CAPITOLO 48
Quando Teresa riaprì gli occhi, un crescente senso di colpa
la mise subito in guardia.
Si rimproverò per essersi lasciata andare al sonno in un
momento tanto delicato, lasciando Giovanni tutto solo alle prese con i suoi
pochi bagagli. Eppure doveva aver riposato un bel po’, poiché in quel momento
doveva essere notte fonda visto che attorno a lei regnava il silenzio più
assoluto, mentre il buio della casa nascondeva ogni cosa.
Le morbide coperte che la proteggevano dall’aria gelida della
casa abbandonata erano calde e ospitali. Poco dopo, con grande sorpresa la
contessina scoprì che in quella stanza non faceva poi così tanto freddo, quindi
il brigante doveva aver acceso anche la stufa e il camino nelle ore precedenti.
In quel momento si trovava al margine del letto, e quando
cercò di portarsi più al centro, spostandosi leggermente e a tentoni, sfiorò un
braccio nudo. Incredula, la giovane si affrettò ad accendere la candela che
tempo prima aveva lasciato sullo sbilenco comodino, sempre a portata di mano, e
scoprì subito che il suo amato era disteso al suo fianco.
Stupita ed incuriosita, si lasciò sfuggire un lento sorriso,
mentre si avvicinava a lui. Giovanni dormiva profondamente, il suo volto era
rilassato ed era estremamente bello, e Teresa capì che quell’uomo era affascinante
in ogni momento della giornata e della nottata. In ogni caso, lei lo trovava
bello in ogni momento della sua vita.
Gli sfiorò il volto con la punta delle dita e con estrema
delicatezza, sempre stando attentissima a non fare troppa pressione e a non
svegliarlo. Eppure, quando le sue mani scivolarono tra i fitti peli della
barba, il brigante si riscosse con estrema rapidità.
Anzi, quando spalancò gli occhi e le rivolse un caldo
sorriso, ebbe come la sensazione che lui avesse solo finto di dormire, cercando
di scoprire con gusto come si sarebbe comportata.
‘’Credevo dormissi’’, bisbigliò infine la contessina, senza
esprimere direttamente nessuno dei suoi pensieri.
‘’Certo, ho dormito fintanto che l’hai fatto anche tu’’,
disse lui, la voce per nulla impastata e sempre forte e sicura.
‘’Non mi sembrava. Anzi, per me sei sempre stato sveglio! Dimmi
la verità’’, suppose a quel punto Teresa, lanciandogli uno sguardo indagatore.
‘’Quella che ti ho detto è la pura verità. Ma quando ti sei
svegliata e ti sei messa ad agitarti nel letto, non ho potuto fare a meno di
smettere di dormire pure io e di svegliarmi’’, rispose lui, sorridendole
nuovamente.
La ragazza si sentì nuovamente in colpa per aver fatto delle
false supposizioni senza tener conto di tutto quello che il brigante aveva
fatto per lei e per lasciarla riposare, e capì che anche in quel momento gli
doveva delle scuse.
‘’Scusami, davvero. Tu sei stato in piedi a sistemare la casa
e i bagagli mentre io dormivo profondamente. E poi ti ho anche svegliato! Sono
un’ingrata’’, disse Teresa, scusandosi con un pizzico di sarcasmo.
‘’Tranquilla, ho fatto solo il mio dovere. Sono io a doverti
delle scuse, perché ne ho approfittato per infilarmi nel tuo letto senza
chiedertelo, ma sai, era già tardissimo e non potevo…’’.
‘’Basta così. Tu sei graditissimo nel mio letto, e anzi,
d’ora in poi se vorrai condividere questa casa con me, ne sarei davvero
felicissima. Grazie di tutto, amore mio’’, disse la contessina, interrompendo
il discorso del brigante e baciandolo a sorpresa sulle labbra. Il bacio fu
rapido e veloce, ma molto ben accetto.
‘’Sei stato davvero gentilissimo a prenderti cura della casa.
Ora tutti gli ambienti sono caldi e accoglienti, e…’’.
‘’E i tuoi bagagli sono tutti a posto, mi sono preso la briga
di disfare la valigia e di sistemare tutto nell’armadio’’, concluse Giovanni,
interrompendola con tranquillità.
Teresa sorrise, e di fronte alla bontà d’animo e alla
disponibilità di quell’uomo, il suo cuore parve sciogliersi. Nessuno era mai
stato così premuroso con lei, forse solo i suoi genitori.
‘’Ti sei meritato un altro bel bacio, allora’’, ridacchiò la
contessina, avvicinandosi di nuovo al suo amato e baciandolo.
Quel bacio fu molto più lungo del precedente, mentre le loro
mani si intrecciavano, per poi sciogliersi e correre lungo i loro corpi
seminudi, ma nascosti sotto le coperte. Quella volta, dentro Teresa si mosse un
istinto primordiale, un istinto che non si era mai rivelato così forte dentro
di lei, perché in quel momento desiderava solo di avere quell’uomo nella sua
più completa totalità.
Nessuna muraglia immaginaria e nessuna ansia la pervasero
quando spinse Giovanni a fare l’ennesimo ed ultimo passo avanti, un passo inevitabile
che li avrebbe legati per sempre. Non ci fu bisogno di parole o altro, quello
che accadde fu solo la realizzazione di un loro desiderio, la realizzazione più
pratica del loro amore.
Infatti, per la prima volta in vita sua la contessina scoprì
davvero cosa significasse fare l’amore, cosa che in realtà non era così
tremenda come aveva sempre pensato. I loro due corpi divennero un tutt’uno in
un batter d’occhio, e in un altro batter d’occhio la ragazza si trovò col volto
di Giovanni a pochi centimetri dal suo, mentre il suo cuore batteva
all’impazzata.
Lui la osservava, mentre i suoi lineamenti riprendevano i
tratti normali, abbandonando quell’espressione estremamente tirata di poco
prima, quando insieme erano giunti al culmine del piacere.
Un piacere talmente tanto intenso e travolgente che spinse
Teresa a pensare che la sua vita precedente si fosse conclusa pochi istanti
prima, quando la sua mente le aveva donato alcuni attimi di godimento estremo e
il suo corpo finalmente si era deciso ad accettare un nuovo rapporto, dandole
l’idea che fosse finalmente guarito dalla tremenda emorragia di alcune settimane
prima, e da quel triste aborto.
Ora la contessina sapeva che avrebbe dovuto voltare pagina;
il suo primo bambino che aveva concepito purtroppo era morto, ma ne avrebbe
potuti concepire tanti altri con Giovanni, il suo vero e unico amore, se la
natura avesse voluto.
In quell’istante anche Alfonso scompariva all’orizzonte,
inghiottito dall’oblio. E Teresa capì di non essere mai stata tanto felice in
vita sua. Baciò Giovanni con convinzione, mentre la tenue luce dell’alba
iniziava ad illuminare l’interno di quella stanza, dove l’amore la stava
facendo da padrone.
Ravenna, qualche ora
dopo…
Alfonso spense il sigaro che stava fumando, non appena vide
che anche l’integerrimo comandante Neuer era arrivato.
In sua presenza, tutto doveva essere estremamente in ordine,
ed inoltre non sopportava l’odore del fumo e del tabacco, suscitando l’ilarità
di buona parte dei soldati pontifici, ma non di certo del manipolo di austriaci
di cui era al comando.
‘’Buongiorno’’, disse subito Neuer, notando che il conte lo
stava attendendo.
Il giovane comandante parlava discretamente la lingua
italica, anche se la pronuncia risultava sempre dura e sgradevole da ascoltare.
In quel momento si trovavano alla corte dell’Arcivescovo, in un’ala del palazzo
che era stata riservata solo per l’austriaco, e di cui poteva usufruirne
liberamente, anche se in realtà Neuer si era limitato ad occupare una sola
stanza, che aveva risistemato personalmente e secondo il suo rigido punto di
vista. Le altre stanze le aveva affidate ai suoi rigorosissimi gendarmi.
Alfonso si sedette su una sedia, gettando il resto del sigaro
fuori dalla finestra aperta, che aveva spalancato per cercare di trattenere
meno fumo all’interno della stanza.
‘’Buongiorno, comandante. Ci sono novità?’’, chiese il conte,
mentre Neuer storceva il naso e faceva una smorfia. Doveva aver sentito il
puzzo del fumo.
‘’Sì, ce ne sono’’, disse poi, di poche parole come sempre.
Da quando era stato frettolosamente nominato comandante di un
cospicuo manipolo di guardie sue connazionali, Neuer era diventato ancora più
sicuro di sé e ancora più rigido. Alfonso riconobbe che suo zio doveva avere
notato quell’attitudine al lavoro e alla giustizia che caratterizzava quel
giovane, che non doveva avere più di venticinque anni.
‘’Bene. Allora, se c’è qualcosa che mi riguarda, me lo potreste
cortesemente dire?’’, chiese il conte, con un tono di voce già lievemente
irritato. Se si era giunti a quel punto era solo perché lui l’aveva richiesto,
d’altronde quelle guardie scelte e ben preparate erano state mandate al nord
quasi esclusivamente per aiutarlo a ritrovare sua moglie, anche se ciò era un
segreto tra il conte e l’austriaco.
La motivazione ufficiale dell’arrivo di quel contingente in
realtà era un’altra; eliminare ogni gruppo di briganti in azione sul territorio
e cercare di far capire al popolo che quelle terre non erano state abbandonate.
Il tutto doveva svolgersi con estrema delicatezza e responsabilità, in modo da
non fomentare possibili rivolte, anche attraverso l’uso di un massiccio numero
di spie prezzolate.
D’altronde, gli austriaci erano bravissimi con le armi e ben
addestrati, ma restavano pur sempre degli stranieri, e nelle Legazioni
Pontificie gli stranieri erano visti come nemici, e non potevano di certo
cercare informazioni tra i popolani, poiché venivano guardati fin da subito con
sospetto e malcelato odio.
‘’Sappiamo dove vive il padre di vostra moglie. Un
informatore ha parlato e ci ha fornito l’indirizzo, anche se ha assicurato che
la figlia non vive con lui’’, disse Neuer, guardandolo con quei suoi occhi di
ghiaccio e iniziando a passeggiare con fare nervoso davanti alla finestra.
Alfonso deglutì, evitando di dire sciocchezze o di fare scenate, mentre una
certa amarezza stava prendendo possesso della sua mente.
Il comandante gli allungò comunque un foglietto su cui era
scritta qualche informazione stentata, che il giovane conte appallottolò e
gettò nel fuoco che ardeva nel piccolo caminetto a lato della porta, avendo
però prima letto e memorizzato l’indirizzo.
‘’Voi siete la persona più strana che io abbia mai incontrato.
Insomma, prima cercate delle risposte, e quando riesco a fornirvele le
bruciate’’, disse Neuer, fulminandolo con un solo sguardo, per poi riprendere a
passeggiare, scrollando la testa con evidente disapprovazione.
‘’Il vecchio non mi interessa più’’, mormorò Alfonso, anche
se la sua voce giunse senza problemi alle orecchie dello straniero, che
comunque si limitò a guardare fuori dalla finestra con grande menefreghismo.
Era sempre così, quel giovane; rigido e apparentemente insensibile.
E d’altronde del vecchio conte Luigi non gliene importava
davvero più niente, visto che sua figlia non l’aveva seguito e non avrebbe mai
avuto il permesso di interrogarlo per scoprire se sapeva qualcosa su di lei.
Quindi, meglio concentrarsi direttamente sulla ricerca di Teresa. Sul vecchio
magari si sarebbe concentrato più avanti, in modo da poterlo punire a dovere,
ma quella sarebbe stata una faccenda molto più privata.
‘’E allora cos’è che vi importa? Se non vi interessa più
nulla di ciò che posso offrirvi, potreste anche tornarvene nel vostro bel
palazzo’’, aggiunse l’austriaco dopo qualche istante.
Il giovane conte sobbalzò, incredulo di fronte a ciò che gli
aveva appena detto quell’odioso soldato. Sapeva bene che gli stava antipatico,
e l’odio che provava nei suoi confronti era spesso malcelato dietro ad un velo
di cortesia, ma mai fino a quel momento era giunto ad invitarlo apertamente ad
andarsene.
Per il comandante avere lui tra i piedi era un rallentamento,
poiché non aveva alcun addestramento militare ed era un puro e semplice civile
che però cercava di ficcanasare dappertutto e di comandare quando ne capitava
l’occasione.
Alfonso quindi riusciva a comprendere l’odio di Neuer, ma non
poteva assolutamente permettersi di perdere altro terreno e di lasciare che
quel giovane comandante potesse prendere in mano le redini della vicenda.
‘’Mi è sembrato di udire un lieve affronto nelle vostre
parole, ma lo dimenticherò senza problemi. Sapete, se sono qui è perché il mio
amato zio, nonché l’uomo più importante di Roma, se non anche del mondo intero,
mi ha concesso di seguirvi e di farmi aiutare da voi nelle mie ricerche. E
visto che è anche grazie alle mie richieste che voi siete avanzato di grado in
modo così rapido, vi prego davvero di rivolgervi a me in modo più consono.
Sapete, non vorrei dover scrivere qualche lamentela da spedire ai piani
alti…’’, disse il giovane conte, non senza un po’ di nervosismo.
Solo quando vide che Neuer aveva lievemente spalancato gli
occhi e si era limitato ad annuire lievemente aveva provato un certo senso di
piacere, poiché aveva capito che con il suo ricatto era riuscito a piegarlo.
Sapeva di avere quasi in pugno quell’uomo, ma sapeva anche
che i suoi ricatti erano illusori. Mai e poi mai suo zio e le cariche più alte
del suo Stato si sarebbero abbassati ad ascoltare le sue lamentele da
giovincello, soprattutto in quel momento, ma la carica fresca e recente del
comandante restava molto delicata, e Neuer non era ancora riuscito a prendersi
tutta quella piccola autorità che gli era stata momentaneamente affidata. Il
giovane austriaco era scaltro e sapeva che stava camminando sull’orlo di un
baratro invisibile, e che al minimo passo sbagliato ogni errore commesso gli
sarebbe costato molto caro.
‘’Ho capito. E so che dobbiamo collaborare’’, mormorò l’austriaco,
ormai vinto e piegato.
Alfonso si concesse un sorriso, e mentre osservava il nemico
momentaneamente sconfitto, iniziò già a meditare la prossima mossa da fare.
Neuer era una persona ligia al dovere, ed era pronto a tutto pur di portare a
termine ogni missione che gli veniva affidata, ed era il genere d’uomo giusto
da far cadere nella polvere. E Alfonso avrebbe fatto di tutto pur di metterlo
nei guai, poteva starne certo.
In ogni caso, col passare del tempo il comandante avrebbe di
certo cercato di rafforzare la sua posizione, e questo il giovane conte doveva
proprio impedirlo.
‘’Ora sì che si ragiona’’, rispose poi, guardando il
collaboratore in faccia, con fare sfrontato. Neuer roteò gli occhi e si
sedette.
‘’Bene. Allora, come dite di procedere? Chi preferite
cercare?’’, chiese il l’austriaco, ormai vinto.
Alfonso non smise di sorridere, poiché quelle domande che gli
erano state poste erano pur sempre il sinonimo del fatto che era riuscito a
piegare quella mente di acciaio al suo volere, e che Neuer, involontariamente,
gli stava dando sempre più potere, poiché in realtà lui avrebbe solo dovuto
starsene in silenzio e in un angolo, lasciando fare ai gendarmi e limitandosi
ad attendere buone notizie.
Ed invece, si trovava improvvisamente al centro dell’azione,
e nel bel mezzo di una situazione alquanto ambigua. E a lui piacevano
tantissimo le situazioni ambigue, poiché trovava sempre il modo per sguazzarci
dentro e per guadagnarci qualcosa.
‘’Per prima cosa, dovete mandare spie ovunque. Bisogna
rintracciare qualche bifolco in grado di dirci dove si trovano i nascondigli
dei briganti, soprattutto quelli montani’’, disse il conte, con fare fiero e
spocchioso, da vero sapiente.
‘’Non sono uno stupido. Già prima di partire verso Ravenna ho
scritto alla scarna Gendarmeria già presente in città, facendo iniziare
l’operazione, ed ora, grazie ai nuovi supporti che ho portato dalla capitale,
il lavoro continua incessantemente. Stiamo cercando informazioni sulla banda di
un certo Zvàn, un brigante che pare stia creando numerosi danni…’’.
‘’E’ su di lui che dovete concentrare le ricerche. Su di lui
e suoi uomini, perché sono quelli lì che hanno rapito mia moglie. Loro la
trattengono da qualche…’’.
‘’Come fate ad esserne così certo, scusate? Nessuno vi ha
chiesto esplicitamente dei riscatti, mi pare di aver capito’’.
La frase di Neuer interruppe quei momenti concitati. Alfonso,
in pieno imbarazzo, abbassò gli occhi, sapendo che non poteva tradirsi in alcun
modo, e si mise a cercare una scusa plausibile. D’altronde, non poteva
ammettere che Teresa se n’era andata, che l’aveva abbandonato per inseguire un
qualche pezzente e qualche sogno da bambina.
‘’Perché è stata rapita mentre attraversava gli Appennini,
tutto qui. Non mi sembra che al momento ci siano altre bande in azione in
quella zona, o sbaglio?’’, chiese il conte, cercando di deviare momentaneamente
il discorso e di non dire nulla riguardo ai suoi più intimi pensieri.
‘’No, effettivamente parrebbe di no. Ma le informazioni che
ci sono giunte sono molto scarse e non è detto che si rivelino false. Potremmo
trovarci immersi in un alveare pieno di vespe’’, concluse l’austriaco, perdendo
lo sguardo tra qualche scartoffia che teneva appoggiato sulla piccola scrivania
che aveva di fronte.
‘’Ma… questo famigerato Zvàn, non era morto tempo addietro?
Ora la sua banda sarà guidata da altri, oppure si sarà divisa…’’, tornò a dire
il giovane conte, perplesso.
Era pur sempre certo che Teresa avesse provato qualcosa per
quell’uomo, poiché quando parecchi mesi prima aveva informato il suocero della
sua morte, la ragazza era svenuta in malo modo.
‘’No, anzi. Era una notizia falsa, come spesso accade. Non
era lui ad essere morto durante un confronto armato con la Gendarmeria, bensì
un suo brigante che gli si assomigliava parecchio. Ed infatti, questo Zvàn
ultimamente sta depredando e rubando senza limiti, e la sua banda pare sempre
più forte ed unita’’, si limitò a dire Neuer, tornando poi a perdersi nuovamente
tra le scartoffie.
Fortunatamente non vide il lampo d’ira che attraversò gli
occhi del giovane conte, che in quel momento fu certo che sua moglie si stesse
nascondendo proprio presso quel brigante. Sapendo che forse qualche pezzente
doveva già averla resa sua, gli venne quasi da rimettere, ma cercò di tenere a
freno sia la lingua che il suo modo di comportarsi. D’altronde, le sue per ora
erano pure e semplici supposizioni.
‘’Ho capito. Credo che comunque lei sia stata rapita da quei
brutti ceffi; e se finora non hanno chiesto riscatti, sarà solo perché nessuno
di loro sa scrivere. Magari non sanno neppure parlare una lingua
comprensibile’’, disse Alfonso, cercando di riprendere padronanza di sé ed
inventando scuse plausibili.
‘’Possibile’’, concluse l’austriaco, scrollando le spalle.
‘’Bene, allora visto che non ci sono novità, me ne andrei…’’,
continuò il conte, alzandosi dalla sedia e preparandosi a congedarsi. Sapeva
che lì non era molto ben voluto, e non voleva restare in compagnia di quello
straniero per più del tempo necessario.
‘’Sì, certo. E non preoccupatevi, quando avrò a disposizione
informazioni più importanti, vi manderò a chiamare’’, disse il comandante,
alzandosi anche lui dalla sua sedia ed avviandosi verso la porta.
Alfonso sogghignò, notando che Neuer stava continuando a
cercare di fare tutto il possibile per allontanarlo da lui, anche se mascherava
ogni parola di troppo con modi pacati e cortesi.
‘’Per me non è un problema venire qui di persona ogni
giorno’’, concluse il conte, scrollando nuovamente le spalle, senza smettere di
sogghignare.
Molto probabilmente, Neuer non aveva neanche la minima idea
di dove trovarlo, visto che non aveva voluto neppure il suo indirizzo, e di
certo stava giocando d’astuzia. Un’astuzia davvero superficiale e stupida,
però.
Infatti, il comandante cercò di replicare qualcosa, ma fu
bruscamente interrotto dal brutale ingresso di un gendarme, che fece
praticamente irruzione nella stanza.
Neuer gli piantò addosso i suoi rigidi occhi di ghiaccio.
‘’Spero che tu abbia un buon motivo per piombare così nel mio
studio’’, disse l’austriaco, davvero irritato. I suoi occhi parvero dilatarsi,
mentre Alfonso osservava la scena con grande attenzione.
‘’Certo, signore! Abbiamo trovato chi fa al caso nostro, a
quanto pare. Un nostro informatore ci ha messo in contatto con il soggetto in
questione e ce lo ha praticamente recapitato’’, disse il gendarme, lievemente arrossato
in volto. Il comandante cambiò repentinamente atteggiamento.
‘’Oh, bene! Questa sì che è una buona notizia! Ma costui…
dov’è?’’, chiese infatti poco dopo, mentre tornava a sedersi sulla sedia di
poco prima. Senza dire o chiedere niente, anche Alfonso tornò alla sua
postazione.
‘’E’ qui, se volete lo faccio entrare…’’, rispose prontamente
il gendarme, lanciando un’occhiata ad Alfonso, che cercò di rimanere
impassibile.
‘’Sì, fallo entrare subito. E questo è il conte Cappellari ed
è coinvolto nelle nostre ricerche, può restare ad ascoltare’’, disse Neuer,
scuotendo una mano e invitando il gendarme a fare ciò che gli era stato
richiesto. Infatti, l’uomo si affrettò subito ad uscire dalla stanza e a far
entrare colui che li avrebbe potuti aiutare.
Alfonso si sistemò più comodamente sulla sedia quando vide entrare
nella stanza un ragazzo dai capelli rossi e il viso pieno di lentiggini, che
camminava con fare intimidito e a testa bassa. Il giovane doveva avere almeno
diciotto anni, a quanto pareva, forse qualcosa in meno, e si limitò a restare
in piedi e in silenzio mentre si sfiorava una rudimentale fasciatura ad un
braccio.
‘’Salve’’, si limitò a dire il giovane rosso, la voce resa
roca dal freddo a cui doveva essere stato esposto nei giorni passati. Al conte
non sfuggirono le sue mani bluastre, colpite dai geloni.
‘’Salve. Tu saresti il tizio in grado di fornirci
informazioni sui briganti che stanno creando problemi a questa terra?’’, chiese
subito Neuer, senza alcun convenevole e con un po’ d’ironia. Effettivamente, lo
straccione aveva un’apparenza davvero misera e ridicola.
‘’Prima di tutto, mi chiamo Fabio e non tizio. Poi, no, non
sono in grado di darvi solo informazioni sui gruppi dei briganti’’, disse il
giovane con fare arrogante, biascicando parole confuse. Alfonso quasi si mise a
ridere di fronte a quel quadretto formato da un cupo austriaco dall’accento
duro ed aspro e da quel tipetto arrogante. E decisamente stupido.
Il conte non esitò un attimo a guardare Neuer in faccia, poco
prima che rispondesse. Voleva godersi tutta quella pagliacciata.
‘’E allora che ci sei venuto a fare fin qui? Se non sai
nulla…’’. Il capitano fu bruscamente interrotto da Fabio, che alzò una mano con
fare risoluto.
‘’Io non posso solo darvi informazioni su di loro. Posso
portarvi fin dentro ai loro covi!’’, disse il giovane rosso, mentre Neuer
restava momentaneamente ammutolito.
‘’Beh, bene direi. Allora dicci tutto quello che sai e alla
svelta, così potremo verificare se ciò che riferisci può essere vero e
plausibile’’, disse il comandante dopo un attimo di riflessione. Fabio
sogghignò.
‘’Mi hanno detto che se avrei parlato, avrei ricevuto una
ricompensa. Una bella somma di denaro’’.
‘’Avrai tutto ciò che richiedi, ma a suo tempo e solo quando
avrai parlato e riferito tutto quello che sai, scortandoci poi fino ai loro
covi’’, disse Neuer, mentre il giovane sorrideva, compiaciuto. Anche Alfonso
continuava a sorridere e ad ascoltare, seduto in disparte. Per nulla al mondo
si sarebbe perso quel dibattito che si stava rivelando sempre più interessante.
‘’Parlaci un po’…’’.
‘’Vi dirò subito tutto, ho bisogno di quei soldi che mi
darete come ricompensa. Posso portarvi nei covi delle bande di Zvàn e Aldo, il
bandito delle paludi. So dirvi quanti uomini hanno, dove si recano di solito,
un po’ di tutto…’’, continuò a dire il giovane, come un fiume in piena pronto a
straripare. Neppure il comandante ebbe modo di interrompere la lunga sequenza
di informazioni che il rosso pronunciò in tutta fretta, e si limitò ad annotare
qualche particolare e ad annuire grevemente di tanto in tanto.
Nel frattempo, il giovane conte continuava a sorridere,
rendendosi conto che quel ragazzo avrebbe potuto rendersi molto utile e che al
sua stupidità era davvero incredibile. Il giovincello di campagna neppure
immaginava che la ricompensa non consisteva in denaro, bensì nel beccarsi per
primo una pallottola in testa, ancora prima che la ricevessero tutte quelle
persone che stava tradendo proprio in quel momento.
Ma questo Alfonso ovviamente non lo disse, e rimase in
rigoroso silenzio ad ascoltare.
‘’Come fai a sapere tutte queste cose?’’, chiese Neuer, non
appena il giovane parve fermarsi, senza fiato.
‘’Ovvio, no? Fino a poco tempo fa ho partecipato ad alcune
sortite con la banda di Zvàn, il montanaro. Poi, ha cercato di ammazzarmi… una
brutta storia, insomma. Negli ultimi due mesi ho cercato disperatamente di
entrare nel gruppo di Aldo, senza riuscirci e beccandomi qualche pallottola… ma
ora non mi importa più nulla di briganti e banditi, sapete? Mi sono pentito di
tutto ciò che ho commesso, e grazie al denaro che mi darete potrò rifarmi una
nuova vita’’, disse Fabio, raggiante. Neuer scambiò un’occhiata triste con il
conte, poiché entrambi sapevano che non avrebbero mai al mondo elargito qualcosa
a quell’avanzo della società, ma che dovevano stare al gioco per concludere al
più presto la loro missione.
‘’Va bene. Ma se posso permettermi’’, iniziò a chiedere
Alfonso, che per la prima volta aprì la bocca, cercando con gli occhi il
consenso del comandante, che prontamente gli fu concesso con un semplice cenno
del capo, ‘’vorrei chiederti se in una di queste due bande che conosci hai
avuto mai modo di vedere una ragazza, una giovane nobile rapita…’’.
‘’Ma certo! Da Zvàn, che lo scorso autunno rapì una
contessina, si chiamava Teresa. Non è che rapisse gente ogni giorno eh, ma solo
quella volta. Ci fu una bella tresca, e tra i due nacque un amore da favola; io
per primo derisi il capo. Ma poi la riportarono indietro, da suo padre’’, si
affrettò subito a dire il giovane rosso, pieno di voglia di parlare e con
grande foga, quasi travolgendo Alfonso, che decise di non far caso a tutta
quella cafonaggine contadina, capendo che quella ragazza alla quale si era
riferito era proprio quella Teresa, la sua Teresa.
Il sorriso non fu più in grado di rispuntare sulle sue
labbra, e si sentì adombrare.
‘’Teresa. Non è il nome della vostra amata moglie?’’. La
domanda dell’austriaco fece diventare bordò il giovane conte, che annuì e
abbassò lo sguardo.
‘’Mia moglie era già stata rapita una volta da questo Zvàn,
poco prima di sposarmi’’, mormorò Alfonso, imbarazzatissimo.
‘’Ho capito. Fabio, per ora resterai qui, ospite presso i
nostri amatissimi fratelli chierici, che si prenderanno cura di te e non ti
faranno mancare dei buoni pasti. Presto torneremo a parlare, in modo da poter
razionalizzare tutto per bene e poter creare un buon piano d’azione’’, disse
Neuer, notando la rabbia che stava rendendo paonazzo il conte, che anche se
cercava disperatamente di tranquillarsi non ci riuscì affatto.
Sua moglie, Teresa Scalindi, una ragazza nata in seno ad una
nobilissima famiglia, si era da sempre comportata come una sgualdrina con
qualunque uomo avesse incontrato lungo la sua breve vita, ed aveva donato a
tutti le sue attenzioni, a tutti tranne che a lui, suo legittimo marito. E la
cosa più brutta era che sempre più persone stavano venendo a conoscenza di
tutta quella lunga vicenda.
Era certo che Teresa avesse cercato di conoscere carnalmente quel
brigante e che quel Zvàn avesse lasciato un segno indelebile dentro di lei,
altrimenti non si sarebbe sempre comportata così male con lui, che in fondo era
il suo legittimo marito. Infatti, per tutta la durata della loro convivenza la
ragazza si era limitata a frignare giorno e notte, per poi fuggire alla prima
occasione, molto probabilmente per cercare di tornare da quell’uomo che amava.
Sperò solo che una volta che la banda di quel viscido
brigante montagnolo fosse stata scoperta e distrutta, di non trovarla lì, tra
quei brutti ceffi, oppure tra le braccia di un qualche uomo pidocchioso. Perché
se l’avesse scoperta a commettere un atto del genere, l’avrebbe di certo
ammazzata sul posto. Oppure, l’avrebbe frustata prima di ammazzarla, giusto per
farle comprendere che prendersi gioco di lui non era stata una buona idea.
Intanto, Fabio uscì dalla stanza, apparentemente soddisfatto
e senza neppure comprendere che sarebbe stato costantemente sorvegliato di lì a
poco, in modo che non potesse più tirarsi indietro dall’impegno preso.
A quel punto, Neuer si avvicinò cautamente al conte,
mettendogli una mano sulla spalla.
‘’La ritroveremo. Vedrete, vostra moglie sarà senz’altro in
compagnia di quel brigante’’, disse l’austriaco, lanciando l’ennesima e velata frecciatina.
Alfonso si rialzò, scrollandosi di dosso quella mano odiosa e
guardando con odio quello straniero, quasi pentendosi di aver richiesto allo
zio l’intervento di quell’abile soggetto.
‘’Mia moglie non è in compagnia di un brigante, è stata
rapita. Rapita, intesi?’’, concluse il conte, uscendo dalla stanza e sbattendo
la porta dietro di sé. Alla fine, la rabbia aveva vinto sulla sua razionalità.
Ora, anche Neuer sapeva della tresca tra sua moglie e il capo
di quei loschi briganti, e visto che l’austriaco sospettava una fuga volontaria
già da prima, continuava ad afferrare al volo ogni occasione per ferirlo.
Per il momento, erano in parità; il comandante voleva
allontanarlo e sapeva la verità sulla vicenda, ma lui stesso lo teneva
strettamente in pugno con dei piccoli ricatti. E ben presto avrebbe anche
trovato un modo per ingannare quel borioso straniero.
Il giovane conte scese in strada e scelse di raggiungere la
sua abitazione a piedi, visto che la sua residenza era poco distante da lì. Si
trattava della stessa abitazione dove era stato consumato il suo banchetto di
nozze; era un bel palazzo che gli ricordava costantemente Teresa.
Ancora pieno di rabbia, Alfonso tornò a sperare che sua
moglie fosse fuggita all’infuori dello Stato della Chiesa, e che non si fosse
recata da quei briganti pidocchiosi per tradirlo, perché se così fosse stato,
lui le avrebbe tolto la vita. Nessuno poteva permettersi di infangare in un modo
così orrendo il buon nome della sua famiglia e il suo onore.
NOTA DELL’AUTORE
Ciao a tutti, e grazie per aver letto anche questo capitolo J
Teresa e Giovanni finalmente sembrano una coppia affiatata,
ma… Alfonso è già arrivato a Ravenna ed è molto arrabbiato. Come avrete notato,
abbiamo rincontrato anche il giovane Fabio.
Grazie a tutti per continuare a seguirmi J
Buona giornata a tutti voi, e ancora grazie di cuore J a lunedì prossimo J