in due spade e che tutte le punte che portava sul corpo si erano ingrandite.

Efrehem notò il nascondiglio di Enki. Pure lui si era avvolto in un mantello chiaro, sperando di non dare nell’occhio, e ben presto la neve lo coprì in buona parte. Guardò la farfalla e rabbrividì. Mai avrebbe pensato di aver paura di una cosa del genere!

La bestia, quasi ghignando, scese in picchiata. Il gruppo armato la colpì. Kassihell, Aherektess e Thuwey affondarono le loro lame, Hanjuly roteò il cerchio in aria, colpendola. Reishefy, sollevata da terra, la frustò con la coda divenuta lunghissima, trasmettendole una fortissima scossa. Mattehedike sferrò un poderoso cazzotto sull’addome peloso ed Idisi si accanì sulla testa bulbosa. La farfalla, lanciando un grido acuto e fastidioso, tornò a sbattere le ali per riprendere quota. Non riuscì a sollevarsi di molto, però. Il gruppo si stupì. Nonostante tutti i colpi, non sembrava ferita. Allora perché non riprendeva quota per attaccarli di nuovo?

“Lehelin…” disse l’Aria, notando l’espressione concentrata di lei.

“Non andrà più in alto di così. È bloccata…”.

Thuwey sorrise. L’Oscurità teneva ferma, con i piedi, l’ombra di quella creatura e, di conseguenza, le impediva di sollevarsi ulteriormente.

“Grandioso!” ghignò Kassihell, ricominciando a colpire il mostro.

Fra gli urli, la farfalla si dimenò. Lehelin faceva difficoltà a controllare un’ombra di tali dimensioni ma rimase al suo posto, mentre gli altri combattevano.

“Non la feriscono…” notò Efrehem, con rammarico e preoccupazione “Non la stanno ferendo! Sembra quasi che la manchino ma non è così…”.

In effetti la bestia, nonostante urlasse come una pazza, non veniva ferita. I combattenti si stavano stancando, saltando per colpirla. Iniziarono ad usare la magia dei loro elementi. Kassihell le lanciò una fiammata, Aherektess tentò di abbatterla a grandi folate di vento, Hanjuly le lanciò punte di ghiaccio ruotando su se stessa. Nemmeno questo pareva scalfirla.

Ad un tratto, irritata come non mai, la creatura si mosse prepotentemente. L’Oscurità, non riuscendo a dominarne più l’ombra, cadde all’indietro.

“Lehelin!” la chiamò Aherektess ma ben presto finì anche lui in terra, a faccia in giù nella neve.

La farfalla, dopo l’ennesimo grido, sbatté talmente forte le ali da ribaltare all’indietro l’intera compagnia, allontanandola da sé di diversi metri. Enki, vedendo questo, lanciò uno strillo acutissimo di puro terrore. L’animale, che fino a quel momento non l’aveva notata, fu talmente infastidito da quel suono che si lanciò contro di lei. Gli altri, distanti ed ancora bocconi sulla neve, non poterono intervenire. Solamente Efrehem, abbastanza vicino da poter fare qualcosa, scattò in avanti e si contrappose fra l’Acqua e la farfalla. Enki continuò a gridare, non sapendo cos’altro fare, mentre la Luce veniva colpita, afferrata fra i denti aguzzi e lanciata lontano. Gli altri reagirono tentando di salvarlo e si misero a correre, sperando di raggiungere il nemico prima che fosse troppo tardi. L’Acqua, spalancando gli occhi, vide il suo compagno malridotto ed immobile, con la farfalla sopra di lui, pronta probabilmente a divorarlo.

“Una farfalla carnivora?!” si chiese Kassihell “Nemmeno mio padre avrebbe idee tanto malsane!”.

“No! Lascialo stare!” gridò Enki, fra le lacrime e, inaspettatamente, uscì dal suo nascondiglio.

Rivolse la testa verso il cielo e, stringendo i pugni, lanciò un urlo di rabbia e disperazione. Il terreno sotto di lei reagì e la neve mutò, divenendo acqua. La principessa, con occhi spalancati, rivolse le mani verso l’enorme bestia ed il suo elemento le obbedì. A contatto con la temperatura esterna, si ghiacciò all’istante, intrappolando l’animale.

Gli otto combattenti rimasero a bocca aperta davanti ad un tale, sorprendente, spettacolo.

“Non resterà bloccata a lungo!” riuscì a dire Hanjuly “Prendiamo Efrehem e scappiamo! Il villaggio non è lontano e la neve coprirà in fretta le nostre tracce!”.

Il gruppo annuì. Idisi prese fra le braccia il leggerissimo ferito, privo di sensi, e Mattehedike afferrò Enki, ancora sotto shock, obbligandola a seguirli. Corsero nella bufera di neve più che poterono, fino a quando la farfalla non fu lontana e non più visibile.

“Come sta, Idisi?” domandò Enki, chiedendo della Luce.

“Non lo so. Io…non sento più il battito del suo cuore!”.

“Cosa?!” si allarmò Hanjuly.

“Io…temo sia morto!” continuò la Terra.

“Quante volte abbiamo temuto che uno del gruppo fosse morto? Si riprenderà…” azzardò Reishefy.

“Lui ha già preso l’oggetto proibito…” iniziò il Fuoco, con il solito cinismo.

“E allora?! Per questo tu dici che può anche morire?” si arrabbiò il Ghiaccio.

“No, ma ai fini della missione…”.

“Chiudi la bocca!”.

La voce di Hanjuly era carica di odio e piangeva. Ed iniziò a piangere pure Enki, mentre la Terra tentava di rianimare il privo di sensi con l’aiuto dell’Elettricità.

“Oh, Dèi…” mormorò Aherektess, inginocchiandosi e toccandolo “…è morto per davvero!”.

Mattehedike e Thuwey chinarono il capo, in segno di rispetto.

“Morto per salvarmi…perdonami, Efrehem!” singhiozzò Enki, abbracciando Idisi, che l’avvolse fra le sue braccia con fare materno.

“Era coraggioso…” commentò il Metallo “…non esiste modo più nobile di morire”.

“NO!” scoppiò in lacrime anche Reishefy, cercando l’abbraccio con la Roccia, l’unico della compagnia a non crearsi problemi con le scosse oltre all’Oscurità, che aveva messo una mano sulla spalla dell’Aria, con lo sguardo perso nel vuoto. Hanjuly incitò la Terra a non arrendersi e tentare ancora ma lei scosse il capo, assicurandole che non c’era più niente che potessero fare.

Kassihell prese fra le mani il medaglione. Era piuttosto titubante. Usarlo per riavvolgere tutto, quanto gli sarebbe costato? E ne valeva la pena? Rifletteva su questo quando vide gli sguardi degli altri otto e capì. Chiuse gli occhi ed iniziò e girare il disco centrale in senso antiorario.

 

Riaprì gli occhi. Da uno, quello destro, non ci vedeva più ed un rivolo di sangue gli scorreva sul viso. Era ancora tramortito quando intravide, con l’unico occhio sano, la farfalla. Era piccola ed insignificante. Inaspettatamente riuscì ad afferrarla con la mano e la schiacciò, senza pensarci due volte, con rabbia. Strinse il pugno con odio.

“Assassino!” gli urlò la Terra, non preoccupandosi minimamente del sangue sul volto del Fuoco “Come hai potuto uccidere una creatura così meravigliosa e colorata?! Sei senza cuore!”.

Kassihell non disse nulla, ancora confuso e piuttosto stanco. Serrò di nuovo le palpebre e sentì una mano sfiorargli il viso. L’Oscurità era davanti a lui e gli sorrideva.

“So cosa hai fatto” gli disse, passandogli una mano sull’occhio ferito e dandogli un po’ di sollievo “Grazie da parte di tutti”.

“Tu hai visto tutto? Sai cosa ho fatto?” mormorò il Fuoco, a bassa voce.

“Sì. E so di essere l’unica del gruppo a poterlo fare. Immagino dipenda dal fatto che ciò che hai usato è un oggetto del Dio della mia gente, Kaos. Grazie”.

Kassihell sorrise, vedendo Efrehem vivo, anche se infreddolito, e tutto intero accanto ad Hanjuly. Capì da quello di aver fatto la cosa giusta.

“Vi muovete o vi lasciamo lì?” sbottò Mattehedike.

Fuoco ed Oscurità accelerarono, dopo aver dato una ripulita al viso di Kassihell. Non aveva perso l’occhio ma non era più in grado di vedere.

“Cosa ti è successo?” domandò Enki, spaventata.

“Niente…sarà il freddo” tagliò corto il Fuoco, imbacuccandosi più di prima, e dicendosi, fra sé e sé, che era un vero peccato che l’Acqua non ricordasse ciò che aveva fatto.

 

†††

 

“Questo regno sta iniziando ad irritarmi al pari di quello dell’Acqua!” sbottò Thuwey.

“Ti lamenti sempre!” sbuffò Enki “Guarda che non sei solo tu ad avere dei problemi!”.

“Evidentemente sono l’unico che ha le palle per protestare…”.

“O l’unico che ha energie da sprecare!” sbottò Efrehem, sperando di far smettere la discussione.

Camminavano da giorni nella tormenta. La neve, fitta e gelida, li colpiva in malo modo con il forte vento tagliente. Sirona, pallida e coperta dalle nubi, non li scaldava. Avanzavano lentamente, il più vicino possibile l’uno all’altro, tentando di scaldarsi e sostenersi.

“Come và, Kassy?” saltellò Reishefy, dando una poderosa pacca sulla spalla al Fuoco.

Questi non rispose. Continuò a camminare, ignorandola, ma all’Elettricità non piaceva essere ignorata e riprese il discorso.

“Sai…” quasi urlò per essere sicura che la ascoltasse “…tutto avvolto da mantelli e coperte, hai un’aria esotica molto affascinante. Sei proprio bello!”.

“Sono proprio sposato” si limitò a sibilare il Fuoco, accelerando il passo.

“Cosa c’entra?! Mica gli sposati diventano brutti!”.

Kassihell sospirò, cercando con sguardo supplichevole l’aiuto di qualcuno. Gli altri sorrisero, quasi lieti nel vedere che la ragazzina aveva trovato la sua vittima e si concentrava su quella.

“Ma come cammini, Kassy? Dai su…muoviti!” ridacchiò Reishefy.

Il Fuoco si bloccò e la guardò, minacciosamente. L’Elettricità indietreggiò solo leggermente.

“Fai paura…” commentò, prima di ricominciare a ridere in modo scemo.

Gli si attaccò al braccio e Kassihell tentò di togliersela di dosso, imprecando e minacciandola.

“Stai lontana da me, rompicoglioni!” le urlò, con i capelli tutti gonfi per le scosse.

“Come sei permaloso!” rise Reishefy, andandogli di nuovo vicino.

“Io so che fin ora non ti ho mai calcolato particolarmente…” mormorò il Fuoco, alzando gli occhi verso Sirona “…ma se in questo istante facessi apparire una motosega fra le mie mani, te ne sarei immensamente grato!”.

“Che cosa vuoi fare con una motosega, Kassy?!” si stupì l’Elettricità.

“Piantala di chiamarmi Kassy!”.

“Ma cosa vuoi fare con una motosega?”.

“Dimostrarti tutto il mio affetto…”.

“Con una motosega? Che creatura strana che sei. Abbracciami, se vuoi dimostrarmi il tuo affetto!”.

“Ti abbraccerei solamente se avessi gli spuntoni metallici di Thuwey”.

Il Metallo rise e la Roccia propose un forte abbraccio fra scosse e spuntoni.

“…però un bell’abbraccio potresti darglielo. Povera piccola…” ironizzò Mattehedike.

L’Elettricità, non capendo la falsità in quelle parole, sorrise tutta soddisfatta.

“Ma abbracciala tu! È insopportabile!” ringhiò il Fuoco.

Girò lo sguardo verso l’Oscurità, desideroso di nascondersi dall’unica che non sembrava avere dei problemi con lui, ma lei stava accanto all’Aria e preferì evitare.

“Ti sta bene” commentò Idisi “Brutto assassino di farfalle!”.

“Per quanto andrai avanti a menarmela con sta storia della farfalla?! Ormai son passati diversi giorni…era solo una fottuta farfalla, mica tua figlia!”.

“Hai la sensibilità di un cactus!” ridacchiò Hanjuly.

“Questo non è vero. Ma quella farfalla…”.

“Era una creatura vivente che meritava di stare a questo mondo, esattamente come te!”.

Il Fuoco, ripensando a quanto aveva rinunciato per riportare in vita Efrehem e salvarlo da quella farfalla, rimase ferito da quelle parole. Sapeva che nessuno gli avrebbe creduto anche se avesse raccontato ciò che era successo e, comunque, quel branco di ingrati non lo meritava! Guardò il medaglione e decise che mai più lo avrebbe usato per loro. Accelerò, staccandosi dagli altri, sentendo il calore del suo elemento dentro di sé alimentato dalla rabbia. Solo l’idea di dover passare altri mesi lontano dalla sua famiglia per…cosa? Per cosa? Si ritrovò a chiedersi. Una stupida evocazione per uno stupido pianeta. Degli stupidi oggetti da delle stupide divinità. Era tutto così stupido! Troppo stupido!! Tirò un poderoso calcio ad un sasso, mandandolo lontano. Vide di essersi distanziato dalla compagnia ma non gli importò. Voleva solo tornare a casa, dall’unica persona che finora era stata in grado di capirlo per davvero e gli aveva dato dei figli. Pensò a quanta strada doveva percorrere per poterla raggiungere…che gli altri si arrangiassero! Lui la sua parte l’aveva fatta!

“Cosa credi di fare?” sentì tuonare una voce.

“Me ne torno a casa!” sbottò Kassihell, senza voltarsi.

“Ti arrendi?”.

“NO! Torno dove sono utile e che crepino pure tutti quanti, uno dopo l’altro!”.

“Vuoi la morte di tutti loro? Davvero?” si unì una voce femminile.

Il Fuoco si girò e sobbalzò. Davanti a sé aveva Kaos, decisamente incazzato, Heronìka ed il silenzioso Enrikiran. I tre Dèi lo stavano fissando, con rimprovero.

“Ma che volete?!” sibilò Kassihell, dopo il primo momento di stupore.

“Non possiamo permetterti di gettare al vento tutta la missione per un tuo capriccio!” rispose la Dea, incrociando le braccia.

“Capriccio?!” ringhiò il Fuoco.

“Non è un capriccio…capisco perfettamente quello che provi!” iniziò Kaos, prendendo sottobraccio il mortale e fissandolo con i suoi grandi occhi azzurri “Capisco e, credimi, farei lo stesso. Ma…” si interruppe, allargando il suo sorriso maligno ed inquietante “…non rinuncerei mai alla possibilità di vendicarmi! E so per certo che l’hai a portata di mano…la vendetta intendo!”.

“Ti riferisci ad Aherektess?” domandò Kassihell, calmandosi solo leggermente.

“Precisamente. Aspetta che la missione finisca per…”.

“Kaos! Che dici! Siamo qui per convincerlo a proseguire, non fare una strage!” lo interruppe Heronìka, nella lingua degli Dèi.

“Ed io lo sto spingendo a proseguire, femmina! Hai forse un’idea migliore nella tua testolina per convincerlo?” rispose Kaos, sempre nello stesso linguaggio.

La Dea dell’Acqua rimase in silenzio, capendo che chi aveva di fronte non poteva essere di certo spinto ad andare avanti con i buoni sentimenti.

“Dentro di lui non c’è solo odio” disse, dopo un po’ “Ho visto come ha salvato la piccola creatura della Luce!”.

“Ma in questo momento è l’odio quello che prevale. Fidati di me…”.

La Dea era piuttosto inquietata all’idea che Kaos stesse dando dei consigli a quel mortale, che non pareva esserne spaventato. Sospirò. Aveva salvato la Luce e quindi qualcosa dentro di sé c’era di buono e quindi, sperava, non doveva temere. Se lo ripeté dentro di sé, anche quando notò il ghigno malefico che provocò sul viso del mortale il discorso di Kaos. La Dea guardò Enrikiran. Il Dio girò solo leggermente i suoi occhi di ghiaccio, mentre Kaos e Fuoco si allontanavano.

“I Signori di Est ed Ovest han detto che ci deve essere un degno rappresentante per ogni elemento. Lui rappresenta in pieno il suo elemento, il fuoco, perciò…dobbiamo solo sperare che rimandi la vendetta alla fine del viaggio” parlò lui.

“Ma…come puoi sperare che si vendichi?! Lui non si deve vendicare! Lui…”.

“Non sono affari nostri, Heronìka. Ed è inutile tentare di convincerlo del contrario. Rilassati. Lascia che Kaos ci parli. Dopotutto lui è la divinità più antica…”.

“Ma è Kaos!”.

“Può anche essere mia nonna! In questo momento è l’unico che riesce ad entrare in sintonia con quel mortale. Lascia che ci pensi lui e…speriamo bene”.

La Dea sospirò. Ghiaccio e Acqua scomparvero in una nube bianca.

“Dunque, dicevamo, ragazzo mio…” riprese Kaos, tenendo una mano sulla spalla di Kassihell.

“Ragazzo?!” si accigliò il Fuoco.

“Cosa vuoi che siano trentasei anni davanti all’eternità? Sei un ragazzino, con tutta la vita davanti! Dicevamo…hai una vendetta da compiere, giusto? Ed allora aspetta e vedrai. Torna da loro, porta a termine questo stupido ed inutile viaggio. Alla fine di tutto…avrai ciò che ti spetta!”.

“La testa di Aherektess”.

“Bravo. Ma perché non sei del mio regno? Ti vorrei come mio Primo Sacerdote!”.

“La vita religiosa non fa per me…ma perché non posso vendicarmi subito e tornare a casa?”.

“Avresti tutti contro. Compresi quelli del tuo regno per non aver portato a termine la missione. Aspettando, invece, il suo lieto esito, avrai gli altri otto fuori dai piedi e tornerai doppiamente vincitore al tuo impero, con il sangue ancora caldo del semi-piccione arancio fra le mani!”.

Il Fuoco ghignò, soddisfatto.

“L’ho sempre detto che sei un grande, Kaos”.

“Davvero?” lo fissò il Dio, sospettoso.

“No…ma ora lo penso davvero”.

“So quanto sia difficile viaggiare con quel tipo di compagnia. La ragazzina dell’Elettricità è…come dire…non trovo le parole per definirla…”.

“Una grandissima rompipalle!”.

“Mmm…può andare. Ma avrei usato termini meno eleganti”.

“Pure io. Però ora sono troppo stanco perfino per insultarla”.

“Ti avrei fornito più che volentieri la motosega…ma son stato trattenuto…”.

“Non importa. Sarei stato trattenuto pure io dagli altri otto rompini. Forse Thuwey mi avrebbe concesso la soddisfazione di amputarla…”.

Il Fuoco rabbrividiva, camminando a fianco del grosso e fumoso Kaos, che gli sorrise.

“Il regno successivo è vicino” gli disse “Vedi? In terra già si intravedono sprazzi d’erba. Certo…non sarà per te una passeggiata nemmeno questo ma sono certo che, covando in te la vendetta, proseguirai senza troppi problemi”.

“Perché? Che regno mi aspetta?”.

“L’Aria”.

Kassihell spalancò gli occhi, mentre Kaos scompariva, scomposto in centinaia di corvi neri dagli occhi azzurri ed il sorrisetto malvagio. Non sentiva più il freddo pungente ma capì che da solo non avrebbe potuto mettere piede del regno rivale. Sopra di sé intravide una coppia di volatili colorati che si diressero verso la vegetazione, che si faceva sempre più vicina. Ai piedi piccoli fiori, arbusti e fili d’erba sbucavano fra la neve.

“Siamo arrivati!” urlò una vocetta, fastidiosa e familiare, alle spalle del Fuoco.

L’Elettricità lo raggiunse, abbracciandolo.

“Lasciami!” sbottò lui e lei rimase aggrappata con più convinzione, dicendogli che non lo avrebbe fatto andar via di nuovo.

“Il regno dell’Aria” mormorò Efrehem, togliendosi il mantello.

Tutti seguirono il suo esempio, pronti a proseguire ad una temperatura più normale. Aherektess spalancò le braccia, sgranchendosele, e sfiorò la chiave azzurra del palazzo del Signore dell’Ovest. Era intrecciata e brillante, leggera.

“Ora vi guido io” disse, sorridendo soprattutto all’Oscurità “Ti consiglio, Fuoco, di non farti troppo notare. Sai quanto poco quelli come te vengano amati dalle mie parti”.

“Farò attenzione. Tanto, prima o poi, ci dovrai passare tu fra quelli come me! Ed allora staremo a vedere chi dovrà stare attento a cosa”.

Il gruppo si allarmò notando il ghigno malvagio sul viso di Kassihell, ma nessuno osò interferire. Dopo quasi due mesi di gelo e neve bianca, il bosco dell’Aria, con i suoi alberi altissimi e sottili, li stava attendendo.

   
 
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