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Autore: SagaFrirry    28/10/2015    1 recensioni
Asteria è un pianeta diviso in 10 territori identici, ciascuno dei quali è governato da un diverso elemento. Questa storia narra le avventure attorno ad un mondo fantastico popolato da creature legate a Luce, Fuoco, Metallo, Terra, Roccia, Oscurità, Acqua, Ghiaccio, Aria ed Elettricità. Per compiere una missione di fondamentale importanza per la sopravvivenza del pianeta, creature estremamente diverse e solitamente rivali dovranno allearsi. Fra difficoltà, risse, assurdità e personaggi strambi, i dieci regni li attendono. Scritto nell'ormai lontano 2011, vede comparire alcune creature della trilogia "città degli Dei" (capitemi..è la mia prima storia, ci sono affezionata!) e tutti (e dico TUTTI) i personaggi presenti in questa storia sono persone reali. Amici, parenti, ex fidanzati..ovviamente modificati a dovere. Li vorrei ringraziare tutti ma non ho molto spazio. Spero vi divertiate, come io mi sono divertita a scrivere.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VII

 

Il canto degli uccelli accolse il gruppo con entusiasmo. I colori di quel regno erano spettacolari. I fiori, i piumaggi, la vegetazione ed ogni elemento che li circondava aveva tinte sgargianti. Sopra le loro teste, una famiglia di creature d’Aria passò, volando. Aherektess sorrise. Si sentiva di nuovo a casa. Incamminandosi lungo un elegante sentiero lastricato, guardavano tutti verso l’alto. Gli alberi, sottilissimi, si perdevano verso il cielo, con vari attorcigliamenti e giravolte. Appollaiati su di loro stavano diversi uccelli, dalle lunghissime code piumate, e vari abitanti di quel regno. Kassihell cominciò a chiedersi se, effettivamente, era una buona idea per lui attraversare quel mondo. Aveva notato lo sguardo minaccioso che gli stavano puntando contro tutti i nativi.

“Calmi. Li sto portando a palazzo. Sono sotto la mia custodia” rassicurò Aherektess, nella lingua dell’Aria, senza riuscire a calmarli del tutto.

“Oh, ma come sono carini!” urlò Reishefy, salutando con la mano.

La popolazione si lanciò sguardi interrogativi e volò via, volendo informare il loro sovrano.

“Non puoi proprio fare a meno di provarci con tutti?” domandò Thuwey all’Elettricità.

“Non fare il bacchettone! Io seguo il mio elemento e mi faccio guidare dalle passioni”.

“Questo non significa fare ciò che si vuole…”.

“Finiscila!”.

“Non iniziate!” interruppe Idisi.

“Il luogo proibito del mio regno è vicinissimo alla capitale, Bahram. Sarete miei ospiti a palazzo” spiegò Aherektess, incitando la compagnia a proseguire.

“Bello! Sarà interessante visitare un altro castello!” esclamò Enki.

“Bello?! Ma sei sicuro che il tuo fratellino ci voglia?” domandò Kassihell, per niente d’accordo al pensiero di essere ospite della famiglia sua diretta rivale.

“Anche se a Zameknenit non andrà a genio, decido io ed è meglio per lui non interferire!”.

“Quanto amore…tutto ciò che circonda Aherektess è denso d’amore!” ironizzò la Roccia.

“Prima o dopo del luogo proibito passeremo per il palazzo?” domandò Efrehem.

“Dopo. Così ci riposeremo e saremo già più rilassati. Potrei far organizzare una bella festa…”.

“Una festa!!!! Sì!!!!” esultò l’Elettricità.

“Una festa per cosa?” domandò Lehelin.

“Una festa per me. Per noi. Ne abbiamo bisogno!” rispose l’Aria.

L’idea della festa probabilmente donò una buona dose d’entusiasmo alla compagnia, che partì a passo spedito lungo il sentiero. Aherektess li rassicurò, dicendo che poteva scorgere chiaramente soldati ed arcieri del suo regno sulle cime degli alberi.

“Ed in che modo dovrebbe questo farci stare meglio?” mormorò il Fuoco, temendo per la sua incolumità e guardando in alto, piuttosto agitato.

“Non corriamo rischi. Se ci dovesse attaccare qualche bestia feroce, loro sono pronti a difenderci. Sicuramente un’idea di quell’iperprotettivo di gemello che mi ritrovo. O del suo consigliere lagnoso e catastrofico. Quei due mi rinchiuderebbero in una campana di vetro…”.

“Ma mi sembra una buona idea avere la scorta. Ci possiamo rilassare e non stare sempre all’erta. Inoltre, lo vedo come un gesto pieno di affetto nei tuoi confronti” disse Idisi.

“Io lo vedo come una totale mancanza di fiducia…e desiderio smodato di controllo. Su di me non ne hanno e si vendicano così…”.

La Terra non continuò e sorrise. La Roccia avanzava sentendosi fortemente a disagio. Tutto quello spazio aperto lo inquietava, abituato com’era a grotte, anfratti e mondi sotterranei. Sopra la sua testa ora c’era solo il cielo e qualche pianta. Sirona stava tramontando ed il gruppo decise di riposare, sentendosi protetti da quei guardiani volanti. Ognuno a modo suo, tutti si addormentarono. Perfino Lehelin, probabilmente stancata dall’eccessiva luce fra la neve.

 

“Quale creatura cinguetta in questo modo così meraviglioso?” domandò Hanjuly, ad occhi chiusi ed ascoltando quella melodia regolare.

L’alba era trascorsa da poco e la compagnia fu svegliata da quel suono.

“Cinguetta?!” si stupì il principe di quel regno.

“Sì. Non senti questo trillo?”.

“Ovvio! Ma è un canto, non un cinguettio!”.

Pareva quasi offeso a quelle parole ma non disse altro. Sospirò e guardò verso l’alto. Erano le creature dell’Aria, come lui, ad intonare quello strano sottofondo.

“È bellissimo!” sorrise Enki.

“Sì, davvero meraviglioso” si aggiunse Idisi.

“Mai sentito nulla di più bello…” si unì Reishefy.

“A me sembra solo un grido di agonia…” sbottò Thuwey.

“…di un uccello in procinto di schiattare!” concluse Kassihell.

“In effetti…non la definirei proprio una melodia questa accozzaglia di suoni!” concordò Efrehem.

“Se la smettessero mi farebbero un grosso favore” protestò Mattehedike.

“Siete i soliti, voi maschi. Non apprezzate l’arte!” commentò Hanjuly.

“Mi stupisco davvero che non apprezzino tutto questo. È un così bel suono…” le disse Idisi.

“Ed io invece mi stupisco che questo canto piaccia anche a voi…” borbottò Aherektess.

Cinguettando, le creature dell’Aria non seguivano una sola melodia. Efrehem notò che erano tutti maschi quelli che cantavano, mentre le femmine stavano in ascolto, in disparte. L’Aria incitò il gruppo a proseguire, quasi trascinando Ghiaccio ed Elettricità che erano rimaste come imbambolate a guardare gli interpreti di quello spettacolo musicale.

“Uccellini canterini…” sibilò Kassihell, iniziando ad odiare quello sfondo pieno di trilli.

“Ma…cosa stanno facendo?” domandò la Luce ad Aherektess.

“Non potevamo scegliere momento peggiore per passare da queste parti…” rispose l’Aria, girando le orecchie a punta.

“Ordinagli di fare silenzio!” suggerì il Metallo.

“Quanto sei drastico…” commentò Lehelin, a fianco della creatura piumata del gruppo.

“Sì” concordò l’Aria, ma il suo “sì” fu una specie di sibilo melodico, un vago cinguettio.

Subito si tappò la bocca, accigliandosi, ed accelerando. Mattehedike sollevò di peso Reishefy, che non voleva muoversi. Thuwey spinse Hanjuly ed Enki, rimbambite da quei suoni. Idisi si era ripresa, anche se continuava a sorridere come vittima di un sortilegio, ipnotizzata.

“Pensavo fossero quelli dell’Oscurità gli incantatori…guarda che stanno combinando alle ragazze questi canarini fuori misura!” ringhiò Thuwey, trascinando il Ghiaccio.

“Credo sia una sorta di canto di corteggiamento. Per questo a noi maschi non fa alcun effetto…” azzardò Efrehem, non riuscendo a trovare altra spiegazione.

“Ci mancava solo questa! Tappatevi le orecchie e proseguite, avanti, ragazze!” sbottò Kassihell, minacciando Enki con la Katana.

“Non sarà mica tutto il regno così, vero Aherektess?” volle sapere Mattehedike, con Reishefy che si dimenava fra le sue braccia per venire liberata e potersi buttare addosso a qualche bel piumato.

“No. Queste cose vanno a zone e durano poco…chiedo scusa. È piuttosto imprevedibile…” iniziò l’Aria ma si fermò, rendendosi conto che stava trillando ad ogni parola.

“Mi serve una donna…” sospirò, avanzando a passo rapido ad occhi chiusi e con le mani sulle orecchie per non farsi coinvolgere dai duetti che si stavano creando.

Quando le donne iniziarono a cantare, quasi tutto il gruppo perse il controllo. La voce dolcissima delle femmine immobilizzò e distrusse le poche convinzioni dei maschi della compagnia. Mattehedike lasciò cadere in terra, in malo modo, l’Elettricità. Thuwey mollò il braccio del Ghiaccio e sul suo volto spuntò un sorriso idiota. Kassihell fu solo vagamente stuzzicato da quei suoni, tenendo la mente concentrata sulla moglie.

“Andiamo avanti!” ordinò, ma capì di non avere speranze quando vide la Luce zompare felice, canticchiando cretinate.

“Un cerbiatto rincoglionito…” commentò il Fuoco.

“Che bella la primavera!” gli rispose Efrehem.

“Non è primavera! Muovi il culo lungo il sentiero e smettila di fare il pirla!” ringhiò Kassihell, puntando il dito verso la direzione che avrebbe dovuto prendere il gruppo.

Subito lasciò cadere il braccio, notando che la lucidità aveva abbandonato tutti. Solo la Terra sembrava controllarsi, più o meno, e l’Aria si sforzava in ogni modo di proseguire lungo la via, Oscurità al fianco.

“Sei pirla e quattro sfigati…sarebbe un bel titolo per un romanzo” ironizzò il Fuoco, raggiungendo Idisi, Aherektess e Lehelin con un sospiro.

“Perché noi non veniamo coinvolti da tutto questo?” domandò alla Terra.

“Io e te siamo sposati” spiegò lei.

“Ed io non lo so…ma non mi interessa particolarmente…” aggiunse l’Oscurità, fissando con preoccupazione l’Aria.

Il principe di quel regno teneva le mani premute sulle orecchie, sforzandosi di camminare.

“Inutile che prosegui, piccion arancio. Quelli che mancano non ci stanno seguendo più!” gli fece notare Kassihell.

Gli altri della compagnia, infatti, si erano uniti ai canti e guardavano con interesse i rappresentanti dell’altro sesso che si esibivano. Così facendo, poterono mostrarsi come le creature più stonate che mai erano passate per quel regno.

“Cosa facciamo?” si preoccupò Idisi, udendo il terrificante assolo del Metallo.

“Non dura a lungo…aspettiamo!” rispose Lehelin, rabbrividendo alla voce della Roccia.

“Sempre aspettare…che rottura!” sbuffò il Fuoco.

Aherektess si era accovacciato, avvolgendosi nelle piume pur di non sentire. L’Oscurità, non capendone il comportamento, si insinuò fra quelle piume.

“Tutti gli altri sono fra loro, a cantare e saltellare. Vai con loro! Cosa risolvi e startene qui a soffrire? Unisciti al coro, sfogati, e poi proseguiremo…”.

Lei gli parlava, ma si accorse subito che lui non la stava ascoltando. Non aveva più le mani sulle orecchie a punta e la fissava, con grandi occhi tondi. Il loro rosso brillava come non mai, assieme alle pupille sferiche e sognanti.

“Che hai?!” si stupì Lehelin.

Aherektess non rispose ma iniziò a cantare, guardandola. L’Oscurità protestò per un po’ ma poi tacque, rapita da quella voce e da quella melodia.

“Mi sa che si son appena creati altri due pirla…” sbottò Kassihell, andando a sedersi sotto un albero ed invitando Idisi a fare altrettanto.

Hanjuly era circondata da volanti canterini, che la corteggiavano. Ma lei sorrideva senza farsi convincere, cantando rivolta al cielo. Efrehem la guardava, sospirando. Perché solo in quel momento si era accorto di quanto bella fosse? Non aveva, però, il coraggio di avvicinarsi. La vedeva, circondata da così bei ragazzi, e sapeva di non avere speranze con una donna del genere. Thuwey, rincorrendo e facendosi rincorrere da un piccolo gruppo di ragazze, era quello che si divertiva di più. Reishefy saltellava dietro a tutti quelli che gli passavano accanto, maschio o femmina non faceva differenza, come ubriaca e completamente priva di cervello. Mattehedike teneva sulle ginocchia una bella donna e le stava raccontando di sé, esaltandosi. Enki, arrossendo, aveva un giovane piumato di colore blu accanto. Le stava cantando una bella canzone, con un grande fiore fra le mani. Scoppiarono a ridere all’unisono e Kassihell ruotò gli occhi al cielo. Con le braccia incrociate, sbuffava in attesa di poter proseguire. Idisi, al contrario, era di buon umore.

“Siamo stati innamorati anche noi…” commentò.

“Quelli non sono innamorati. Son solo in calore, come le bestie!” ringhiò il Fuoco.

“A me quei due sembrano un po’ più che in calore…” continuò la Terra, guardando verso Aria ed Oscurità, rimasti dietro di loro.

“Mmm…” mugugnò Kassihell, girando la testa “…forse sì, quei due non sono solo in calore. Andiamo a mangiare, che è meglio…”.

Aherektess aveva continuato a cantare, senza mai staccare gli occhi da Lehelin. Lei trovò quella voce stupenda e non volle interromperlo, neppure quando la prese per mano, incitandola a far sentire la voce. Lei scosse la testa, fissandolo con aria sognante.

“Io…Aria, io…” balbettò.

“Aherektess. Io sono Aherektess…chiamami così! Chiamami Arek, ti prego”.

“Aherektess io…devo dirti una cosa…”.

“Non adesso…”.

Prese il volto dell’Oscurità fra le mani e si chinò per darle un bacio. Lei, però, si scansò.

“Cosa c’è?” le mormorò lui.

“È sbagliato. È tutto sbagliato! Scusa…”.

“Non c’è niente di sbagliato. Perché dici questo?”.

“Perché…io…”.

Un grido altissimo sovrastò ogni canto. Un’enorme creatura si stava avvicinando velocemente, in picchiata, verso il gruppo.

“Pericolo! Al riparo!” urlò qualcuno e fu il panico.

Tutti si sparpagliarono, cercando la salvezza fra i cespugli e le rientranze del terreno. La bestia, un uccello immenso, scese in picchiata fra la gente che correva e portò via una creatura alata fra gli artigli. Sparì all’orizzonte. L’Elettricità, ovviamente, fu la prima a fare capolino.

“Siamo salvi?” domandò Enki, spaventata.

“Per ora sì…ma è meglio proseguire” rispose Aherektess, notando che l’intera compagnia era tornata in sé ed era pronta a ripartire.

“Peccato…era da tanto che non mi divertivo così!” protestò Thuwey.

I dieci ripresero la marcia, ridendo. Kassihell fece notare quanto tempo avevano perso ma fu subito zittito, sentendosi dire che non sapeva divertirsi. Efrehem continuò a guardare Hanjuly, attento a non farsi scoprire, sospirando. L’Aria guardò l’Oscurità, che non ricambiò lo sguardo ma accelerò il passo, ripetendo a tutti che l’ora di pranzo era passata da un pezzo.

 

†††

 

Nei giorni successivi, non avvennero altri incontri spiacevoli o inconvenienti. Il tempo era bello e soffiava solo una lieve brezza. Questo rendeva il gruppo particolarmente di buon umore. Di certo l’entusiasmo non si smorzò quando si intravidero gli edifici che circondavano la capitale, segno che era vicino il luogo proibito e, soprattutto, la festa successiva! L’Elettricità era raggiante.

“Ci sarà qualche bel maschietto alla festa? Non so voi, ma io sto iniziando a sentirmi sola dopo tutto questo tempo!” domandò Reishefy.

“Quanti ne vuoi” si limitò a rispondere Aherektess, preoccupato dall’atteggiamento di Lehelin.

L’arco spezzato dell’antico ingresso della città li accolse, svettando verso Sirona. Lo attraversarono, sempre meravigliati dalla strana architettura di quel regno. La capitale, si poteva vedere in lontananza, sorgeva in verticale lungo scalinate, arcate, pietre sospese e cupole in vetro.

“Per di qua. Siamo vicini” disse l’Aria, guidandoli verso il luogo proibito.

Lo indicò e tutti rimasero piuttosto perplessi da ciò che videro. Un altissimo cilindro, di materiale incerto, era apparso. Di colore azzurro, quasi mimetizzato con il cielo, si materializzò dal nulla.

“Fa sempre così?” domandò il Fuoco “Appare quando gli pare?”.

“Da quel che mi risulta, sì…”.

“E…a chi tocca stavolta?” saltellò Reishefy.

“Non ha aperture…” iniziò Mattehedike.

“Confermo! Nemmeno dall’alto” aggiunse Aherektess.

“Allora o ci si passa attraverso o per sotto…mi sembra fatto di metallo…” parlò Thuwey.

“Ce la giochiamo a sasso-carta-forbici?” propose la Roccia.

“Ci sto!” ridacchiò il Metallo.

Il Fuoco scosse il capo, rimproverandoli per quanto poco seriamente prendessero la cosa.

“Ho vinto!” esclamò Mattehedike, mostrando il pugno a “sasso”.

“Sarà per la prossima volta!” sibilò l’avversario, mostrando le dita a “forbice”.

“Era scontato…” sbadigliò Hanjuly “…è dall’inizio del viaggio che tu, Roccia, fai sempre il sasso. Tu, Thuwey, scegli sempre le forbici ed infine Efrehem non è mai altro che carta…”.

“Davvero?!” si stupì il Metallo.

I tre presi in causa ripeterono il gioco ed, effettivamente, si accorsero che era come stava dicendo il Ghiaccio. Sorrisero, ancora di buon umore per i canti all’inizio del viaggio, e fecero segno alla Roccia di avanzare verso la sua meta.

“E ricordati di salutare il Dio dell’Aria da parte di suo fratello Enrikiran!” aggiunse la Luce.

Mattehedike ghignò, mentre si lasciava inghiottire dal terreno sottostante per poi ricomparire all’interno del cilindro turchino.

“Direi che ora è il caso che io e te ci facciamo una bella chiacchierata…non trovi?” iniziò l’Aria, rivolto all’Oscurità.

“Assolutamente” concordò lei, mentre il resto della compagnia si preparava a restare fuori dalla zona proibita fino al ritorno della Roccia.

 

†††

 

L’interno del cilindro era più stretto di quanto non si fosse aspettato. Si sentì subito meglio, quasi rincuorato da quell’esiguo spazio chiuso. Guardò in alto. Era chiuso, senza via d’uscita. Ma l’oggetto proibito dove stava? E la divinità ad esso collegata? Mattehedike si stupì della cosa ma non più di tanto, stupirlo era difficile. Si appoggiò sul cilindro, incrociando le braccia, ed attese.

“C’è nessuno?” disse, dopo un po’.

Forse il Dio dell’Aria non lo aveva notato…oppure lo stava volutamente ignorando! Già stufo e desideroso di cambiare le monotona vista dell’azzurro che lo circondava, il rappresentante della Roccia sbuffò, pronto ad andarsene e, forse, tornare più tardi. Stava già affondando i piedi nel terreno, quando vide il cilindro aprirsi sulla sommità ed una figuretta rimanervi appollaiata sulla cima.

“Sei tu il Dio dell’Aria?” lo apostrofò la Roccia, giudicandolo piuttosto giovane.

“Sì, sono io” rispose l’altro, senza scendere.

“Sei in ritardo” continuò il mortale, con voce calma.

“Lo sono sempre”.

Il Dio scese, lentamente, sorretto da correnti d’aria che lui stesso comandava. Con un gesto della mano, espanse la superficie del cilindro che scomparve agli occhi del resto della compagnia, rimasta al di fuori. Soddisfatto, si appoggiò sulla parete azzurra e fissò l’intruso. Mattehedike, pur non essendo molto alto, superava di mezza spanna la divinità che aveva davanti.

“Io sono Loreatehenzi” si presentò il Dio.

“Ti saluta tuo fratello…” si limitò a dire la Roccia.

“Enrikiran? Che gentile…”.

Loreatehenzi era molto magro, con una grossa testa piena di capelli. Li teneva raccolti in una lunga coda e fissava il mortale con grandi occhi scuri. Vestiva di nero e blu, con un mantello che rimaneva sospeso a mezz’aria.

“Immagino tu sia qui per l’oggetto proibito…” parlottò distrattamente.

“Esatto. Che devo fare per poterlo avere?”.

“Non lo so. Non ci ho pensato…”.

“Arrivi tardi e nemmeno sai cosa farmi fare?”.

“Con chi credi di avere a che fare, bello? Li conosco quelli come te…dovrò escogitare qualcosa. Anche perché non ho tempo da perdere per poterti apparire di nuovo!”.

“Chissà quante cosa avrai da fare…” ironizzò la Roccia.

“Nemmeno immagini…” sibilò il Dio.

“Beh, muoviti ad inventarti qualcosa! Il resto della compagnia è qua fuori e mi aspetta!”.

“Potrei anche consegnartelo così…ma non mi và! Mi voglio divertire…specie con un sassolino pesante come te”.

“Perché mi offendi?”.

“Perché non dovrei?”.

Rimasero in silenzio, osservandosi, a lungo. La divinità aveva sciolto i capelli e li lasciava fluttuare liberamente, accarezzandosi il pizzetto con fare meditabondo. Stava escogitando un sistema per divertirsi con quell’intruso. La Roccia sbuffava, a braccia incrociate, davanti a quello che considerava un ragazzino.

“Tu soffri di vertigini?” domandò, ad un tratto, Loreatehenzi.

“Un pochino…” ammise Mattehedike.

Il Dio ghignò, soddisfatto da quella risposta. Lasciò stare la barba e, sollevando la mano, staccò da terra il mortale. La Roccia si irrigidì ed aumentò la percentuale del suo elemento sul corpo, prevenendo un’eventuale caduta.

“Dato che sei stato piuttosto antipatico con me…” iniziò la divinità “…ora ti proporrò una sfida piuttosto antipatica, dal tuo punto di vista”.

Assieme, rimasero sospesi a diversi metri da terra. Mattehedike tentava di stare calmo.

“D’ora in poi, mortale, fino alla fine di questo gioco, potrai volare. La sfida sarà quella di prendermi e sconfiggermi. Costringermi ad atterrare. A te la scelta sul come fare ed altri dettagli. Fa come ti pare. Io non uscirò dal cilindro. Stupiscimi…”.

“Tutto qui? La sfida è che io ti prenda?” si stupì la Roccia.

“Provaci!” lo provocò Loreatehenzi, sfrecciando verso l’alto dopo una piroetta.

Mattehedike lo fissò e tentò di raggiungerlo, muovendo i piedi d’istinto. Subito si accorse che, sotto di sé, non c’era nulla. Si impose di non guardare in basso. Il Dio, divertito nel vederlo immobile ad occhi socchiusi, svolazzo sotto di lui, costringendolo a rendersi conto di quanto in alto fosse. Il mortale trattenne un grido. Non riusciva a muoversi.

“Senti…qualcosa devi fare, se vuoi uscire da qui” gli disse Loreatehenzi, notando l’immobilità dello sfidante “Perciò ti consiglio di non pensare troppo a dove sei, ma a come prendermi. Non cadi…se ti spiaccichi poi mi tocca pulire”.

“Se mi spiaccico?!”.

“NON ti spiaccichi! Avanti…muoviti! Sono qui! Che c’è? Hai tanta paura?”.

Il Dio tentava di provocarlo, volandogli molto vicino e deridendolo, ma il rappresentante della Roccia non si muoveva.

“Sei un vigliacco…non hai nemmeno il coraggio di affrontare un cosino piccino come me…”.

“Non sono un vigliacco…ma soffro di vertigini!”.

“Sei uno sfigato. Prima il mal di mare, adesso le vertigini…tutti noi Dèi ci stiamo facendo grosse risate guardandoti. Sei ridicolo. Ridicolo ed inutile. E pure esaltato!”.

Mattehedike si sentì punto nell’orgoglio e scattò in avanti con le braccia, sfiorando le grosse scarpe del Dio, che lo schivò agilmente fra le risate.

“Moscerino fastidioso…io ti schiaccio, se ti riesco a prendere!” ringhiò.

“Lo vedi? È proprio questo il tuo problema! Sei un esaltato. Sei convinto di essere il migliore fra tutti gli altri dieci, il più forte, il più coraggioso, quello che si è fatto da solo, l’invincibile!”.

“Correggimi se sbaglio…”.

“Ma è ovvio che ti correggo! Non credo certo di essere inferiore ad un ammasso di ghiaia!”.

“Ghiaia?!”.

Loreatehenzi rise e volò più in alto, mentre la Roccia inveiva contro il cielo.

“Lo sai che la divinità che rappresenta il tuo elemento ha le ali?” riprese il Dio “Come puoi tu soffrire di vertigini?”.

“Perché, come dici tu, io sono un sasso. Ed i sassi son fatti per stare in terra!”.

“No, se li lanci per aria!” ghignò Loreatehenzi e mosse la mano di scatto, sollevandola.

La Roccia si sentì catapultare verso l’alto, a velocità folle, per poi fermarsi di colpo e precipitare giù. Si fermò a pochi centimetri dal suolo, sudando freddo ed urlando.

“Ora sai cosa prova un sasso quando gli dai un calcetto…” commentò Loreatehenzi.

Il mortale iniziò a dimenarsi, come nuotando, per poter mettere i piedi a terra, ma il Dio lo ricacciò per aria, con soddisfazione.

“Ma che cos’è che vuoi?” gemette la Roccia.

“Voglio che tu mi prenda!”.

“E come faccio?!”.

“Se non ce la farai, avrai perso e l’oggetto proibito rimarrà qui con me!”.

Mattehedike si pentì amaramente di aver vinto la sfida contro il Metallo e di essere entrato in quel luogo. Avrebbe dovuto lasciare a Thuwey il dannato cilindro dell’Aria! Ma aveva voluto imbrogliare, sapendo di vincere, ed ora era lì, lanciato come una biglia fra le mani di un bambino dai capelli al vento.

“Ti diverti?” urlò, all’ennesimo lancio di Loreatehenzi.

“Sì!” fu la risposta.

Quello strano gioco continuò e si ripeté parecchie volte, fino a quando il Dio lo rimise in terra.

“Mi sono stancato…” disse, rimanendo sospeso a pochi centimetri dalla Roccia.

Questi si alzò, lieto di avere di nuovo una base solida sotto di sé e grugnì. Aveva compreso tutte le difficoltà che il resto del gruppo aveva passato e stava passando. Aveva chiare davanti a sé tutte le sue debolezze e le sue paure. Aveva capito che chi aveva di fronte, pur sembrando più giovane di lui, era un Dio molto potente che avrebbe potuto ucciderlo in qualunque momento. Aveva sottovalutato quell’elemento ed ora era lì, in attesa di un verdetto finale che, presumeva, prevedeva la cacciata dal cilindro fra le risa. Aveva…torto! Loreatehenzi, in effetti, rise ma non lo caccio. Lo guardò con tenerezza, quasi paterna, che poco si addiceva a quel viso giovane.

“Hai capito ciò che volevo mostrarti?” domandò la divinità.

“Ma perché proprio a me? Perché non agli altri?”.

“Perché sei stato tu quello che è entrato nella mia zona proibita. Fosse stato qualcun altro, avrei tormentato qualcun altro! Vedrai…verrà anche il loro turno! Avete tutti una lezione da imparare in questo viaggio e, pian piano, ci arriverete tutti!”.

“Anche l’Elettricità?”.

“Beh…capisco che siamo Dèi e facciamo i miracoli ma…”.

“Capisco…e ora che faccio?”.

“Non perdiamo la speranza! E…in che senso "ora che faccio"?”.

“Non ho superato la prova e…”.

“Non l’avresti superata se avessi continuato ad inveire contro di me ed il mondo, invece che concentrarti un po’ su ciò che puoi migliorare di te stesso”.

“No…per me non ti divertivi più e mi lasci andare per quello…non hai l’aria di uno che ama questi giochetti psicologici!”.

“Hai ragione. Ed è tutta colpa di mio fratello!”.

“Enrikiran?”.

“No! L’altro mio fratello! Fortunatamente non lo incrocerete lungo il vostro cammino…non è un Dio completo come me ed il Ghiaccio. Non è passato al livello successivo ed il suo unico scopo è dare fastidio. Non preoccuparti…con voi non avrà niente a che fare!”.

“Anche perché di rompiballe ne abbiamo già troppi nel gruppo…”.

Loreatehenzi sorrise ed alzò le braccia al cielo. La Roccia serrò le palpebre, aspettandosi un ulteriore sollevamento da terra. Non accadde e, dall’alto, veloce come una scheggia, scese una sorta di piccolo pugnale. Il Dio lo afferrò fra le dita e lo porse al mortale, ancora agitato. Mattehedike, non abituato ad avere armi fra le mani, lo fissò incuriosito. Era di pregevole fattura, con intarsi ed incisioni intrecciate su tutta la lama e l’impugnatura. Era affilato anche se con la punta arrotondata.

“Questo è l’oggetto proibito” spiegò la divinità “Saprai quando sarà il momento di usarlo e come. Trattalo con cura e vedi di non perderlo. Vedo un grande futuro avanti a te e non vorrei che gettassi tutto alle ortiche per distrazione o attacchi d’esaltazione improvvisa”.

“Un grande futuro? Per un coltellino?”.

“Non è un coltellino! È un oggetto magico e lo dovrai trattare come si deve, altrimenti verrò da te e ti scaraventerò di nuovo per aria, intesi?”.

“Ma io non sono bravo nell’uso degli oggetti magici!”.

“Ti ho appena detto che saprai quando e come usarlo. Per ora tienilo bene e sempre con te”.

La Roccia annuì, trovandogli un posto nella sua sacca ed avvolgendolo nel mantello che aveva riposto uscendo dal regno del Ghiaccio.

“Molto bene” commentò il Dio “Ed ora puoi andare. Vedi di non raccontare troppe frottole agli altri della compagnia…mi offenderei!”.

Per la prima volta, la divinità poggiò i piedi in terra e, con un poderoso colpo “spalla a spalla”, buttò fuori il mortale dalla sua zona proibita, che riapparve dal nulla nel mondo di Asteria.

 

†††

 

“Mi stai evitando!” esclamò Aherektess.

“Non è vero!” rispose l’Oscurità.

“Sì che è vero! Da quando siamo entrati nel mio regno, non fai altro che evitarmi!”.

“Se tu facessi silenzio un attimo, potrei spiegarti che…”.

“Non c’è niente da spiegare! Tu dici che è sbagliato tutto questo, perché siamo creature di specie diverse e ti capisco, la paura può nascere all’inizio, ma va tutto bene! A me non importa che tu sia una creatura dell’Oscurità, come spero che a te non importi che io sia una creatura dell’Aria. Ti dà problemi che io lo sia?”.

“No, ma…”.

“Bene! Allora non c’è proprio nessun problema! Da quando mi hai salvato, su quella spiaggia…”.

“Non ti ho salvato! Ti ho semplicemente trovato, e comunque…”.

“…da quando mi hai trovato su quella spiaggia, ho capito che non potevo chiedere di meglio. Mi sono sentito protetto, accolto ed amato ma non come vogliono farmi sentire mio fratello ed i suoi seguaci! Non c’erano costrizioni in ciò che mi trasmettevi, non c’erano obblighi! E mi sono sentito così bene da non poter chiedere altro! L’ho capito quando ho iniziato a cantare…non vorrei mai cantare per nessun’altra se non per te!”.

“Questo è molto bello, però…”.

“C’è forse un altro uomo nella tua vita? È questo ciò che stai tentando di dirmi?”.

“No, ma…”.

“Hai, forse, problemi su come io sono? Non ti piaccio?”.

“Non è questo il problema…”.

“Allora ti piaccio?”.

“Sì, ma…”.

“Allora è tutto perfetto! Ah, che bella notizia che mi hai appena dato! Se non hai un altro uomo e se io ti vado bene, allora il problema non può essere così grosso!”.

“Se tu mi lasciassi spiegare…”.

“Stai tentando di dirmi che non vuoi stare con me? Perché accetterei la tua decisione, se fosse quella. Però cerca di dirmelo con un po’ di tatto, per favore…”.

“Non è quello che sto tentando di dirti e…”.

“Meno male! Lehelin, non sai quanto io sia stato spaventato, all’inizio, dai sentimenti che incominciavo a provare! Ho pensato al fatto che siamo così diversi, cosa penserà la gente, il popolo, i parenti…a come avremmo potuto essere capiti e se tu saresti stata in grado di capire…ma poi mi è stato tutto chiaro! Non mi è importato più dei pareri degli altri e, ora che mi hai detto che anche tu provi qualcosa per me, sono pronto a fare qualsiasi cosa per noi. Sempre che tu possa provare per davvero dei sentimenti nei miei confronti…”.

“Li provo ma, Arek, non è questo il punto! Ciò che sto cercando di dirti…e non so davvero come fare, credimi è…”.

“È una cosa tanto brutta?”.

“Abbastanza…devo trovare le parole giuste per…”.

L’Oscurità girò gli occhi in ogni direzione, desiderosa di potersi esprimere come desiderava. Prese un bel respiro e, tenendo le mani di Aherektess, lo guardò negli occhi, pronta a spiegargli ogni cosa. Lui rizzò le orecchie, spaventato ma anche piuttosto curioso. Cosa mai aveva di così spaventoso da dirgli? Non poteva essere niente di grave, dopotutto…

Lei aprì la bocca e l’Aria la tirò a sé, evitando che il rappresentante della Roccia le piombasse addosso una volta uscito dal luogo proibito.

 

†††

 

Rialzandosi in fretta, la Roccia domandò perdono per l’interruzione. Gli altri membri del gruppo, riconoscendo la sua voce, gli andarono incontro con un sorriso.

“Mattehedike! Com’è andata?” domandò il Ghiaccio.

“Bene. Possiamo proseguire!”.

“Devi raccontare tutti i dettagli!” incalzò Efrehem.

“Un po’ alla volta. Ora andiamo…sbaglio o il principino ci ha promesso una festa?”.

“L’ho promessa e l’avrete. Andiamo verso il palazzo. Dovremmo giusto arrivare per cena!” confermò Aherektess, senza lasciare la mano dell’Oscurità “Rimandiamo a più tardi, ok?” le disse, dolcemente “Quando saremo tranquilli a casa”.

Lei non poté far a meno di annuire, mentre la compagnia ripartiva il suo viaggio.

Iniziarono il cammino per la capitale, con occhi spalancati per la meraviglia. Le architetture di quel luogo erano complesse e la Luce non poteva fare a meno di chiedersi come fossero riusciti a costruire simili cupole in vetro ed archi sospesi, lasciando più spazio possibile al cielo. Le strade erano pulite e bardate a festa. Videro un paio di creature di quel regno che toglievano dei festoni rovinati per metterne altri, coloratissimi e nuovi.

“Che festeggiano?” si entusiasmò Reishefy.

“Festeggiano noi” spiegò Aherektess.

“E gli striscioni che c’erano prima? Per chi erano?”.

“Per me…per il mio matrimonio”.

“Ma tu non sei sposato!”.

L’Aria non disse nulla. Si vedeva che era di pessimo umore a parlare di quell’argomento e tentò di allontanarsi dall’Elettricità.

“Se non sei sposato, gli striscioni a che servivano?”.

“Ma possibile che sei davvero così stupida?!” sbottò Thuwey “Evidentemente è successo qualcosa che non lo ha fatto sposare! Chiudi la bocca!”.

“Ah! Sei scappato all’altare? Hai capito di non amarla?” continuò la ragazzina.

“Al contrario! Io amavo Miya più di me stesso…”.

“E allora cosa è successo? Ti va di raccontarcelo?” si aggiunse Enki.

“Dicono che parlare faccia bene…e per quando saremo giunti al palazzo dovrei aver finito la storia”.

Aherektess decise di raccontare tutto, dopo un sospiro, ignorando gli sguardi di supplica di Fuoco e Metallo.

“Era una bella giornata senza nuvole…” iniziò l’Aria.

 

†††

 

Come ogni anno, a Bahram erano arrivate le giostre, la fiera. Aherektess si era appena risvegliato dal coma, da pochi mesi, ed il fratello gli aveva impedito di poterci andare. Lo giudicava ancora troppo debole per poter affrontare il mondo esterno. Inoltre, Zameknenit temeva un attacco nemico in quei giorni e non poteva rischiare che il gemello si ritrovasse nel mezzo. Nessuno nel regno sapeva del suo risveglio, per permettergli di recuperare le forze. Il nuovo re di quel mondo sapeva bene che Ozymandias aveva messo gli occhi sul reame, essendo consapevole di quanto delicato fosse il passaggio di corona fra padre e figlio, specie dopo la morte improvvisa del sovrano. Il genitore di Aherektess e Zameknenit era morto in battaglia, in circostanze ancora poco chiare, contro l’Oscurità ed il Fuoco. La guerra era stata mossa dal Fuoco, l’Aria aveva risposto ed Ozymandias aveva fiutato l’opportunità di seminar zizzania e ricavarne qualche cosa. Alla morte del padre, Aherektess era ancora in coma e la corona era passata nelle mani del gemello. La prima cosa che fece il nuovo sovrano fu far cessare la guerra. Si arrese ma il suo regno era sufficientemente ricco per accontentare i vincitori almeno per un po’. Da parte del Fuoco sapeva ci sarebbero stati altri scontri ma erano più semplici da gestire, diretti e chiari. L’Oscurità, invece, allungava le sue propaggini verso ogni meta possibile ed agiva in modo subdolo. Era meglio stare sempre all’erta con quelle creature. Per questo aveva proibito al fratello di andare alla fiera. Aherektess non sapeva un granché dei conflitti di Asteria e non gli era possibile difendersi al meglio, appena ripresosi dal coma. Il principe, però, non aveva alcuna intenzione di restare rinchiuso a palazzo mentre a pochi passi tutti si divertivano. Da non molto riusciva a reggersi in piedi e si sentiva abbastanza in forze da poter fare almeno un giro. Davanti al divieto del gemello non trovò altre soluzioni se non scappare di casa e fare come sempre di testa sua.

Le luci ed i colori della fiera lo avvolsero gioiosi. Si era incappucciato per nascondersi ma era a conoscenza del fatto che non era necessario. Salvo suo fratello ed il consigliere di corte, assieme a qualche medico, nessuno, nemmeno le guardie di palazzo, sapevano del suo risveglio. Ed era stato in coma talmente tanti anni da rendere impossibile per il popolo il suo riconoscimento. Guardò la giostra su cui i bambini facevano a gara per salire. Comprò dei dolcetti, con i soldi sottratti al fratello, ovviamente. Sbocconcellando, sorrise fra le strade e le piazze illuminate e festanti. Fremeva all’idea di salire su quel trenino multicolore che faceva il giro della capitale. Vi salì. Era a due piani. Non trovò posto a sedere, ma non fu un problema. Vicino alla porta, guardò tutto il panorama sorridendo. Finalmente aveva la possibilità di ammirare la capitale così da vicino, con il popolo a pochi passi di distanza. Un bambino lo salutò con la mano, mostrandogli orgoglioso un enorme lecca-lecca. Il treno frenò di colpo e ad Aherektess andò addosso qualcuno. Bloccò chi stava per cadere, chiedendo se andasse tutto bene.

“Sì, grazie…” si sentì rispondere.

Era una donna, che il principe trovò meravigliosa. Era vestita di chiaro, senza spalline. Aveva grandi occhi verdi e capelli morbidi, mossi, candidi, come il latte. Le piume le aveva verde scuro ed i disegni sulla sua pelle erano rossi e dolci, arricciati. Lui la guardò con apprensione.

“Sto bene. Grazie…” ripeté lei.

Lui le porse la mano e l’aiutò a scendere dal mezzo, invitandola a fare un giro a piedi con lui. Fu una bella giornata, in cui risero assieme, scherzarono e mangiarono dolcetti. Aherektess si sentì finalmente rilassato, dopo tanto tempo, letteralmente fulminato dalla persona che aveva accanto. Sirona lentamente tramontava mentre i due ancora si divertivano fra giostre e luci.

“Devo andare…” dovette dire, però, ad un tratto la donna.

“Ci rivedremo?” domandò lui.

“Certo…”.

“Come ti chiami?”.

“Io…io sono Miya”.

“Io sono Aherektess, principe di questo regno. Dall’alto delle mie stanze ti vedrò quando girerai per la città e verrò da te, se me lo concederai…”.

Con un elegante baciamano, la salutò e lei si allontanò. Non volò via ma si incamminò rapida lungo le viuzze accanto al fiume. Lui la vide allontanarsi e poi rientrò a palazzo, avvertendo la stanchezza dopo quelle ore di svago. Ignorò la ramanzina che gli fece Zameknenit, felice come non era da tempo. Per giorni osservò dalle vetrate chi passava per le vie della capitale. Preoccupato, perché per giorni non la vide, già temeva di non rincontrarla mai più. Ma una sera i capelli color del latte di lei fecero capolino accanto ad una fontana. Guardava verso di lui, ne era sicuro. Volò fuori, disobbedendo per l’ennesima volta al gemello, e le andò incontro. Si videro, a partire da quel giorno, con sempre maggior frequenza. Lui non si stancava mai di vederla e baciarla. Ricordava chiaramente il giorno in cui la chiese in sposa.

Era una notte luminosa, gli sposi del cielo brillavano e lei lo stava aspettando fuori città. Si erano dati appuntamento lungo le sponde del fiume, lontani dalla folla e dal chiasso, poco distanti da delle grotte in cui potersi riparare in caso di maltempo improvviso o intrusi. Avevano cenato all’aria aperta e poi si erano seduti l’uno accanto all’altro.

“Ho una cosa per te” aveva mormorato lei, porgendo un bracciale nero al principe dell’Aria.

Lui ringraziò, non aspettandosi una cosa del genere. Iniziarono a baciarsi e, dopo quasi un’intera notte d’amore, lui fece la proposta. Alle prime luci dell’alba, le prese la mano e le diede l’anello, chiedendole di sposarlo. Lei sorrise ed il principe, al ritorno a palazzo, diede la notizia al fratello. Sulle prime il gemello lo sgridò, rimproverandolo per l’ennesima fuga, ma poi non poté fare a meno di rallegrarsi per il destino del consanguineo. L’intero regno iniziò a prepararsi all’evento. Al plenilunio successivo il principe, di cui risveglio ormai l’intero popolo era a conoscenza, si sarebbe unito in matrimonio con la bella Miya. Sembrava tutto perfetto…ma lei sparì. Senza una spiegazione, senza un motivo chiaro, lei non si fece più vedere. Aherektess, col cuore spezzato, la cercò a lungo, mettendosi spesso nei guai, finché il fratello non decise di mettere dei sigilli sul gemello, impedendogli con la magia di uscire da palazzo.

 

†††

 

“Ma come?! Non ti ha dato una spiegazione per il suo gesto? Non una lettera, non un perché?” piagnucolò l’Elettricità.

“Che vuoi farci? Sono donne…le donne sono strane…” si limitò a commentare Thuwey.

“Siamo arrivati” disse Aherektess, cambiando argomento e facendo notare a tutti il loro arrivo davanti all’immenso palazzo reale.

L’arco, su cui erano incisi i complessi disegni con cui si scriveva la lingua degli abitanti dell’Aria, li accolse ed aprì loro la strada lungo la scalinata che li portava all’ingresso. Le guardie salutarono il principe, mettendosi sull’attenti, mentre i dieci salivano. Sulla cima, davanti all’elegante portone d’ingresso, Zameknenit osservava il gruppo. Al suo fianco si notava il consigliere di corte ed alcuni soldati. Era vestito in rosso, con un lungo mantello e la corona ben evidente sul capo. Era tripartita, in oro, con un rombo colorato al centro. Spiccava sui capelli color del fuoco del sovrano.

“Fratello…” mormorò Aherektess, giungendo a pochi passi da lui mentre il resto del gruppo aspettava, qualche scalino più in basso.

“Sono lieto di vedere che stai bene…” iniziò il re, nella lingua del suo popolo “…ma mi chiedo con quale coraggio porti tali creature nel mio palazzo…”.

Guardava e si riferiva in particolare a Kassihell e l’Oscurità.

“Nel NOSTRO palazzo e tali creature sono miei compagni di viaggio. Mi auguro sia tutto pronto per loro: delle stanze appropriate, un banchetto e tutto il resto, come per i migliori dei nostri ospiti”.

“Anche per…lui?” continuò Zameknenit, girando gli occhi blu verso il Fuoco “E lei? La figlia di Ozymandias? Per tutti loro?”.

“La figlia di Ozymandias mi ha salvato la vita. Ed il Fuoco…sì, anche per lui. Per tutti loro. Siamo appena tornati dal luogo proibito del nostro Paese e siamo stanchi. Il viaggio è più impegnativo di quanto pensassimo. Abbiamo fame e…ci vogliamo divertire!”.

“Come vuoi. Sono sotto la tua responsabilità, però. Mi auguro non ti diano problemi”.

Aherektess annuì ed il gemello aprì le braccia, rivolto agli ospiti.

“Benvenuti, principi, principesse e rappresentanti dei mondi di Asteria. Spero che il soggiorno qui sia di vostro gradimento. Vi faccio accompagnare nelle vostre stanze e, fra un’ora, verrà servita la cena nel salone principale. A dopo”.

Con un inchino, il sovrano si allontanò. Era molto serio, teso, quasi preoccupato. Si vedeva che non gradiva molto quella compagnia, ma sottostava alle decisioni del gemello.

“Ci vediamo per la cena” parlò Aherektess “Ora potete riposarvi, rinfrescarvi e cambiarvi. Prego…i servi vi condurranno alle vostre stanze”.

Il principe sorrise, soprattutto a Lehelin, e si allontanò, desideroso di rimettere piede, dopo tanto tempo, fra mura ed affreschi conosciuti. Ogni membro della compagnia fu accompagnato in una camera diversa, arredata nel modo più adatto possibile a chi doveva ospitare. Hanjuly trovò l’arredo interamente bianco ed un gradito freddo, causato da un sistema di canali che provocavano vento in modo costante. Enki si buttò nell’enorme vasca colma d’acqua che l’attendeva e si rilassò felice. Kassihell si sedette sul letto, coperto da un baldacchino rosso, con titubanza. La stanza era piacevolmente riscaldata ma non poteva fare a meno di sentirsi a disagio in quel regno ostile. Reishefy iniziò a saltare fra i divani ed il letto, appendendosi al lampadario, sicura che le avessero lasciato solo oggetti resistenti e pronti ad affrontare la sua irruenza. Efrehem spalancò gli occhi subito dopo aver varcato la soglia della camera. Era piena di libri e la vista, dal terrazzino, era spettacolare. Vi uscì e notò che il Ghiaccio, poche stanze più in là, aveva fatto lo stesso e si sorrisero. Si trovavano parecchio in alto e da lì si vedeva tutta la città e la campagna circostante. Mattehedike non poté trovarsi meglio. Le finestre erano state sbarrate ed oscurate con pesanti tende, per non mostrargli l’altezza. Il letto era avvolto e chiuso, accogliendolo in un abbraccio che lo rilassò all’istante. Thuwey si sedette accanto al tavolino lucido, in quel luogo pieno di accessori del suo elemento, e si versò da bere. Idisi assaporò il profumo delle piante e dei fiori che la circondarono, inondando di verde il luogo in cui avrebbe riposato. Lehelin sorrise nel buio totale, chiudendo in fretta la porta dietro di sé. Nemmeno uno spiraglio di luce. Un grosso mazzo di rose nere l’attendeva sul tavolino circolare, dello stesso colore. Si sentì subito a suo agio ma, ora che calava la sera, scostò le pesanti tende scure e guardò tramontare Sirona, sospirando.

 

†††

 

Aherektess lasciò la sua camera, con la cupola di vetro, per primo, desideroso di scambiare qualche parola con il fratello in privato. Si era rinfrescato ed aveva indossato un abito elegante, lungo e riccamente decorato. Portava ancora il bracciale di Miya, intonato perfettamente con la cinta ed alcuni dettagli del vestito. Principalmente blu, si trascinava sul pavimento per un tratto ed avvolgeva, con le ampie maniche, le piume arancio del gemello del re. Sotto quella specie di tunica, portava pantaloni scuri ed una canotta a collo alto, decorata con i motivi che aveva tatuati su tutto il corpo in verde scuro. Sul capo, fra i capelli blu scuro, si intravedeva la corona argento del principe ed al collo, dello stesso colore, lo stemma reale tintinnava. Era un occhio verticale, racchiuso fra i colli intrecciati di due volatili simili a cigni. Camminò, lungo i corridoi che davano verso l’esterno, con le scarpe che leggermente ticchettavano ad ogni passo. Entrò nel salone, dove il fratello Zameknenit guardava fuori, con le mani rivolte dietro alla schiena. Erano vestiti uguali ma con colori diversi. Nel re prevaleva il rosso. I due si guardarono, senza parlare, per qualche minuto.

“Come procede il tuo viaggio, fratello?” parlò il sovrano.

“Benissimo. Sto lontano da te”.

“Perché sei tornato a palazzo, se non volevi vedermi?”.

“Perché io ed i miei compagni avevamo bisogno di tirarci su il morale e riposare in un bel posto sicuro, rilassandoci”.

“Quanta strada vi manca ancora?”.

“Parecchia. Anche per questo abbiamo bisogno di fare festa”.

“Sappi che nutro ancora molti dubbi sulla presenza di Fuoco ed Oscurità al mio cospetto…”.

“Vattene, se non li vuoi vedere!”.

“Devi smetterla di essere così insolente. Che ti piaccia oppure no, io sono il tuo re!”.

“Tu sei solo mio fratello. E già da piccolo ero io a comandare…”.

Zameknenit, irritato da quelle parole, allungò d’istinto la mano verso il gemello, stringendo il pugno e fissandolo con sguardo minaccioso. Aherektess ridacchiò. Si aspettava di veder fare lo stesso a Zameknenit ma non fu così. Il re continuò a guardarlo con rimprovero e, senza abbassare gli occhi, gli puntò il dito indice contro, con fare ammonitore.

“Io sono il re del grande popolo dell’Aria e sono stanco delle tue continue provocazioni. Non immagini quanto sia difficile governare, specie dopo un grande sovrano com’era nostro padre, e non necessito ulteriori problemi. Avrei bisogno del tuo sostegno, del tuo aiuto, per regnare assieme, come i nostri genitori avrebbero voluto, ma da quando ti sei risvegliato non fai altro che darmi noie. Ti rendi conto di quanto sia delicato il nostro regno? Di quanti nemici, guerre e guai sto cercando di evitare ed ho evitato? Tutti non fanno altro che paragonarmi a nostro padre, dicendo quanto lui fosse grande ed io un suo misero successore…perché non lo capisci che io ho bisogno di sostegno e non di altro dolore? Cerco di proteggerti, come ho giurato anni fa poco prima di divenire un orfano. Ma tu sei peggio di un adolescente…”.

“Non so come sia essere adolescente. Ho passato in coma quegli anni. Non ho nulla contro di te, fratello, ma ho più di trent’anni e non puoi trattarmi come un bambino…”.

“Non ti tratterò più come un bambino. Ti leverò le guardie, se è questo ciò che desideri. Sei libero di fare ciò che vuoi…me ne lavo le mani. Più di così, non so davvero che fare. Però tu, ti prego, trattami come un sovrano, o perlomeno come un fratello tuo pari, almeno quando siamo in presenza di altri. Poi, in privato, sarà quel che sarà. Non riesco davvero a capire cosa vuoi…non vuoi essere re, ma non fai altro che ricordarmi che saresti più adatto tu a quel ruolo!”.

“Non sarei più adatto. Ho provato a guidare questo gruppo e mi toccherà farlo fino a quando non usciremo dal regno e, credimi, non vorrei governare un intero popolo. Sei tu il re, io il principe. Non il principino. Il principe! L’uomo! Rimaniamo nei ruoli…e credo possa andare tutto bene”.

Un lieve accenno di sorriso spuntò sul volto dei due.

“E fidati…il gruppo non darà problemi questa sera” concluse Aherektess.

“Non ne dubito…” mormorò Zameknenit.

Sulla porta del salone erano apparse Enki ed Hanjuly, entrambe indossando un meraviglioso abito che il sovrano aveva dato ordine di far trovare agli ospiti nelle loro stanze. Hanjuly era vestita in bianco, con un’ampia gonna lucente con piccole spalline. Grazie alla generosa scollatura, la collana della principessa spiccava e splendeva. Aveva raccolto i capelli in una crocchia. Fece un inchino, sollevando leggermente la gonna, mostrando solo la punta delle scarpe candide con tacco. Enki, arrossendo leggermente, si inchinò anche lei. Indossava un vestito molto simile a quello del Ghiaccio ma era di colore blu acceso. Era meno scollato e più stretto, con un piccolo spacco sul finale. L’Acqua aveva rizzato la cresta ed il sovrano di quel regno la salutò, con un signorile baciamano sulla mano squamata.

“Te le presento…” parlò Aherektess “…sono Hanjuly ed Enki”.

“Principesse di Ghiaccio ed Acqua, figlie della regina Rocana e della dolce Nerektan. È un piacere avervi ospiti nel mio palazzo. Nel caso non lo sapeste, io sono Zameknenit, re dell’Aria e…”.

“…e mio fratello gemello!” concluse il principe, facendo segno alle due giovani di prendere posto.

Non era stato adibito un tavolo per l’occasione ma un semicerchio di cuscini coloratissimi, che le ragazze gradirono molto. Reishefy entrò saltellando, con l’abito donato già in parte sbrindellato. Era giallo vivo, coordinato di guanti e scarpe basse.

“Che belle che siete, ragazze!” disse alle sue compagne di viaggio, dopo essersi presentata al re con tutta la sua esuberanza “E anche voi siete molto belli, non temete!” aggiunse, guardando i fratelli d’Aria con un largo sorriso.

Efrehem rimase incantato alla vista del Ghiaccio così meravigliosamente agghindata e lei rispose al suo sguardo, mentre la Luce entrava nel salone. Portava una tunica d’oro, con l’ampio colletto decorato a motivi arricciati ed allacciata in vita con una piccola fascia scura. Salutò il re con educazione ed andò a sedersi accanto ad Hanjuly, che gli aveva fatto cenno di venirle vicino. Mattehedike, Thuwey e Kassihell entrarono assieme, fianco a fianco. Strinsero la mano a Zameknenit ed ignorarono le grida di approvazione dell’Elettricità che li trovava bellissimi, abbigliati com’erano. Il Metallo aveva un lungo mantello nero, con alto colletto, con una tunica argento che lasciava spazio ad ogni punta del suo elemento. Aveva raccolto qualche lungo ciuffo dei lunghissimi capelli neri in piccole trecce con palline argento alla fine. Mattehedike aveva due grossi bracciali ai polsi, un lungo mantello imbottito ai lati allacciato sul davanti ed una canottiera senza maniche, marrone, con pantaloni grigio scuro. Aveva insistito per restare scalzo. Kassihell si era pettinato, stranamente, ed ora aveva i capelli all’indietro, leggermente gonfi. Anche lui con il mantello, lungo e rosso, con ampie spalle. L’abito che portava, con larghissime maniche arancio, era sgargiante, allacciato in vita con un nastro azzurro. Portava i propri sandali, ignorando gli stivali che volevano mettergli. Lehelin ed Idisi furono le ultime. La rappresentante della Terra, in abito verde, si inchinò e si andò a sedere. Con i capelli pettinati ed acconciati in una lunga treccia, si sistemò l’ampia gonna con motivi floreali e sedette, dopo aver ricevuto i saluti dal sovrano. Lehelin non era cambiata. Non poteva indossare abiti sfarzosi, gioielli o altri ninnoli. Aveva tentato di tenere i capelli al loro posto, in modo quasi elegante, ma non c’era stato un grande cambiamento. Subito erano tornati al loro solito aspetto, fumosi ed agitati. Si sentì a disagio in quel salone, dove tutti erano ben vestiti e praticamente bardati a festa. Fino all’ultimo aveva tentato di restare nelle sue stanze ma Idisi l’aveva costretta ad uscire, con complicati discorsi rassicuranti. Ora, però, davanti a quella porta e ad i suoi compagni, l’Oscurità si era pentita di essersi lasciata convincere. Aherektess, vedendola, le andò incontro e la prese per mano, invitandola a sedersi.

“Sei bellissima, non avere paura. Ti divertirai, stasera. Vedrai!” le disse.

“Io…devo dirti che…” iniziò lei.

“Più tardi. Ora mangiamo”.

Zameknenit, seduto di fronte al semicerchio dove stava il gruppo su un grande cuscino scarlatto, circondato da ancelle e guardie, batté le mani. Dalle porte laterali subito iniziarono ad entrare servitori e danzatrici, portanti vassoi e brocche con cibi e bevande. Al centro, su un tappeto colorato, danzatrici e suonatori iniziarono ad esibirsi, accompagnando il pasto degli ospiti. Erano abbigliati con veli e piccoli dischi metallici, che tintinnavano ad ogni loro mossa. Reishefy apprezzò moltissimo il fatto che, dopo poco, si unirono danzatori dai lunghi capelli al gruppo. La musica era piacevole ed il cibo squisito.

“Vorrei fare un brindisi!” esclamò Thuwey, alzandosi “A noi! Dieci viaggiatori uniti da un unico destino verso una meta ancora non ben chiara”.

“A noi!” risposero, in coro, gli ospiti.

“Inoltre, vorrei alzare i calici per questo bel regno, pieno di meravigliose ragazze e cibi deliziosi!” continuò il Metallo, sorridendo al re.

Il sovrano rispose al sorriso ed alzò a sua volta il bicchiere, brindando con un “salute!” entusiasta.

Aherektess, stanco di vedere suo fratello staccato dal gruppo, lo trascinò nel semicerchio assieme ai suoi compagni, invitandolo a bere un altro po’.

“Va bene…” ridacchiò il re “…allora faccio un brindisi anch’io! A te, rompiscatole che non sei altro che chiamo simpaticamente Areky. Sognatore com’era la mamma e testardo com’era papà! Ed a voi, ovviamente, stramba compagnia, che riuscite a sopportarlo!”.

“Salute!” gridarono i dieci, in risposta.

“Grazie Zameky…fratello mio!”.

Presi dagli effetti collaterali dell’alcol, i due gemelli si abbracciarono fra le risate. Il resto della compagnia, alticcia a sua volta, seguì l’esempio con entusiasmo.

“Tira via quella corona, pomposo reucolo!” gli ordinò Aherektess.

“Perché? Vuoi rubarmi il posto?”.

“Se volessi rubarti il posto, ti avrei già ucciso da tempo!”.

I due si fissarono con un po’ di sospetto e leggera inquietudine, prima di rimettersi a ridere.

“Da quando fumi?” si stupì il principe dai capelli blu, notando il gemello che si avvicinava all’alto narghilè che era stato messo accanto al gruppo.

“Da più di quindici anni, principino! Chi vuole favorire?”.

Thuwey non se lo fece ripetere due volte e nemmeno Reishefy, anche se qualcuno fece notare la sua giovane età.

“Balliamo?” domandò Hanjuly, rivolta a chiunque volesse partecipare.

“Dovresti dirglielo…” mormorò Kassihell alla Luce.

“Cosa? Cosa dovrei dirle?” si stupì Efrehem.

“Che ti piace. Lo si vede lontano un chilometro…dovresti prendere coraggio e dirglielo!”.

“Ma che dici?! L’hai vista bene? Figuriamoci se io, il nanerottolo di turno, posso avere qualche speranza con lei, la bella stangona bionda! No…lascia che ci provi Thuwey o Aherektess o chiunque altro…”.

“Come vuoi…ma se fossi in te non perderei l’occasione di ballarci assieme!”.

La Luce sospirò. In effetti, la tentazione era forte e quindi, dopo aver trovato un po’ di coraggio, si alzò a sua volta ed iniziò a seguire la dolce melodia di quella danza sensuale. Il Metallo sorrise ad una danzatrice, e decise di farsi insegnare quegli strani movimenti.

“Quelle con i braccialetti d’oro ai polsi sono le mie dilette, se mi concedete il termine…le altre, se riuscite a conquistarle, sono tutte vostre. Le ho fatte venire da ogni parte del regno. I danzatori e le danzatrici che vedete sono i migliori dell’Aria” informò Zameknenit, ghignando agli uomini della compagnia con soddisfazione.

Mattehedike riuscì ad individuare almeno sette donne con i bracciali.

“Voi dell’Aria avete più mogli?” domandò.

“No. Solo il re può averne. Ed il principe. È una vecchia legge, che sinceramente non mi va di cambiare…e che sarebbe ora che mio fratello seguisse!” rispose il sovrano.

“Ci sto lavorando…” assicurò il gemello “…ma io avrò una moglie soltanto. Voglio sceglierla accuratamente ed essere certo che sia la donna per me, non prenderla come mia sposa sapendo che tanto potrò averne altre oltre a lei”.

“Un pensiero nobile il tuo…vuoi innamorarti, e questo direi che è una buona cosa. Tanto tu non avrai problemi di successione o di altro…”.

“Nexus ha iniziato a romperti le palle, vero?” ridacchiò Aherektess.

“Non sai quanto! Da quando sei partito è il suo chiodo fisso: dare un principino alla nazione! Ma io sono dell’idea che ogni cosa debba avere il suo tempo…non sono più giovanissimo ma è inutile forzare gli eventi, giusto? E poi vorrei prima sistemare alcune questioni diplomatiche…”.

“Per me stasera dovresti lasciar perdere le questioni diplomatiche e divertirti un po’. Vedrai che poi ti sentirai meglio…”.

Il re sorrise, svuotando l’ennesimo bicchiere.

“Lodevole il fatto che avete riservato la stessa accoglienza a principi, principesse e gente al di fuori della vita nobiliare, come me, la Roccia ed il Metallo” notò Idisi.

“Signora…” iniziò Zameknenit, stupito da quella osservazione “…se ho accolto i figli dei nemici della mia nazione, il Fuoco e l’Oscurità, allora posso trattare in modo adeguato chiunque. Per me non conta tanto la nobiltà di sangue quanto la nobiltà di spirito. Se siete stati scelti e siete riusciti a giungere fino a qui, vuol dire che nelle vostre vene c’è qualcosa di speciale che va al di là dei semplici legami parentali illustri, se capite quello che intendo…”.

“Devo ammettere che fra vostro fratello ed il Fuoco c’è stato qualche problemino…”.

“Lo immagino. Sto cercando di lavorarci ma l’imperatore del Fuoco, Vehuya, è un osso duro. Per non parlare di Ozymandias…quello una ne dice e tutt’altra ne fa! Questo viaggio potrebbe risultare molto importante, dal punto di vista politico. Peccato che mio fratello pare ignorare la cosa…”.

“Non sottovalutatelo…anche Kassihell è un osso duro come il padre, ma hanno delle cose in comune quei due principi che, magari, per la fine del viaggio li avvicineranno”.

“Chiedo scusa…” interruppe Kassihell, avvicinandosi a Zameknenit lentamente “…ma le nazioni di Aria e Fuoco sono nemici da sempre, da quel che mi risulta. La nostra ostilità nasce da motivazioni ben radicate all’interno del nostro essere e dubito che una bella chiacchierata possa risolvere tutto”.

“Di questo ne sono perfettamente a conoscenza, principe Kassihell. Purtroppo è da quando sono nato che vedo guerre contro il mio popolo, da parte vostra”.

“Da parte nostra?! Guarda che gli attacchi sono reciproci, da quel che ne so!”.

“Può darsi…ad ogni modo, di chiunque sia la colpa, vorrei porre fine a tutto questo. Per ora non ci sono riuscito…ma confido nelle nuove generazioni…”.

Il Fuoco e l’Aria si fissarono, a lungo, mentre Idisi decise che era decisamente meglio rimanere in silenzio. Kassihell si stupì di quello sguardo. Se lo aspettava carico d’odio ma non lo era. Gli occhi blu di Zameknenit erano calmi, profondi e quasi comprensivi.

“Ora vi devo lasciare…” mormorò il re, alzandosi “…domani ho un incontro con i miei consiglieri per risolvere alcune questioni interne e non è il caso mi presenti davanti a loro con occhiaie da paura oppure sbronzo. Voi continuate pure a divertirvi fin quanto volete nella maniera che ritenete più appropriata. Buonanotte”.

“Buonanotte!” gli rispose Enki, salutandolo con la mano.

Il re salutò gli ospiti e si avviò verso le sue stanze, seguito dalle sue preferite.

“Bene, signori!” esclamò Aherektess “La notte è giovane…non ditemi che siete già stanchi!”.

“Stanchi?! Certo che no!” urlò l’Elettricità, completamente ubriaca.

Idisi la fissò e scosse il capo, con rimprovero. Lehelin, fin ora rimasta in disparte ed in silenzio, fece per alzarsi ed andarsene. Si sentiva sempre più a disagio e non riusciva a parlare con l’Aria, sfuggevole ed eccessivamente allegro. Il principe di quell’elemento, però, le impedì di raggiungere il suo scopo. La prese per mano e le sorrise.

“Balli con me?” le domandò lui.

“No, non è il caso, credimi”.

“Perché? Cosa c’è? Non ti piace la musica?”.

“La musica è molto bella è solo che…”.

“Mi spiace di non aver parlato di noi a Zameky ma non c’è stata l’occasione. Domattina, però, potremmo discuterne, no?”.

“Potremmo ma…vedi…”.

“Balla con me…solo una canzone!”.

“No. Lasciami, per favore. In tutti i sensi. Credo che tutto questo sia una pessima idea e che non dovresti perdere tempo con me. Guardati attorno…tutte queste belle donne non vogliono altro che essere scelte da te per farti compagnia…”.

“Ma io voglio la tua compagnia, non la loro”.

“Io non sono chi tu credi…”.

“Tu sei la donna che amo”.

“Ed io sono…la donna che ti ha imbrogliato”.

Detto questo, la principessa dell’Oscurità iniziò a mutare. Crebbe e cambiò. I suoi occhi divennero verdi, i capelli candidi ed ordinati, la pelle chiara ornata da tatuaggi rossi e un elegante abito scuro. Spalancò le braccia, mostrando al principe le piume verde scuro e chinò la testa, piangendo.

“Miya…” sussurrò Aherektess, impietrito ed incredulo.

Lei annuì, sempre a capo chino e lui rimase in silenzio, per qualche istante, prima di lanciare un grido disumano che fece voltare l’intera sala. Kassihell sobbalzò, risvegliandosi all’improvviso dal leggero torpore in cui era caduto. Enki urlò per lo spavento. Hanjuly ed Efrehem fissarono il principe dell’Aria, dubbiosi. Thuwey inclinò la testa, restando spaparanzato a terra fra i cuscini con il tubo del narghilè fra le dita. Mattehedike, con due ragazze fra le braccia, smise di agitarsi a vanvera e si voltò verso quel rumore molesto. Idisi, che era rimasta a guardare la coppia, non trovò parole per ciò che aveva visto. Reishefy non capì e piagnucolò perché era cessata la musica..

“Mi dispiace…ho cercato di dirtelo” mormorò la trasformata Oscurità e corse via, per rintanarsi nella sua stanza fra l’incredulità generale.

“Come hai potuto?!” le urlò contro Aherektess, pieno di rabbia e dolore.

“Non ci posso credere…non pensavo che le incantatrici giungessero a tanto…” sussurrò Kassihell, rivolto ad Idisi che le stava seduta accanto.

“Nemmeno io avrei mai immaginato…” riuscì a dire, in risposta, la Terra.

“Per tutto questo tempo…lei…” iniziò Enki.

“Già…pazzesco…” si unì Hanjuly.

“Spaventoso…” commentò Efrehem.

“Incredibile! Insomma…ormai siamo un gruppo…certi segreti non dovrebbero esserci…” aggiunse Thuwey, dopo aver capito che ciò che aveva visto non era dovuto al fumo ed all’alcol.

“Mi avevano avvertito che di quelle creature non c’era da fidarsi…” grugnì Mattehedike.

“Che è successo?” squittì Reishefy, dopo qualche minuto di silenzio.

Aherektess, nel frattempo, era rimasto immobile, senza fiato. Dopo essersi scosso se ne andò anche lui, volando via dal terrazzino semicircolare del salone, avvolto dalla notte.

“No, no…così non và!” scosse la testa il Ghiaccio “Come faremo a proseguire?”.

“Una notte di sonno guarisce molti dolori…vedrai che domani si risolverà tutto” le disse il Fuoco, poco convinto delle sue stesse parole.

“No, ti sbagli. Meglio si chiariscano subito…o finiranno per rimuginarci su tutta la notte ed odiarsi al sorgere di Sirona!” continuò Hanjuly.

“E se si mettono a litigare perché interferiamo? È peggio, non trovi? Lasciamo che se la sbrighino da soli, se hanno voglia. Possiamo sempre ripartire e tenerli separati…” propose Thuwey.

“Concordo. Dopotutto, siamo giunti fino a qui odiandoci a morte! Vi ricordate quando siamo partiti? Ed ancora adesso, mi sembra, fra Fuoco ed Aria di certo non vi è alcun accenno d’amicizia. Penso non siano affari nostri…lasciamoli nel loro brodo e che si arrangino!” concluse la Roccia.

“Voi uomini siete proprio egoisti, e sensibili come dei funghi! Lei era dispiaciuta e lui disperato…dobbiamo fare qualcosa! Siamo un gruppo!” sbraitò Enki, irritata, stringendo i pugni.

“E che cosa credi di poter fare, principessina?” brontolò Mattehedike.

“Dobbiamo trovare il modo di farli parlare fra loro. Lui sarà probabilmente furioso…avrà bisogno di sfogarsi ed è meglio lo faccia prima di rivederla. Io andrei a parlare con lei…”.

“Vengo con te” si unì Idisi.

“Anch’io posso darvi una mano. Le ho già parlato…” si propose Thuwey “…e credo di sapere quali tasti toccare. Sempre se a voi donne non dispiace…”.

“Va benissimo” esclamò Hanjuly, con le mani puntate sui fianchi “Io andrò a cercare Aherektess. Chi viene con me?”.

“Per me è una perdita di tempo…” sbottò la Roccia.

“Allora tu resta pure qui” gli rispose il Ghiaccio.

“Io verrei…ma sono un disastro con i rapporti interpersonali. Credo che peggiorerei solo le cose…” chinò la testa la Luce, consapevole per una volta dei suoi limiti.

“Ci vengo io con te, Han” sospirò il Fuoco, consapevole ormai dell’impossibilità di andare a dormire o ripartire senza che la questione almeno si tentasse di risolvere “Sono sicuro che, vedendomi, la sua rabbia e frustrazione si sposterà su ben altre fonti!”.

“Ma andare dove? Con chi? Perché?” sbiascicò Reishefy.

“Efrehem!” tuonò il Ghiaccio, con fare militare “Il tuo compito sarà fare in modo che l’Elettricità non peggiori le cose. In quanto alla Roccia…se per lui tutto questo è una perdita di tempo allora che occupi la notte come meglio crede”.

“Signorsì” sorrise Efrehem, andando a sedersi accanto a Reishefy, che nemmeno si reggeva in piedi da quanto aveva bevuto.

Con un cenno del capo, la compagnia si divise in due gruppi, con la serietà di chi ha una vitale missione da compiere.

 

†††

 

La ricerca di Aherektess si mostrò piuttosto difficoltosa. Il principe conosceva bene ogni anfratto di quel regno e si era ben nascosto. I due, Ghiaccio e Fuoco, che lo cercavano, non vollero avvisare le guardie o richiamare i servitori. Volevano evitare il panico o i pettegolezzi.

“Forse potremmo chiedere al re. Quei due sono gemelli…si dovrebbero capire al volo!” propose Hanjuly, dopo quasi mezz’ora.

“Non ci tengo ad oltrepassare quella sottile linea che fra il mio ed il suo popolo porta dall’ostilità alla guerra. Meglio evitare di infastidirlo…e soprattutto di dirgli che la figlia di Ozymandias ha distrutto psicologicamente il suo gemello” rispose Kassihell.

Gli sposi del cielo illuminavano la notte, ormai inoltrata, e le strade della capitale erano deserte. Attraversarono un piccolo ponte lastricato ed il Fuoco ebbe un’idea.

“Forse so dov’è andato…quando ci ha raccontato di Miya, aveva parlato di un fiume e di una specie di grotta…”.

“Ah ma allora lo ascoltavi, non stavi dormendo in piedi!” ridacchiò lei.

“Ovvio! Dicevo…ha parlato di una grotta vicino ad un fiume. Noi siamo entrati nella capitale e non abbiamo incontrato nessuna grotta perciò, devo dedurre, che si trovi nella direzione opposta rispetto a quella in cui siamo arrivati…secondo me è là che si nasconde!”.

“Sembra una buona idea. Intuizione geniale…andiamo! Al massimo torniamo indietro…”.

I due si avviarono seguendo la stradina lastricata che seguiva il fiume. Mormorava leggermente, riflettendo la luce di Nikkal e Jarih lungo le sponde. Kassihell ed Hanjuly si avviarono lungo il suo corso regolare senza problemi, accostandosi alla bianca balaustra adornata di fiori. Uscirono dalla capitale con un’andatura piuttosto sostenuta, non volendo veder sorgere Sirona prima del loro ritorno. Individuarono con facilità le grotte di cui aveva parlato il principe di quel regno e vi entrarono. Il Fuoco evocò il suo elemento e tenne una piccola fiamma fra le mani, illuminando l’anfratto. Una piuma arancio in terra diede conferma della presenza del rappresentante dell’Aria.

“Aherektess!” lo chiamò il Ghiaccio.

“Sparite!” si limitò a dire il fuggitivo.

Lo videro, appollaiato su una piccola sporgenza, tutto avvolto dalle piume. Fra le mani stringeva il bracciale che gli aveva donato Miya, nero e lucido. Lo guardava senza espressione, come perso in pensieri lontani, con occhi vacui e vuoti.

“Ti abbiamo trovato…dai, vieni giù!” gli sorrise Hanjuly.

“Andatevene. Ho bisogno di stare da solo”.

“Presto sarà l’alba e sarà tempo di ripartire…” lo informò Kassihell.

“Dovrete partire senza di me. Io non vengo”.

“Non dire stupidaggini, fringuello dal cuore spezzato! Non andiamo da nessuna parte senza di te!” sbottò il Fuoco, incrociando le braccia.

“E come pensi di fare per convincermi?”.

“Se sarà necessario ti trascinerò per tutta la strada!”.

“Così non risolviamo nulla…” sospirò il Ghiaccio “Aherektess…so che ora sei confuso, furioso, triste e quant’altro ma, ne sono sicura, a tutto c’è rimedio! Venendo qui ho riflettuto su una cosa: vi siete innamorati due volte! Significa che era destino…”.

“Balle! Erano solo bugie!”.

“Tutto quanto? Io non credo!”.

“Tu cosa ne sai? Andatavene. Io non mi muoverò da qui per un sacco di tempo. Portate con voi mio fratello o chiunque altro…”.

“Oh, insomma!” tuonò il Fuoco “Smettila di piagnucolare come un bambino appena sgridato dalla mamma! Fai l’uomo! Ne sei capace? È solo una donna…sai quante ce ne sono ad Asteria?”.

“Sono stato così stupido…da farmi fregare due volte!” ringhiò l’Aria.

“Sì, sei stato stupido…” ridacchiò Kassihell “…ma mica vorrai continuare a fare lo stupido, vero? Perché rinunciare alla missione per la figlia di Ozymandias è stupido…”.

“Non è solo la figlia di Ozymandias…io ero davvero innamorato di lei. E lei mi ha solo preso in giro. Chissà quante risate si starà facendo e si è fatta alle mie spalle!”.

“Non essere ridicolo! Se avesse voluto prenderti solo in giro, ti avrebbe deriso in mezzo a tutti, ridendoti in faccia mentre mostrava chi era per davvero. Invece ti ha chiesto scusa ed è corsa via piangendo. Non mi è sembrato l’atteggiamento di chi vuole solo prenderti in giro…”.

“Ti stai facendo ingannare anche tu, mio caro…ma con me non funziona più! Nossignore! Può tentarle tutte…non avrà il mio perdono!”.

“Va bene…sono affari vostri! Ma ora scendi…devi riposare per riprendere la missione!” ordinò il Fuoco, con fare autoritario.

“Cosa vuoi che me ne importi della missione?! Andatevene…”.

“Sei la creatura più egoista che conosca!” urlò Hanjuly “Come puoi dire che non ti importa più nulla della missione?! Stiamo parlando della salvezza di Asteria, non di una stupidaggine qualunque! Scendi subito!”.

“Lascia perdere…” le mormorò Kassihell, con un tono di voce abbastanza forte da farsi udire chiaramente dall’Aria “…non vedi che è ancora un bambino? Vent’anni di coma gli hanno bloccato la crescita e non è in grado di fare l’uomo. Lasciamolo pure lì. Incontreremo sicuramente qualcuno più adatto di lui…non ha nemmeno il coraggio di scendere e parlare a quattrocchi con una piccola femmina fatta d’ombra!”.

I due si girarono verso l’uscita, dopo essersi scambiati un breve sguardo. E dopo pochi secondi Aherektess scese dal suo nido, con un lievissimo rumore di pietre spostate.

“Com’è che mi hai chiamato, vecchio parassita nemico della mia nazione?” sibilò, mentre il Fuoco gli sorrideva, quasi sadicamente.

“Ti ho chiamato bambino. E se vuoi aggiungo vigliacco, codardo e piagnucolone…vuoi che continui? O vuoi trovare il modo di provarmi che sbaglio?”.

L’Aria scattò in avanti e tentò di colpirlo. Il Fuoco bloccò il suo pugno e lo guardò, sfidandolo.

“Scommetto che non ce la fai ad andare da lei e dirle ciò che pensi, a dirle che è una traditrice e che non vuoi più avere a che fare con lei” gli disse, sempre ghignando.

“Scommettiamo? Cosa fai se vinco io?”.

“Prima fallo…poi vediamo!”.

Aherektess, con l’orgoglio ferito da vari fronti, si rizzò in piedi e serrò i pugni.

“Ci vediamo a palazzo, vecchio!” ringhiò contro a Kassihell e si librò in volo.

A tutta velocità, uscì allo scoperto e si avviò verso il palazzo.

“Non era esattamente ciò che volevo ma…è uscito” commentò Hanjuly.

“E sta andando dalla sua bella…è uno spettacolo che non voglio perdermi! Andiamo!”.

Fuoco e Ghiaccio si misero a correre, seguendo il piumato che si intravedeva nel cielo notturno.

 

†††

 

“Dove sei?” gridò Aherektess, piombando nel salone principale, dove si era svolta la festa.

Reishefy dormiva sul pavimento, raggomitolata attorno al narghilè con un largo sorriso. Anche Efrehem dormiva, fra i cuscini colorati. L’Aria si girò e vide che sulla porta, nascosti in modo pessimo, sbirciavano la Terra, il Metallo e l’Acqua.

“Sono qui” sentì una vocina alle sue spalle.

L’Oscurità era nel terrazzino, avvolta dal suo elemento. Aherektess si stupì di non averla notata quando era arrivato. Guardandola negli occhi, faticò a mantenere solidi i suoi propositi.

Nel frattempo, al gruppo dei nascosti, si erano uniti Fuoco e Ghiaccio.

“Vediamo se gli dà della stronza e festa finita, così possiamo andare a dormire!” sbuffò Kassihell, sicuro che mai avrebbe trovato il coraggio per farlo.

Hanjuly gli tirò una poderosa gomitata sullo stomaco e gli fece segno di fare silenzio.

“Eccoti qui…ci sono delle cose che vorrei dirti, signorina” iniziò l’Aria, sforzandosi di mostrarsi arrabbiato e deciso.

“Prima vorrei, però, che mi ascoltassi…”.

“Non credo che sia il caso. Non credi di avermi già raccontato abbastanza cazzate?!”.

“Un sacco ma ora stammi a sentire, per una volta!”.

“Non so se mi va…”.

Lehelin si accigliò, esasperata dall’essere sempre interrotta, ma si sforzò di non esplodere. Si passò una mano fra i capelli fumosi e guardò fisso negli occhi chi aveva di fronte.

“Volevo dirti…che mi dispiace. Mi dispiace Aherektess. Davvero. Posso capire la tua rabbia ed immagino tu voglia sfogare tutto il tuo risentimento su di me, lo capisco. Ma prima…vorrei che ascoltassi ciò che ho da dirti, per favore”.

“Parla…” mormorò lui, incrociando le braccia.

“All’inizio, sì…ti ho imbrogliato! Mio padre voleva carpire qualche notizia in più sul nuovo regno e sulla nuova gestione dell’Aria. Io mi sono proposta di andarci a fare un giro, clandestinamente. Ho imparato la vostra lingua e, con le sembianze di Miya, ho passato diverso tempo per la capitale. La prima volta che ti ho visto non avevo davvero idea di chi tu fossi. Mi sono divertita davvero quella volta alla fiera e, quando mi hai detto chi eri, son rimasta davvero stupita. Mio padre, entusiasta della notizia del tuo risveglio, mi ha dato ordine di rivederti. Ed all’inizio, come dicevo, l’ho fatto solo per rispettare un suo ordine. Ma poi le cose sono cambiate. Ho iniziato a non riferire più a mio padre ciò che mi accadeva ed a venire nel tuo regno di nascosto. Non ero mai stata così felice, dico sul serio. Poi, però, mi hai chiesto di sposarti. All’inizio ero davvero entusiasta, ed è per questo che ti ho detto di sì. Tornando verso casa, tuttavia, ho visto il mio riflesso lungo il fiume ed ho capito: non eri innamorato di me. Non amavi ciò che ero, ma ciò che fingevo di essere. Tu non amavi Lehelin ma Miya, che non esisteva. Ho deciso che non avrei mai potuto mentirti per tutta la vita, come mi chiedevi, ma non avevo il coraggio di dirti la verità. Speravo di lasciare un ricordo e nulla di più…non pensavo di trasformarmi in un’ossessione per te!”.

Si fermò qualche istante, mentre Aherektess continuava a fissarla, duramente.

“Poi…” continuò l’Oscurità “…è iniziata questa missione. Quando ti ho visto entrare dalla finestra mi sono sentita davvero male. Ho tentato di restare distaccata ma, quando ti è successo quell’incidente nel regno dell’Acqua…”.

Non sapeva come altro proseguire e chinò la testa, aspettando la reazione dell’Aria. Lui non si mosse. Sospirò e continuò a fissarla con le sue iridi rosso sangue.

“Perché?” le disse infine, dopo il silenzio.

Lei si aspettava ben altre frasi e lo fissò, con aria interrogativa, senza rispondere.

“Perché mi hai fatto questo? Perché non mi hai detto da sempre la verità? All’inizio eri sotto copertura, se così si può dire, ma poi…poi potevi dirmi la verità…senza arrivare fino a questo punto! Non trovi?”.

“Ho tentato…”.

“Hai ragione quando dici che di Miya amavo ciò che mostrava. Mi sono innamorato del suo aspetto, a prima vista, e non ho notato altro. Per quanto riguarda il seguito…all’inizio avevo paura di te, come creatura d’Oscurità, e ci tenevo a tenerti ben lontano. Eppure, lentamente…ho imparato a conoscerti ed ora…”.

“Ora sei innamorato di ciò che è lei veramente!” si intromise l’Elettricità.

“Chiudi la bocca, non ti immischiare!” le sibilò Hanjuly.

“No…ha ragione” ammise l’Aria “Io sono giunto qui con l’idea di esprimere tutta la mia rabbia nei tuoi confronti e di non farmi imbrogliare più da te ma…”.

“Avresti ragione. Hai ragione…” mormorò Lehelin “…odiami pure. Ho sbagliato ed è giusto il tuo comportamento. Ci tenevo a farti sapere che mi dispiace ma non mi aspetto un tuo perdono”.

“Che sta succedendo?” sbiascicò la Roccia, giungendo solo ora fra gli spioni.

“Non l’ho capito del tutto…” ammise il Fuoco “…mi aspettavo una grande rissa ma questi due stanno solo lì a cianciare…”.

“Chiudete la bocca!” li ammonì Hanjuly.

“Come posso fidarmi di te ancora, Lehelin?” domandò Aherektess.

“Non puoi. E non te lo chiedo. Ho rovinato tutto…e sono giuste tutte le cattiverie che hai in mente nei miei confronti ed i dubbi”.

“Ma io non voglio dubbi…e, sinceramente, non ho cattiverie in mente. Mi sento davvero uno stupido ma…non avevo mai visto piangere una creatura d’Oscurità prima d’ora e quindi…immagino che il tuo dispiacere sia autentico”.

“Lo è, ma…”.

“Non tirarti indietro adesso, per favore…” le sussurrò, prendendole il viso fra le mani.

Lei non capì e non riuscì a reagire mentre lui la baciava. Chiuse gli occhi d’argento e non si allontanò. Sentì una lacrima scivolarle sulla guancia, mentre le piume di lui l’avvolgevano e la luce di Sirona iniziava ad illuminare il cielo.

 “Per il grande Loreatehenzi!” esclamò qualcuno, alle spalle della compagnia degli spioni, sorridenti e soddisfatti del risultato ottenuto.

Era Zameknenit, svegliato all’alba e stupito nel vedere il gruppetto di ospiti accalcato davanti alla porta socchiusa. Di certo lo spettacolo a cui aveva assistito era qualcosa che non si aspettava.

La compagnia sobbalzò udendo la voce del re e nel vederlo apparire, spettinato ed in vestaglia, con le piume verdi arruffate e gonfie.

“Carino il motivo a paperette…” ironizzò il Fuoco, commentando la vestaglia.

“Non sono paperette! Sono gli uccelli che si intrecciano sullo stemma della mia famiglia!” sbottò il sovrano, avvolgendosi nella veste in seta.

“Buongiorno, fratello…” gli disse Aherektess, sorridendo raggiante.

Il gemello lo guardò, mentre veniva incorniciato dalla luce dell’alba in modo decisamente artistico.

“Volevo parlartene, Zameky…” iniziò, ma il re lo zittì.

“Era da tanto di quel tempo che non ti vedevo sorridere in quel modo…sono pronto ad ignorare il fatto che sia la figlia di Ozymandias. Se va bene a te…va bene anche a me! Spero che lei non sia come suo padre…senza offesa…”.

Lehelin sorrise, non sapendo cosa dire.

“Volete la colazione?” domandò il sovrano, sbadigliando.

“Veramente…non so gli altri ma io vorrei dormire!” ammise Aherektess e la compagnia annuì, condividendo lo stesso desiderio.

“In questo caso…buon riposo. Avvisate i miei servi quando vorrete qualcosa da mangiare”.

I dieci ringraziarono e si ritirarono nelle loro stanze, addormentandosi quando ormai il giorno era iniziato da diverse ore.

 

†††

 

Rimasero a palazzo per diversi giorni, riposandosi, rilassandosi e “facendo conoscenza” con i danzatori e le danzatrici. Efrehem imparò in fretta a leggere e parlare la lingua dei nativi, fra un sospiro ed un altro per Hanjuly. Kassihell si trattenne a lungo con Zameknenit, discutendo su come riuscire a trovare degli accordi ma senza giungere ad una soluzione plausibile. Thuwey, dopo aver sfogato buona parte del suo entusiasmo su qualche bella donna, esplorò la capitale in cerca delle botteghe in cui si vendevano e si fabbricavano le armi, affascinato dalla loro fattura. Idisi studiò flora e fauna degli stupendi giardini del palazzo e del circondario. Enki fece compere assieme ad Hanjuly e pregò il sovrano di far recapitare un messaggio alla famiglia dell’Acqua. Reishefy e Mattehedike non uscirono quasi mai dalle loro stanze, impegnati com’erano in un continuo viavai di creature con cui sfogare ogni loro istinto. Aherektess e Lehelin passarono molto tempo assieme, chiarendo ogni dubbio perfino nella mente rigida di Zameknenit.

“Chissà che dirà tuo padre, quando lo saprà…” si chiese il re.

“Quando lo saprà, lo scopriremo…” rispose l’Oscurità, già immaginandosi la furia di Ozymandias davanti agli occhi in un attacco di follia omicida “Chissà cosa dirà il vostro popolo…”.

Al principe dell’Aria poco importava di cosa pensasse il popolo e portò la giovane Lehelin per le vie di Bahram senza problemi, alcune volte perfino in volo facendola gridare di meraviglia.

Fu Kassihell che ricordò alla compagnia i loro obbiettivi. Nonostante trovasse piacevole il soggiorno nella capitale, provava più piacevole l’idea di tornare a casa dalla moglie.

Ripartirono dopo più di una settimana di riposo, con la promessa da parte di Zameknenit di far recapitare un messaggio ad ogni reale di Asteria, comunicando la propria posizione e buono stato di salute. Pur non avendo più le guardie del corpo che li scortavano, il gruppo non incrociò particolari problemi. I grandi uccelli cacciatori, la cui preda principale erano le creature dell’Aria, non diedero fastidio, forse spaventati dalle grida d’entusiasmo dell’Elettricità.

“Questo mondo è fantastico!” urlava Reishefy “Le feste di questi giorni son state favolose! Per non parlare degli uomini…che meraviglia! Mi ci voleva proprio!”.

“Mi fa piacere che vi sia piaciuto il soggiorno a casa mia…” rise Aherektess.

“Piacere tutto nostro!” esclamò Mattehedike.

“In effetti…mi ci voleva proprio un po’ di relax” ammise Kassihell.

“Ed inoltre il re è stato davvero gentile…presto le nostre famiglie avranno nostre notizie!” disse Enki ed Hanjuly annuì a quelle parole.

“Mi sono sentito davvero accolto…non me lo sarei mai aspettato!” aggiunse Efrehem.

“Per non parlare degli artigiani. Ho fatto diversi giri per la capitale ed erano davvero bravi!” continuò Thuwey, mostrando la collana che aveva acquistato.

“Bella!” si complimentò Idisi, incrociando alcuni fiori che aveva raccolto, sempre continuando a camminare con entusiasmo.

“Questo sì che è il clima adatto! Restiamo sempre così, ragazzi!” cinguettò il Ghiaccio.

 

Ovviamente la serenità e l’entusiasmo non durarono in eterno e ben presto ripresero le solite discussioni, sopratutto fra Aria e Fuoco.

“Hai perso la scommessa, se ben ricordo…” stuzzicò Kassihell.

“Quanto sei noioso…” sbottò Aherektess.

“Quale scommessa?” chiese Reishefy, che come sempre non capiva niente.

“Taci!” la zittì Mattehedike.

“Fottiti!” ringhiò la ragazzina.

“Eccovi…ora vi riconosco!” ironizzò la Terra e in lontananza, fra i lampi, iniziò a vedersi il regno successivo: quello dell’Elettricità.

   
 
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