Mi vestii di fretta per
scendere a fare colazione, che era già pronta: Esme adorava cucinare per me, amava talmente
tanto rimpinzarmi che anche mia madre si era arresa e le aveva lasciato questa priorità. Stamattina erano pancakes con panna e cioccolata. Da piccola trovavo il cibo
umano ributtante, e mangiandolo provavo una sensazione a metà tra il leccare
l’asfalto e l’addentare del polistirolo, poi crescendo i miei gusti sono
misteriosamente cambiati, e ho imparato a mangiare di tutto. Alcune cose le adoravo,
come pressoché tutti i dolci, la panna, il cioccolato e gli hot
dog. Mentre detestavo il pesce. Ma non c’era bisogno
che facessi tante storie, perché mia nonna si
preoccupava di farmi trovare in tavola solo il meglio delle cose più buone che
io preferivo.
Quello era il mio primo
giorno di scuola, primo fra gli umani. Ero un
po’agitata. Un po’ molto agitata. Non riuscivo a decidere cosa
mettermi…inizialmente il mio problema era stato crearmi un guardaroba adatto
alla scuola, adesso era cercare di scegliere cosa, in quell’immenso
guardaroba, avrebbe fatto al caso giusto calcolando il
colore dell’auto, la tonalità delle nuvole e il mio leggero rossore sulle
guance. Alla fine scelsi dei jeans stretti scuri, una
maglia sul lillà e grigio lunga e un po’ scollata e delle ballerine di Chanel con una stampa matassé.
Misi i libri nella Chanel nera e usci dalla stanza
senza nemmeno guardarmi allo specchio.
Giù dabbasso intanto erano
tutti in un silenzioso fermento: erano seduti sui grandi divani bianchi, tranne
Emmett che se ne stava sul pavimento. Mi sentii
osservata, o meglio scrutata. Alice
ruppe il silenzio, per fortuna.
-Tesoro ringrazio
ogni giorno il cielo del fatto che sono stata io a insegnarti come ci si veste.-
Mi guardava con
soddisfazione, come se fossi una creazione tutta sua. Questo mi fece venire in
mente i miei.
Papà mi guardava con gli
occhi lucidi, o almeno così sarebbero stati se avesse
potuto piangere, ci scommetto, adesso erano come illuminati da una strana
espressione adorante. Lo conoscevo e sapevo cosa stava facendo: pensava che la
sua bambina era cresciuta in fretta, che non avrebbe mai pensato avrebbe potuto
essere così bella, intelligente, affascinante, sana, forte…
Rise forte: -Sì, direi che è più o meno quello che mi sta passando per la testa!-
Mia madre strinse più forte
la sua mano, che era già intrecciata da prima. – Che cosa, amore?-
-Niente…diciamo
che Renesmee stava considerando quanto fosse
sentimentale e noioso il suo “vecchio”-. Si guardarono complici e risero. Se, vecchio: sembrava quasi più piccolo di me.
Esme irruppe nella stanza, portando con sé una zaffata di
profumo di pancake appena fatto.
-Basta! Lasciatemela andare,
non vedete che le mettete agitazione?- Mi lanciò un’occhiata preoccupata, come
se temesse di vedermi esplodere da un momento all’altro: evidentemente la mia
ipotesi di essere “un po’” agitata era ottimistica,vista
dal di fuori –Adesso devi fare colazione, e poi potrai
andare!- Mi tirò per un braccio, con molta leggerezza, e io afferrai l’appiglio
al volo. Sentivo solo le risatine dietro di me. Ma ero
così maledettamente ridicola??
-Nonna, ma sono
così….ridicola?- era l’unica che mi avrebbe detto la
semplice verità.
-Tesoro, in tutta onestà…non
sei mai somigliata tanto a tua madre prima
come in questo momento! Sei totalmente…- fece una
smorfia, non riusciva a trovare un termine non offensivo in alcun modo. La
aiutai. – Diciamo svampita?- azzardai.
Mi sorrise, -Proprio quello-
e mi rivolse un’occhiata dolce e un po’ apprensiva – E
se stamattina non te la senti di cominciare ci saranno tanti altri giorni più…-
La bloccai, poco
educatamente, mentre addentavo il primo pancake con la
panna. – No oggi è perfetto!!!-. Troppa enfasi. Sentii
Emmett ridere come un idiota e mio padre ghignare.
Giurai a me stessa che me l’avrebbero pagata.
Un leggero fruscio alle mie
spalle mi avvertì dell’arrivo di mamma, che mi diede un bacio leggero come
l’aria. La mia perfetta madre. Non me la sarei mai bevuta, questa storia di Bella-l’imbranata-che- non- sa- camminare- senza-
inciampare, anche se tutti mi assicuravano che prima era totalmente sgraziata e goffa.
-Tesoro, è ora di andare…non
vorrai fare tardi?- “Come al solito”:sentivo che lo
avrebbe voluto aggiungere. Ma oggi mamma era in piena
modalità artificiere: io ero la bomba, e lei doveva avere a che fare con me
senza che avessi una crisi di pianto, un eccesso di rabbia o entrassi in stato
semi catatonico. Tutte cose piuttosto difficili ultimamente, considerato il mio
umore ballerino. Me la immaginai con i guantoni e la mascherina mentre mi
prendeva con una pinza gigante, con papà che le diceva
una cosa del tipo “Bella, amore mio, fai attenzione!”. Mi venne da ridere.
Lei mi guardò interrogativa,
corrugando la sua fronte di marmo –Tesoro ti va se guido io stamattina?- Aveva
paura che andassi fuori strada. Oddio volevo Jasper. Ma che diavolo avevo
quella mattina?
In quel momento sentii la
porta d’ingresso aprirsi velocemente, e un altro odore familiare giunse al mio
naso. Radici, bosco, terra smossa. Era lui.
Jacob entrò in cucina mentre
ancora si abbottonava i pantaloncini: la decenza non lo aveva mai toccato più
di tanto. Corse quasi per venirmi a schioccare un rumoroso bacio sulla guancia,
caldo e profumato. Sentii un ringhio sommesso provenire dal salotto, ma non seppi se ricondurlo a papà o a Rose.
-Pronta piccola?- Gli occhi
neri brillavano, anche lui sembrava sull’orlo della commozione.
-Certo!-
Decisi di ostentare sicurezza, ma evidentemente non mi riuscì bene, perché Jacob mi fissò sollevando un sopracciglio. Sentivo di stare per perdere la pazienza: era il
momento di abbandonare il campo, decisamente. – Be sono in ritardo!!- Mi alzai e
ribaltai la sedia, perfetto. Emmett non perse
l’occasione: -Tesoruccio, sei sicura di farcela
stamattina? O pensi di distruggere la scuola prima di
pranzo?-. Rose gli disse di chiudere il becco.
Jacob mi sorrideva e se ne stava appoggiato con i gomiti
alla cucina, ancora svestito e con la stessa aria divertita che avevano tutti.
Mi squadrava ancora, tanto che cominciai a chiedermi se non mi fosse cresciuta la coda durante la notte, visto come tutti
mi fissavano. Ero piuttosto irritata.
-Non dovresti almeno metterti
una maglietta? Sbaglio o dovevi venire anche tu?-
Anche lui sarebbe venuto a scuola. Se non per fingersi
parte di una graziosa famiglia allargata, almeno per avere un diploma, dato che
da quando si era praticamente unito alla mia famiglia
non aveva mai più ripreso il liceo. Casa nuova, vita nuova,
e valeva per tutti.
Naturalmente conoscevo i
sentimenti di Jacob, solo una persona particolarmente
idiota non sarebbe riuscita a decifrare i suoi comportamenti, che mano a mano che il tempo passava diventavano sempre più
espliciti. Sapevo perché aveva lasciato tutto della sua vita precedente per
seguire una famiglia di vampiri, lui che era un lupo, e per stare dietro a una bimbetta dagli strani poteri. Era l’imprinting.
La cosa più stupida, idiota e cretina di cui avessi mai
sentito parlare: innamorarsi a prima vista, nel vero senso della parola.
Jacob aveva cominciato ad
adorarmi praticamente da quando ero uscita dalla pancia di mia madre, e siccome
ho una memoria profondissima, mi ricordo di lui sin da quel momento. La sua
prima immagine è quella di un ragazzo che vede la luce per la prima volta, e
che mi mormora qualcosa di molto gentile, che non ricordo ma che al momento
apprezzai tantissimo. Da allora cominciai ad amarlo. Il mio amore per Jacob era come una parte di me, sentirlo crescere era
naturale, non amarlo sarebbe stato impossibile,
sarebbe stato come lasciare una parte di me, sarei stata incompleta, per
sempre. E crescendo, il mio amore era cambiato, adattandosi a
quello che diventavo. Se quando era una bambina lo adoravo perché aveva
una pazienza infinita a giocare con me, e prendeva i miei giochi e i miei
scherzi più seriamente di quanto io stessa facessi,
quando cominciai a crescere mi accorsi che Jacob più
di un compagno era un fratello, un amico. E quando
sono diventata una donna ho capito che Jacob era
anche più di un amico: era destinato ad essere mio.
Ma nonostante tutto questo, non ero pronta ad
affrontarlo. Anche se a volte mi capitava di pensare
troppo spesso alla sua pelle, ai suoi occhi profondi e alla piega delicata del
suo labbro superiore, mi sembrava che l’eternità non l’avrei vissuta con
nessuno al mio fianco.
Sarei stata sola, e sarebbe
stata una scelta.
-Piccola, se c’è qualcuno in ritardo quella sei tu! Io ci metterò un secondo-. Mi guardò
ammiccando. Spaccone che non era altro.
-Vogliamo
vedere?- Voleva arrivare prima
trasformandosi. Ma se lui rispondeva al richiamo della
foresta, io avrei risposto al richiamo di un mille nove in garage.
-Non pensare di prendere la
macchina e correre! Potresti farti male!-. Mi aveva praticamente
letto nel pensiero, bastardo. E non era il solo, visto
che mio padre sbucò dalla porta con un’espressione scandalizzata.
-Jacob, per favore: corre già troppi rischi di suo, potresti
evitare di indurla al suicidio?-
Oddio
eccola che arrivava. La paternale
sulla sicurezza, per mio padre sarei dovuta andare in giro
rivestita di gomma piuma e accompagnata da un cane per ciechi.
-papà non sono
fatta di vetro, vorrei ricordarti!-
Mio padre mi guardò come se
fossi scema. –No Nes, non sei scema, ma non hai alcun
senso della misura e del limite, e vorrei evitare di doverti scollare da un
tronco d’albero come è successo…-
E adesso la storia del tronco. –Oh, per favore! E’
successo cinque anni fa e stavo prendendo la patente, ok? E non mi sono fatta niente, due giorni dopo era
identica a prima-
Jacob non potè evitare di fare la
sua parte. –Nessie, tesoro, tuo padre ha ragione,
devi andare più piano e magari cercare di rispettare i limiti, non si sa come…-
Mi era venuta un’improvvisa
voglia di andare a scuola. Palestrati, professori
ignoranti, chear leader,
edifici fatiscenti, avrei affrontato anche questo pur di cinque minuti in meno
di paternale sulla sicurezza. Sbuffai e zittii Jacob
con uno sguardo.
-Ci vediamo a scuola, ok? Vado da sola…devo passare a ritirare delle cose in
segreteria.-
E riuscii a sgusciare fuori di casa, finalmente in
salvo, prima che otto vampiri e un licantropo mi offrissero un passaggio.
Allora…grazie a
tutti per i commenti, siete stati davvero gentilissimi! Scusate se il primo
capitolo era assolutamente illeggibile, ma sono incapace con il computer, quindi
figurarsi con l’HTML, per cui abbiate pietà…
Per favore commentate!! Ho un bisogno FISICO di commenti, anche perché è la mia
prima fan fiction in assoluto e mi piacerebbe sentire
pareri di persone che ne sanno sicuramente più di me.
A presto genteee!!
Giuls