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Autore: voidsiilviasw    27/10/2015    2 recensioni
Ci saranno tante cosa al quale Thomas dovrà abituarsi e altrettante di cui dovrà fare a meno.
Le cose o le persone perse in genere non tornano, ciò che perdi non ritorna su un piatto d'argento.
La mancanza è come un'opera d'arte preziosa: sta dietro una bacheca di vetro ed è insieme a ciò di cui hai più bisogno in assoluto ma tu sei lo spettatore e di conseguenza non puoi afferrarla.
Sei un passo dal raggiungerla ma cento dal prenderla. La mancanza delle assenze è straziante e questo Thomas lo sapeva, era come se fosse rinchiuso in una gabbia e avesse visto qualcosa di bello ma sapeva di non poterlo raggiungere, sapeva tutto questo e sapere di sapere lo tormentava notte e giorno fino a quando...
Genere: Angst, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Newt, Thomas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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(La parte in neretto è un ricordo)
Buona lettura!









 

Era buio e faceva freddo, tirava un vento gelido nell'accampamento. La luna splendeva sulla valle e sul mare, si rifletteva nell'enorme specchio cristallino illuminandolo completamente. Era un'atmosfera magica, la superficie dell'acqua sembrava argentea, le onde del mare si infrangevano contro i fiordi producendo un rumore paradisiaco e dannatamente rilassante. L'odore di salino andava via via dissolvendosi nell'aria profumando l'ambiente circostante.
Gli animi si erano calmati, molti erano già andati a dormire dopo la rissa tra i due.
Minho era ancora legato all'albero e stava già dormendo, aveva una posizione strana ma per fortuna ero completamente immerso nel sonno, nei suoi sogni e pensieri più profondi.
Dopo il breve discorso con Gally, Thomas era andato in infermeria accompagnato da Brenda, questa aveva lavato il sangue dall'addome del ragazzo, lo aveva aiutato a cambiarsi e si era assicurata di bendare per bene il punto critico nel quale la costola si era rotta. Thomas non aveva detto una parola, era stato in silenzio tutto il tempo, l'aveva lasciata fare senza obbiettare od opporre resistenza. Ogni tanto percepiva del dolore fisico, ma era normale, tuttavia quello che gli faceva più male non era tanto il petto ma la testa. Il dolore mentale è il peggiore da togliere e alleviare, è come avere un parassita nel cervello; è dentro di te e ti divora le interiora, non lo vedi eppure c'è, lo senti ma non lo puoi eliminare. Quello stava provando Thomas, provava un tale odio verso se stesso, si detestava per tutto, l'unica persona che riteneva fosse suo amico dopo cinque anni l'aveva persa e lui invece che agire lo aveva lasciato fare, si era preso le botte che meritava.
Non sapeva se in futuro avrebbe mai riallacciato i rapporti con Minho, ci sperava ma come poteva l'amico perdonarlo?
Thomas era ancora nell'infermeria, Brenda gli aveva messo delle strane pomate a base di erbe sulla maggior parte della schiena, aveva ancora ferite che risalivano ai giorni precedenti, a quello strano e inquietante episodio accaduto nel posto segreto, nella sua grotta. Non aveva ancora dato un motivo a quel folle gesto, forse non voleva nemmeno sapere perchè si fosse picchiato da solo e strusciato sulla nuda roccia tagliente come rasoi, non voleva proprio scoprire la verità.
Era molto stanco e a stento riusciva a reggersi in piedi. Con l'aiuto di Jorge raggiunse il suo letto, guardò per pochi istanti il soffitto. Tutto parve nitido ma subito dopo iniziò a essere sempre più sfocato, sgranato, fino a diventare buio totale. Thomas si addormentò lasciandosi cullare dall'oscurità e dal silenzio.


°
Era seduto sulla poltrona principale, era davanti ai monitor e di fianco a lui c'era Teresa. Si conoscevano da qualche anno ma subito erano diventati amici. Stavano osservando delle schede personali su dei ragazzi, uno di questi incuriosì Thomas tanto da segnare il suo nome su un pezzo di carta. Qualora lo avesse rivisto gli avrebbe sicuramente parlato.
Dovevano progettare un test chiamato 'labirinto', il nome sembrava buffo e l'idea ancor di più. Il test o il cosiddetto 'labirinto' era un'idea molto intricata, bisognava costruire una serie di strade che si intersecavano tra di loro, canali e vicoli ciechi, viuzze e scorciatoie, punti vuoti e vari tasselli, vari piani, varie sezioni. Al centro di questa ramificazione enorme vi era una radura. Questa non doveva essere molto grande ma nemmeno troppo piccola, doveva contenere all'incirca una settantina di ragazzi, in più doveva esserci posto per la fauna e per la flora, una grandezza media che permettesse ogni comodità riguardo allo spazio vitale necessario per ogni individuo.
Alcuni dottori avevano incaricato lui e Teresa di ideare delle variabili.
Subito non afferrarono il concetto ma poi la ragazza capì al volo, doveva creare degli ibridi o qualcosa del genere, tipo dei mostri protettori del labirinto.
Thomas non sapeva nemmeno da che parte girarsi mentre Teresa si, sapeva perfettamente che cosa fare. Lei aveva raccontato a Thomas le sue disavventure passate, che cosa le era toccato vivere prima di giungere al riparo tra i muri della W.I.C.K.E.D, lei sapeva come creare dei mostri perchè gli aveva visti con i propri occhi.
Orrore, morte e sofferenze, lei le aveva vissute tutte quante di conseguenza era esperta in materia.
I due si misero a schizzare forme strane di animali a loro volta inquietanti mentre chiacchieravano allegramente.
“Tom, ti ricordi tua madre?”
“Si, sono passati pochi anni ma si, me la ricordo. Perchè?”
“Anche io me la ricordo, è orribile. Voglio trovare una cura al più presto.”
“Mi spiace e si, anche io voglio arrivare ad un antidoto al più presto.”
“Tu lo fai per te stesso, Tom. Sei orgoglioso di essere immune e vuoi ricevere successo e ammirazione per questo, non lo fai per i tuoi o per la gente, lo fai perchè brami le lodi.”
“Ma cosa stai dicendo? Non sono così egocentrico.”
“Oh si che lo sei.”
“Forse un po' dai.”
Teresa non rispose nemmeno, si rimise subito a disegnare. Scarabocchiava forme e idealizzava mostri che davano i brividi quando ad un certo punto un lampo di terrore le illuminò gli occhi, iniziò ad agitare la graffite disegnando linee informi sul foglio, sembrava incantata. Thomas si spaventò, tentò inutilmente di fermala. Lei continuava a scarabocchiare e a scrivere parole. Sembrava una macchina in panne, era quasi in uno stato di trance.
“Teresa, fermati! Che stai facendo?”
“Tu non capisci, Tom.” Disse lei con gli occhi fissi sul foglio e la voce sussurrante.
“Cosa c'è da capire?”
“Perchè stiamo facendo questo. E' necessario.” Il timbro vocale era diventato tagliente ed inquietante.
“Lo so. Ora smettila.”
“No, tu non lo sai. Tu non vedevi l'ora di andare via dalla tua famiglia mentre io, io volevo rimanerci. Tu non capisci.”
“E di nuovo. Cosa c'è da capire?”
“Tom, W.I.C.K.E.D è buono.”
Teresa smise di scatto di scrivere, sembrava riemergere da un apnea di due minuti. Aveva gli occhi sgranati e il fiatone. Quando rilesse il foglio inorridì per ciò che aveva scritto.
'W.I.C.K.E.D è buono.”

Pochi mesi dopo quest'episodio molto strano arrivarono i nuovi soggetti, gruppetti da quattro misti tra ragazze e ragazzi della stessa età di Thomas e Teresa. Dovevano fare dei piccoli test ai computer, superare degli esami, nulla di che.
Erano di tutte le etnie, stature e fisionomie. C'è chi era più massiccio e chi invece più magro e minuto.
“Proprio dei bei soggetti, Tom. Ci sarà da lavorare, dobbiamo insegnarli parecchie cose.”
“Si, Teresa. Mi sta chiamando la cancelliera, vado a vedere che vuole e poi sono subito da te.”
Thomas si diresse verso la dottoressa che lo stava aspettando con ansia nel suo ufficio. Le pareti della stanza erano di vetro e si poteva benissimo guardare la sala principale con i computer e i nuovi individui da testare.
Teresa agitava le mani a destra e a manca per far sedere i nuovi soggetti, tutti sembravano adorarla, nonostante avesse la loro stessa età lei aveva assunto un'aria autoritaria, pareva fosse la mamma della situazione. 'E' adorabile' pensò Thomas.
Il ragazzo stava ascoltando la cancelliera quando ad un tratto entrarono altri nuovi ragazzi nella sala, erano tutti maschi belli robusti tranne uno. Quest'ultimo era alto e magrolino, biondo con un ciuffetto ribelle che gli scendeva sul viso, sembrava un tipetto tosto nonostante l'apparenza. Fu in quel preciso istante che Thomas lo vide dal vivo per la prima volta. Si era incantato per pochi secondi, lo aveva scrutato con occhio attento. Era proprio lui, doveva essere lui il soggetto misterioso che voleva conoscere, era identico alla foto della scheda.
Con uno sguardo di gioia misto a sorpresa guardò Teresa che stava già ricambiando l'occhiata. Thomas parlò velocemente con la dottoressa e poi uscì dalla stanza senza voltarsi e Teresa aveva capito
, aveva capito che tutto sarebbe cambiato di lì a breve.

°

*
“Sei pronto per sentire la storia? Ti sei messo comodo?”
“Bando alle ciance, comincia.”
“Thomas era un ragazzo molto particolare, andammo d'accordo fin da subito e credo fosse ancora più preso di me nel cercare una cura all'eruzione, sembrava una persona apatica ma altruista. E' difficile spiegare. Lo avevo incontrato la primo volta nel quartier generale della W.I.C.K.E.D, mi tenevano da circa due anni. Mi ricordo quel momento come fosse ieri e Tom non sembrava spaventato anzi.”
“Come sembrava?”
“Felice ed eccitato, non vedeva l'ora di cominciare.”
“Felice? Tommy felice? Questa non me la sarei perso per nulla al mondo, vorrei proprio vederla come scena.”
“Era felice di essere immune. Nei primi discorsi che ci scambiammo mi disse che era davvero sollevato di essere immune all'eruzione, i suoi genitori erano stati contagiati e stavano soffrendo eppure lui non provava nessuna pena. Certo gli mancava la madre e le voleva bene, ma non provava assolutamente nessuna pietà. Era contento di essere andato via e di averli abbandonati al proprio destino. Era molto egocentrico ma altruista. Mi dirai: uno che pensa solo a se stesso come fa a preoccuparsi per gli altri, giusto?”
“Eh beh giusto.”
“Ma all'altruismo poi ci arriveremo. Mm, dicevo...Ah si..Tom voleva aiutare a tutti i costi per trovare una cura tuttavia era davvero molto felice di non morire per colpa del virus. Era molto orgoglioso del suo scudo naturale a quel battere, credo volesse trovare un antidoto non tanto per gli altri ma quanto per ricevere lodi. Ogni tanto si sentiva superiore agli altri, persino ai dottori. Molti di questi non erano immuni e lui si divertiva a stuzzicarli. Un tipetto strano.”
“A stento riesco a crederci. Nel labirinto non sembrava nemmeno lui.”
“Lo so, Newt. Io e lui abbiamo aiutato la W.I.C.K.E.D a costruire il labirinto, abbiamo progettato tutto quanto insieme a delle persone chiamate 'architetti'. Non so perchè ma eravamo privilegiati e piuttosto viziati. Venivamo trattati alla pari degli adulti anzi oserei dire ancora meglio, ci chiedevano sempre consigli, ci interpellavano e chiamavano alle assemblee generali, eppure eravamo solo dei bambinetti. Una dottoressa della quale non ricordo il nome però, credo iniziasse per L; ci disse che il nostro intelletto era piuttosto elevato ed oserei dire al di sopra della norma. Ci disse inoltre che eravamo piccoli geni e che dovevamo aiutarli in alcune faccende quali test e variabili. Ho mal di testa, Newt. Devo continuare?”
“Che pivelli....Continua ti prego, so che fai fatica ma per favore. Devo sapere.”
“Solo perchè sei tu. Io e Tom eravamo stati i primi immuni ad incontrarci faccia a faccia, avevamo legato subito ed entrambe eravamo pro ai test della W.IC.K.E.D. Poco tempo dopo sono arrivati altri, sei arrivato anche tu.”
“Io quello non immune, vabbè. Continua.”
“Subito io e Tom eravamo molto distaccati da voi perchè ci sentiva superiori. Se ci penso adesso mi sento così idiota e stupida. Vado avanti okay, allora...Mh..Eravamo ai computer e molto spesso aiutavamo qualcuno di voi, spiegavamo, progettavamo, eravamo un po' il gatto e la volpe della situazione. Conoscevamo l'intero edificio, ogni anfratto e stanza, ogni comando e password, eravamo ovunque e tutte le notizie passavano da noi. Facevamo il nostro lavoro. I medici ci avevano messo nella stessa camera, all'inizio era stato imbarazzante: io ero una ragazza e beh, lui un ragazzo ma poi ci abbiamo fatto l'abitudine dandoci dei turni in modo tale da non beccarci insieme sotto la doccia. Che roba. Ci confidavamo sempre tutto di notte, eravamo migliori amici.”
“Ah-ha-ha. E poi?” Disse Newt facendo una mezza risata per la faccenda delle docce.
“Ah, ah. Poi. Ben detto: poi.”
“Cos'è successo Deedee?”
“Nessuno mi chiamava così da tanto tempo, quasi avevo scordato fosse il mio vero nome.”
“Se vuoi continuo a chiamarti Teresa.”
“Non ti preoccupare, va bene così.”
“Ottimo, che è successo dopo?”
“Poi Thomas ha incontrato te, ecco perchè l'altruismo.”
“Me? Spiegati.” Newt iniziò a essere molto agitato, si passava le mani tra i capelli e sudava freddo. Voleva sapere.
“Era una giornata fredda al quartier generale, molto strana direi. C'era molta agitazione, il labirinto era quasi finito e pronto, mancavano solo alcuni aggiustamenti e variabili. Io ero già al computer mentre Tom stava farfugliando qualcosa con dei tizi importanti.”
“E poi? Poi?”
“Poi sei entrato tu e altri. Tom si è girato verso di te, ti ha osservato per un bel minuto intero poi si è voltato verso di me fissandomi negli occhi, infine è uscito dalla stanza quasi correndo. Dopo quello sguardo avevo capito, avevo già capito tutto.”
“Cosa? Cosa?”
“Che sarebbe cambiato tutto. Tom mi aveva detto che c'era un ragazzo della combriccola di nuovi pivelli che voleva conoscere, gli ispirava ma non avevo ancora afferrato chi fosse e poi, dopo avervi visto tutti quanti, ho capito chi era.”
“Chi?”
“Idiota che non sei altro, eri tu Newt.”
“Continuo a non capire.”
“Non te lo ricordi evidentemente, ma io si. Tu e Thomas siete stati amici quasi fin da subito. All'inizio lui ti metteva spesso in secondo piano evitandoti ma osservandoti, ti temeva perchè aveva paura di affezionarsi troppo a qualcuno. Ne parlò con me e io gli dissi che era da stupidi farsi queste paranoie così qualche giorno dopo iniziò a parlarti.”
“Vorrei tanto ricordarmi questi momenti.”
“Giocavate sempre insieme nelle ore di pausa, mangiavate vicini e spesso vi sedevate uno di fianco all'altro dai monitor. Io ero sempre con voi, eravamo un bel trio che poi divenne un quartetto perchè si aggiunse Alby. Te lo ricordi?”
“Alby...Alby...Caspio se me lo ricordo!”
“Bene così. Poi si sono aggiunti gli altri, Minho e via dicendo. Che bello ricordare queste persone.”
“Oh si, ma continua.”
“Eravamo tutti lì, gruppo A e B. Io e Tom eravamo sempre più uniti e non avevamo segreti nonostante ci avessero cambiato stanza per l'età, sai com'è. Mi parlava spesso di te anzi continuamente parlava di te! Era davvero logorroico e stava cambiando, era meno egocentrico. Ero ben felice di ascoltarlo solo che ...”
“Piccolo Tommy che evolve, wow! Solo che?”
“A me iniziò a piacere di conseguenza diventai gelosa. Molto gelosa. Ad un certo punto i dottori diedero dei turni e Io, Tom, Aris e Rachel non dovevamo interagire molto con voi, non so ancora  perchè, forse per le variabili nel labirinto. Boh. Ciò nonostante Tom cercava sempre ogni momento buono per vederti anzi a volte violava regole, coprifuochi e divieti solo per parlarti anche dieci minuti. Io ero davvero invidiosa. Sono stata accecata dall'odio, Newt. Ti chiedo scusa.”
“Che pive ribelle Tommy! Questo è il mio ragazzo!”
“Già”
“Ma perchè ti scusi?”
“Perchè sono stata io a mettere il tuo nome nella lista dei primi soggetti da mandare nella radura. Volevo toglierti di mezzo e avere Thomas tutto per me. Scusami davvero.”
“Ah. E' passato, non ti preoccupare.”
“No, Newt. Mi sento una merda davvero. Non capisci o forse non ricordi, lui ti voleva bene. Non ho mai visto una persona così legata a qualcuno e anzi, lui ti amava.”
“Mi amava? Tommy mi amava?” Il volto di Newt si illuminò come fosse stato colpito da un raggio di sole. Non poteva vedersi, ma se si fosse visto in volto avrebbe visto un viso rosso pomodoro.
“Si proprio lui. Tom ti amava, Newt.”
“Come fai a saperlo?”
“Beh mi diceva tutto, vi eravate anche baciati.”
“Te lo stai inventando dai, mi lo ricorderei una cosa così importante.”
“No no, dico sul serio. Ero gelosa e per questo quando ti ho cancellato la memoria mi son preoccupata di sotterrare per bene tutto.” Teresa fece una breve pausa e poi riprese.
“Me lo aveva raccontato una notte, era tutto eccitato e felice mentre io morivo nell'odio. Così il giorno dopo mi sono fatta dare la lista con i nomi ed ho modificato mettendoti tra i cinque prescelti. Se ci penso mi sento una stronza anzi io sono una stronza, saresti potuto andare nella radura dopo invece per colpa mia sei stato uno dei primi. Tom quando lo ha scoperto mi ha odiato, mi ha detestato a morte e ha iniziato a non parlarmi più. Mi sentivo morire senza il mio migliore amico, senza lui.”
“Non so bene cosa dire..”
“Non servono parole per descrivere l'orrore che ho fatto. Sono una persona egoista.”
“Non mi pare adesso.”
“A me si. Avevo perso la mia famiglia, le persone che si erano sacrificate per me pur di portarmi in un porto sicuro, avevo perso ogni cosa e l'idea di essere dimenticata da Thomas mi uccideva. Avevo deciso di non dirgli il giorno del quale ti avrebbero cancellato la memoria, non volevo dire quand'è che saresti andato nella radura. Non volevo.” Lo sguardo di Teresa si posò per terra, era vuoto e spento, stava per piangere.
“Cosa è successo dopo, Deedee? Dimmelo.”
“Non ce la faccio, Newt. Ti prego.” La ragazza iniziò a versare delle timide lacrime, si sentiva in colpa e si vedeva. Le sue mani erano ghiacciate e pallide, il suo volto chiaro  era come una perla e rigato dal pianto. Sudava freddo, la febbre non stava diminuendo.
“Tom ha letto i dati nel server del mio computer.”
“Eh cosa è successo dopo?” Newt era davanti al viso di Teresa, le stava asciugando le guance bagnate con un dito. Pensò che la pelle dell'amica era davvero morbida eppure stava male. Proprio una ragazza tosta pensò.
“Mi ha quasi ucciso. Mi ha messo le mani al collo, voleva strozzarmi.”
“Perchè? Tommy? Ma cos..”
“Perchè il giorno era quello, lo aveva scoperto troppo tardi e mi odiava per questo. Quello sarebbe stato l'ultimo giorno per te prima della radura, prima dell'inferno.”
“E dopo?”
“I dottori hanno sedato Thomas e lo hanno chiuso in una cella per un'oretta. Quando è uscito è venuto a cercarmi, mi è corso incontro e subito credevo volesse uccidermi ma poi mi ha semplicemente abbracciato e ha iniziato a piangere come non faceva da tempo. Era in lacrime tra le mie braccia e urlava il tuo nome come un ossesso chiedendo scusa. Ricordo ancora di aver provato una fitta al petto enorme, potevo percepire il mio cuore spaccarsi in due e cadere a pezzi. Tom continuava a singhiozzare ed è lì che ho capito.”
“Cosa hai capito?” Chiese Newt guardando dritto negli occhi gonfi di Teresa.
“Che mi voleva bene. Io ero gelosa perchè avevo paura di perderlo, ma dopo quell'episodio ho compreso che era tutta un'ansia inutile. Ero ancora la sua migliore amica. Non potevo rimediare a ciò che avevo fatto, le pratiche erano già avviate tuttavia lo aiutai a vederti per l'ultima volta.”
“Racconta ti prego, io non me lo ricordo. Ho bisogno di sapere.”
“Eri in una cella totalmente bianca rannicchiato in un angolo remoto della stanza chiuso in te stesso. Io avevo preso per mano Tom.. Che belle mani che aveva, grandi e morbide..Non perdiamoci in altri discorsi..Dicevo..Ah si..Eri una persona gentile ma fragile come una lastra di vetro. Penso tu lo sia ancora.”
“Io sono duro come la roccia.”
“Non prendiamoci in giro, Newt.
Continuavi a parlare da solo, ogni tanto si sentiva il nome di 'Thomas' anzi 'Tommy' provenire dalla tua bocca. Lo stavi cercando e io te lo ho portato. Con la mia chiave magnetica ho aperto la porta e quando ci hai visto ti sei ripreso subito, il tuo volto aveva acquistato un'aria solare e radiosa. Ti sei alzato di scatto e Tom è corso verso di te. Tu hai pianto sulle sue spalle mentre Tom mi fissava, con un cenno di assenso da parte mia me ne sono andata richiudendo la porta alle mie spalle lasciandovi completamente soli.”
“E poi? Poi? Perchè non me le ricordo ste cose, potrei impazzire. Raccontami ti prego.” Newt faceva avanti ed indietro davanti all'amica, non stava più nella pelle, voleva sapere a tutti i costi.
“Poi quando Thomas è tornato nella sala dei monitor mi preso da parte e raccontato tutto.”
“Tutto cosa?”
Avete fatto l'amore, Newt.
A quelle parole il ragazzo si bloccò, smise di camminare e andò davanti alla finestra senza panorama. Iniziò a guardare il muro, non c'era alcun paesaggio poetico fuori, solo cemento e terra. Gli mancava il respiro, forse lo trattenne per un tempo indeterminato pari all'eternità. Si portò una mano alla bocca e soffocò un verso di dolore e la malinconia lo catturò del tutto. Si morse prima le labbra e poi il pugno mentre continuava a fissare il nulla, il vuoto più totale proprio come la sua mente in quel momento. I suoi occhi si gonfiarono di tristezza, il suo animo e la sua umanità scomparvero del tutto. Era rimasto solo Newt e iil suo corpo vuoto. Si era incantato cercando di riaggrapparsi a quei ricordi, voleva riavere indietro quelle memorie solo che non ci riusciva. Maledisse la W.I.C.K.E.D per la millesima volta, la maledisse per avergli strappato momenti così importanti, così intimi, così magici.
Provò un odio ribollirgli nel petto.
Si girò nuovamente verso Teresa, non le servì nemmeno una risposta. Gli occhi di Newt parlavano da soli, lei continuò a raccontare.
“Sapeva che ti saresti scordato di lui così voleva unirsi a te prima di vederti andare nel labirinto. La sensazione di famigliarità sarebbe rimasta ma non come prima. Tom mi raccontò quasi tutti i dettagli. Siete rimasti abbracciati per molto tempo, tanto tempo, quasi un'eternità. Ti amava davvero.”
Newt aveva gli occhi rossi e pieni di lacrime ma ancora queste non si erano decise a scendere. Dovevano aspettare, doveva resistere fino alla fine del racconto. Lui non disse niente e Teresa andò avanti.
“Sai, mi ricordo ancora l'attimo prima che ti mettessero nella scatola. Ti stavano portando nella stanza pre radura, Tom ti ha accompagnato. Lui ti teneva per mano, stavate parlando e io non capivo una parola, ma andava bene cosi perchè non dovevo capire.
Nella sala della cancellazione della memoria dovevamo entrare sia io che Tom, tu eri steso nudo sul lettino ricoperto delle tue paure.”
“Ero nudo? Cosa?” Newt stava tremando, forse ricordava qualcosa.
“”Beh in mutande suvvia. Guardavi Thomas dritto negli occhi, non lo mollavi un istante. Avevi le lacrime agli occhi, sapevi a che cosa stavi andando incontro. Io armeggiavo di fianco con i macchinari assieme ai medici e tu continuavi a cercare lo sguardo di Tom. Poco prima che iniziassi a fare il procedimento chiesi se qualcuno avesse qualcosa da dire e lui iniziò a parlarti. Ricordo ancora chiaramente quel discorso, quelle parole. Tom disse 'Newt, ti ho amato e ti amo tutt'ora, ma ti p...”
“Ma ti perderò per sempre.” Disse Newt guardando un punto fermo nel pavimento grigio.
“Ah, ma te lo ricordi.”
“No, ma certi pezzi, alcune frasi stranamente le so. Vai avanti.”
“Tu avevi detto: Ricordati di me finchè avrai memoria. Devo andare. Ci vediamo dall'altra parte fra qualche mese o anno.' E Tom aveva risposto: Per favore, Newt, per favore non lasciarmi e tu avevi concluso dicendo: T...”
“Tommy.” Disse Newt quasi di botto, la sua voce rispecchiava il suo animo: era agitato, aveva lo sguardo ormai prossimo alle lacrime.
“Poi calò il silenzio. Tom era uscito di corsa mentre io con cura ti innestavo il cip. Poco dopo trovai Tom incollato al pc, aspettava il tuo arrivo nella radura. Quando siete giunti nella nuova 'casa' lui era davvero agitato, ti vedeva spaesato. Difatti eri perso, solo con il tuo nome e nessuna memoria. Lui passava intere giornate davanti ai monitor, ormai viveva in studio. Poi un giorno..”
“Cosa ho fatto...” Newt sapeva, ricordava vagamente. Voleva avere le testimonianze da Teresa.
“Eri molto stanco, eri sciupato. I dottori erano preoccupati e agitati, stavi correndo nel labirinto e ti eri fermato in un corridoio. Mancavano poco più di mezz'ora alla chiusura delle porte e nello studio tutti erano in ansia, dovevi salvarti, potevi salvarti. Eri tosto.”
“Continua...” Newt aveva ripreso a camminare avanti e indietro, solo che ora si stava rimordendo la mano o meglio, il pugno.
“Hai guardato il cielo, hai salutato senza un apparente motivo poi hai fatto un gesto strano, un movimento che faceva sempre Tom.”
“Quale gesto? Non ero senza memoria?”
“Si ma la famigliarità rimane comunque, una striscia di memorie resta. Ricordi?”
“Ah si, vai avanti.” Newt stava balbettando, era in preda all'ansia. Stava ricordando ciò che aveva rimosso da anni.
“Ti eri battuto il cinque e poi ti eri stretto le mani da solo. Questo gesto Tom lo faceva sempre quando stava pensando e io sapevo che cosa avevi intenzione di fare, forse lui non aveva ancora afferrato, ma io avevo capito e stavo tremando. Ero spaventata.”
“Tu capisci sempre al volo, ti prego non ti fermare.” Newt era diventato nervoso ed ora si stava mangiando le unghie.
“Hai mollato lo zainetto dei velocisti da parte, ti sei seduto un attimo giocherellando con i tuoi ciuffetti biondi per qualche istante per poi rialzarti ed arrampicarti sull'edera del muro. Non avevi paura e non eri nemmeno spaventato, stavi piangendo ma sembravi più in preda alla disperazione che spaventato. Tom era davanti al monitor che osservava zitto in silenzio, aveva le lacrime, forse aveva capito. I medici correvano a destra e a manca ritardando ogni chiusa e disabilitando i dolenti nei dintorni, speravano scendessi invece...”
Teresa prese un lungo respiro e poi continuò.
“Continuavi a salire sempre più in alto, fin dove l'edera c'era tu ti arrampicavi, finchè...”
Newt si girò di scatto verso quello che restava di Teresa, il suo viso era diventato di porcellana, fragile e pallido. Soffriva a raccontare quelle cose, ricordare le faceva male. Stavano entrambe soffrendo e condividendo un dolore sotterrato per anni.
“Newt...tu...tu ti sei buttato giù a peso morto, sei atterrato con i piedi sul cemento spoglio del labirinto. Un agghiacciante rumore di ossa che si rompono è rimbombato tra i muri del labirinto. Hai puntato lo sguardo fisso sul cielo e poi ti sei spento, hai chiuso gli occhi e hai urlato.
Ricordo la reazione di Tom, ricordo quelle grida e quei lamenti provenire dalla sua gola. E' stato straziante per la mia persona.”
“Com'è stata, Deedee.” Chiese Newt con le lacrime che iniziavano a scendergli dal viso. 
“Si è alzato tendosi la testa fra le mani, non riusciva a respirare e poi d'un tratto è crollato a terra inerme. Poco dopo ha iniziato a dimenarsi, sembrava avesse gli spasmi. Iniziò ad strillare ed un grido gelido e strozzato risuonò nell'ufficio e poi... poi come se avesse un leone dentro il petto, Tom urlò il tuo nome. Urlò fino a esaurire la voce, gridava 'Newt' come fosse posseduto dal demonio. Dopo essersi sfogato per terra si alzò in piedi, mi guardò con occhi distrutti, si diresse verso i monitor, prese dei tablet e li lanciò per terra. Scaraventò fogli e progetti sul pavimento, strappò delle liste; buttò, con una bracciata furente, delle provette al suolo mandandole in frantumi. Il suono del vetro che si infrange riecheggiò per lo studio. Stava ancora urlando il tuo nome mentre i medici facevano il possibile per calmarlo, lo legarono ad una sedia.” Teresa si fermò un secondo a riprendere fiato, aveva parlato non stop per tutto il tempo, aveva bisogno di respirare ossigeno. Aveva bisogno di un altro po' di vita.
“Alby evidentemente aveva capito che qualcosa non andava così è venuto a cercarti violando ogni regola della radura. Ti trovò ed è grazie a lui se ora sei vivo. La W.IC.K.E.D ha mandato subito bende e cure attraverso la scatola. W.I.C.K.E.D è buono o meglio, era buono. Sono stata io a far mandare quegli oggetti per salvarti, per salvare Tom dall'agonia. Lui era riuscito a liberarsi dalla morsa della corda, aveva pestato un paio di guardie armate, era davvero furente. Era pronto per l'isolamento.
Alcuni gli spararono una siringa dritta nel collo, doveva essere un calmante, e lui si accasciò al suolo apparentemente privo di vita. Stava dormendo. Era completamente sedato, venne messo in solitudine e io non lo vidi per due mesi. Lo tennero nella cella bianca per molto tempo e poi lo portarono nella stanza pre radura anche lui. Nei giorni successivi sarebbe toccato anche a me, solo che non mi misero nella cella come avevano fatto con tutti voi. Questo non mi è ancora ben chiaro perchè.
Dopo esser uscito dall'isolamento ed avermi visto, Tom mi abbracciò subito, scusandosi per tutto. Io avevo ricambiato l'abbraccio e accompagnato verso la camera preparatoria. I medici non mi lasciarono fare l'intervento come mi era solito fare. Dopo una buona mezz'ora in sala ad aspettare mi chiamarono. Ricordo anche quest'ultimo discorso:
Ero di fianco al suo lettino e mi guardava con aria curiosa. Ovviamente non aveva più un gran ricordo di me, di noi; tutto doveva essere vagamente famigliare ma altrettanto sconosciuto. Ciò nonostante sembrava fidarsi ancora di me. Io pronunciai le fatidiche tre parole: W.I.C.K.E.D è buono e poi lui crollò nel sonno sussurrando il tuo nome come fosse un ultimo desiderio.”
Newt si sedette per terra, non capiva molto. L'idea di non ricordare i ¾ della storia lo irritava, voleva riassaporare quei momenti ma non poteva. Aveva lo sguardo perso e vuoto, era afflitto. Teresa aveva ragione, lui era una persona fragile.
Decise che era il momento di abbandonarsi, lasciò che le lacrime cadessero copiose sul suo volto; gli stavano letteralmente rigando le guance, alcune raggiungevano il naso, altre il collo, alcune invece la bocca. Erano lacrime prive di gusto, non lievemente salate come uno si aspetta. Teresa era pericolosamente vicino al suo viso e con una rapidità allucinante lei lo abbracciò cadendo dalla sedia a rotelle. Newt la prese in braccio e la lasciò fare. Pianse sulle spalle di Teresa proprio come aveva fatto Thomas tanto tempo prima, pianse e urlò con tutta la disperazione che riuscì a trovare in corpo.
Il nome Tommy rimbombò per tutto l'edificio disperdendosi come un vecchio ricordo tra le pareti spoglie.


*


Thomas si svegliò normalmente e non più di soprassalto come gli era solito fare.
Era nel suo letto avvolto da un paio di coperte belle spesse e calde. Si sentiva protetto in quell'involucro morbido e candido. Una delle due era sempre la stessa, quella col motivo verde tirolese mentre l'altra era tinta unità bordeaux; senza un apparente motivo gli piaceva moltissimo l'ultimo colore.
Con tutta la calma del mondo, Thomas si alzò dal letto. Aveva un lieve mal di testa ma nulla di grave mentre il dolore all'addome era costante e sembrava non volesse andarsene. Era seduto su un fianco del materasso ripensando alla notte precedente, quella folle serata fatta di urla, sangue e dolore, tanto dolore. Ripensava a Minho e a quanto l'amico stesse male per quella notizia, non provava rancore per lui, era umano arrabbiarsi così tanto. Tutto era comprensibile.
Tastando la tasca tirò di nuovo fuori il sassolino bianco, il timido oggetto che da un momento all'altro aveva preso valore, lo riosservò per la millesima volta. Sempre uguale, non era cambiato per niente, era solo sporco di sangue ma questo poco importava. Gli vennero in mente le parole di Gally: “Newt non era un idiota, se si è fidato di te un motivo c'era. Rifletti pivello.”
“Un motivo c'era” Quell'insignificante frase si ripeteva all'infinito nella mente di Thomas, quale motivo poteva esserci? Quale se non...No..Non era possibile. Non voleva crederci. Dopo tutto quel tempo, dopo tutti quegli anni Gally si ricordava ancora tutto? Come aveva fatto, come. Doveva parargli al più presto, doveva ricordare anche lui.
Si alzò del tutto sollevandosi a gran fatica dal letto, il dolore della costola persisteva ma questo non lo fermò. La branda di Minho era piena, il suo amico dormiva come un bambino, non sembrava più il mostro della sera precedente. Gli fece tristezza, molta tristezza a Thomas.
Quest'ultimo si vestì in fretta e furia e poi corse fuori cercando Gally.
Cercò per una buona mezz'ora per poi trovarlo sempre nello stesso posto: seduto vicino alla scogliera mentre intagliava un altro ramoscello con un coltello.
“Ti stavo aspettando, Thomas.”
“Dimmi che cosa intendevi ieri notte, come fai a ricordarti certe cose. Gally, parla.”
“Quanta fretta, sono solo le otto del mattino e il sole splende. Ammira tale bellezza.”
“Non fare l'idiota, parla.”
“Se proprio devo.” L'amico fece una lunga pausa prima di iniziare parlare.
“Tu e Newt eravate molto amici, ricordo queste cose come fossero ieri. C'ero anche io, Thomas, anche io ero con voi nella sala computer. Mi ricordavo di te che progettavi e creavi variabili, eri una macchina letale. Eri arrogante e orgoglioso di te stesso, di essere immune, ma poi...poi quando hai conosciuto Newt sei cambiato radicalmente. Eri una persona nuova, hai iniziato a collaborare anche con noi, a diventare nostro amico. Io lo avevo capito, sai?”
“Che cosa?” Disse Thomas con un'espressione preoccupata in viso.
“Che sarebbe cambiato tutto.” Gally lanciò in mare il legnetto intagliato e poi tornò a dedicarsi all'amico.
“Sai, non mi sei mai piaciuto fin dal principio, ma ora che ti conosco mi stai simpatico perciò ti dirò il breve che mi ricordo.
Ricordo che parlavi spesso di Newt, forse non te ne rendevi conto ma ne parlavi continuamente. Quando lui portava a termine una prova al computer con successo tu festeggiavi sempre, a volte eri anche esagerato. Lo riempivi di lodi, lo aiutavi...Eri diventato molto altruista, avevi messo da parte l'orgoglio e l'arroganza e ti eri concentrato sugli aspetti positivi della vita e dell'amicizia. La W.I.C.K.E.D? Ormai messa in secondo piano anche lei. Sapevi che cosa ci aspettava e penso sia per questo che una volta ci dissi: 'Non pemetterò mai che vi venga fatto del male.'” Gally guardò dritto negli occhi Thomas, questo aveva lo sguardo assente, tremava ed era senza parole.
“Newt ti sta aspettando.”
“C-cosa?” Disse Thomas balbettando.
“Lui ti sta aspettando. Non è un caso se senti quelle voci, se urlì il suo nome. Le persone morte non tornano, ma evidentemente in questo caso si.”
“Come fai ad esserne così sicuro?”
“Ieri mentre mi sono assentato per qualche istante dalla rissa fra te e quel pive di Minho, sono andato al centro comunicazioni. Ho intercettato una frequenza radio non distante da qui. Un uomo stava parlando e dicendo cose apparentemente senza senso, tra queste frasi messe a caso ho potuto trarre una sola frase 'Hanno trovato una cura, sia benedetto il rinato dal virus.' Una sola persona può essere il rinato, una soltanto: Newt.
Penso sia vivo, credo a quello che dici. Ti incoraggio ad andarlo a cercare.”
“Vado a cercare dei fantasmi, Gally.”
“Fidati di me, Thomas. Fidati di me.” Disse l'amico strappando dei fili d'erba e poi si alzò.
“Newt è vivo e ti sta aspettando da cinque lunghi anni. Ti ho già preparato lo zaino con le provviste e tutto il resto. Va e trovalo! Rimedia, cancella i tuoi incubi una volta e per sempre!” Concluse Gally incamminandosi verso il bosco fitto e lasciando Thomas ancora una volta senza parole.

-

Era pronto, era straordinariamente pronto a partire. Aveva lo zaino in spalle, i vestiti erano puliti e non vedeva l'ora di iniziare quella folle avventura. Gally non sarebbe venuto con lui, 'Se lo trovi non voglio fare il terzo incomodo' gli aveva detto.
Si scrocchiò il collo e si incamminò a salutare tutti gli altri.
Forse non gli avrebbe mai più rivisti, forse era meglio così o forse no.
Salutò Jorge e Frypan, stuzzicò ancora un paio di volte quest'ultimo per il suo cervo e poi toccò ad Aris, questo gli era indifferente ma lo salutò comunque, cercò Minho ma non lo trovò.
Prima di abbandonare il campo base decise di fare un'ultima tappa alla grotta, giusto per catturare l'immagine di quel luogo magico prima di andare via.
Si arrampicò su per il sentiero fino a raggiungere l'imboccatura della caverna quando lo trovò lì bello seduto in lacrime. Era Minho.
“Thomas...” Esordì lui.
“Minho, ma che ci fai q..”
“Thomas, ascoltami. Io..io non volevo picchiarti ieri notte. Non so cosa mi sia preso, sono una testa di caspio e lo sai. Sono impulsivo e testardo ma io ti voglio bene e credimi, non volevo ucciderti.” Disse l'amico in lacrime, si teneva la testa fra le mani e i singhiozzi erano forti e chiari. Si sentiva in colpa.
“Minho, non ti preoccupare. Va tutto bene.” Disse Thomas davvero molto sorpreso da quel comportamento.
“No, ora tu partirai per una missione suicida e io non saprò più che fare.”
“Tornerò, te lo prometto. Io tornerò.”
“Non ti credo per niente piccolo pivello.”
“Non mi credere, scusa ma ora devo andare. Sono venuto a riprendere la sciarpa..”
“Di Newt.” Disse Minho con gli occhi ormai asciutti e senza più lacrime.
“Si proprio quella. Dov'è?”
“Tieni.” L'asiatico la porse gentilmente a Thomas, gli tremavano le mani.
“Grazie.” Fece per girarsi quando Minho lo afferrò per un braccio e se lo porto al petto abbracciandolo forte.
“Ti prego torna e non fare cazzate. Io non posso venire perchè qua c'è bisogno di me, ma ti prego: Thomas, torna a casa.”
“Sarà fatto, fagio.”
“Da quanto non sentivo quel nomignolo..” Disse Minho ridendo.
“Eh, il mio primo soprannome. Che burloni che eravate.”
“Su, ora vai. Avremo tempo per ricordare il passato quando tornerai.”
“Si ma prima vorrei che tenessi questo per me.” Thomas estrasse dalla tasca il famoso sassolino bianco e lo porse all'asiatico.
“Cos'è?”
“Un ricordo di me. E' una garanzia del mio ritorno. Me lo ridarai quando ci rivedremo.”
“Bene così, lo curerò come un figlio.”
Thomas fece per andarsene quando l'amico lo chiamò un'ultima volta.
“Hey, per me rimani il pive più avventato e curioso che io abbia mai conosciuto.”
“E tu il leader più destardo.”
Concluse.
Thomas scese velocemente dal pendio, sapeva dove doveva andare o meglio, il suo subconscio conosceva le coordinate.
Mentre camminava sentiva l'aria entrargli nei polmoni, ad ogni respiro la costola gli faceva male ma questo ormai era un pensiero superfluo.
Camminava, a volte correva, ma sempre in piedi restava. Era già distante dall'accampamento, non si poteva tornare indietro bensì solo avanti.
Newt era una calamita per Thomas, lo attraeva e guidava in mezzo ai boschi.
Il sole era spaccato a mezzogiorno, batteva sulle cime dei pini mentre un lieve venticello attraversava le frasche.
Thomas respirò a fondo, liberò la mente e iniziò a correre di nuovo.












E siamo giunti QUASI alla conclusione. Adesso metto l'epilogo.
Ringrazio tutti coloro che stanno seguendo questa mia prima fan ficion con entusiasmo. Non so voi ma io ho pianto come una disperata mentre scrivevo.
Un saluto alle CuloPesche, siete mitiche oltre ogni limite!
Un bacio, leggete l'epilogo eh ;)
Silvia

   
 
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