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Autore: Amarida    29/10/2015    2 recensioni
E se il mastino di Baskerville si rivelasse essere davvero una creatura sovrannaturale, chi si troverebbe ad intrecciare turbinosamente la strada dell'unico consulente investigativo al mondo? Gli unici cacciatori di mostri con un angelo in trenchcoat al seguito, ovviamente...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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“In pratica voi sostenete che i ricercatori di Baskerville siano riusciti a procurarsi chissà come qualcosa di soprannaturale e ci stiano facendo esperimenti?” riassunse John pratico, zittendo con un’occhiata Sherlock, prima che cominciasse a riversare offese – nemmeno troppo gratuite in questo caso – sui loro interlocutori.

Da un paio d’ore avevano trasformato il tavolo più defilato della locanda dove alloggiavano nel loro quartier generale. Sam aveva estratto dalla sua sacca il portatile e mostrato decine di documenti e s’era lanciato in una lunga e dettagliata spiegazione. Il fratello lo osservava con uno sguardo decisamente compiaciuto, mentre il presunto angelo s’era seduto zitto e rigido in un angolo con un’espressione indecifrabile.

“In pratica sì” disse Sam. “Sospettiamo che quel mastino sia, in realtà, un cerbero: un cane infernale che viene inviato ad uccidere le persone che vendono la loro anima a un demone. Di solito sono invisibili, ma è possibile che siano riusciti a catturarne uno, a intrappolarlo e a renderlo in qualche modo corporeo…”
“Andiamo John, non puoi credere a queste cose!” sbottò Sherlock irritato e fece per alzarsi, ma due mani solide lo bloccarono per le spalle e si ritrovò a guardare in un paio di iridi verdi troppo vicine e decisamente arrabbiate.
“Ascoltami bene, amico” disse Dean in un sussurro basso e pericoloso: “Uno di quei cuccioli che secondo te non esistono anni fa mi ha sbranato e sbattuto all’inferno e se non fosse stato per lui ci sarei ancora!” concluse accennando a Castiel.
“Dean, per favore…” disse questi pacato, inclinando appena il capo; e l’uomo si risedette, lasciando andare il detective.
John, impressionato, prese in mano la situazione: “Va bene, va bene. Diteci solo cosa avete intenzione di fare e come possiamo aiutarvi, poi decideremo insieme il da farsi: d’accordo?” concluse, guardando Sherlock.
“Va bene” concesse lui, “ma non ti azzardare più a toccarmi né a chiamarmi amico: io non ho amici!” disse rivolto a Dean.
“Oh, questo non è vero…” intervenne Castiel, guardando più a lungo del lecito prima Sherlock e poi John, che arrossì leggermente distogliendo lo sguardo.
“Vogliamo soltanto entrare là dentro e dare un’occhiata” disse Sam.
“E se troviamo qualcosa di pericoloso, vogliamo portarcelo via e distruggerlo per evitare che faccia altri danni” aggiunse Dean.
“E, di grazia, come avreste intenzione di entrare? Noi ci siamo riusciti solo sfruttando il pass di mio fratello, che beh, diciamo, è piuttosto intimo coi piani alti del governo, e la nostra copertura è saltata: dubito che se rivedessero le nostre facce nei dintorni ci lascerebbero avvicinare ancora…” disse Sherlock.
“Entrare non è un problema” rispose Sam, “ci occorre solo una mappa del luogo e tutte le informazioni che avete raccolto quando siete entrati voi”.
“Questo possiamo farlo” concesse Sherlock, “ma vorrei proprio sapere come farete ad entrare”.
“Oh, non ti preoccupare ami… ehm, Sherlock: abbiamo la nostra personale arma segreta!” sorrise Dean puntando l’indice contro Castiel.
“D’accordo, allora, venite” concluse John, guidandoli al piano di sopra nelle loro stanze per recuperare i materiali di cui avevano bisogno e proseguire la conversazione in privato.

“Come sarebbe a dire che non avete hamburger?” chiese Dean squadrando con aria omicida il cameriere della locanda.
“Po… posso portarle delle salsicce nostrane con uova e verdure” balbettò lui intimidito.
“Va bene” concesse il cacciatore.
I cinque strani compagni erano scesi a cena dopo un intero pomeriggio passato a pianificare le prossime mosse: s’erano accordati di agire quella notte stessa. Era rischioso, perché il clamore dei fatti accaduti aveva sicuramente fatto aumentare la vigilanza sia all’interno sia all’esterno, ma dovevano fare in fretta se non volevano che i ricercatori della base segreta avessero il tempo di far sparire tutte le prove.
“Speriamo non venga loro la malsana idea di liberare qualunque cosa tengano chiuso là dentro per disfarsene o potrebbe accadere di tutto!” aveva osservato Dean tra una boccata e l’altra di salsiccia scura e speziata: non male, doveva ammetterlo. Poi, senza chiederglielo, aveva allungato a Sam il suo piatto perché lo liberasse della fastidiosa presenza delle verdure.
Il fratello sorrise alzando lo sguardo sugli altri commensali.
John mangiava tranquillo una bistecca con patate, mentre Sherlock e Castiel, seduti uno di fronte all’altro, si fissavano con insistenza da sopra i loro piatti intonsi.
“Non mangi?” chiese ad un tratto Sherlock.
“Nemmeno tu” osservò l’altro impassibile.
“Mangiare è noioso e, durante un’indagine, mi rallenta” disse l’investigatore.
“Io non ne ho veramente bisogno: sono un angelo” spiegò con naturalezza Castiel: “non mangio, non dormo e non vado in bagno”.
“Mmmmh, hai trovato un’anima affine!” intervenne allora John, infilzando con la sua forchetta una patata dal piatto di Sherlock e avvicinandogliela alle labbra. Sherlock sbuffò, ma si lasciò imboccare, senza smettere di fissare l’uomo che gli stava di fronte. Era seccato perché non riusciva a dedurre niente di lui e gli era capitato solo un’altra volta in tutta la sua vita.
Finita la cena, i tre americani uscirono subito con la scusa di fare una passeggiata digestiva, che non era nemmeno del tutto una scusa, viste le due porzioni di cheesecake ingurgitate da Dean a velocità sorprendente.
I due inglesi si sedettero una mezzoretta vicino al camino con John che tentava con scarso successo di fingere una normale conversazione tra amici, mentre Sherlock gli rispondeva a monosillabi perso nei suoi pensieri, la luce incerta delle fiamme che gli danzava negli occhi chiarissimi.
Poi anche loro uscirono.
S’erano accordati con gli altri di ritrovarsi in un punto riparato da rocce e alberi vicino alla recinzione della base di Baskerville.


  
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