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Autore: Clarrianne Donavon    31/10/2015    6 recensioni
[AU]![PERCABETH]![HIGHSCHOOL]![ANGST]
Dopo l'estate che ha rovinato la sua vita, Annabeth Chase prende un volo dalla California a New York per ricominciare da capo, lontano dalle brutture del suo passato.
Ma il passato non le da tregua ed ora ha la forma di un ragazzo alto, magro, con gli occhi verdi e tormentati.
Per quanto i due possano essere diversi, hanno una cosa in comune. Lei.
"La memoria funziona in modo strano: ci sono che non riesci a ricordare ed altre che non dimentichi mai" - GA
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Bianca di Angelo, Percy Jackson, Percy/Annabeth, Talia Grace
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Letters to you
 
 
It's empty tonight and i'm all alone                               Sento un vuoto stasera e sono tutta sola
Get me through this one                                                       Fammi superare questo momento
Do you notice I'm gone?                                               
Ti sei accorta che me ne sono andata?
Where do you run to so far away?                                Verso dove stai correndo così lontano?
 
 
 
Non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno quella più intelligente ma la specie che risponde meglio al cambiamento.
- Charles Darwin

 
 
***
 
Una cosa più brutta di essere in ritardo il primo giorno di scuola? Essere la ragazza nuova ed arrivare in ritardo il primo giorno di scuola.
Tutta colpa della metro, pensava indispettita la ragazza dai boccoli biondi mentre attraversava con passo deciso i larghi corridoi dell’accademia, diretta alla classe di inglese. La porta era aperta.
Diede una rapidissima occhiata all’interno in modo da accertarsi che il prof non ci fosse ancora, quindi entrò a passo svelto, visibilmente sollevata.
Per quella volta, l’aveva scampata. Fece un respiro profondo per calmare i nervi, si sistemò un’ultima volta il gilet nero che portava lo stemma dell’accademia, stirò le pieghe della gonna e ancora una volta guardò nervosamente i suoi stivaletti neri.
Mise piede in aula con passo deciso, testa alta e spalle dritte, come se l’avesse fatto un altro milione di volte – cosa che in realtà era successa piuttosto spesso, per una sola vita.
Non tutti i suoi nuovi compagni di classe diedero segno di averla notata, quando si diresse in fondo all’aula e prese posto nell’ultima fila, nel banco accanto alla finestra. Tra questi, una moretta tutta truccata che le aveva messo gli occhi addosso fin da quando aveva fatto il suo ingresso, le sue amiche impiccione e un paio di ragazzi cui era passata davanti mentre andava a sedersi. Nel banco accanto al suo era seduto un ragazzo dai capelli neri piuttosto lunghi - tanto che arrivavano a coprirgli la fronte – due nontantovispi occhi verdi e delle sottili labbra imbronciate.
Davanti a loro, una ragazza dai lunghi capelli rossi e le guance piene di lentiggini e un ragazzo minuto, con corti capelli castani e caldi occhi dello stesso colore.
« Ciao » disse la ragazza, sorridendole radiosa « io sono Rachel. ».
Annabeth si domandò che cosa ci fosse da sorridere a quell’ora del mattino, ma invece di dirlo ad alta voce sollevò brevemente gli angoli della bocca nel fantasma di un sorriso gelido e rispose.
« Annabeth Chase. ».
« Io sono Grover, e il tuo compagno di banco è morto di sonno. », ghignò Grover, punzecchiando il ragazzo al fianco di Annabeth.
Lui si riscosse, ignorandolo, e alzò il suo sguardo smeraldino sul suo volto. Aggrottò le sopracciglia, come se avesse visto qualcosa di strano, e mugugnò assonnato.
« Percy Jackson. ».
Annabeth inarcò le sopracciglia: che vitalità.
« Non farci caso », le consigliò Rachel, sorridente. « A Percy serve qualche ora prima di riprendersi totalmente. ».
« Io direi più qualche giorno. », rincarò Grover, ridendo.
L’ombra di un sorriso comparve sul volto assonnato di Percy, per poi trasformarsi subito dopo in uno sbadiglio.
I suoi amici scoppiarono a ridere, Annabeth inarcò un sopracciglio chiaro e non disse niente.
Si accorse che Percy la stava guardando, i suoi occhi verde chiaro erano lucidi per via dello sbadiglio; distolse rapidamente lo sguardo per spostarlo fuori dalla finestra. Non voleva fare amicizia.
Fosse stato per lei non ci sarebbe nemmeno più andata, a scuola. Figuriamoci in quella, poi.
Il professore entrò in aula in quel momento e gli studenti – chi più, chi meno - gli rivolsero la loro attenzione facendo cadere la classe nel silenzio.
 
***
 
Percy era rimasto particolarmente sorpreso dall’arrivo di Annabeth, ma dopo averle lanciato uno sguardo aveva compreso subito che la ragazza non aveva alcun interesse nel socializzare o nell’essere partecipe durante le lezioni. Beh, non che lui ne avesse tutta quella gran voglia, ma almeno prendeva appunti, di tanto in tanto. La ragazza, invece, non aveva nemmeno un libro o un quaderno per gli appunti, figuriamoci una penna. Durante le quattro ore di lezione era rimasta a guardare fisso fuori dalla finestra, senza mai aprire bocca o emettere un suono.
Non sembrava se la tirasse, anche se era particolarmente bella.
I suoi capelli illuminati dal sole sembravano dello stesso colore del miele.
Non che Percy li avesse osservati più del dovuto, naturalmente. Ma, ecco, ce l’aveva avuta accanto per tutta la giornata, questi erano dettagli che avrebbe notato comunque. Probabilmente.
Era suonata la campanella del pranzo, e insieme ai suoi amici Grover e Rachel, si stavano avviando verso la mensa.
« Tipa strana quella Annabeth, vero? », chiese Grover a un certo punto, risvegliando l’attenzione di Percy.
Rachel fece spallucce: « E’ il suo primo giorno di scuola, e probabilmente le sembriamo dei mostri con queste orribili divise arancioni. ».
« Parla per te, rossa. » fece Grover, sistemandosi il gilet come se volesse rincuorarlo da quel commento.
« A me l’arancione sta benissimo. ».
A quel punto Rachel e Grover lo stavano guardando, e Percy si sforzò di sorridere – probabilmente non gli venne bene, perché i due si scambiarono un’occhiata e la ragazza attaccò.
« Come stai, Percy? ». Avevano appena varcato la soglia della mensa, e si misero in coda per farsi servire al banco.
« Bene, Rachel. E tu? », replicò sbrigativo, incrociando le braccia al petto.
Grover si schiarì la gola, nel tentativo di far capire a Rachel che non era il momento.
La ragazza colse, sospirò e prese a guardare nella stessa direzione in cui guardava l’amico.
« Annabeth sta mangiando da sola. » disse, indicando la ragazza con un cenno del capo e non troppa discrezione.
Percy si stiracchiò strategicamente, vedendo la ragazza in visione periferica seduta di spalle ad un tavolo vuoto.
« Ci sediamo noi con lei. », affermò Grover, facendo l’occhiolino a Percy.
Rachel alzò gli occhi al cielo, mentre si faceva servire dell’insalata di riso.
« Oh, Grover, dalle pace. E’ solo il suo primo giorno! ».
« E poi, non mi è sembrata molto amichevole. », commentò Percy, servendosi del puré di patate.
Rachel mise su quel broncio angosciato che i due amici avevano imparato a conoscere, e che avrebbe tenuto per il resto della giornata se non fosse stata accontentata.
« Oh, andiamo. », sbuffò Percy, facendo strada al gruppetto.
 
***
 
Annabeth attese ancora qualche minuto, prima di tirar fuori le pillole.
Anche se aveva più volte controllato che nessuno la stesse guardando, si sentiva osservata, tanto che le pizzicava la nuca.
Cercò di non darci peso, visto che era una dei tanti effetti collaterali del disturbo post traumatico da stress che le era stato diagnosticato a Oakland poco dopo l’incidente.
Tirò fuori due blister e un tubetto e lesse attentamente le piccole scritte sulle confezioni: prima di pranzo avrebbe dovuto prendere solo il protettore gastrico.
Storse leggermente la bocca: c’era scritto che era da prendere almeno mezz’ora prima dei pasti. Sbuffò, quindi sfilò una pillola dalla confezione e se la portò alla bocca, inghiottendola senz’acqua.
In quel momento si vide circondata dai suoi vicini di banco, Grover, Percy e Rachel. Per poco non le andò di traverso la pillola.
« Ti dispiace se ci sediamo con te? » chiese Rachel con tono amichevole, anche se si era già praticamente sistemata al posto di fronte a lei.
Grover la imitò, sedendosi accanto all’amica, e a Percy non rimase che sedersi vicino a miss Ghiacciolo, ancora una volta.
Notò immediatamente i blister che la ragazza aveva ficcato nello zaino senza troppe cerimonie e la sua postura rigida.
Dall’espressione nello sguardo di Grover, Percy capì che non era stato l’unico a notare quella mossa.
« Prego. » replicò Annabeth a scoppio ritardato, ancora statica sulla sedia.
« E così, questo è il tuo primo giorno. », buttò lì Grover, tanto per fare discussione, mentre con la forchetta spiluccava le zucchine lesse che aveva nel piatto.
Percy si sarebbe dato una pacca sulla fronte se avesse potuto farlo senza essere visto. Grover aveva un talento nell’ammettere l’ovvio!
« Già. », replicò Annabeth, che doveva pensarla come Percy, visto che guardava il ragazzo con entrambe le sopracciglia inarcate, come se si stesse domandando se fosse uno scherzo.
« Ti stai trovando bene? », chiese Rachel, improvvisamente a disagio mentre coglieva i messaggi provenienti dalla comunicazione non verbale della biondina.
« E’ solo il primo giorno. Non lo so ancora. ». La fiera della banalità.
Percy alzò gli occhi al cielo, lanciando uno sguardo veloce all’orologio appeso sulla porta della mensa: sarebbero stati i tre quarti d’ora più lunghi della sua vita.
« Almeno la scuola ti piace? E’ molto vecchia, credo che abbia tre secoli! », esclamò Grover, in un disperato tentativo di fare conversazione.
Sembrò aver colto nel segno.
« In realtà credo che ne abbia almeno quattro. Si capisce dal tipo di colonne che sono nell’atrio. Sono un’ovoidale allungato, grosse alla base che vanno a restringersi fino alla cornice e… credo, almeno. ». Annabeth si arrestò con il cucchiaio a mezz’aria: era di nuovo partita in quarta parlando di architettura.
E l’architettura antica non era esattamente un argomento molto popolare, tra i sedicenni di New York del 2015.
Percy sorrise inconsciamente: quella era la prima frase articolata e di senso compiuto che avesse sentito dire dalla ragazza.
E aveva proprio l’aria di sapere che cosa stesse dicendo.
Rachel intercettò il suo sorriso e lo guardò incuriosita, rivolgendo comunque la sua attenzione ad Annabeth: « Sei un’appassionata di architettura? ».
Adesso la bionda era veramente imbarazzata, come se lo stesso argomento che prima l’aveva animata adesso la mettesse a disagio.
« Oh, beh. Sì. Più o meno. Un pochino. »
« Un pochino più del pochino di noi comuni mortali. » commentò Grover, ammirato.
Percy lanciò all’amico uno sguardo canzonatorio: ammirato, certo.
Sapeva che Grover si stava rendendo conto che Annabeth non era il tipo di ragazza con cui avrebbe retto una conversazione per più di cinque minuti.
« Ho letto qualche libro, ecco. », borbottò schiva, abbassando lo sguardo al suo piatto e trangugiando il suo pasticcio di verdure.
« Sei stata all’Empire State Building? », chiese Percy, lasciando perdere il cibo e incrociando le mani sotto il mento.
Annabeth si rilassò sulla sedia, le sue spalle si abbassarono leggermente per qualche pensiero triste.
« Sono arrivata in città da poco. Non ho ancora trovato il tempo. ».
La risposta fece sorgere in Percy altre domande, ma come al solito Rachel fu più veloce di lui.
« Ah, non sei di New York? E da dove vieni? ».
Le spalle di Annabeth tornarono rigide, e il suo volto tornò serio e distaccato. « Da Oakland, in California ».
Grover e Rachel rimasero in silenzio, così come anche Percy.
Oakland era la città in cui abitava Thalia. E anche se nessuno l’aveva menzionata, il suo nome era una presenza tangibile a quel tavolo.
Continuarono a mangiare in silenzio. 
 
***
 
Più imbarazzante di quel pranzo con i suoi compagni di scuola, c’erano solo le imbarazzanti cene di famiglia a cui presenziava anche il padre di Annabeth, che non faceva che chiederle di parlare dei suoi sentimenti ed incoraggiarla ad esprimere le sue ansie.
Fortuna che suo padre si tratteneva all’università fino a tardi per la maggior parte della settimana, e che quella tortura non capitasse mai per due giorni di seguito.
Dopo pranzo erano ritornati in aula, e non si erano più rivolti la parola – anche se di tanto in tanto Grover e Rachel si scambiavano qualche frase di circostanza per cercare di ravvivare la discussione.
Riuscivano quasi a farla sentire in colpa; volevano conoscerla davvero.
Non Percy, lui era un tipo di poche parole, decisamente.
Ma Rachel… se si fossero trovate ad Oakland entrambe, Annabeth non le avrebbe mai rivolto la parola.
Era quanto di più diverso esistesse da lei. Rachel era una brava ragazza. Annabeth era un’assassina.
Prese mentalmente appunto di prendere ulteriormente le distanze. Non doveva affezionarsi.
Doveva resistere fino alla fine dell’anno in silenzio, senza farsi notare, senza farsi espellere.
 
***
 
Suonata la campanella dell’ultima ora, Annabeth si era alzata dal suo posto senza dire una parola ed era schizzata fuori dall’aula come se avesse chissà quale urgenza di prendere le distanze da Percy e i suoi amici. Rachel c’era rimasta un po’ male, lo si capiva dal modo in cui chiedeva insistentemente: «Secondo voi ho fatto qualcosa che l’ho offesa? ».
I loro compagni di classe abbandonarono l’aula con inerzia, anche se era solo il primo giorno di scuola erano già stremati dal riprendere la routin scolastica.
« Come mai tocca a te il primo turno di pulizie? », gli chiese nuovamente Grover, mentre dalla soglia dell’aula lo guardava riordinare i gessi nel cassetto della scrivania e pulire la polvere dalla lavagna con uno straccio.
« Così non dovrò farlo più avanti. ». Rachel gli batté una pacca sulla spalla.
« Da quando sei diventato così saggio, Jackson? ».
« Dai, voi andate. Io torno in moto. ». li rassicurò Percy, dato che doveva ancora spazzare il pavimento dell’aula – e lui era lentissimo in quel frangente.
Con un sorriso di scuse, Grover annuì e si tirò dietro Rachel, che sventolò la mano mentre veniva strattonata fuori dall’aula: « Ciao Percy! ».
Finì in tempo perché scoppiasse il diluvio universale in terra. Che razza di sfortuna.
Uscì dal grande atrio della Goddess’ rimboccandosi la giacca a vento, l’aria profumava di pioggia e il sole era sparito dal cielo. E dire che il giorno prima c’era stato un clima da spiaggia.
Percy si preparò a scendere la lunga scalinata in marmo bianco che portava nel cortile dell’Accademia, quando notò Annabeth seduta per terra, con la schiena contro una delle imponenti colonne del porticato.
Inarcò un sopracciglio: la ragazza era bagnata fradicia, i boccolosi capelli biondi erano appiattiti sulla sua fronte ed era molto pallida, ad eccezione delle guance… rossissime. Lo trovò molto stupido da pensare in un momento come quello, ma anche in quelle condizioni Annabeth rimaneva una delle ragazze più graziose che avesse mai visto. Nonostante nel suo cervello suonasse un allarme che gli intimava di allontanarsi in silenzio ed andarsene a casa, Percy le si avvicinò: si stava massaggiando le braccia con le mani e tremava visibilmente.
« Sei caduta in una pozzanghera? », le chiese, piegandosi al suo fianco.
Annabeth sobbalzò nel sentire quella voce profonda così vicina al suo orecchio: si specchiò negli occhi verdi di Percy, che la guardava come se fosse uno strano animale stirato sulla strada durante un temporale.
« Sono inciampata in questa città terribile. » borbottò la ragazza, rabbrividendo dal freddo. Percy sorrise leggermente, solo per un momento.
« Oh, ancora non hai visto niente. », disse con tono solenne, come per rassicurarla. Annabeth sbuffò, e tra di loro calò nuovamente il silenzio.
Percy si tirò nuovamente in piedi, le mani in tasca e l’indecisione sul volto.
Guardò verso le nuvole temporalesche nello stesso momento in cui un tuono illuminava New York per poi farla ripiombare immediatamente dopo nell’ombra.
« Viene a prenderti qualcuno? », le domandò il ragazzo, dondolandosi leggermente sui talloni, a disagio.
Annabeth non si sbilanciava mai, sembrava avere intorno un’aura di impenetrabilità assoluta, come se niente e nessuno potesse mai toccarla davvero.
Inaspettatamente, sotto lo sguardo incuriosito di Percy, la ragazza tirò la testa indietro e rise amaramente.
« Figurati se la mia matrigna ha il coraggio di mettersi in macchina con questo tempo! ».
Percy sospirò, in uno slancio di compassione.
« E tuo padre? ».
« Mio padre si ricorda di me solo quando si tratta di iscrivermi in una scuola pomposa come questa, frequentata da gente pomposa che ti guarda dall’alto in ba… ». Annabeth si interruppe improvvisamente, le labbra socchiuse a formare una muta smorfia di vergogna.
Percy rise di cuore: finalmente quella ragazza dimostrava una qualche emozione.
« Oh, in effetti io ti sto guardando dall’alto in basso, sta’ tranquilla. » la rassicurò, prendendola un po’ in giro.
Annabeth chiuse la bocca, la riaprì, la chiuse di nuovo e poi si alzò in piedi, immusonita.
Oh, perché Percy non poteva fare a meno di pensare che fosse adorabile?
L’aveva lasciata senza parole. E lei non aveva l’aria di una che ne rimaneva a corto tanto spesso.
Visto che non si decideva a parlare, Percy prese nuovamente fiato e le rivolse un’occhiata circospetta.
« Quindi… come hai fatto a inzupparti in questa maniera? ». Lei lo ricambiò con uno sguardo risentito.
« Ero alla metro, c’erano i pompieri… sembra che si fosse rotta una qualche tubatura nei tunnel e avessero bloccato le corse per tutto il pomeriggio. Quando sono tornata in superficie è scoppiato l’acquazzone. ».
« Beh, un po’ di acqua non ha mai fatto male a nessuno. », conferì Percy con voce conciliatoria.
Annabeth sembrò volerlo fulminare con lo sguardo. « Sì, ma troppa può ucciderti. » (*)fece una breve pausa, « mi ammalerò di sicuro, me lo sento. », sbuffò, di malumore.
Anche se era d’accordo con lei, Percy si astenne dal commentare. Si dondolò sui talloni un’ultima volta, quindi la buttò lì.
« Posso accompagnarti a casa, se vuoi. ».
Annabeth lo guardò con le sopracciglia aggrottate. « Hai la macchina? ».
« La moto. ».
Anche se non lo avrebbe mai ammesso ad anima viva ed avrebbe sempre – sempre – spergiurato il contrario, Percy aveva fantasticato a lungo sull’effetto che avrebbe avuto sulle ragazze il sapere che aveva una moto.
Beh, la reazione di Annabeth lo deluse totalmente.
Storse il naso come se gli avesse proposto di farsi un bagno nel melmoso laghetto delle anatre a Central Park di venerdì notte, e scosse la testa con vigore.
« No, grazie. Aspetterò che finisca di piovere e poi tornerò a piedi. ».
« Guarda che me la cav… ».
« Ho detto no. Aspetterò. ».
Percy allargò le braccia e mostrò i pugni aperti in segno di resa; aveva capito che razza di testarda fosse quella biondina tutta annacquata. Ciononostante, si rese conto di trovarla simpatica. Si inginocchiò all’improvviso, posando la schiena contro un lato della base della colonna. Annabeth lo guardò come se fosse matto: « Che stai facendo? », gli domandò, sorpresa.
Percy circondò le braccia con le ginocchia e gli permise di guardarlo dall’alto in basso, facendole il primo vero sorriso che lei gli avesse mai visto fare nell’arco della giornata.
« Mi metto comodo. Acquazzoni come questo non ci sono spesso a New York, ma quando capitano durano molto. Aspetto con te. »
 
 
 
***
Booom.
Ed ecco il primo incontro tra Percy ed Annabeth.
E’ stato come ve l’aspettavate?
Allora, vi siete fatti un’idea di che tipo sia Annabeth? E soprattutto avete notato i suoi “movimenti sospetti” in mensa? Nulla è scritto per caso :3
Proseguendo nella storia ho cercato di mantenere un equilibrio nelle varie dinamiche tra i diversi personaggi, coinvolgendo anche Thalia per quanto possibile ^^”
Sulla base dei commenti che riceverò, deciderò se continuare con gli aggiornamenti mensili o passare ai bisettimanali.
 
NEWS: Uno spinoff su Thalia, in cui racconto dall’inizio cosa le è successo, cosa è successo ad Annabeth, qual è il misterioso incidente a cui tutti alludono e di cui nessuno parla.
Dovrebbe svilupparsi per una decina di capitoli per poi collegarsi a questa storia, e verrebbe pubblicato in contemporanea ai capitoli di Start Over in cui si parla maggiormente di Thalia. Che dite? Il titolo sarbbe Over Again.
 
Vi lascio una still fatta da Stay__Alive su wattpad, in cui sono presenti i miei protagonisti così come li ho immagiati:
Image and video hosting by TinyPic


Se volete vedere altre Still, anticipazioni sul prossimo capitolo o le schede personaggio, raggiungetemi sulla mia Pagina Autore su Facebook, Clarrianne Donavon EFP.
Questo è tutto, a presto!
Clarrianne Donavon
 

 (*) Citazione presa direttamente dal film Jumanji.

   
 
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