VII
Il
canto degli uccelli accolse
il gruppo con entusiasmo. I colori di quel regno erano spettacolari. I
fiori, i
piumaggi, la vegetazione ed ogni elemento che li circondava aveva tinte
sgargianti.
Sopra le loro teste, una famiglia di creature d’Aria
passò, volando. Aherektess
sorrise. Si sentiva di nuovo a casa. Incamminandosi lungo un elegante
sentiero
lastricato, guardavano tutti verso l’alto. Gli alberi,
sottilissimi, si
perdevano verso il cielo, con vari attorcigliamenti e giravolte.
Appollaiati su
di loro stavano diversi uccelli, dalle lunghissime code piumate, e vari
abitanti di quel regno. Kassihell cominciò a chiedersi se,
effettivamente, era
una buona idea per lui attraversare quel mondo. Aveva notato lo sguardo
minaccioso che gli stavano puntando contro tutti i nativi.
“Calmi.
Li sto portando a
palazzo. Sono sotto la mia custodia” rassicurò
Aherektess, nella lingua
dell’Aria, senza riuscire a calmarli del tutto.
“Oh,
ma come sono carini!”
urlò Reishefy, salutando con la mano.
La
popolazione si lanciò
sguardi interrogativi e volò via, volendo informare il loro
sovrano.
“Non
puoi proprio fare a meno
di provarci con tutti?” domandò Thuwey
all’Elettricità.
“Non
fare il bacchettone! Io
seguo il mio elemento e mi faccio guidare dalle passioni”.
“Questo
non significa fare ciò
che si vuole…”.
“Finiscila!”.
“Non
iniziate!” interruppe
Idisi.
“Il
luogo proibito del mio
regno è vicinissimo alla capitale, Bahram. Sarete miei
ospiti a palazzo” spiegò
Aherektess, incitando la compagnia a proseguire.
“Bello!
Sarà interessante
visitare un altro castello!” esclamò Enki.
“Bello?!
Ma sei sicuro che il
tuo fratellino ci voglia?” domandò Kassihell, per
niente d’accordo al pensiero
di essere ospite della famiglia sua diretta rivale.
“Anche
se a Zameknenit non
andrà a genio, decido io ed è meglio per lui non
interferire!”.
“Quanto
amore…tutto ciò che
circonda Aherektess è denso d’amore!”
ironizzò la Roccia.
“Prima
o dopo del luogo
proibito passeremo per il palazzo?” domandò
Efrehem.
“Dopo.
Così ci riposeremo e
saremo già più rilassati. Potrei far organizzare
una bella festa…”.
“Una
festa!!!! Sì!!!!” esultò
l’Elettricità.
“Una
festa per cosa?” domandò
Lehelin.
“Una
festa per me. Per noi. Ne
abbiamo bisogno!” rispose l’Aria.
L’idea
della festa
probabilmente donò una buona dose d’entusiasmo
alla compagnia, che partì a
passo spedito lungo il sentiero. Aherektess li rassicurò,
dicendo che poteva
scorgere chiaramente soldati ed arcieri del suo regno sulle cime degli
alberi.
“Ed
in che modo dovrebbe
questo farci stare meglio?” mormorò il Fuoco,
temendo per la sua incolumità e
guardando in alto, piuttosto agitato.
“Non
corriamo rischi. Se ci
dovesse attaccare qualche bestia feroce, loro sono pronti a difenderci.
Sicuramente un’idea di quell’iperprotettivo di
gemello che mi ritrovo. O del
suo consigliere lagnoso e catastrofico. Quei due mi rinchiuderebbero in
una
campana di vetro…”.
“Ma
mi sembra una buona idea
avere la scorta. Ci possiamo rilassare e non stare sempre
all’erta. Inoltre, lo
vedo come un gesto pieno di affetto nei tuoi confronti” disse
Idisi.
“Io
lo vedo come una totale
mancanza di fiducia…e desiderio smodato di controllo. Su di
me non ne hanno e
si vendicano così…”.
La
Terra non continuò e
sorrise. La Roccia avanzava sentendosi fortemente a disagio. Tutto
quello
spazio aperto lo inquietava, abituato com’era a grotte,
anfratti e mondi
sotterranei. Sopra la sua testa ora c’era solo il cielo e
qualche pianta.
Sirona stava tramontando ed il gruppo decise di riposare, sentendosi
protetti
da quei guardiani volanti. Ognuno a modo suo, tutti si addormentarono.
Perfino
Lehelin, probabilmente stancata dall’eccessiva luce fra la
neve.
“Quale
creatura cinguetta in
questo modo così meraviglioso?” domandò
Hanjuly, ad occhi chiusi ed ascoltando
quella melodia regolare.
L’alba
era trascorsa da poco e
la compagnia fu svegliata da quel suono.
“Cinguetta?!”
si stupì il
principe di quel regno.
“Sì.
Non senti questo
trillo?”.
“Ovvio!
Ma è un canto, non un
cinguettio!”.
Pareva
quasi offeso a quelle
parole ma non disse altro. Sospirò e guardò verso
l’alto. Erano le creature
dell’Aria, come lui, ad intonare quello strano sottofondo.
“È
bellissimo!” sorrise Enki.
“Sì,
davvero meraviglioso” si
aggiunse Idisi.
“Mai
sentito nulla di più bello…”
si unì Reishefy.
“A
me sembra solo un grido di
agonia…” sbottò Thuwey.
“…di
un uccello in procinto di
schiattare!” concluse Kassihell.
“In
effetti…non la definirei
proprio una melodia questa accozzaglia di suoni!”
concordò Efrehem.
“Se
la smettessero mi
farebbero un grosso favore” protestò Mattehedike.
“Siete
i soliti, voi maschi.
Non apprezzate l’arte!” commentò Hanjuly.
“Mi
stupisco davvero che non
apprezzino tutto questo. È un così bel
suono…” le disse Idisi.
“Ed
io invece mi stupisco che
questo canto piaccia anche a voi…”
borbottò Aherektess.
Cinguettando,
le creature
dell’Aria non seguivano una sola melodia. Efrehem
notò che erano tutti maschi
quelli che cantavano, mentre le femmine stavano in ascolto, in
disparte. L’Aria
incitò il gruppo a proseguire, quasi trascinando Ghiaccio ed
Elettricità che
erano rimaste come imbambolate a guardare gli interpreti di quello
spettacolo
musicale.
“Uccellini
canterini…” sibilò
Kassihell, iniziando ad odiare quello sfondo pieno di trilli.
“Ma…cosa
stanno facendo?”
domandò la Luce ad Aherektess.
“Non
potevamo scegliere
momento peggiore per passare da queste parti…”
rispose l’Aria, girando le
orecchie a punta.
“Ordinagli
di fare silenzio!”
suggerì il Metallo.
“Quanto
sei drastico…”
commentò Lehelin, a fianco della creatura piumata del gruppo.
“Sì”
concordò l’Aria, ma il
suo “sì” fu una specie di sibilo
melodico, un vago cinguettio.
Subito
si tappò la bocca,
accigliandosi, ed accelerando. Mattehedike sollevò di peso
Reishefy, che non
voleva muoversi. Thuwey spinse Hanjuly ed Enki, rimbambite da quei
suoni. Idisi
si era ripresa, anche se continuava a sorridere come vittima di un
sortilegio,
ipnotizzata.
“Pensavo
fossero quelli
dell’Oscurità gli incantatori…guarda
che stanno combinando alle ragazze questi
canarini fuori misura!” ringhiò Thuwey,
trascinando il Ghiaccio.
“Credo
sia una sorta di canto
di corteggiamento. Per questo a noi maschi non fa alcun
effetto…” azzardò
Efrehem, non riuscendo a trovare altra spiegazione.
“Ci
mancava solo questa!
Tappatevi le orecchie e proseguite, avanti, ragazze!”
sbottò Kassihell,
minacciando Enki con la Katana.
“Non
sarà mica tutto il regno
così, vero Aherektess?” volle sapere Mattehedike,
con Reishefy che si dimenava
fra le sue braccia per venire liberata e potersi buttare addosso a
qualche bel
piumato.
“No.
Queste cose vanno a zone
e durano poco…chiedo scusa. È piuttosto
imprevedibile…” iniziò l’Aria
ma si
fermò, rendendosi conto che stava trillando ad ogni parola.
“Mi
serve una donna…” sospirò,
avanzando a passo rapido ad occhi chiusi e con le mani sulle orecchie
per non
farsi coinvolgere dai duetti che si stavano creando.
Quando
le donne iniziarono a
cantare, quasi tutto il gruppo perse il controllo. La voce dolcissima
delle
femmine immobilizzò e distrusse le poche convinzioni dei
maschi della
compagnia. Mattehedike lasciò cadere in terra, in malo modo,
l’Elettricità.
Thuwey mollò il braccio del Ghiaccio e sul suo volto
spuntò un sorriso idiota.
Kassihell fu solo vagamente stuzzicato da quei suoni, tenendo la mente
concentrata sulla moglie.
“Andiamo
avanti!” ordinò, ma
capì di non avere speranze quando vide la Luce zompare
felice, canticchiando
cretinate.
“Un
cerbiatto rincoglionito…”
commentò il Fuoco.
“Che
bella la primavera!” gli
rispose Efrehem.
“Non
è primavera! Muovi il culo
lungo il sentiero e smettila di fare il pirla!”
ringhiò Kassihell, puntando il
dito verso la direzione che avrebbe dovuto prendere il gruppo.
Subito
lasciò cadere il
braccio, notando che la lucidità aveva abbandonato tutti.
Solo la Terra
sembrava controllarsi, più o meno, e l’Aria si
sforzava in ogni modo di
proseguire lungo la via, Oscurità al fianco.
“Sei
pirla e quattro
sfigati…sarebbe un bel titolo per un romanzo”
ironizzò il Fuoco, raggiungendo
Idisi, Aherektess e Lehelin con un sospiro.
“Perché
noi non veniamo
coinvolti da tutto questo?” domandò alla Terra.
“Io
e te siamo sposati” spiegò
lei.
“Ed
io non lo so…ma non mi
interessa particolarmente…” aggiunse
l’Oscurità, fissando con preoccupazione
l’Aria.
Il
principe di quel regno
teneva le mani premute sulle orecchie, sforzandosi di camminare.
“Inutile
che prosegui, piccion
arancio. Quelli che mancano non ci stanno seguendo
più!” gli fece notare
Kassihell.
Gli
altri della compagnia,
infatti, si erano uniti ai canti e guardavano con interesse i
rappresentanti
dell’altro sesso che si esibivano. Così facendo,
poterono mostrarsi come le
creature più stonate che mai erano passate per quel regno.
“Cosa
facciamo?” si preoccupò
Idisi, udendo il terrificante assolo del Metallo.
“Non
dura a lungo…aspettiamo!”
rispose Lehelin, rabbrividendo alla voce della Roccia.
“Sempre
aspettare…che
rottura!” sbuffò il Fuoco.
Aherektess
si era
accovacciato, avvolgendosi nelle piume pur di non sentire.
L’Oscurità, non
capendone il comportamento, si insinuò fra quelle piume.
“Tutti
gli altri sono fra
loro, a cantare e saltellare. Vai con loro! Cosa risolvi e startene qui
a
soffrire? Unisciti al coro, sfogati, e poi
proseguiremo…”.
Lei
gli parlava, ma si accorse
subito che lui non la stava ascoltando. Non aveva più le
mani sulle orecchie a
punta e la fissava, con grandi occhi tondi. Il loro rosso brillava come
non
mai, assieme alle pupille sferiche e sognanti.
“Che
hai?!” si stupì Lehelin.
Aherektess
non rispose ma
iniziò a cantare, guardandola.
L’Oscurità protestò per un
po’ ma poi tacque,
rapita da quella voce e da quella melodia.
“Mi
sa che si son appena
creati altri due pirla…” sbottò
Kassihell, andando a sedersi sotto un albero ed
invitando Idisi a fare altrettanto.
Hanjuly
era circondata da
volanti canterini, che la corteggiavano. Ma lei sorrideva senza farsi
convincere, cantando rivolta al cielo. Efrehem la guardava, sospirando.
Perché
solo in quel momento si era accorto di quanto bella fosse? Non aveva,
però, il
coraggio di avvicinarsi. La vedeva, circondata da così bei
ragazzi, e sapeva di
non avere speranze con una donna del genere. Thuwey, rincorrendo e
facendosi
rincorrere da un piccolo gruppo di ragazze, era quello che si divertiva
di più.
Reishefy saltellava dietro a tutti quelli che gli passavano accanto,
maschio o
femmina non faceva differenza, come ubriaca e completamente priva di
cervello.
Mattehedike teneva sulle ginocchia una bella donna e le stava
raccontando di
sé, esaltandosi. Enki, arrossendo, aveva un giovane piumato
di colore blu
accanto. Le stava cantando una bella canzone, con un grande fiore fra
le mani.
Scoppiarono a ridere all’unisono e Kassihell ruotò
gli occhi al cielo. Con le
braccia incrociate, sbuffava in attesa di poter proseguire. Idisi, al
contrario, era di buon umore.
“Siamo
stati innamorati anche
noi…” commentò.
“Quelli
non sono innamorati.
Son solo in calore, come le bestie!” ringhiò il
Fuoco.
“A
me quei due sembrano un po’
più che in calore…” continuò
la Terra, guardando verso Aria ed Oscurità,
rimasti dietro di loro.
“Mmm…”
mugugnò Kassihell, girando
la testa “…forse sì, quei due non sono
solo in calore. Andiamo a mangiare, che
è meglio…”.
Aherektess
aveva continuato a
cantare, senza mai staccare gli occhi da Lehelin. Lei trovò
quella voce
stupenda e non volle interromperlo, neppure quando la prese per mano,
incitandola a far sentire la voce. Lei scosse la testa, fissandolo con
aria
sognante.
“Io…Aria,
io…” balbettò.
“Aherektess.
Io sono
Aherektess…chiamami così! Chiamami Arek, ti
prego”.
“Aherektess
io…devo dirti una
cosa…”.
“Non
adesso…”.
Prese
il volto dell’Oscurità
fra le mani e si chinò per darle un bacio. Lei,
però, si scansò.
“Cosa
c’è?” le mormorò lui.
“È
sbagliato. È tutto
sbagliato! Scusa…”.
“Non
c’è niente di sbagliato.
Perché dici questo?”.
“Perché…io…”.
Un
grido altissimo sovrastò ogni
canto. Un’enorme creatura si stava avvicinando velocemente,
in picchiata, verso
il gruppo.
“Pericolo!
Al riparo!” urlò
qualcuno e fu il panico.
Tutti
si sparpagliarono,
cercando la salvezza fra i cespugli e le rientranze del terreno. La
bestia, un
uccello immenso, scese in picchiata fra la gente che correva e
portò via una
creatura alata fra gli artigli. Sparì
all’orizzonte. L’Elettricità,
ovviamente,
fu la prima a fare capolino.
“Siamo
salvi?” domandò Enki,
spaventata.
“Per
ora sì…ma è meglio
proseguire” rispose Aherektess, notando che
l’intera compagnia era tornata in
sé ed era pronta a ripartire.
“Peccato…era
da tanto che non
mi divertivo così!” protestò Thuwey.
I
dieci ripresero la marcia,
ridendo. Kassihell fece notare quanto tempo avevano perso ma fu subito
zittito,
sentendosi dire che non sapeva divertirsi. Efrehem continuò
a guardare Hanjuly,
attento a non farsi scoprire, sospirando. L’Aria
guardò l’Oscurità, che non
ricambiò lo sguardo ma accelerò il passo,
ripetendo a tutti che l’ora di pranzo
era passata da un pezzo.
†††
Nei
giorni successivi, non
avvennero altri incontri spiacevoli o inconvenienti. Il tempo era bello
e
soffiava solo una lieve brezza. Questo rendeva il gruppo
particolarmente di
buon umore. Di certo l’entusiasmo non si smorzò
quando si intravidero gli
edifici che circondavano la capitale, segno che era vicino il luogo
proibito e,
soprattutto, la festa successiva! L’Elettricità
era raggiante.
“Ci
sarà qualche bel
maschietto alla festa? Non so voi, ma io sto iniziando a sentirmi sola
dopo
tutto questo tempo!” domandò Reishefy.
“Quanti
ne vuoi” si limitò a
rispondere Aherektess, preoccupato dall’atteggiamento di
Lehelin.
L’arco
spezzato dell’antico
ingresso della città li accolse, svettando verso Sirona. Lo
attraversarono,
sempre meravigliati dalla strana architettura di quel regno. La
capitale, si
poteva vedere in lontananza, sorgeva in verticale lungo scalinate,
arcate,
pietre sospese e cupole in vetro.
“Per
di qua. Siamo vicini”
disse l’Aria, guidandoli verso il luogo proibito.
Lo
indicò e tutti rimasero
piuttosto perplessi da ciò che videro. Un altissimo
cilindro, di materiale
incerto, era apparso. Di colore azzurro, quasi mimetizzato con il
cielo, si
materializzò dal nulla.
“Fa
sempre così?” domandò il
Fuoco “Appare quando gli pare?”.
“Da
quel che mi risulta, sì…”.
“E…a
chi tocca stavolta?”
saltellò Reishefy.
“Non
ha aperture…” iniziò
Mattehedike.
“Confermo!
Nemmeno dall’alto”
aggiunse Aherektess.
“Allora
o ci si passa
attraverso o per sotto…mi sembra fatto di
metallo…” parlò Thuwey.
“Ce
la giochiamo a
sasso-carta-forbici?” propose la Roccia.
“Ci
sto!” ridacchiò il
Metallo.
Il
Fuoco scosse il capo,
rimproverandoli per quanto poco seriamente prendessero la cosa.
“Ho
vinto!” esclamò
Mattehedike, mostrando il pugno a “sasso”.
“Sarà
per la prossima volta!”
sibilò l’avversario, mostrando le dita a
“forbice”.
“Era
scontato…” sbadigliò
Hanjuly “…è dall’inizio del
viaggio che tu, Roccia, fai sempre il sasso. Tu,
Thuwey, scegli sempre le forbici ed infine Efrehem non è mai
altro che carta…”.
“Davvero?!”
si stupì il
Metallo.
I
tre presi in causa
ripeterono il gioco ed, effettivamente, si accorsero che era come stava
dicendo
il Ghiaccio. Sorrisero, ancora di buon umore per i canti
all’inizio del
viaggio, e fecero segno alla Roccia di avanzare verso la sua meta.
“E
ricordati di salutare il
Dio dell’Aria da parte di suo fratello Enrikiran!”
aggiunse la Luce.
Mattehedike
ghignò, mentre si
lasciava inghiottire dal terreno sottostante per poi ricomparire
all’interno
del cilindro turchino.
“Direi
che ora è il caso che
io e te ci facciamo una bella chiacchierata…non
trovi?” iniziò l’Aria, rivolto
all’Oscurità.
“Assolutamente”
concordò lei,
mentre il resto della compagnia si preparava a restare fuori dalla zona
proibita fino al ritorno della Roccia.
†††
L’interno
del cilindro era più
stretto di quanto non si fosse aspettato. Si sentì subito
meglio, quasi
rincuorato da quell’esiguo spazio chiuso. Guardò
in alto. Era chiuso, senza via
d’uscita. Ma l’oggetto proibito dove stava? E la
divinità ad esso collegata?
Mattehedike si stupì della cosa ma non più di
tanto, stupirlo era difficile. Si
appoggiò sul cilindro, incrociando le braccia, ed attese.
“C’è
nessuno?” disse, dopo un
po’.
Forse
il Dio dell’Aria non lo
aveva notato…oppure lo stava volutamente ignorando!
Già stufo e desideroso di
cambiare le monotona vista dell’azzurro che lo circondava, il
rappresentante
della Roccia sbuffò, pronto ad andarsene e, forse, tornare
più tardi. Stava già
affondando i piedi nel terreno, quando vide il cilindro aprirsi sulla
sommità
ed una figuretta rimanervi appollaiata sulla cima.
“Sei
tu il Dio dell’Aria?” lo
apostrofò la Roccia, giudicandolo piuttosto giovane.
“Sì,
sono io” rispose l’altro,
senza scendere.
“Sei
in ritardo” continuò il
mortale, con voce calma.
“Lo
sono sempre”.
Il
Dio scese, lentamente,
sorretto da correnti d’aria che lui stesso comandava. Con un
gesto della mano,
espanse la superficie del cilindro che scomparve agli occhi del resto
della
compagnia, rimasta al di fuori. Soddisfatto, si appoggiò
sulla parete azzurra e
fissò l’intruso. Mattehedike, pur non essendo
molto alto, superava di mezza
spanna la divinità che aveva davanti.
“Io
sono Loreatehenzi” si
presentò il Dio.
“Ti
saluta tuo fratello…” si
limitò a dire la Roccia.
“Enrikiran?
Che gentile…”.
Loreatehenzi
era molto magro,
con una grossa testa piena di capelli. Li teneva raccolti in una lunga
coda e
fissava il mortale con grandi occhi scuri. Vestiva di nero e blu, con
un
mantello che rimaneva sospeso a mezz’aria.
“Immagino
tu sia qui per
l’oggetto proibito…” parlottò
distrattamente.
“Esatto.
Che devo fare per
poterlo avere?”.
“Non
lo so. Non ci ho
pensato…”.
“Arrivi
tardi e nemmeno sai
cosa farmi fare?”.
“Con
chi credi di avere a che
fare, bello? Li conosco quelli come te…dovrò
escogitare qualcosa. Anche perché
non ho tempo da perdere per poterti apparire di nuovo!”.
“Chissà
quante cosa avrai da
fare…” ironizzò la Roccia.
“Nemmeno
immagini…” sibilò il
Dio.
“Beh,
muoviti ad inventarti
qualcosa! Il resto della compagnia è qua fuori e mi
aspetta!”.
“Potrei
anche consegnartelo
così…ma non mi và! Mi voglio
divertire…specie con un sassolino pesante come
te”.
“Perché
mi offendi?”.
“Perché
non dovrei?”.
Rimasero
in silenzio,
osservandosi, a lungo. La divinità aveva sciolto i capelli e
li lasciava
fluttuare liberamente, accarezzandosi il pizzetto con fare meditabondo.
Stava
escogitando un sistema per divertirsi con quell’intruso. La
Roccia sbuffava, a
braccia incrociate, davanti a quello che considerava un ragazzino.
“Tu
soffri di vertigini?”
domandò, ad un tratto, Loreatehenzi.
“Un
pochino…” ammise
Mattehedike.
Il
Dio ghignò, soddisfatto da
quella risposta. Lasciò stare la barba e, sollevando la
mano, staccò da terra
il mortale. La Roccia si irrigidì ed aumentò la
percentuale del suo elemento
sul corpo, prevenendo un’eventuale caduta.
“Dato
che sei stato piuttosto
antipatico con me…” iniziò la
divinità “…ora ti proporrò
una sfida piuttosto
antipatica, dal tuo punto di vista”.
Assieme,
rimasero sospesi a
diversi metri da terra. Mattehedike tentava di stare calmo.
“D’ora
in poi, mortale, fino
alla fine di questo gioco, potrai volare. La sfida sarà
quella di prendermi e
sconfiggermi. Costringermi ad atterrare. A te la scelta sul come fare
ed altri
dettagli. Fa come ti pare. Io non uscirò dal cilindro.
Stupiscimi…”.
“Tutto
qui? La sfida è che io
ti prenda?” si stupì la Roccia.
“Provaci!”
lo provocò
Loreatehenzi, sfrecciando verso l’alto dopo una piroetta.
Mattehedike
lo fissò e tentò
di raggiungerlo, muovendo i piedi d’istinto. Subito si
accorse che, sotto di
sé, non c’era nulla. Si impose di non guardare in
basso. Il Dio, divertito nel
vederlo immobile ad occhi socchiusi, svolazzo sotto di lui,
costringendolo a
rendersi conto di quanto in alto fosse. Il mortale trattenne un grido.
Non
riusciva a muoversi.
“Senti…qualcosa
devi fare, se
vuoi uscire da qui” gli disse Loreatehenzi, notando
l’immobilità dello sfidante
“Perciò ti consiglio di non pensare troppo a dove
sei, ma a come prendermi. Non
cadi…se ti spiaccichi poi mi tocca pulire”.
“Se
mi spiaccico?!”.
“NON
ti spiaccichi!
Avanti…muoviti! Sono qui! Che c’è? Hai
tanta paura?”.
Il
Dio tentava di provocarlo,
volandogli molto vicino e deridendolo, ma il rappresentante della
Roccia non si
muoveva.
“Sei
un vigliacco…non hai
nemmeno il coraggio di affrontare un cosino piccino come
me…”.
“Non
sono un vigliacco…ma
soffro di vertigini!”.
“Sei
uno sfigato. Prima il mal
di mare, adesso le vertigini…tutti noi Dèi ci
stiamo facendo grosse risate
guardandoti. Sei ridicolo. Ridicolo ed inutile. E pure
esaltato!”.
Mattehedike
si sentì punto
nell’orgoglio e scattò in avanti con le braccia,
sfiorando le grosse scarpe del
Dio, che lo schivò agilmente fra le risate.
“Moscerino
fastidioso…io ti
schiaccio, se ti riesco a prendere!” ringhiò.
“Lo
vedi? È proprio questo il
tuo problema! Sei un esaltato. Sei convinto di essere il migliore fra
tutti gli
altri dieci, il più forte, il più coraggioso,
quello che si è fatto da solo,
l’invincibile!”.
“Correggimi
se sbaglio…”.
“Ma
è ovvio che ti correggo!
Non credo certo di essere inferiore ad un ammasso di ghiaia!”.
“Ghiaia?!”.
Loreatehenzi
rise e volò più
in alto, mentre la Roccia inveiva contro il cielo.
“Lo
sai che la divinità che
rappresenta il tuo elemento ha le ali?” riprese il Dio
“Come puoi tu soffrire
di vertigini?”.
“Perché,
come dici tu, io sono
un sasso. Ed i sassi son fatti per stare in terra!”.
“No,
se li lanci per aria!”
ghignò Loreatehenzi e mosse la mano di scatto, sollevandola.
La
Roccia si sentì catapultare
verso l’alto, a velocità folle, per poi fermarsi
di colpo e precipitare giù. Si
fermò a pochi centimetri dal suolo, sudando freddo ed
urlando.
“Ora
sai cosa prova un sasso
quando gli dai un calcetto…” commentò
Loreatehenzi.
Il
mortale iniziò a dimenarsi,
come nuotando, per poter mettere i piedi a terra, ma il Dio lo
ricacciò per
aria, con soddisfazione.
“Ma
che cos’è che vuoi?”
gemette la Roccia.
“Voglio
che tu mi prenda!”.
“E
come faccio?!”.
“Se
non ce la farai, avrai
perso e l’oggetto proibito rimarrà qui con
me!”.
Mattehedike
si pentì
amaramente di aver vinto la sfida contro il Metallo e di essere entrato
in quel
luogo. Avrebbe dovuto lasciare a Thuwey il dannato cilindro
dell’Aria! Ma aveva
voluto imbrogliare, sapendo di vincere, ed ora era lì,
lanciato come una biglia
fra le mani di un bambino dai capelli al vento.
“Ti
diverti?” urlò,
all’ennesimo lancio di Loreatehenzi.
“Sì!”
fu la risposta.
Quello
strano gioco continuò e
si ripeté parecchie volte, fino a quando il Dio lo rimise in
terra.
“Mi
sono stancato…” disse,
rimanendo sospeso a pochi centimetri dalla Roccia.
Questi
si alzò, lieto di avere
di nuovo una base solida sotto di sé e grugnì.
Aveva compreso tutte le
difficoltà che il resto del gruppo aveva passato e stava
passando. Aveva chiare
davanti a sé tutte le sue debolezze e le sue paure. Aveva
capito che chi aveva
di fronte, pur sembrando più giovane di lui, era un Dio
molto potente che
avrebbe potuto ucciderlo in qualunque momento. Aveva sottovalutato
quell’elemento ed ora era lì, in attesa di un
verdetto finale che, presumeva,
prevedeva la cacciata dal cilindro fra le risa. Aveva…torto!
Loreatehenzi, in
effetti, rise ma non lo caccio. Lo guardò con tenerezza,
quasi paterna, che
poco si addiceva a quel viso giovane.
“Hai
capito ciò che volevo
mostrarti?” domandò la divinità.
“Ma
perché proprio a me?
Perché non agli altri?”.
“Perché
sei stato tu quello
che è entrato nella mia zona proibita. Fosse stato qualcun
altro, avrei
tormentato qualcun altro! Vedrai…verrà anche il
loro turno! Avete tutti una
lezione da imparare in questo viaggio e, pian piano, ci arriverete
tutti!”.
“Anche
l’Elettricità?”.
“Beh…capisco
che siamo Dèi e
facciamo i miracoli ma…”.
“Capisco…e
ora che faccio?”.
“Non
perdiamo la speranza!
E…in che senso "ora che faccio"?”.
“Non
ho superato la prova e…”.
“Non
l’avresti superata se
avessi continuato ad inveire contro di me ed il mondo, invece che
concentrarti
un po’ su ciò che puoi migliorare di te
stesso”.
“No…per
me non ti divertivi
più e mi lasci andare per quello…non hai
l’aria di uno che ama questi giochetti
psicologici!”.
“Hai
ragione. Ed è tutta colpa
di mio fratello!”.
“Enrikiran?”.
“No!
L’altro mio fratello!
Fortunatamente non lo incrocerete lungo il vostro
cammino…non è un Dio completo
come me ed il Ghiaccio. Non è passato al livello successivo
ed il suo unico
scopo è dare fastidio. Non preoccuparti…con voi
non avrà niente a che fare!”.
“Anche
perché di rompiballe ne
abbiamo già troppi nel gruppo…”.
Loreatehenzi
sorrise ed alzò
le braccia al cielo. La Roccia serrò le palpebre,
aspettandosi un ulteriore
sollevamento da terra. Non accadde e, dall’alto, veloce come
una scheggia,
scese una sorta di piccolo pugnale. Il Dio lo afferrò fra le
dita e lo porse al
mortale, ancora agitato. Mattehedike, non abituato ad avere armi fra le
mani,
lo fissò incuriosito. Era di pregevole fattura, con intarsi
ed incisioni
intrecciate su tutta la lama e l’impugnatura. Era affilato
anche se con la
punta arrotondata.
“Questo
è l’oggetto proibito”
spiegò la divinità “Saprai quando
sarà il momento di usarlo e come. Trattalo
con cura e vedi di non perderlo. Vedo un grande futuro avanti a te e
non vorrei
che gettassi tutto alle ortiche per distrazione o attacchi
d’esaltazione
improvvisa”.
“Un
grande futuro? Per un
coltellino?”.
“Non
è un coltellino! È un
oggetto magico e lo dovrai trattare come si deve, altrimenti
verrò da te e ti
scaraventerò di nuovo per aria, intesi?”.
“Ma
io non sono bravo nell’uso
degli oggetti magici!”.
“Ti
ho appena detto che saprai
quando e come usarlo. Per ora tienilo bene e sempre con te”.
La
Roccia annuì, trovandogli
un posto nella sua sacca ed avvolgendolo nel mantello che aveva riposto
uscendo
dal regno del Ghiaccio.
“Molto
bene” commentò il Dio
“Ed ora puoi andare. Vedi di non raccontare troppe frottole
agli altri della
compagnia…mi offenderei!”.
Per
la prima volta, la
divinità poggiò i piedi in terra e, con un
poderoso colpo “spalla a spalla”,
buttò fuori il mortale dalla sua zona proibita, che
riapparve dal nulla nel
mondo di Asteria.
†††
“Mi
stai evitando!” esclamò
Aherektess.
“Non
è vero!” rispose
l’Oscurità.
“Sì
che è vero! Da quando
siamo entrati nel mio regno, non fai altro che evitarmi!”.
“Se
tu facessi silenzio un
attimo, potrei spiegarti che…”.
“Non
c’è niente da spiegare!
Tu dici che è sbagliato tutto questo, perché
siamo creature di specie diverse e
ti capisco, la paura può nascere all’inizio, ma va
tutto bene! A me non importa
che tu sia una creatura dell’Oscurità, come spero
che a te non importi che io
sia una creatura dell’Aria. Ti dà problemi che io
lo sia?”.
“No,
ma…”.
“Bene!
Allora non c’è proprio
nessun problema! Da quando mi hai salvato, su quella
spiaggia…”.
“Non
ti ho salvato! Ti ho
semplicemente trovato, e comunque…”.
“…da
quando mi hai trovato su
quella spiaggia, ho capito che non potevo chiedere di meglio. Mi sono
sentito
protetto, accolto ed amato ma non come vogliono farmi sentire mio
fratello ed i
suoi seguaci! Non c’erano costrizioni in ciò che
mi trasmettevi, non c’erano
obblighi! E mi sono sentito così bene da non poter chiedere
altro! L’ho capito
quando ho iniziato a cantare…non vorrei mai cantare per
nessun’altra se non per
te!”.
“Questo
è molto bello, però…”.
“C’è
forse un altro uomo nella
tua vita? È questo ciò che stai tentando di
dirmi?”.
“No,
ma…”.
“Hai,
forse, problemi su come
io sono? Non ti piaccio?”.
“Non
è questo il problema…”.
“Allora
ti piaccio?”.
“Sì,
ma…”.
“Allora
è tutto perfetto! Ah,
che bella notizia che mi hai appena dato! Se non hai un altro uomo e se
io ti
vado bene, allora il problema non può essere così
grosso!”.
“Se
tu mi lasciassi
spiegare…”.
“Stai
tentando di dirmi che
non vuoi stare con me? Perché accetterei la tua decisione,
se fosse quella.
Però cerca di dirmelo con un po’ di tatto, per
favore…”.
“Non
è quello che sto tentando
di dirti e…”.
“Meno
male! Lehelin, non sai
quanto io sia stato spaventato, all’inizio, dai sentimenti
che incominciavo a provare!
Ho pensato al fatto che siamo così diversi, cosa
penserà la gente, il popolo, i
parenti…a come avremmo potuto essere capiti e se tu saresti
stata in grado di
capire…ma poi mi è stato tutto chiaro! Non mi
è importato più dei pareri degli
altri e, ora che mi hai detto che anche tu provi qualcosa per me, sono
pronto a
fare qualsiasi cosa per noi. Sempre che tu possa provare per davvero
dei
sentimenti nei miei confronti…”.
“Li
provo ma, Arek, non è
questo il punto! Ciò che sto cercando di dirti…e
non so davvero come fare,
credimi è…”.
“È
una cosa tanto brutta?”.
“Abbastanza…devo
trovare le
parole giuste per…”.
L’Oscurità
girò gli occhi in
ogni direzione, desiderosa di potersi esprimere come desiderava. Prese
un bel
respiro e, tenendo le mani di Aherektess, lo guardò negli
occhi, pronta a
spiegargli ogni cosa. Lui rizzò le orecchie, spaventato ma
anche piuttosto
curioso. Cosa mai aveva di così spaventoso da dirgli? Non
poteva essere niente
di grave, dopotutto…
Lei
aprì la bocca e l’Aria la
tirò a sé, evitando che il rappresentante della
Roccia le piombasse addosso una
volta uscito dal luogo proibito.
†††
Rialzandosi
in fretta, la
Roccia domandò perdono per l’interruzione. Gli
altri membri del gruppo,
riconoscendo la sua voce, gli andarono incontro con un sorriso.
“Mattehedike!
Com’è andata?”
domandò il Ghiaccio.
“Bene.
Possiamo proseguire!”.
“Devi
raccontare tutti i
dettagli!” incalzò Efrehem.
“Un
po’ alla volta. Ora
andiamo…sbaglio o il principino ci ha promesso una
festa?”.
“L’ho
promessa e l’avrete. Andiamo
verso il palazzo. Dovremmo giusto arrivare per cena!”
confermò Aherektess,
senza lasciare la mano dell’Oscurità
“Rimandiamo a più tardi, ok?” le disse,
dolcemente “Quando saremo tranquilli a casa”.
Lei
non poté far a meno di
annuire, mentre la compagnia ripartiva il suo viaggio.
Iniziarono
il cammino per la
capitale, con occhi spalancati per la meraviglia. Le architetture di
quel luogo
erano complesse e la Luce non poteva fare a meno di chiedersi come
fossero
riusciti a costruire simili cupole in vetro ed archi sospesi, lasciando
più
spazio possibile al cielo. Le strade erano pulite e bardate a festa.
Videro un
paio di creature di quel regno che toglievano dei festoni rovinati per
metterne
altri, coloratissimi e nuovi.
“Che
festeggiano?” si
entusiasmò Reishefy.
“Festeggiano
noi” spiegò
Aherektess.
“E
gli striscioni che c’erano
prima? Per chi erano?”.
“Per
me…per il mio
matrimonio”.
“Ma
tu non sei sposato!”.
L’Aria
non disse nulla. Si
vedeva che era di pessimo umore a parlare di quell’argomento
e tentò di
allontanarsi dall’Elettricità.
“Se
non sei sposato, gli
striscioni a che servivano?”.
“Ma
possibile che sei davvero
così stupida?!” sbottò Thuwey
“Evidentemente è successo qualcosa che non lo ha
fatto sposare! Chiudi la bocca!”.
“Ah!
Sei scappato all’altare?
Hai capito di non amarla?” continuò la ragazzina.
“Al
contrario! Io amavo Miya
più di me stesso…”.
“E
allora cosa è successo? Ti
va di raccontarcelo?” si aggiunse Enki.
“Dicono
che parlare faccia
bene…e per quando saremo giunti al palazzo dovrei aver
finito la storia”.
Aherektess
decise di
raccontare tutto, dopo un sospiro, ignorando gli sguardi di supplica di
Fuoco e
Metallo.
“Era
una bella giornata senza
nuvole…” iniziò l’Aria.
†††
Come
ogni anno, a Bahram erano
arrivate le giostre, la fiera. Aherektess si era appena risvegliato dal
coma,
da pochi mesi, ed il fratello gli aveva impedito di poterci andare. Lo
giudicava ancora troppo debole per poter affrontare il mondo esterno.
Inoltre,
Zameknenit temeva un attacco nemico in quei giorni e non poteva
rischiare che
il gemello si ritrovasse nel mezzo. Nessuno nel regno sapeva del suo
risveglio,
per permettergli di recuperare le forze. Il nuovo re di quel mondo
sapeva bene
che Ozymandias aveva messo gli occhi sul reame, essendo consapevole di
quanto delicato
fosse il passaggio di corona fra padre e figlio, specie dopo la morte
improvvisa del sovrano. Il genitore di Aherektess e Zameknenit era
morto in
battaglia, in circostanze ancora poco chiare, contro
l’Oscurità ed il Fuoco. La
guerra era stata mossa dal Fuoco, l’Aria aveva risposto ed
Ozymandias aveva
fiutato l’opportunità di seminar zizzania e
ricavarne qualche cosa. Alla morte
del padre, Aherektess era ancora in coma e la corona era passata nelle
mani del
gemello. La prima cosa che fece il nuovo sovrano fu far cessare la
guerra. Si
arrese ma il suo regno era sufficientemente ricco per accontentare i
vincitori
almeno per un po’. Da parte del Fuoco sapeva ci sarebbero
stati altri scontri
ma erano più semplici da gestire, diretti e chiari.
L’Oscurità, invece,
allungava le sue propaggini verso ogni meta possibile ed agiva in modo
subdolo.
Era meglio stare sempre all’erta con quelle creature. Per
questo aveva proibito
al fratello di andare alla fiera. Aherektess non sapeva un
granché dei
conflitti di Asteria e non gli era possibile difendersi al meglio,
appena
ripresosi dal coma. Il principe, però, non aveva alcuna
intenzione di restare
rinchiuso a palazzo mentre a pochi passi tutti si divertivano. Da non
molto
riusciva a reggersi in piedi e si sentiva abbastanza in forze da poter
fare
almeno un giro. Davanti al divieto del gemello non trovò
altre soluzioni se non
scappare di casa e fare come sempre di testa sua.
Le
luci ed i colori della
fiera lo avvolsero gioiosi. Si era incappucciato per nascondersi ma era
a
conoscenza del fatto che non era necessario. Salvo suo fratello ed il
consigliere di corte, assieme a qualche medico, nessuno, nemmeno le
guardie di
palazzo, sapevano del suo risveglio. Ed era stato in coma talmente
tanti anni
da rendere impossibile per il popolo il suo riconoscimento.
Guardò la giostra
su cui i bambini facevano a gara per salire. Comprò dei
dolcetti, con i soldi
sottratti al fratello, ovviamente. Sbocconcellando, sorrise fra le
strade e le
piazze illuminate e festanti. Fremeva all’idea di salire su
quel trenino
multicolore che faceva il giro della capitale. Vi salì. Era
a due piani. Non
trovò posto a sedere, ma non fu un problema. Vicino alla
porta, guardò tutto il
panorama sorridendo. Finalmente aveva la possibilità di
ammirare la capitale
così da vicino, con il popolo a pochi passi di distanza. Un
bambino lo salutò
con la mano, mostrandogli orgoglioso un enorme lecca-lecca. Il treno
frenò di
colpo e ad Aherektess andò addosso qualcuno.
Bloccò chi stava per cadere,
chiedendo se andasse tutto bene.
“Sì,
grazie…” si sentì
rispondere.
Era
una donna, che il principe
trovò meravigliosa. Era vestita di chiaro, senza spalline.
Aveva grandi occhi
verdi e capelli morbidi, mossi, candidi, come il latte. Le piume le
aveva verde
scuro ed i disegni sulla sua pelle erano rossi e dolci, arricciati. Lui
la
guardò con apprensione.
“Sto
bene. Grazie…” ripeté
lei.
Lui
le porse la mano e l’aiutò
a scendere dal mezzo, invitandola a fare un giro a piedi con lui. Fu
una bella
giornata, in cui risero assieme, scherzarono e mangiarono dolcetti.
Aherektess
si sentì finalmente rilassato, dopo tanto tempo,
letteralmente fulminato dalla
persona che aveva accanto. Sirona lentamente tramontava mentre i due
ancora si
divertivano fra giostre e luci.
“Devo
andare…” dovette dire,
però, ad un tratto la donna.
“Ci
rivedremo?” domandò lui.
“Certo…”.
“Come
ti chiami?”.
“Io…io
sono Miya”.
“Io
sono Aherektess, principe
di questo regno. Dall’alto delle mie stanze ti
vedrò quando girerai per la
città e verrò da te, se me lo
concederai…”.
Con
un elegante baciamano, la
salutò e lei si allontanò. Non volò
via ma si incamminò rapida lungo le viuzze
accanto al fiume. Lui la vide allontanarsi e poi rientrò a
palazzo, avvertendo
la stanchezza dopo quelle ore di svago. Ignorò la ramanzina
che gli fece
Zameknenit, felice come non era da tempo. Per giorni osservò
dalle vetrate chi
passava per le vie della capitale. Preoccupato, perché per
giorni non la vide,
già temeva di non rincontrarla mai più. Ma una
sera i capelli color del latte
di lei fecero capolino accanto ad una fontana. Guardava verso di lui,
ne era
sicuro. Volò fuori, disobbedendo per l’ennesima
volta al gemello, e le andò incontro.
Si videro, a partire da quel giorno, con sempre maggior frequenza. Lui
non si
stancava mai di vederla e baciarla. Ricordava chiaramente il giorno in
cui la
chiese in sposa.
Era
una notte luminosa, gli
sposi del cielo brillavano e lei lo stava aspettando fuori
città. Si erano dati
appuntamento lungo le sponde del fiume, lontani dalla folla e dal
chiasso, poco
distanti da delle grotte in cui potersi riparare in caso di maltempo
improvviso
o intrusi. Avevano cenato all’aria aperta e poi si erano
seduti l’uno accanto
all’altro.
“Ho
una cosa per te” aveva
mormorato lei, porgendo un bracciale nero al principe
dell’Aria.
Lui
ringraziò, non
aspettandosi una cosa del genere. Iniziarono a baciarsi e, dopo quasi
un’intera
notte d’amore, lui fece la proposta. Alle prime luci
dell’alba, le prese la
mano e le diede l’anello, chiedendole di sposarlo. Lei
sorrise ed il principe,
al ritorno a palazzo, diede la notizia al fratello. Sulle prime il
gemello lo
sgridò, rimproverandolo per l’ennesima fuga, ma
poi non poté fare a meno di
rallegrarsi per il destino del consanguineo. L’intero regno
iniziò a prepararsi
all’evento. Al plenilunio successivo il principe, di cui
risveglio ormai
l’intero popolo era a conoscenza, si sarebbe unito in
matrimonio con la bella
Miya. Sembrava tutto perfetto…ma lei sparì. Senza
una spiegazione, senza un
motivo chiaro, lei non si fece più vedere. Aherektess, col
cuore spezzato, la
cercò a lungo, mettendosi spesso nei guai, finché
il fratello non decise di
mettere dei sigilli sul gemello, impedendogli con la magia di uscire da
palazzo.
†††
“Ma
come?! Non ti ha dato una
spiegazione per il suo gesto? Non una lettera, non un
perché?” piagnucolò
l’Elettricità.
“Che
vuoi farci? Sono donne…le
donne sono strane…” si limitò a
commentare Thuwey.
“Siamo
arrivati” disse
Aherektess, cambiando argomento e facendo notare a tutti il loro arrivo
davanti
all’immenso palazzo reale.
L’arco,
su cui erano incisi i
complessi disegni con cui si scriveva la lingua degli abitanti
dell’Aria, li
accolse ed aprì loro la strada lungo la scalinata che li
portava all’ingresso.
Le guardie salutarono il principe, mettendosi sull’attenti,
mentre i dieci
salivano. Sulla cima, davanti all’elegante portone
d’ingresso, Zameknenit
osservava il gruppo. Al suo fianco si notava il consigliere di corte ed
alcuni
soldati. Era vestito in rosso, con un lungo mantello e la corona ben
evidente sul
capo. Era tripartita, in oro, con un rombo colorato al centro. Spiccava
sui
capelli color del fuoco del sovrano.
“Fratello…”
mormorò
Aherektess, giungendo a pochi passi da lui mentre il resto del gruppo
aspettava, qualche scalino più in basso.
“Sono
lieto di vedere che stai
bene…” iniziò il re, nella lingua del
suo popolo “…ma mi chiedo con quale
coraggio porti tali creature nel mio palazzo…”.
Guardava
e si riferiva in
particolare a Kassihell e l’Oscurità.
“Nel
NOSTRO palazzo e tali
creature sono miei compagni di viaggio. Mi auguro sia tutto pronto per
loro:
delle stanze appropriate, un banchetto e tutto il resto, come per i
migliori
dei nostri ospiti”.
“Anche
per…lui?” continuò
Zameknenit, girando gli occhi blu verso il Fuoco “E lei? La
figlia di Ozymandias?
Per tutti loro?”.
“La
figlia di Ozymandias mi ha
salvato la vita. Ed il Fuoco…sì, anche per lui.
Per tutti loro. Siamo appena
tornati dal luogo proibito del nostro Paese e siamo stanchi. Il viaggio
è più
impegnativo di quanto pensassimo. Abbiamo fame e…ci vogliamo
divertire!”.
“Come
vuoi. Sono sotto la tua
responsabilità, però. Mi auguro non ti diano
problemi”.
Aherektess
annuì ed il gemello
aprì le braccia, rivolto agli ospiti.
“Benvenuti,
principi,
principesse e rappresentanti dei mondi di Asteria. Spero che il
soggiorno qui
sia di vostro gradimento. Vi faccio accompagnare nelle vostre stanze e,
fra
un’ora, verrà servita la cena nel salone
principale. A dopo”.
Con
un inchino, il sovrano si
allontanò. Era molto serio, teso, quasi preoccupato. Si
vedeva che non gradiva
molto quella compagnia, ma sottostava alle decisioni del gemello.
“Ci
vediamo per la cena” parlò
Aherektess “Ora potete riposarvi, rinfrescarvi e cambiarvi.
Prego…i servi vi
condurranno alle vostre stanze”.
Il
principe sorrise,
soprattutto a Lehelin, e si allontanò, desideroso di
rimettere piede, dopo
tanto tempo, fra mura ed affreschi conosciuti. Ogni membro della
compagnia fu
accompagnato in una camera diversa, arredata nel modo più
adatto possibile a
chi doveva ospitare. Hanjuly trovò l’arredo
interamente bianco ed un gradito
freddo, causato da un sistema di canali che provocavano vento in modo
costante.
Enki si buttò nell’enorme vasca colma
d’acqua che l’attendeva e si rilassò
felice. Kassihell si sedette sul letto, coperto da un baldacchino
rosso, con
titubanza. La stanza era piacevolmente riscaldata ma non poteva fare a
meno di
sentirsi a disagio in quel regno ostile. Reishefy iniziò a
saltare fra i divani
ed il letto, appendendosi al lampadario, sicura che le avessero
lasciato solo oggetti
resistenti e pronti ad affrontare la sua irruenza. Efrehem
spalancò gli occhi
subito dopo aver varcato la soglia della camera. Era piena di libri e
la vista,
dal terrazzino, era spettacolare. Vi uscì e notò
che il Ghiaccio, poche stanze
più in là, aveva fatto lo stesso e si sorrisero.
Si trovavano parecchio in alto
e da lì si vedeva tutta la città e la campagna
circostante. Mattehedike non
poté trovarsi meglio. Le finestre erano state sbarrate ed
oscurate con pesanti
tende, per non mostrargli l’altezza. Il letto era avvolto e
chiuso,
accogliendolo in un abbraccio che lo rilassò
all’istante. Thuwey si sedette
accanto al tavolino lucido, in quel luogo pieno di accessori del suo
elemento,
e si versò da bere. Idisi assaporò il profumo
delle piante e dei fiori che la
circondarono, inondando di verde il luogo in cui avrebbe riposato.
Lehelin
sorrise nel buio totale, chiudendo in fretta la porta dietro di
sé. Nemmeno uno
spiraglio di luce. Un grosso mazzo di rose nere l’attendeva
sul tavolino
circolare, dello stesso colore. Si sentì subito a suo agio
ma, ora che calava
la sera, scostò le pesanti tende scure e guardò
tramontare Sirona, sospirando.
†††
Aherektess
lasciò la sua
camera, con la cupola di vetro, per primo, desideroso di scambiare
qualche
parola con il fratello in privato. Si era rinfrescato ed aveva
indossato un
abito elegante, lungo e riccamente decorato. Portava ancora il
bracciale di
Miya, intonato perfettamente con la cinta ed alcuni dettagli del
vestito.
Principalmente blu, si trascinava sul pavimento per un tratto ed
avvolgeva, con
le ampie maniche, le piume arancio del gemello del re. Sotto quella
specie di
tunica, portava pantaloni scuri ed una canotta a collo alto, decorata
con i
motivi che aveva tatuati su tutto il corpo in verde scuro. Sul capo,
fra i
capelli blu scuro, si intravedeva la corona argento del principe ed al
collo,
dello stesso colore, lo stemma reale tintinnava. Era un occhio
verticale,
racchiuso fra i colli intrecciati di due volatili simili a cigni.
Camminò,
lungo i corridoi che davano verso l’esterno, con le scarpe
che leggermente
ticchettavano ad ogni passo. Entrò nel salone, dove il
fratello Zameknenit
guardava fuori, con le mani rivolte dietro alla schiena. Erano vestiti
uguali
ma con colori diversi. Nel re prevaleva il rosso. I due si guardarono,
senza
parlare, per qualche minuto.
“Come
procede il tuo viaggio,
fratello?” parlò il sovrano.
“Benissimo.
Sto lontano da
te”.
“Perché
sei tornato a palazzo,
se non volevi vedermi?”.
“Perché
io ed i miei compagni
avevamo bisogno di tirarci su il morale e riposare in un bel posto
sicuro,
rilassandoci”.
“Quanta
strada vi manca
ancora?”.
“Parecchia.
Anche per questo
abbiamo bisogno di fare festa”.
“Sappi
che nutro ancora molti
dubbi sulla presenza di Fuoco ed Oscurità al mio
cospetto…”.
“Vattene,
se non li vuoi
vedere!”.
“Devi
smetterla di essere così
insolente. Che ti piaccia oppure no, io sono il tuo re!”.
“Tu
sei solo mio fratello. E
già da piccolo ero io a comandare…”.
Zameknenit,
irritato da quelle
parole, allungò d’istinto la mano verso il
gemello, stringendo il pugno e
fissandolo con sguardo minaccioso. Aherektess ridacchiò. Si
aspettava di veder
fare lo stesso a Zameknenit ma non fu così. Il re
continuò a guardarlo con
rimprovero e, senza abbassare gli occhi, gli puntò il dito
indice contro, con
fare ammonitore.
“Io
sono il re del grande
popolo dell’Aria e sono stanco delle tue continue
provocazioni. Non immagini
quanto sia difficile governare, specie dopo un grande sovrano
com’era nostro
padre, e non necessito ulteriori problemi. Avrei bisogno del tuo
sostegno, del
tuo aiuto, per regnare assieme, come i nostri genitori avrebbero
voluto, ma da
quando ti sei risvegliato non fai altro che darmi noie. Ti rendi conto
di
quanto sia delicato il nostro regno? Di quanti nemici, guerre e guai
sto
cercando di evitare ed ho evitato? Tutti non fanno altro che
paragonarmi a
nostro padre, dicendo quanto lui fosse grande ed io un suo misero
successore…perché non lo capisci che io ho
bisogno di sostegno e non di altro
dolore? Cerco di proteggerti, come ho giurato anni fa poco prima di
divenire un
orfano. Ma tu sei peggio di un adolescente…”.
“Non
so come sia essere
adolescente. Ho passato in coma quegli anni. Non ho nulla contro di te,
fratello, ma ho più di trent’anni e non puoi
trattarmi come un bambino…”.
“Non
ti tratterò più come un
bambino. Ti leverò le guardie, se è questo
ciò che desideri. Sei libero di fare
ciò che vuoi…me ne lavo le mani. Più
di così, non so davvero che fare. Però tu,
ti prego, trattami come un sovrano, o perlomeno come un fratello tuo
pari,
almeno quando siamo in presenza di altri. Poi, in privato,
sarà quel che sarà.
Non riesco davvero a capire cosa vuoi…non vuoi essere re, ma
non fai altro che
ricordarmi che saresti più adatto tu a quel
ruolo!”.
“Non
sarei più adatto. Ho provato
a guidare questo gruppo e mi toccherà farlo fino a quando
non usciremo dal
regno e, credimi, non vorrei governare un intero popolo. Sei tu il re,
io il
principe. Non il principino. Il principe! L’uomo! Rimaniamo
nei ruoli…e credo
possa andare tutto bene”.
Un
lieve accenno di sorriso
spuntò sul volto dei due.
“E
fidati…il gruppo non darà
problemi questa sera” concluse Aherektess.
“Non
ne dubito…” mormorò
Zameknenit.
Sulla
porta del salone erano
apparse Enki ed Hanjuly, entrambe indossando un meraviglioso abito che
il
sovrano aveva dato ordine di far trovare agli ospiti nelle loro stanze.
Hanjuly
era vestita in bianco, con un’ampia gonna lucente con piccole
spalline. Grazie
alla generosa scollatura, la collana della principessa spiccava e
splendeva. Aveva
raccolto i capelli in una crocchia. Fece un inchino, sollevando
leggermente la
gonna, mostrando solo la punta delle scarpe candide con tacco. Enki,
arrossendo
leggermente, si inchinò anche lei. Indossava un vestito
molto simile a quello
del Ghiaccio ma era di colore blu acceso. Era meno scollato e
più stretto, con
un piccolo spacco sul finale. L’Acqua aveva rizzato la cresta
ed il sovrano di
quel regno la salutò, con un signorile baciamano sulla mano
squamata.
“Te
le presento…” parlò
Aherektess “…sono Hanjuly ed Enki”.
“Principesse
di Ghiaccio ed
Acqua, figlie della regina Rocana e della dolce Nerektan. È
un piacere avervi
ospiti nel mio palazzo. Nel caso non lo sapeste, io sono Zameknenit, re
dell’Aria e…”.
“…e
mio fratello gemello!”
concluse il principe, facendo segno alle due giovani di prendere posto.
Non
era stato adibito un
tavolo per l’occasione ma un semicerchio di cuscini
coloratissimi, che le
ragazze gradirono molto. Reishefy entrò saltellando, con
l’abito donato già in
parte sbrindellato. Era giallo vivo, coordinato di guanti e scarpe
basse.
“Che
belle che siete,
ragazze!” disse alle sue compagne di viaggio, dopo essersi
presentata al re con
tutta la sua esuberanza “E anche voi siete molto belli, non
temete!” aggiunse,
guardando i fratelli d’Aria con un largo sorriso.
Efrehem
rimase incantato alla
vista del Ghiaccio così meravigliosamente agghindata e lei
rispose al suo
sguardo, mentre la Luce entrava nel salone. Portava una tunica
d’oro, con
l’ampio colletto decorato a motivi arricciati ed allacciata
in vita con una
piccola fascia scura. Salutò il re con educazione ed
andò a sedersi accanto ad
Hanjuly, che gli aveva fatto cenno di venirle vicino. Mattehedike,
Thuwey e
Kassihell entrarono assieme, fianco a fianco. Strinsero la mano a
Zameknenit ed
ignorarono le grida di approvazione
dell’Elettricità che li trovava bellissimi,
abbigliati com’erano. Il Metallo aveva un lungo mantello
nero, con alto
colletto, con una tunica argento che lasciava spazio ad ogni punta del
suo
elemento. Aveva raccolto qualche lungo ciuffo dei lunghissimi capelli
neri in
piccole trecce con palline argento alla fine. Mattehedike aveva due
grossi
bracciali ai polsi, un lungo mantello imbottito ai lati allacciato sul
davanti
ed una canottiera senza maniche, marrone, con pantaloni grigio scuro.
Aveva
insistito per restare scalzo. Kassihell si era pettinato, stranamente,
ed ora
aveva i capelli all’indietro, leggermente gonfi. Anche lui
con il mantello,
lungo e rosso, con ampie spalle. L’abito che portava, con
larghissime maniche arancio,
era sgargiante, allacciato in vita con un nastro azzurro. Portava i
propri
sandali, ignorando gli stivali che volevano mettergli. Lehelin ed Idisi
furono
le ultime. La rappresentante della Terra, in abito verde, si
inchinò e si andò
a sedere. Con i capelli pettinati ed acconciati in una lunga treccia,
si
sistemò l’ampia gonna con motivi floreali e
sedette, dopo aver ricevuto i
saluti dal sovrano. Lehelin non era cambiata. Non poteva indossare
abiti
sfarzosi, gioielli o altri ninnoli. Aveva tentato di tenere i capelli
al loro
posto, in modo quasi elegante, ma non c’era stato un grande
cambiamento. Subito
erano tornati al loro solito aspetto, fumosi ed agitati. Si
sentì a disagio in
quel salone, dove tutti erano ben vestiti e praticamente bardati a
festa. Fino
all’ultimo aveva tentato di restare nelle sue stanze ma Idisi
l’aveva costretta
ad uscire, con complicati discorsi rassicuranti. Ora, però,
davanti a quella
porta e ad i suoi compagni, l’Oscurità si era
pentita di essersi lasciata
convincere. Aherektess, vedendola, le andò incontro e la
prese per mano,
invitandola a sedersi.
“Sei
bellissima, non avere
paura. Ti divertirai, stasera. Vedrai!” le disse.
“Io…devo
dirti che…” iniziò
lei.
“Più
tardi. Ora mangiamo”.
Zameknenit,
seduto di fronte
al semicerchio dove stava il gruppo su un grande cuscino scarlatto,
circondato
da ancelle e guardie, batté le mani. Dalle porte laterali
subito iniziarono ad
entrare servitori e danzatrici, portanti vassoi e brocche con cibi e
bevande.
Al centro, su un tappeto colorato, danzatrici e suonatori iniziarono ad
esibirsi, accompagnando il pasto degli ospiti. Erano abbigliati con
veli e
piccoli dischi metallici, che tintinnavano ad ogni loro mossa. Reishefy
apprezzò moltissimo il fatto che, dopo poco, si unirono
danzatori dai lunghi
capelli al gruppo. La musica era piacevole ed il cibo squisito.
“Vorrei
fare un brindisi!”
esclamò Thuwey, alzandosi “A noi! Dieci
viaggiatori uniti da un unico destino
verso una meta ancora non ben chiara”.
“A
noi!” risposero, in coro,
gli ospiti.
“Inoltre,
vorrei alzare i
calici per questo bel regno, pieno di meravigliose ragazze e cibi
deliziosi!”
continuò il Metallo, sorridendo al re.
Il
sovrano rispose al sorriso
ed alzò a sua volta il bicchiere, brindando con un
“salute!” entusiasta.
Aherektess,
stanco di vedere
suo fratello staccato dal gruppo, lo trascinò nel
semicerchio assieme ai suoi
compagni, invitandolo a bere un altro po’.
“Va
bene…” ridacchiò il re
“…allora faccio un brindisi anch’io! A
te, rompiscatole che non sei altro che
chiamo simpaticamente Areky. Sognatore com’era la mamma e
testardo com’era
papà! Ed a voi, ovviamente, stramba compagnia, che riuscite
a sopportarlo!”.
“Salute!”
gridarono i dieci,
in risposta.
“Grazie
Zameky…fratello mio!”.
Presi
dagli effetti
collaterali dell’alcol, i due gemelli si abbracciarono fra le
risate. Il resto
della compagnia, alticcia a sua volta, seguì
l’esempio con entusiasmo.
“Tira
via quella corona,
pomposo reucolo!” gli ordinò Aherektess.
“Perché?
Vuoi rubarmi il
posto?”.
“Se
volessi rubarti il posto,
ti avrei già ucciso da tempo!”.
I
due si fissarono con un po’
di sospetto e leggera inquietudine, prima di rimettersi a ridere.
“Da
quando fumi?” si stupì il
principe dai capelli blu, notando il gemello che si avvicinava
all’alto
narghilè che era stato messo accanto al gruppo.
“Da
più di quindici anni,
principino! Chi vuole favorire?”.
Thuwey
non se lo fece ripetere
due volte e nemmeno Reishefy, anche se qualcuno fece notare la sua
giovane età.
“Balliamo?”
domandò Hanjuly,
rivolta a chiunque volesse partecipare.
“Dovresti
dirglielo…” mormorò
Kassihell alla Luce.
“Cosa?
Cosa dovrei dirle?” si
stupì Efrehem.
“Che
ti piace. Lo si vede
lontano un chilometro…dovresti prendere coraggio e
dirglielo!”.
“Ma
che dici?! L’hai vista
bene? Figuriamoci se io, il nanerottolo di turno, posso avere qualche
speranza
con lei, la bella stangona bionda! No…lascia che ci provi
Thuwey o Aherektess o
chiunque altro…”.
“Come
vuoi…ma se fossi in te
non perderei l’occasione di ballarci assieme!”.
La
Luce sospirò. In effetti, la
tentazione era forte e quindi, dopo aver trovato un po’ di
coraggio, si alzò a
sua volta ed iniziò a seguire la dolce melodia di quella
danza sensuale. Il
Metallo sorrise ad una danzatrice, e decise di farsi insegnare quegli
strani
movimenti.
“Quelle
con i braccialetti
d’oro ai polsi sono le mie dilette, se mi concedete il
termine…le altre, se
riuscite a conquistarle, sono tutte vostre. Le ho fatte venire da ogni
parte
del regno. I danzatori e le danzatrici che vedete sono i migliori
dell’Aria”
informò Zameknenit, ghignando agli uomini della compagnia
con soddisfazione.
Mattehedike
riuscì ad
individuare almeno sette donne con i bracciali.
“Voi
dell’Aria avete più
mogli?” domandò.
“No.
Solo il re può averne. Ed
il principe. È una vecchia legge, che sinceramente non mi va
di cambiare…e che
sarebbe ora che mio fratello seguisse!” rispose il sovrano.
“Ci
sto lavorando…” assicurò
il gemello “…ma io avrò una moglie
soltanto. Voglio sceglierla accuratamente ed
essere certo che sia la donna per me, non prenderla come mia sposa
sapendo che
tanto potrò averne altre oltre a lei”.
“Un
pensiero nobile il
tuo…vuoi innamorarti, e questo direi che è una
buona cosa. Tanto tu non avrai
problemi di successione o di altro…”.
“Nexus
ha iniziato a romperti
le palle, vero?” ridacchiò Aherektess.
“Non
sai quanto! Da quando sei
partito è il suo chiodo fisso: dare un principino alla
nazione! Ma io sono
dell’idea che ogni cosa debba avere il suo
tempo…non sono più giovanissimo ma è
inutile forzare gli eventi, giusto? E poi vorrei prima sistemare alcune
questioni diplomatiche…”.
“Per
me stasera dovresti
lasciar perdere le questioni diplomatiche e divertirti un
po’. Vedrai che poi
ti sentirai meglio…”.
Il
re sorrise, svuotando
l’ennesimo bicchiere.
“Lodevole
il fatto che avete
riservato la stessa accoglienza a principi, principesse e gente al di
fuori
della vita nobiliare, come me, la Roccia ed il Metallo”
notò Idisi.
“Signora…”
iniziò Zameknenit,
stupito da quella osservazione “…se ho accolto i
figli dei nemici della mia
nazione, il Fuoco e l’Oscurità, allora posso
trattare in modo adeguato
chiunque. Per me non conta tanto la nobiltà di sangue quanto
la nobiltà di
spirito. Se siete stati scelti e siete riusciti a giungere fino a qui,
vuol
dire che nelle vostre vene c’è qualcosa di
speciale che va al di là dei
semplici legami parentali illustri, se capite quello che
intendo…”.
“Devo
ammettere che fra vostro
fratello ed il Fuoco c’è stato qualche
problemino…”.
“Lo
immagino. Sto cercando di
lavorarci ma l’imperatore del Fuoco, Vehuya, è un
osso duro. Per non parlare di
Ozymandias…quello una ne dice e tutt’altra ne fa!
Questo viaggio potrebbe
risultare molto importante, dal punto di vista politico. Peccato che
mio
fratello pare ignorare la cosa…”.
“Non
sottovalutatelo…anche
Kassihell è un osso duro come il padre, ma hanno delle cose
in comune quei due
principi che, magari, per la fine del viaggio li
avvicineranno”.
“Chiedo
scusa…” interruppe
Kassihell, avvicinandosi a Zameknenit lentamente
“…ma le nazioni di Aria e
Fuoco sono nemici da sempre, da quel che mi risulta. La nostra
ostilità nasce
da motivazioni ben radicate all’interno del nostro essere e
dubito che una
bella chiacchierata possa risolvere tutto”.
“Di
questo ne sono
perfettamente a conoscenza, principe Kassihell. Purtroppo è
da quando sono nato
che vedo guerre contro il mio popolo, da parte vostra”.
“Da
parte nostra?! Guarda che
gli attacchi sono reciproci, da quel che ne so!”.
“Può
darsi…ad ogni modo, di
chiunque sia la colpa, vorrei porre fine a tutto questo. Per ora non ci
sono
riuscito…ma confido nelle nuove
generazioni…”.
Il
Fuoco e l’Aria si
fissarono, a lungo, mentre Idisi decise che era decisamente meglio
rimanere in
silenzio. Kassihell si stupì di quello sguardo. Se lo
aspettava carico d’odio
ma non lo era. Gli occhi blu di Zameknenit erano calmi, profondi e
quasi
comprensivi.
“Ora
vi devo lasciare…”
mormorò il re, alzandosi “…domani ho un
incontro con i miei consiglieri per
risolvere alcune questioni interne e non è il caso mi
presenti davanti a loro
con occhiaie da paura oppure sbronzo. Voi continuate pure a divertirvi
fin
quanto volete nella maniera che ritenete più appropriata.
Buonanotte”.
“Buonanotte!”
gli rispose
Enki, salutandolo con la mano.
Il
re salutò gli ospiti e si
avviò verso le sue stanze, seguito dalle sue preferite.
“Bene,
signori!” esclamò
Aherektess “La notte è giovane…non
ditemi che siete già stanchi!”.
“Stanchi?!
Certo che no!” urlò
l’Elettricità, completamente ubriaca.
Idisi
la fissò e scosse il
capo, con rimprovero. Lehelin, fin ora rimasta in disparte ed in
silenzio, fece
per alzarsi ed andarsene. Si sentiva sempre più a disagio e
non riusciva a
parlare con l’Aria, sfuggevole ed eccessivamente allegro. Il
principe di
quell’elemento, però, le impedì di
raggiungere il suo scopo. La prese per mano
e le sorrise.
“Balli
con me?” le domandò
lui.
“No,
non è il caso, credimi”.
“Perché?
Cosa c’è? Non ti
piace la musica?”.
“La
musica è molto bella è
solo che…”.
“Mi
spiace di non aver parlato
di noi a Zameky ma non c’è stata
l’occasione. Domattina, però, potremmo discuterne,
no?”.
“Potremmo
ma…vedi…”.
“Balla
con me…solo una
canzone!”.
“No.
Lasciami, per favore. In
tutti i sensi. Credo che tutto questo sia una pessima idea e che non
dovresti
perdere tempo con me. Guardati attorno…tutte queste belle
donne non vogliono
altro che essere scelte da te per farti
compagnia…”.
“Ma
io voglio la tua
compagnia, non la loro”.
“Io
non sono chi tu credi…”.
“Tu
sei la donna che amo”.
“Ed
io sono…la donna che ti ha
imbrogliato”.
Detto
questo, la principessa
dell’Oscurità iniziò a mutare. Crebbe e
cambiò. I suoi occhi divennero verdi, i
capelli candidi ed ordinati, la pelle chiara ornata da tatuaggi rossi e
un
elegante abito scuro. Spalancò le braccia, mostrando al
principe le piume verde
scuro e chinò la testa, piangendo.
“Miya…”
sussurrò Aherektess,
impietrito ed incredulo.
Lei
annuì, sempre a capo chino
e lui rimase in silenzio, per qualche istante, prima di lanciare un
grido
disumano che fece voltare l’intera sala. Kassihell
sobbalzò, risvegliandosi
all’improvviso dal leggero torpore in cui era caduto. Enki
urlò per lo
spavento. Hanjuly ed Efrehem fissarono il principe dell’Aria,
dubbiosi. Thuwey
inclinò la testa, restando spaparanzato a terra fra i
cuscini con il tubo del
narghilè fra le dita. Mattehedike, con due ragazze fra le
braccia, smise di
agitarsi a vanvera e si voltò verso quel rumore molesto.
Idisi, che era rimasta
a guardare la coppia, non trovò parole per ciò
che aveva visto. Reishefy non
capì e piagnucolò perché era cessata
la musica..
“Mi
dispiace…ho cercato di
dirtelo” mormorò la trasformata
Oscurità e corse via, per rintanarsi nella sua
stanza fra l’incredulità generale.
“Come
hai potuto?!” le urlò
contro Aherektess, pieno di rabbia e dolore.
“Non
ci posso credere…non
pensavo che le incantatrici giungessero a tanto…”
sussurrò Kassihell, rivolto
ad Idisi che le stava seduta accanto.
“Nemmeno
io avrei mai
immaginato…” riuscì a dire, in
risposta, la Terra.
“Per
tutto questo tempo…lei…”
iniziò Enki.
“Già…pazzesco…”
si unì
Hanjuly.
“Spaventoso…”
commentò
Efrehem.
“Incredibile!
Insomma…ormai
siamo un gruppo…certi segreti non dovrebbero
esserci…” aggiunse Thuwey, dopo
aver capito che ciò che aveva visto non era dovuto al fumo
ed all’alcol.
“Mi
avevano avvertito che di
quelle creature non c’era da fidarsi…”
grugnì Mattehedike.
“Che
è successo?” squittì
Reishefy, dopo qualche minuto di silenzio.
Aherektess,
nel frattempo, era
rimasto immobile, senza fiato. Dopo essersi scosso se ne
andò anche lui,
volando via dal terrazzino semicircolare del salone, avvolto dalla
notte.
“No,
no…così non và!” scosse
la testa il Ghiaccio “Come faremo a proseguire?”.
“Una
notte di sonno guarisce
molti dolori…vedrai che domani si risolverà
tutto” le disse il Fuoco, poco
convinto delle sue stesse parole.
“No,
ti sbagli. Meglio si
chiariscano subito…o finiranno per rimuginarci su tutta la
notte ed odiarsi al
sorgere di Sirona!” continuò Hanjuly.
“E
se si mettono a litigare
perché interferiamo? È peggio, non trovi?
Lasciamo che se la sbrighino da soli,
se hanno voglia. Possiamo sempre ripartire e tenerli
separati…” propose Thuwey.
“Concordo.
Dopotutto, siamo
giunti fino a qui odiandoci a morte! Vi ricordate quando siamo partiti?
Ed
ancora adesso, mi sembra, fra Fuoco ed Aria di certo non vi
è alcun accenno
d’amicizia. Penso non siano affari
nostri…lasciamoli nel loro brodo e che si
arrangino!” concluse la Roccia.
“Voi
uomini siete proprio
egoisti, e sensibili come dei funghi! Lei era dispiaciuta e lui
disperato…dobbiamo fare qualcosa! Siamo un
gruppo!” sbraitò Enki, irritata,
stringendo i pugni.
“E
che cosa credi di poter
fare, principessina?” brontolò Mattehedike.
“Dobbiamo
trovare il modo di
farli parlare fra loro. Lui sarà probabilmente
furioso…avrà bisogno di sfogarsi
ed è meglio lo faccia prima di rivederla. Io andrei a
parlare con lei…”.
“Vengo
con te” si unì Idisi.
“Anch’io
posso darvi una mano.
Le ho già parlato…” si propose Thuwey
“…e credo di sapere quali tasti toccare.
Sempre se a voi donne non dispiace…”.
“Va
benissimo” esclamò
Hanjuly, con le mani puntate sui fianchi “Io andrò
a cercare Aherektess. Chi
viene con me?”.
“Per
me è una perdita di
tempo…” sbottò la Roccia.
“Allora
tu resta pure qui” gli
rispose il Ghiaccio.
“Io
verrei…ma sono un disastro
con i rapporti interpersonali. Credo che peggiorerei solo le
cose…” chinò la
testa la Luce, consapevole per una volta dei suoi limiti.
“Ci
vengo io con te, Han”
sospirò il Fuoco, consapevole ormai
dell’impossibilità di andare a dormire o
ripartire senza che la questione almeno si tentasse di risolvere
“Sono sicuro
che, vedendomi, la sua rabbia e frustrazione si sposterà su
ben altre fonti!”.
“Ma
andare dove? Con chi?
Perché?” sbiascicò Reishefy.
“Efrehem!”
tuonò il Ghiaccio,
con fare militare “Il tuo compito sarà fare in
modo che l’Elettricità non
peggiori le cose. In quanto alla Roccia…se per lui tutto
questo è una perdita
di tempo allora che occupi la notte come meglio crede”.
“Signorsì”
sorrise Efrehem,
andando a sedersi accanto a Reishefy, che nemmeno si reggeva in piedi
da quanto
aveva bevuto.
Con
un cenno del capo, la
compagnia si divise in due gruppi, con la serietà di chi ha
una vitale missione
da compiere.
†††
La
ricerca di Aherektess si
mostrò piuttosto difficoltosa. Il principe conosceva bene
ogni anfratto di quel
regno e si era ben nascosto. I due, Ghiaccio e Fuoco, che lo cercavano,
non
vollero avvisare le guardie o richiamare i servitori. Volevano evitare
il
panico o i pettegolezzi.
“Forse
potremmo chiedere al re. Quei due sono gemelli…si dovrebbero
capire al volo!”
propose Hanjuly, dopo quasi mezz’ora.
“Non
ci tengo ad oltrepassare quella sottile linea che fra il mio ed il suo
popolo
porta dall’ostilità alla guerra. Meglio evitare di
infastidirlo…e soprattutto
di dirgli che la figlia di Ozymandias ha distrutto psicologicamente il
suo
gemello” rispose Kassihell.
Gli
sposi del cielo illuminavano la notte, ormai inoltrata, e le strade
della
capitale erano deserte. Attraversarono un piccolo ponte lastricato ed
il Fuoco
ebbe un’idea.
“Forse
so dov’è andato…quando ci ha raccontato
di Miya, aveva parlato di un fiume e di
una specie di grotta…”.
“Ah
ma allora lo ascoltavi, non stavi dormendo in piedi!”
ridacchiò lei.
“Ovvio!
Dicevo…ha parlato di una grotta vicino ad un fiume. Noi
siamo entrati nella
capitale e non abbiamo incontrato nessuna grotta perciò,
devo dedurre, che si
trovi nella direzione opposta rispetto a quella in cui siamo
arrivati…secondo
me è là che si nasconde!”.
“Sembra
una buona idea. Intuizione geniale…andiamo! Al massimo
torniamo indietro…”.
I
due si avviarono seguendo la
stradina lastricata che seguiva il fiume. Mormorava leggermente,
riflettendo la
luce di Nikkal e Jarih lungo le sponde. Kassihell ed Hanjuly si
avviarono lungo
il suo corso regolare senza problemi, accostandosi alla bianca
balaustra
adornata di fiori. Uscirono dalla capitale con un’andatura
piuttosto sostenuta,
non volendo veder sorgere Sirona prima del loro ritorno. Individuarono
con
facilità le grotte di cui aveva parlato il principe di quel
regno e vi
entrarono. Il Fuoco evocò il suo elemento e tenne una
piccola fiamma fra le
mani, illuminando l’anfratto. Una piuma arancio in terra
diede conferma della
presenza del rappresentante dell’Aria.
“Aherektess!”
lo chiamò il
Ghiaccio.
“Sparite!”
si limitò a dire il
fuggitivo.
Lo
videro, appollaiato su una
piccola sporgenza, tutto avvolto dalle piume. Fra le mani stringeva il
bracciale
che gli aveva donato Miya, nero e lucido. Lo guardava senza
espressione, come
perso in pensieri lontani, con occhi vacui e vuoti.
“Ti
abbiamo trovato…dai, vieni
giù!” gli sorrise Hanjuly.
“Andatevene.
Ho bisogno di
stare da solo”.
“Presto
sarà l’alba e sarà
tempo di ripartire…” lo informò
Kassihell.
“Dovrete
partire senza di me.
Io non vengo”.
“Non
dire stupidaggini,
fringuello dal cuore spezzato! Non andiamo da nessuna parte senza di
te!”
sbottò il Fuoco, incrociando le braccia.
“E
come pensi di fare per
convincermi?”.
“Se
sarà necessario ti
trascinerò per tutta la strada!”.
“Così
non risolviamo nulla…”
sospirò il Ghiaccio “Aherektess…so che
ora sei confuso, furioso, triste e
quant’altro ma, ne sono sicura, a tutto
c’è rimedio! Venendo qui ho riflettuto
su una cosa: vi siete innamorati due volte! Significa che era
destino…”.
“Balle!
Erano solo bugie!”.
“Tutto
quanto? Io non credo!”.
“Tu
cosa ne sai? Andatavene.
Io non mi muoverò da qui per un sacco di tempo. Portate con
voi mio fratello o
chiunque altro…”.
“Oh,
insomma!” tuonò il Fuoco
“Smettila di piagnucolare come un bambino appena sgridato
dalla mamma! Fai
l’uomo! Ne sei capace? È solo una
donna…sai quante ce ne sono ad Asteria?”.
“Sono
stato così stupido…da
farmi fregare due volte!” ringhiò l’Aria.
“Sì,
sei stato stupido…”
ridacchiò Kassihell “…ma mica vorrai
continuare a fare lo stupido, vero? Perché
rinunciare alla missione per la figlia di Ozymandias è
stupido…”.
“Non
è solo la figlia di
Ozymandias…io ero davvero innamorato di lei. E lei mi ha
solo preso in giro.
Chissà quante risate si starà facendo e si
è fatta alle mie spalle!”.
“Non
essere ridicolo! Se
avesse voluto prenderti solo in giro, ti avrebbe deriso in mezzo a
tutti,
ridendoti in faccia mentre mostrava chi era per davvero. Invece ti ha
chiesto
scusa ed è corsa via piangendo. Non mi è sembrato
l’atteggiamento di chi vuole
solo prenderti in giro…”.
“Ti
stai facendo ingannare
anche tu, mio caro…ma con me non funziona più!
Nossignore! Può tentarle
tutte…non avrà il mio perdono!”.
“Va
bene…sono affari vostri!
Ma ora scendi…devi riposare per riprendere la
missione!” ordinò il Fuoco, con
fare autoritario.
“Cosa
vuoi che me ne importi
della missione?! Andatevene…”.
“Sei
la creatura più egoista
che conosca!” urlò Hanjuly “Come puoi
dire che non ti importa più nulla della
missione?! Stiamo parlando della salvezza di Asteria, non di una
stupidaggine
qualunque! Scendi subito!”.
“Lascia
perdere…” le mormorò
Kassihell, con un tono di voce abbastanza forte da farsi udire
chiaramente
dall’Aria “…non vedi che è
ancora un bambino? Vent’anni di coma gli hanno
bloccato la crescita e non è in grado di fare
l’uomo. Lasciamolo pure lì.
Incontreremo sicuramente qualcuno più adatto di
lui…non ha nemmeno il coraggio
di scendere e parlare a quattrocchi con una piccola femmina fatta
d’ombra!”.
I
due si girarono verso
l’uscita, dopo essersi scambiati un breve sguardo. E dopo
pochi secondi
Aherektess scese dal suo nido, con un lievissimo rumore di pietre
spostate.
“Com’è
che mi hai chiamato,
vecchio parassita nemico della mia nazione?”
sibilò, mentre il Fuoco gli
sorrideva, quasi sadicamente.
“Ti
ho chiamato bambino. E se
vuoi aggiungo vigliacco, codardo e piagnucolone…vuoi che
continui? O vuoi
trovare il modo di provarmi che sbaglio?”.
L’Aria
scattò in avanti e
tentò di colpirlo. Il Fuoco bloccò il suo pugno e
lo guardò, sfidandolo.
“Scommetto
che non ce la fai
ad andare da lei e dirle ciò che pensi, a dirle che
è una traditrice e che non
vuoi più avere a che fare con lei” gli disse,
sempre ghignando.
“Scommettiamo?
Cosa fai se
vinco io?”.
“Prima
fallo…poi vediamo!”.
Aherektess,
con l’orgoglio
ferito da vari fronti, si rizzò in piedi e serrò
i pugni.
“Ci
vediamo a palazzo,
vecchio!” ringhiò contro a Kassihell e si
librò in volo.
A
tutta velocità, uscì allo
scoperto e si avviò verso il palazzo.
“Non
era esattamente ciò che
volevo ma…è uscito” commentò
Hanjuly.
“E
sta andando dalla sua
bella…è uno spettacolo che non voglio perdermi!
Andiamo!”.
Fuoco
e Ghiaccio si misero a
correre, seguendo il piumato che si intravedeva nel cielo notturno.
†††
“Dove
sei?” gridò Aherektess,
piombando nel salone principale, dove si era svolta la festa.
Reishefy
dormiva sul
pavimento, raggomitolata attorno al narghilè con un largo
sorriso. Anche
Efrehem dormiva, fra i cuscini colorati. L’Aria si
girò e vide che sulla porta,
nascosti in modo pessimo, sbirciavano la Terra, il Metallo e
l’Acqua.
“Sono
qui” sentì una vocina
alle sue spalle.
L’Oscurità
era nel terrazzino,
avvolta dal suo elemento. Aherektess si stupì di non averla
notata quando era
arrivato. Guardandola negli occhi, faticò a mantenere solidi
i suoi propositi.
Nel
frattempo, al gruppo dei
nascosti, si erano uniti Fuoco e Ghiaccio.
“Vediamo
se gli dà della
stronza e festa finita, così possiamo andare a
dormire!” sbuffò Kassihell, sicuro
che mai avrebbe trovato il coraggio per farlo.
Hanjuly
gli tirò una poderosa
gomitata sullo stomaco e gli fece segno di fare silenzio.
“Eccoti
qui…ci sono delle cose
che vorrei dirti, signorina” iniziò
l’Aria, sforzandosi di mostrarsi arrabbiato
e deciso.
“Prima
vorrei, però, che mi
ascoltassi…”.
“Non
credo che sia il caso.
Non credi di avermi già raccontato abbastanza
cazzate?!”.
“Un
sacco ma ora stammi a
sentire, per una volta!”.
“Non
so se mi va…”.
Lehelin
si accigliò,
esasperata dall’essere sempre interrotta, ma si
sforzò di non esplodere. Si
passò una mano fra i capelli fumosi e guardò
fisso negli occhi chi aveva di
fronte.
“Volevo
dirti…che mi dispiace.
Mi dispiace Aherektess. Davvero. Posso capire la tua rabbia ed immagino
tu
voglia sfogare tutto il tuo risentimento su di me, lo capisco. Ma
prima…vorrei
che ascoltassi ciò che ho da dirti, per favore”.
“Parla…”
mormorò lui,
incrociando le braccia.
“All’inizio,
sì…ti ho
imbrogliato! Mio padre voleva carpire qualche notizia in più
sul nuovo regno e sulla
nuova gestione dell’Aria. Io mi sono proposta di andarci a
fare un giro,
clandestinamente. Ho imparato la vostra lingua e, con le sembianze di
Miya, ho
passato diverso tempo per la capitale. La prima volta che ti ho visto
non avevo
davvero idea di chi tu fossi. Mi sono divertita davvero quella volta
alla fiera
e, quando mi hai detto chi eri, son rimasta davvero stupita. Mio padre,
entusiasta della notizia del tuo risveglio, mi ha dato ordine di
rivederti. Ed
all’inizio, come dicevo, l’ho fatto solo per
rispettare un suo ordine. Ma poi
le cose sono cambiate. Ho iniziato a non riferire più a mio
padre ciò che mi
accadeva ed a venire nel tuo regno di nascosto. Non ero mai stata
così felice,
dico sul serio. Poi, però, mi hai chiesto di sposarti.
All’inizio ero davvero
entusiasta, ed è per questo che ti ho detto di
sì. Tornando verso casa,
tuttavia, ho visto il mio riflesso lungo il fiume ed ho capito: non eri
innamorato di me. Non amavi ciò che ero, ma ciò
che fingevo di essere. Tu non
amavi Lehelin ma Miya, che non esisteva. Ho deciso che non avrei mai
potuto
mentirti per tutta la vita, come mi chiedevi, ma non avevo il coraggio
di dirti
la verità. Speravo di lasciare un ricordo e nulla di
più…non pensavo di
trasformarmi in un’ossessione per te!”.
Si
fermò qualche istante,
mentre Aherektess continuava a fissarla, duramente.
“Poi…”
continuò l’Oscurità
“…è
iniziata questa missione. Quando ti ho visto entrare dalla finestra mi
sono
sentita davvero male. Ho tentato di restare distaccata ma, quando ti
è successo
quell’incidente nel regno
dell’Acqua…”.
Non
sapeva come altro
proseguire e chinò la testa, aspettando la reazione
dell’Aria. Lui non si
mosse. Sospirò e continuò a fissarla con le sue
iridi rosso sangue.
“Perché?”
le disse infine,
dopo il silenzio.
Lei
si aspettava ben altre
frasi e lo fissò, con aria interrogativa, senza rispondere.
“Perché
mi hai fatto questo?
Perché non mi hai detto da sempre la verità?
All’inizio eri sotto copertura, se
così si può dire, ma poi…poi potevi
dirmi la verità…senza arrivare fino a
questo punto! Non trovi?”.
“Ho
tentato…”.
“Hai
ragione quando dici che
di Miya amavo ciò che mostrava. Mi sono innamorato del suo
aspetto, a prima
vista, e non ho notato altro. Per quanto riguarda il
seguito…all’inizio avevo
paura di te, come creatura d’Oscurità, e ci tenevo
a tenerti ben lontano.
Eppure, lentamente…ho imparato a conoscerti ed
ora…”.
“Ora
sei innamorato di ciò che
è lei veramente!” si intromise
l’Elettricità.
“Chiudi
la bocca, non ti
immischiare!” le sibilò Hanjuly.
“No…ha
ragione” ammise l’Aria
“Io sono giunto qui con l’idea di esprimere tutta
la mia rabbia nei tuoi
confronti e di non farmi imbrogliare più da te
ma…”.
“Avresti
ragione. Hai
ragione…” mormorò Lehelin
“…odiami pure. Ho sbagliato ed è giusto
il tuo
comportamento. Ci tenevo a farti sapere che mi dispiace ma non mi
aspetto un
tuo perdono”.
“Che
sta succedendo?”
sbiascicò la Roccia, giungendo solo ora fra gli spioni.
“Non
l’ho capito del tutto…”
ammise il Fuoco “…mi aspettavo una grande rissa ma
questi due stanno solo lì a cianciare…”.
“Chiudete
la bocca!” li ammonì
Hanjuly.
“Come
posso fidarmi di te
ancora, Lehelin?” domandò Aherektess.
“Non
puoi. E non te lo chiedo.
Ho rovinato tutto…e sono giuste tutte le cattiverie che hai
in mente nei miei
confronti ed i dubbi”.
“Ma
io non voglio dubbi…e,
sinceramente, non ho cattiverie in mente. Mi sento davvero uno stupido
ma…non
avevo mai visto piangere una creatura d’Oscurità
prima d’ora e quindi…immagino
che il tuo dispiacere sia autentico”.
“Lo
è, ma…”.
“Non
tirarti indietro adesso,
per favore…” le sussurrò, prendendole
il viso fra le mani.
Lei
non capì e non riuscì a
reagire mentre lui la baciava. Chiuse gli occhi d’argento e
non si allontanò.
Sentì una lacrima scivolarle sulla guancia, mentre le piume
di lui
l’avvolgevano e la luce di Sirona iniziava ad illuminare il
cielo.
“Per il grande
Loreatehenzi!” esclamò
qualcuno, alle spalle della compagnia degli spioni, sorridenti e
soddisfatti
del risultato ottenuto.
Era
Zameknenit, svegliato
all’alba e stupito nel vedere il gruppetto di ospiti
accalcato davanti alla
porta socchiusa. Di certo lo spettacolo a cui aveva assistito era
qualcosa che
non si aspettava.
La
compagnia sobbalzò udendo
la voce del re e nel vederlo apparire, spettinato ed in vestaglia, con
le piume
verdi arruffate e gonfie.
“Carino
il motivo a
paperette…” ironizzò il Fuoco,
commentando la vestaglia.
“Non
sono paperette! Sono gli
uccelli che si intrecciano sullo stemma della mia famiglia!”
sbottò il sovrano,
avvolgendosi nella veste in seta.
“Buongiorno,
fratello…” gli
disse Aherektess, sorridendo raggiante.
Il
gemello lo guardò, mentre
veniva incorniciato dalla luce dell’alba in modo decisamente
artistico.
“Volevo
parlartene, Zameky…”
iniziò, ma il re lo zittì.
“Era
da tanto di quel tempo
che non ti vedevo sorridere in quel modo…sono pronto ad
ignorare il fatto che
sia la figlia di Ozymandias. Se va bene a te…va bene anche a
me! Spero che lei
non sia come suo padre…senza offesa…”.
Lehelin
sorrise, non sapendo
cosa dire.
“Volete
la colazione?” domandò
il sovrano, sbadigliando.
“Veramente…non
so gli altri ma
io vorrei dormire!” ammise Aherektess e la compagnia
annuì, condividendo lo
stesso desiderio.
“In
questo caso…buon riposo.
Avvisate i miei servi quando vorrete qualcosa da mangiare”.
I
dieci ringraziarono e si
ritirarono nelle loro stanze, addormentandosi quando ormai il giorno
era
iniziato da diverse ore.
†††
Rimasero
a palazzo per diversi
giorni, riposandosi, rilassandosi e “facendo
conoscenza” con i danzatori e le
danzatrici. Efrehem imparò in fretta a leggere e parlare la
lingua dei nativi,
fra un sospiro ed un altro per Hanjuly. Kassihell si trattenne a lungo
con
Zameknenit, discutendo su come riuscire a trovare degli accordi ma
senza
giungere ad una soluzione plausibile. Thuwey, dopo aver sfogato buona
parte del
suo entusiasmo su qualche bella donna, esplorò la capitale
in cerca delle
botteghe in cui si vendevano e si fabbricavano le armi, affascinato
dalla loro
fattura. Idisi studiò flora e fauna degli stupendi giardini
del palazzo e del
circondario. Enki fece compere assieme ad Hanjuly e pregò il
sovrano di far
recapitare un messaggio alla famiglia dell’Acqua. Reishefy e
Mattehedike non
uscirono quasi mai dalle loro stanze, impegnati com’erano in
un continuo viavai
di creature con cui sfogare ogni loro istinto. Aherektess e Lehelin
passarono
molto tempo assieme, chiarendo ogni dubbio perfino nella mente rigida
di
Zameknenit.
“Chissà
che dirà tuo padre,
quando lo saprà…” si chiese il re.
“Quando
lo saprà, lo
scopriremo…” rispose
l’Oscurità, già immaginandosi la furia
di Ozymandias
davanti agli occhi in un attacco di follia omicida
“Chissà cosa dirà il vostro
popolo…”.
Al
principe dell’Aria poco
importava di cosa pensasse il popolo e portò la giovane
Lehelin per le vie di
Bahram senza problemi, alcune volte perfino in volo facendola gridare
di
meraviglia.
Fu
Kassihell che ricordò alla
compagnia i loro obbiettivi. Nonostante trovasse piacevole il soggiorno
nella
capitale, provava più piacevole l’idea di tornare
a casa dalla moglie.
Ripartirono
dopo più di una
settimana di riposo, con la promessa da parte di Zameknenit di far
recapitare
un messaggio ad ogni reale di Asteria, comunicando la propria posizione
e buono
stato di salute. Pur non avendo più le guardie del corpo che
li scortavano, il
gruppo non incrociò particolari problemi. I grandi uccelli
cacciatori, la cui
preda principale erano le creature dell’Aria, non diedero
fastidio, forse
spaventati dalle grida d’entusiasmo
dell’Elettricità.
“Questo
mondo è fantastico!”
urlava Reishefy “Le feste di questi giorni son state
favolose! Per non parlare
degli uomini…che meraviglia! Mi ci voleva
proprio!”.
“Mi
fa piacere che vi sia
piaciuto il soggiorno a casa mia…” rise Aherektess.
“Piacere
tutto nostro!”
esclamò Mattehedike.
“In
effetti…mi ci voleva
proprio un po’ di relax” ammise Kassihell.
“Ed
inoltre il re è stato
davvero gentile…presto le nostre famiglie avranno nostre
notizie!” disse Enki
ed Hanjuly annuì a quelle parole.
“Mi
sono sentito davvero
accolto…non me lo sarei mai aspettato!” aggiunse
Efrehem.
“Per
non parlare degli
artigiani. Ho fatto diversi giri per la capitale ed erano davvero
bravi!”
continuò Thuwey, mostrando la collana che aveva acquistato.
“Bella!”
si complimentò Idisi,
incrociando alcuni fiori che aveva raccolto, sempre continuando a
camminare con
entusiasmo.
“Questo
sì che è il clima
adatto! Restiamo sempre così, ragazzi!”
cinguettò il Ghiaccio.
Ovviamente
la serenità e
l’entusiasmo non durarono in eterno e ben presto ripresero le
solite
discussioni, sopratutto fra Aria e Fuoco.
“Hai
perso la scommessa, se
ben ricordo…” stuzzicò Kassihell.
“Quanto
sei noioso…” sbottò
Aherektess.
“Quale
scommessa?” chiese
Reishefy, che come sempre non capiva niente.
“Taci!”
la zittì Mattehedike.
“Fottiti!”
ringhiò la
ragazzina.
“Eccovi…ora
vi riconosco!”
ironizzò la Terra e in lontananza, fra i lampi,
iniziò a vedersi il regno
successivo: quello dell’Elettricità.