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Autore: _Without_A_Soul_    22/02/2009    2 recensioni
Quelle urla riecheggiavano nella stanza, amplificate dal vuoto del locale, riempito solo da quella figura che ancora non si decideva a cedere. Era una stanza assolata, con due grandi finestre aperte, fornite di balcone e delle tende di seta blu che svolazzavano delicatamente. Le catene partivano dai vertici dei quattro angoli della gigantesca stanza e si arrotolavano con dei bracciali attorno ai quattro arti della figura.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quelle urla riecheggiavano nella stanza, amplificate dal vuoto del locale, riempito solo da quella figura che ancora non si decideva a cedere. Era una stanza assolata, con due grandi finestre aperte, fornite di balcone e delle tende di seta blu che svolazzavano delicatamente. Le catene partivano dai vertici dei quattro angoli della gigantesca stanza e si arrotolavano con dei bracciali attorno ai quattro arti della figura.
A un tratto la porta, bianca e monotona, si aprì, e ne uscì uomo dall'espressione altera, quasi fiero di qualcosa che avesse compiuto, vestito come se dovesse andare a un matrimonio. Quell'espressione di superiorità era tutta per la figura accasciata sul pavimento, la quale però aveva il volto che si guardava le gambe candide che tremavano. Di paura.
La risatina lugubre che provenne dalla gola dell'uomo era di compiacenza. Si avvicinò alla creatura e la osservò, senza tralasciare un particolare. Non poteva essere un uomo, perchè i suoi tratti erano troppo morbidi; non poteva essere una donna, perchè la sua figura era troppo maschile. I suoi capelli neri corvino nascondevano il suo viso impossibile, inspiegabilmente bello. Quel piccolo e quasi invisibile increspamento delle sopracciglia rivelava tuttavia una devastazione che mai in un umano sarebbe stato possibile vedere. I suoi occhi neri che osservano per terra toglievano il fiato, il suo naso era preciso e perfetto, le sue labbra carnose si contorcevano l'una con l'altra in modo impercettibile. I muscoli sotto la sua pelle candida pulsavano a ritmi regolari, come un metronomo; le sue gambe involontariamente piegate verso l'esterno gli conferivano un'aria ridicola, e incurvavano la sua schiena in modo innaturale, mettendo in mostra due gigantesche ali piumate, bianche, che ancora riuscivano a reggersi di propria mano. L'angelo non piangeva. Restava lì, immobile, a guardare il vuoto con un'espressione devastante. L'uomo sospirò di compiacenza, e pose lo sguardo oltre il balcone di una delle finestre, con gli occhi socchiusi, un sorriso tronfio sulle labbra.
«Non trovi che sia bella, la vita?» prese a dire. L'angelo restò immobile come una statua di Michelangelo. «Sì, è bella» si rispose da solo. «Un giorno sei coperto di stracci, a pregare perchè qualcuno ti porga un torsolo di mela, e il giorno dopo ti ritrovi milionario.» Scoppiò in una grossa risata, che riecheggiò assordante per la stanza. L'angelo restò ancora immobile.
L'uomo distolse lo sguardo dal paesaggio che si stagliava fuori dalla finestra per porlo di nuovo sulla creatura. Rimase a fissarla per qualche secondo, poi le si inginocchiò di fronte.
«Tu mi renderai ricco, mio caro tesoro. Vuoi fartene una ragione? O non l'hai ancora capito?»
L'angelo non si mosse, L'uomo si azzardò ad afferrare la creatura per il mento, costringendola a guardarlo negli occhi. L'angelo trasalì. Nei suoi occhi si leggeva una paura incontrollabile, mista a quella disperazione che ora era diventata logorante. L'uomo ridacchiò. «Tesoro mio, non hai alcun motivo di essere spaventato. Perchè dovresti? Ci sono io, qui.» Ancora quella risata lugubre. L'angelo prese a tremare impercettibilmente.
«Non te l'ha ancora detto nessuno che Dio non esiste?»
Gli occhi della creatura si spalancarono, incatenandosi a quelli dell'uomo. Così spaventosi, ma così belli. Il tumulto esterno che lo sconvolgeva era niente in confronto a ciò che lo tormentava internamente. L'uomo scoppiò a ridere.
«Sei così convinto di aver vissuto un'eternità illuminato dalla luce di Dio?» Scandì le ultime cinque parole come una cantilena recitata malvolentieri. «La tua vita non è stata altro che un vagare tra stupidi sogni e luci e felicità inesistenti, lo vuoi capire? E' questa la realtà, hai finalmente aperto gli occhi.»
Lo schiaffo arrivò semplice e diretto. «Quindi smettila di agitarti, o sarò costretto a ucciderti.»
La parte del viso colpita divenne improvvisamente viola. Ma la creatura rimase comunque immobile, gli occhi spalancati a fissare il vuoto. L'uomo incurvò un lato della bocca in una sorta di sorriso sadico.
«Così va meglio» e colpì delicatamente il capo della creatura con due pacche amichevoli. Dopodichè si alzò e uscì lentamente dalla stanza, lasciando che la sua risata lugubre riecheggiasse sbattendo sulle pareti.
Se il grido spaccatimpani dell'angelo fosse stato emesso, avrebbe buttato giù l'intero edificio. Ma decise di non aprire bocca. Se avesse potuto piangere avrebbe allagato la stanza. Ma piangere non poteva.
Piegò lentamente la schiena fino a toccare terra con il capo. Le sue ali si afflosciarono sul pavimento freddo, e si staccarono dalla schiena dell'angelo, senza alcun rumore.
Quando la creatura riaprì gli occhi, ciò che lo accolse fu l'oscurità più totale. Provò ad alzarsi, ma le catene glielo impedivano. Diamine, com'era indolenzito.
Trasalì. Poteva provare dolore. Era una sensazione magnifica. Quando urlò con tutto se stesso per liberarsi dalle catene, avvertì le corde vocali raschiare contro la gola. Il suono della libertà riecheggiò con il tintinnio di quattro lunghe catene che cadevano sul pavimento. Provò a mettersi in piedi, lentamente. Barcollò e gli venne spontaneo aggrapparsi a qualcosa. Si tenne stretto a una delle tende, respirando lentamente, prendendo coscienza di se stesso. Alzò gli occhi verso il paesaggio che gli mostrava la finestra chiusa. I colori facevano male agli occhi, tanto erano forti, sebbene il cielo fosse blu. Vide la luce della luna illuminare il suo corpo scosso dai brividi. Aveva freddo.
Il rumore sommesso di passi risvegliò a sua mente intontita. Voltò il capo di scatto, e questo gli costò un altro forte giramento di testa. La porta si spalancò, e l'uomo dal sorriso sadico riemerse ancora una volta. Ma il suo sorriso si spense tutto d'un tratto. La creatura avvertì uno strano piacere invadere ogni poro della sua pelle. Avanzò incerto verso l'uomo, con il volto inespressivo.
«Chi cazzo sei, tu?! Dov'è finito il mio angelo?»
La creatura non rispose, continuò ad avanzare, mettendosi un dito sulla bocca. La lingua uscì automaticamente, e leccò il dito. Aveva un dolce sapore di metallo.
L'uomo prese a ridere, ma la creatura si accorse che era nervoso, e spaventato. «Credi di farmi paura! Puah! Ci vuole ben altro!» Gli occhi della creatura si spostarono oziosi verso un quadro nella parete, proprio di fianco alla porta. Avanzò verso di esso e aprì lo sportello senza troppa fatica, sempre lentamente. prese il contenuto e lo posizionò in una mano. Dopodichè alzò il braccio e puntò la pistola dritta in fronte all'uomo, che rimase con il fiato mozzato e allungò una mano tremante verso un rosario che aveva appeso al collo. Lo strinse tra le dita e cominciò a pregare sommessamente, con lamenti continui.
«Hai ragione» disse la creatura, con quella sua voce così umana. «Dio non esiste.»
E sparò.
  
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