Videogiochi > Final Fantasy VII
Segui la storia  |       
Autore: Red_Coat    04/11/2015    4 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ELABORAZIONE DATI IN CORSO ...
CONNESSIONE ...

 
Il giovane 3rd piegò le ginocchia, abbassandosi verso il pavimento gelido e irregolare della grotta in cui si trovavano, levandosi il casco e sbuffando spazientito.
Occhi cerulei, capelli neri tagliati cortissimi e labbra sottili. Dimostrava poco meno dei suoi diciannove anni, eppure in quel viso giovane c'era  qualcosa che inquietava, quella luce determinata che lo faceva sembrare tutto fuorché un novellino entrato in SOLDIER appena qualche mese prima.
Di fra i suoi compagni di squadra era conosciuto molto bene come il più abile nell'uso della spada, e quello che passava la maggior parte del proprio tempo ad addestrarsi in sala di simulazione.
Sarebbe stato disposto anche ad uccidere ed essere ucciso pur di raggiungere i suoi obiettivi.
Per questo c'era già chi lo disprezzava e chi lo temeva, anche se tutti finivano per imitarlo nelle azioni che compiva, soprattutto in presenza del first al quale erano stati assegnati e del direttore.
Come allora, quando vedendolo concedersi un momento in una situazione così delicata, anche gli altri quattro si guardarono intorno e abbassarono le lame, sentendosi al sicuro.
Lui non li vide però. Rimase con gli occhi ed il pensiero fissi sul sentiero davanti a sé, sospeso sul cupo vuoto come un ponte tra uno spiazzo e l'altro, dove si era allontanato il suo Generale con altri due in un giro d'ispezione.
Proprio tra quegli anfratti si nascondeva un pericoloso manipolo di rivoluzionari antishinra, specializzati nella mimetizzazione e nel trasformismo e abilissimi in combattimento, che avevano dato non pochi problemi alla compagnia, tentando di infiltrarvisi.
Loro erano stati incaricati di stanare la banda, distruggere il loro covo e consegnare i responsabili alla giustizia, quindi questa, pensò con un po' di rabbia, avrebbe potuto essere la sua occasione per dimostrare quanto valeva.
Eppure come al solito l'eroe di SOLDIER aveva preferito portare con sé dei perfetti imbecilli che passavano tutto il loro tempo libero a spassarsela vantandosi  di essere sotto il suo comando invece di dimostrare davvero ciò che significasse esserlo.
Si era sentito frustrato, ma non aveva voluto darlo a vedere e aveva accettato diligentemente gli ordini: restare uniti ai quattro angoli di quell'arena di pietra, unica via di accesso all'uscita, per bloccare ogni eventuale tentativo di fuga.
Eppure erano già passate due ore, e non c'era la benché minima traccia né di Sephiroth e della sua squadra, né della banda di cospiratori che avrebbero dovuto catturare.
In compenso, tutto quel tempo passato a fare la guardia in piedi e immobile davanti al sentiero gli aveva fatto solo venire un gran male ai muscoli delle gambe e un nervosismo incontenibile in quelli delle mani che avrebbero dovuto stringere la spada.

          
            << Kuso! >> bofonchiò, appena percepito, strizzandosi le palpebre con le dita
 
La missione più inutile che avesse mai affrontato!
Di sicuro, tra un po' la squadra sarebbe ritornata con gli ostaggi in mano e loro non avrebbero dovuto fare altro che scortarli all'esterno.
Mer*a! Non era giusto! Sephiroth era stato totalmente ingiusto con lui! Perché continuava a far finta di non vederlo? Cosa doveva fare per attirare la sua attenzione, affrontare uno squadrone di wutaiani e sconfiggerli da solo?

Tsè! Ci avrebbe anche potuto provare, e forse riuscirci perfino, se solo fosse stato sicuro di ...
 
           << Giro di perlustrazione completato: esito negativo! >>
 
Con tono deciso e marziale, all'improvviso la voce baritona del Generale tuonò alle sue spalle questa sentenza, facendolo sobbalzare per lo spavento e spingendolo a rizzarsi velocemente in piedi.
Rapido e altero nel suo soprabito nero, Sephiroth si portò di fronte a loro, seguito dalle altre due reclute che lo avevano accompagnato, mentre lui riprese in fretta la sua posizione calandosi di nuovo la fastidiosa visiera a raggi x del casco di fronte agli occhi

          
           << Recluta Osaka, rapporto sulla situazione. >> ordinò, continuando a tenere alto il volto 
                 davanti a sé
            << Negativo signore! >> rispose prontamente il giovane, schiarendosi la voce << Non è

                 passato nessuno di qui. >> aggiunse, prendendosi il lusso di guardarlo di sottecchi da
                 sotto la visiera.
 
Tuttavia si morse la lingua pentendosene subito dopo, quando restando in silenzio il Generale gli restituì il favore, con un ghigno appena percepito sulle labbra sottili e rosee, fissandolo con quelle pupille feline così intensamente da riuscire quasi a mozzargli il fiato. Ne fu certo, soltanto loro due poterono vederlo.
Poi, l'albino tornò a guardare dritto davanti a sé e rimase in silenzio per diversi minuti.
Il giovane Victor vide due dei suoi compagni lanciargli occhiate sarcastiche, e promise tra sé che non appena fossero tornati a Midgar avrebbe fatto veder loro cosa succede a mettersi contro il nipote di un first ch'è praticamente cresciuto nei bassifondi.
Li guardò fisso, aggrottando le sopracciglia, e la rabbia nel suo sguardo dovette avere l'effetto di perforare la barriera sottile che li ricopriva, perché quelli abbassarono la testa deglutendo.
Ghignò, non accorgendosi neppure che il suo Generale lo stesse ancora osservando.
Era nervoso, okkey? Estremamente irritato e nervoso! Aveva dovuto contenersi per due ore e stare lì a fare il palo mentre gli altri si godevano il resto della passeggiata! E come se non bastasse forse i ribelli avevano già cambiato base ...
Che missione inutile! Un mero spreco di tempo.

 
            << Questa zona è sicura. >> decretò infine il first class << Procediamo ad ispezionare le
                 gallerie circostanti. Osaka a capo del secondo gruppo. >> ordinò, iniziando ad avanzare
                 lungo il sentiero
            << Si, signore! >> risposero tutti in coro, battendo i tacchi e accodandosi a lui

 
Victor in testa, fu l'unico che non ebbe paura di stargli alle calcagna, mentre le altre reclute a lui assegnate sembrarono aver recuperato l'invidia nei suoi confronti dal cassetto nel quale l'avevano sotterrata, pur non trovando neanche il coraggio di guardare il loro Generale negli occhi.
Camminarono insieme e a passo spedito fino in fondo alla strada, che li condusse di fronte ad una enorme parete rocciosa tempestata di buchi grandi e piccoli alla base.
Il giovane 3rd Osaka li fissò in silenzio, e dentro di sé benedisse ancora una volta il casco che gli permetteva di manifestare il suo disappunto almeno alzando gli occhi al cielo.
Oh, dannazione!
Era una caccia al topo infinita, avrebbero sicuramente finito per perdersi lì dentro, e questo sarebbe andato a vantaggio di quei maledetti che avrebbero pure potuto vantarsi di aver messo fuori gioco il miglior SOLDIER esistente.
Improvvisamente qualcosa si accese nella mente del giovane, come un lampo, proprio nel momento in cui dovette fermarsi a pochi passi dalla prima galleria.
Guardò Sephiroth, questi gli rivolse un primo vero sguardo scoccandogli un breve occhiolino, poi diede l'ordine e le due squadre si divisero.
Quel giorno, oltre a portare a compimento con pieno successo la missione riuscendo a catturare uno dei quattro capi dell'organizzazione e uccidendo altri sei membri, grazie ai muti consigli del suo Generale il diciannovenne Victor Osaka poté davvero vantarsi di essere suo sottoposto, ed imparò una lezione preziosa, maggiormente per ciò che avrebbe dovuto affrontare in un futuro ancora molto lontano.
A volte l'impazienza può essere nemica e maestra insieme.
Perciò non c'è nulla di più utile di un tempo morto per fortificare i propri passi, e prepararsi alla vera battaglia.

 
INTERRUZIONE DATI ...
 
- Victor Osaka riapri di scatto gli occhi riemergendo dal suo ultimo sogno, e con grande sgomento si accorse della sua miserabile realtà.
Ad occhi chiusi aveva rivisto SOLDIER, come sarebbe dovuto essere.
Si era ritrovato a camminare nei corridoi lucenti di metallo del HQ, circondato dai suoi commilitoni e radioso in volto, perché nulla era cambiato.
Angeal era ancora con Zack, spensierato e vivace come un cucciolo irrequieto, e Lazard in persona si era congratulato con lui per la sua nomina a first.
Suo nonno Mikio era venuto a trovarlo, lo aveva abbracciato fiero e gli aveva detto che non aveva mai avuto dubbi su di lui. Lui aveva pianto, poi era entrato in sala di addestramento e aveva iniziato ad allenare le sue nuove reclute, con dedizione e determinazione.
Infine, proprio quando era entrato in ascensore con la frenesia di raccontare ogni cosa a sua madre, lo aveva rivisto.
Sephiroth, il suo sguardo, quel sorriso di approvazione, quel ghigno appena percepito che soltanto lui sarebbe riuscito a cogliere.
Il ghiaccio nel suo sguardo che si scioglieva per qualche attimo solo per lui.
Lo aveva fissato ammutolito, incapace di una qualsiasi reazione

 
         << Di cosa hai paura, recluta Osaka? >> gli aveva chiesto, e per qualche istante la sua
              sagoma si era colorata di rosso, e il sorriso si era trasformato nel ghigno di quella terribile
              notte, a Nibelheim
 
Così, senza riuscire a fare altrimenti, di fronte ai visi sbigottiti di tutti e sotto l'approvazione del suo mentore, lui aveva piegato il viso sconfitto e gli si era inginocchiato, incominciando a piangere
 
         << Non te ne andare, Sephiroth. >> aveva mormorato, strozzato, chiudendo gli occhi e  
              iniziando a singhiozzare << Per favore, non lasciarmi da solo. Non così. Non tu. Io ...
              Sono niente ... senza di te. >>

 
Il Generale aveva quindi continuato a sorridere, fissandolo immobile dall'alto della sua posizione per qualche interminabile minuto.
Poi, felino, si era portato davanti a lui, e inginocchiatosi  alla sua altezza gli aveva stretto le spalle con entrambi le mani, puntando quegli splendidi occhi nei suoi.
Inchiodato a quell'istante, Victor aveva sentito di nuovo quel brivido lungo la spina dorsale, e aveva visto il riflesso dei suoi occhi cerulei  mutare, fino a sovrapporsi quasi completamente con quelli che lo stavano trascinando via dalla realtà in cui era caduto.
Tutto scomparve attorno a loro, sbiadendosi lentamente.
Zack, Angeal, Lazard, le reclute, il piano 46, e perfino suo nonno.
Ma lui non se ne accorse neppure, continuando a rimanere imprigionato nello sguardo del suo maestro e Generale come se non gl'importasse null'altro che averlo ritrovato.
Si fece nero attorno e sotto di loro, nero come le loro vesti, poi apparve il fuoco, le urla, i lamenti e i cadaveri.
Ma Victor continuò a non vederli, rafforzato dal tocco della mani del suo eroe su di lui, da quello sguardo ipnotico e forte, dal sorriso che pian piano si trasformava in quello che aveva già visto, la smorfia avida e crudele di quella notte

 
            << Non ho paura, Sephiroth. >> continuò allora, restando aggrappato a lui << Non ne ho.
                 Non ne avrò mai più. >> ripeté, supplicandolo << Resta con me, per favore. Resta. >>
 
Ed eccola allora. Quell'approvazione nello sguardo del suo amato mentore, quella soddisfazione quasi vittoriosa nell'udire quella supplica sentita, che si mischiava ai lamenti distinguendosi e perfino elevandosi al contempo da loro con perfetta armonia
 
            << Così sia ... >> gli disse, con la sua voce calda e suadente << Resterò.>>
 
E proprio in quell'istante, così come era venuto scomparve.
Lasciandolo da solo nel vuoto e nel silenzio.
Così si era ridestato, e ora non sapeva neppure se quel freddo che sentiva fosse dovuto al gelo di quella notte, o alla sensazione che gli ultimi istanti di quel sogno gli aveva lasciato.
Si guardo intorno, cercando di ritornare al presente, ma non fu affatto facile stavolta.
Sentì il magone stretto in gola come un cappio, e toccandosi una guancia con una mano ancora guantata di nero la scoprì umida di quelle lacrime che non erano mai state così reali.
Sentì l'elsa della sua katana sotto le dita della sua sinistra, posata sulla terra rossa della caverna nel quale aveva deciso di riposare, dopo due intere settimane di cammino ininterrotto.
Ricordò immediatamente la sua fuga da Gongaga, la miriade di sentimenti contrastanti che lo avevano inondato, la pazienza quasi surreale con i quali li aveva sopportati, quasi arrendendosi ad essi. Poi, un giorno, si era svegliato sommerso dalla luce della luna e aveva iniziato a soffrire come un pazzo, pregando, supplicando incessantemente il suo amato mentore di non arrendersi, di non darla vinta neanche alla morte, di lottare anche meglio di quanto avesse fatto fino ad ora.
"Troverò chi ha osato arrivare a tanto, Sephiroth. " aveva mormorato restando in ginocchio sotto l'argenteo corpo celeste " Scoprirò la verità, tutta quanta. E pagheranno fino all'ultimo briciolo della loro schifosa vita. Ma tu ... tu non cedere. Torna, Sephiroth.
Torna da me. Per restare, per sempre."
E così aveva continuato a ripetere, camminando a testa alta sotto ogni tipo di intemperia di qualunque intensità, ignorando il freddo, il caldo, l'umidità sulla sua pelle, riducendo a brandelli con una forza e una rapidità fulminee qualunque forma di vita gli bloccasse la strada e non fermandosi neppure per mangiare, bere o riposare.
Non pensò a nulla, non interruppe mai la sua preghiera neanche nel sonno, e continuò a guardare dritto davanti a sé sotto il sole di giorno, e verso la faccia bianca della luna che lo bagnava coi suoi raggi, seguendone la luce come un sentiero tracciato solo per lui.
Fino a quando, la notte appena trascorsa il suo corpo stremato chiese tregua e ai suoi occhi non si manifestò finalmente la sagoma del grande osservatorio spaziale del villaggio che stava cercando.
Cosmo Canyon.
Decise che avrebbe potuto fermarsi, e trovò rifugio in un anfratto nascosto che gli ricordava molto quello roccioso che aveva scoperto a Junon, coperto ma con un'ampia apertura sulla parete laterale che gli avrebbe permesso di guardare le stelle anche lì nascosto.
Non aveva toccato cibo, aveva bevuto solo un po' d'acqua di torrente presa lungo la strada e poi si era disteso contro il muro di pietra rossa continuando a pensare al suo Generale, pregandolo d'indicargli la strada giusta verso ciò che c'era da sapere, continuando a ripensare alle parole di quello spettro e del suo cristallo di Mako purissimo e piangendo, perché proprio quella notte la luna aveva deciso di non presentarsi a confortarlo, neanche lei.
Era stato forse merito di quella delusione, quel sogno? Oppure ... qualcosa era giunto da Lui, lì nelle profondità del pianeta?
Incapace di darsi una risposta, ma anche di dimenticare la sicurezza che il tocco del suo Generale  sulle sue spalle stanche gli aveva improvvisamente ridonato, sollevò stancamente la sua arma da terra e specchiandosi nella lama, macchiata ancora un po' del sangue delle creature che aveva stroncato nel suo giungere fino a lì.
Trattenne il fiato, guardando le palpebre feline che avevano sostituito le sue, e all'istante un nugolo di ricordi inondò la sua mente, anche se uno fra tutti lo fece emozionare quasi fino alle lacrime

 
“Guardaci. Non ti sei mai chiesto perché?”
 
Quella frase. Sephiroth che stringeva l'elsa e la sua mano nel suo guanto nero, la rabbia in quegli occhi.
Gli stessi dei suoi.

 
            << Gli occhi ... >> mormorò, quasi senza accorgersene, mentre la sua mano stringeva
                 l'elsa come fosse la vita del suo Generale e un altro ricordo si faceva pian piano strada
                 in lui
 
"Gli occhi sono lo specchio dell'anima, e anche la sua bussola."
 
Gli aveva detto quel ragazzo.
E ora, dopo aver pregato così tanto ... sarebbe rimasto?

Sephiroth sarebbe rimasto con lui, in quel senso? Non seppe dire perché lo pensò, probabilmente fu l'ipotesi più stupida che avesse mai potuto formulare.
Ma era una risposta. Come il lifestream dopo aver sognato suo nonno.
Era con lui. Sarebbe rimasto.
E, prima di ripartire, con quelle pupille il giovane ed ex SOLDIER 1st class conosciuto col nome di Victor Osaka si concesse il lusso di poter piangere, continuando a stringere l’elsa come la vita, con la tenace forza di cui era sempre stato capace.-

 
///
 
Va bene, ora di muoversi.
Ho pianto abbastanza in questi giorni, anche senza volerlo. Ho perso il controllo per avere di nuovo la possibilità di riacquistarlo, ho sentito una parte di Sephiroth connettersi a me, e ora so che devo crederci.
Non ho altro, non ho mai avuto altro nella mia vita. Ho sempre aspettato lui, sempre cercato, ammirato, sognato.
Sono partito per lui. Perciò ... andrò a Cosmo Canyon solo per far contento un amico, poi la verità su quel giorno sarà mia.
E chiunque ne sia stato il responsabile, qualsiasi sia stato il suo motivo, manterrò la promessa. Non avrò paura di ucciderlo anche a mani nude se occorrerà.
Nessuno può osare tanto, penso specchiandomi ancora nella lama. E, proprio nel momento in cui lo faccio, scorgo alle mie spalle un paio di occhi gialli scintillare minacciosi nell'ombra.
Hanno fame. Molta.
E io non ho voglia di essere il loro spuntino.
"Il dovere degli antichi è quello di prendersi cura di tutte le creature che popolano il pianeta."
Così ha detto quella donna nel tempio, ma ha dimenticato un particolare importante. Non sono un Cetra.
Sono l'allievo di Sephiroth.
 
///
 
-Rimase immobile, ad ascoltare il sommesso ringhio delle creature accovacciate in agguato alle sue spalle e contando gli occhi che scintillavano  riflettendosi  nella lama, per capirne il numero e  la posizione precisa.
Erano quattro grossi felini.
Uno nascosto dietro il mucchio di rocce al quale stava appoggiato, un altro dietro il cespuglio dinnanzi all'entrata della caverna e gli altri due dietro le colonne laterali, la sua seconda uscita di sicurezza.
Ghignò beffardo.
Lo avevano accerchiato, i bastardi.
E stavano aspettando il momento giusto per saltargli addosso.
"Tsè, inutili creature" pensò, poi rivolse un'ultima occhiata alle sue pupille sulla lama opaca, e infine si mosse.
Con rapidità si alzò in piedi, e come previsto le belve partirono all'attacco.
Quella dietro al cespuglio gli balzò addosso, la taglio di netto in due con un unico fendente che la fece atterrare pesantemente al suolo con un rantolo.
Al contempo, le altre tre lo attaccarono alle spalle ma furono fermate dall'onda d'urto della barriera col quale si era protetto, che le sbalzò violentemente contro il masso di rocce e le colonne dietro al quale si erano nascosti.
Barcollanti  si rimisero in piedi, ma ancor prima che avessero il tempo di tornare ad attaccarlo, Victor li fissò con un ghigno famelico e rapido gli si avventò  contro tempestandoli.
Taglio la gola ad uno, poi voltandosi affondò un colpo al petto dell'altro e, per ultimo, infilzò il terzo proprio mentre stava nuovamente balzandogli addosso, bloccando a metà il suo volo e scaraventandolo per mezzo della sua sottile lama contro la parete rocciosa alle sue spalle, con così  tanto impeto che riuscì perfino a sentire il rumore delle ultime ossa che si spezzavano assieme al suo acuto e straziante mugolio di dolore, prima di guardarlo ricadere esanime al suolo con un tonfo.
Quelle rozze, inesperte creature. Avevano davvero pensato di potersi nutrire di lui così facilmente?

Continuò a ghignare, osservando attentamente ciò che aveva compiuto. Fieri canidi dalla criniera di fuoco e la pelle violacea ridotti al silenzio, i loro corpi martoriati riversi in pozze del loro stesso sangue che continuava a grondare, totalmente privi ormai della loro fierezza.
"Guarda Sephiroth." pensò "Guarda attraverso i miei occhi. Così ridurrò chi ha osato sfidarti, chi ha voluto ucciderti. Lo sgozzerò come un cane di prateria, e ascolteremo insieme i suoi singulti mentre chiede perdono. Te lo giuro."
Poi, senza più perdere tempo, riprese con sé la borraccia di cuoio e fece per andarsene, passando di fianco alla carcassa agonizzante del felino a cui aveva inferto il taglio di netto in pieno ventre, e lì, all'istante, si fermò.
Gli rivolse un'occhiata di sbieco piena di disprezzo, poi nuovamente sfoderò rapido la sua arma e senza neppure guardarlo gli inflisse il colpo di grazia, in pieno stomaco, e affondando di più la lama nella carne subito dopo, per il sano piacere di farlo.
Un mugolio addolorato, sordo, poi il petto della creatura smise del tutto di gonfiarsi e la sua vita cessò, lasciandolo libero di ritirare la sua lama e  andarsene, non prima di averla accuratamente pulita sul suo manto violaceo ormai completamente lordo di terra e sangue.
"Succederà." ripeté "Devo soltanto trovare il colpevole."
 
***
 
­- Quando giunse a Cosmo Canyon, la luce del mattino rifulgeva pacifica.
La scalata era stata faticosa e ripida, ma nulla avrebbe potuto prepararlo al magnifico spettacolo che vide, una volta arrivato in cima.
Il cielo, così vicino da dare l'impressione di poterlo toccare con un dito, era limpido e terso, e di un azzurro così abbagliante da accecare.
Sotto le sue ali protettrici, la vita brulicava nel bel mezzo di quella landa desolata e desertica.
Un arco di legno in cima alla lunga scalinata scolpita nella pietra gli diede il benvenuto con un cartello, e al di là di esso una piccola, vivace cittadella scolpita nella sommità del Canyon più alto della zona.
Un villaggio pacifico, di studiosi e strani esseri dall'aspetto leonino con una fiamma che bruciava all'estremità della coda, e tatuaggi dal mero simbolismo tribale che apparivano spesso sul loro manto di un arancione acceso, spesso all'altezza dell'avambraccio. Erano felini, imponenti e affascinanti come quelli della loro specie. Eppure conoscevano e parlavano correntemente il linguaggio degli esseri umani, e i loro lucenti occhi verdi scintillavano di una luce più umana, completamente diversa da quella istintiva dei cani che aveva ucciso poco prima.
Uno di loro, un esemplare anziano, gli diede il benvenuto osservandolo con occhi saggi dall'ultimo gradino in cima, e nel rispondergli Victor notò alle sue spalle una grande pedana al centro di quella che doveva essere la piazza del villaggio, e su di esso un falò che bruciava con intensità sempre maggiore nonostante il sole che rifulgeva senza nessuna ombra servisse già da sé a riscaldare l'aria.

 
        << Dirò al saggio che siete giunto qui per lui. >> gli disse il felino, annuendo, poi lo invitò con
             un cenno del capo ad attraversare la soglia << Intanto il nostro villaggio sarà lieto di
             ospitarvi e proteggere la vostra incolumità, fino a che ne avrete bisogno.>>
 
Osaka smise di guardare le fiamme che ardevano in lontananza, e con un bieco sorriso annuì in silenzio fingendo gratitudine, per poi avviarsi a grandi falcate verso uno dei banchi che si affacciavano al focolare, alla ricerca di una camera in cui poter restare fino al sorgere delle tenebre.
 
///
 
Un giovane uomo vestito di scuro, con sottili pupille feline del colore vivo del lifestream.
Così gli era stato descritto il nuovo ospite dall'anziano esemplare ch'era venuto ad avvisarlo della sua precisa richiesta di vederlo. Tuttavia, quando lo raggiunse al falò quella mattina stessa non trovò  nessuno ad attenderlo, e neppure quel pomeriggio.
Il nuovo ospite si fece vivo al calare delle tenebre, uscendo dalla piccola porta scavata alla base del sperone di roccia.
Anche il vecchio scienziato era appena sceso a controllare, dopo aver passato ancora un po'  di tempo dietro il vetro del suo osservatorio.
I loro sguardi s'incontrarono a metà strada, e non appena quelle pupille scintillarono nel buio verso di lui, capì che non doveva essere per nulla che si fosse arrischiato fino a lì, dal posto in cui veniva.
Si riconobbero immediatamente, erano gli unici due umani in mezzo a quella che doveva evidentemente essere una tribù di creature feroci eppure intelligenti.
Il giovane fermò per qualche istante i suoi passi, scrutandolo a distanza, mentre lui si limitò a sorridergli da dietro le lenti nere dei piccoli occhiali tondi che portava sul naso.
Poi, il ragazzo alzò gli occhi al cielo e lo osservò intensamente, perdendosi nello spettacolo delle galassie di stelle che lo empivano, così vicine da poter essere visibili ad occhio nudo.
Il vecchio continuò a sorridere, riconoscendo in quella espressione la stessa di tutti gli studiosi che giungevano fin lì ammaliati  dalle stelle, e iniziò  lentamente ad avanzare verso di lui restando sospeso da terra grazie al suo piccolo e modesto mezzo di trasporto, un piccolo globo gravitazionale di un verde acceso. Era vecchio di più di cento anni ormai, la forza nei muscoli delle sue gambe si era affievolita come ci si sarebbe potuto aspettare fosse accaduto, a una simile veneranda età.

 
           << Dicono siate un grande conoscitore della vita su questo pianeta, Bugenhagen. >> esordì
                dunque l'ombra nera, i cui occhi continuavano a scintillare come quelle stelle
                nell'oscurità
           << Lo sono? >> chiese modesto lui << Oh oh oh! In realtà, c'è ancora così tanto da
                imparare. >> ammise poi, gli occhi brillanti di vita << Spero che Gaia mi conceda ancora  
                qualche anno assieme ai suoi figli, per questo. >>
 
A quelle parole, qualcosa di oscuro sembrò improvvisamente animare lo sguardo del suo interlocutore, che lentamente riportò la sua attenzione su di lui e lo scrutò, prima di ribattere torvamente
 
            << Ma chi è che decide quando è il momento di andarsene? Il destino? O si può davvero
                 sopravvivere a questo? >>
 
Il vecchio saggio carezzò pensieroso la lunga e folta barba bianca che ricadeva sulla sua veste blu, per nulla impressionato da quella rabbia e da quella domanda
 
            << Mmmh. >> bofonchiò << Sopravvivere? Intendi, opporsi? >>
 
Sulle labbra sottili del giovane si dipinse un ghigno. I suoi occhi scintillarono.
 
            << Oh oh. >> fece ancora lui, dopo quell'inquietante attimo di silenzio << E perché
                 dovremmo? Il lifestream non è altro che la stessa energia vitale che ci scorre nelle vene
                 ogni giorno. >> spiegò, congiungendo le mani sotto le lunghissime maniche del vestito  
            << Ci ha plasmati, e prima di noi altri. Nella morte e nella vita siamo tutti fratelli, tutti venuti
                 dalla stessa energia che ci ha modellati. Se non morissimo, nessuno nascerebbe più.
                 La gente lo chiama il cerchio della vita. >> concluse, annuendo

 
Osaka sorrise
 
            << Bugenhagen ... >> esordì, scrutandolo con attenzione << mi avevano detto ch'eri un  
                 uomo saggio.>> concluse poi, soddisfatto
            << Oh oh oh! Sono ancora troppo giovane per esserlo. >> rise l'altro, guardandolo e

                 strappandogli un impercettibile moto d'ilarità, poi aggiunse << Allora, soldato. Era
                 questo ciò che volevi sapere? >>
 
Il ghigno di Victor scomparì dalle sue labbra, e tornando a rimirare le stelle soggiunse torvo
 
            << Forse. Ma prima di ripartire stanotte, vorrei che tu mi raccontassi una storia. >>
 
Lo scienziato lo scrutò interessato, facendosi attento
 
            << Storia? >> chiese nuovamente
 
L'altro annuì, continuando a guardare il cielo
 
            << Mh ... >> bofonchiò, poi lentamente rivolse di nuovo la sua attenzione verso il suo
                  interlocutore, e proprio in quell'attimo i suoi occhi tornarono ad essere cerulei, con
                  una dissolvenza  << La leggenda dimenticata dei custodi del pianeta
                  Gaia. >> rispose << Tutto ciò che si sa sui Cetra. >>
 
Bugenhagen annuì profondamente, tornando a sfiorare la barba bianca con la mano coperta dal lembo di stoffa
 
             << Oh, capisco ... >> disse, poi si voltò e iniziò ad allontanarsi fluttuando sul suo mezzo
                   verso la scala che portava alla parte superiore della fortezza scavata nella
                   roccia << Allora vieni con me. >> lo invitò << Funziona meglio se te lo faccio
                   vedere. >> -
 
***
 
Lifestream.
Il flusso vitale che domina la vita.
L’anima del pianeta.
Da esso veniamo alla luce, in esso ci formiamo, e ad esso torniamo,
ricongiungendoci con chi lo ha fatto prima di noi.
Tutti, senza nessuna eccezione.
Siamo tutti Sue creature, doni per chi ci accoglierà.
Eppure, nonostante questo, non siamo diversi da ciò che torneremo ad essere,
da ciò che eravamo prima di essere.
Dentro di noi, la vita si muove in un flusso, una corrente
simile a quella che ci ha partoriti.
Pulsa direttamente dal nostro cuore, circola nelle nostre
vene, instancabile.
 
<< Sangue … >>
 
È ciò che ci tiene in vita.
Per anni abbiamo creduto fosse l’unica cosa che ci legasse
al nostro destino, quella che univa tutte le creature
sulla superfice del mondo …
 
<< Tuttavia …? >>
 
Ignoravamo ancora qualcosa,
quel segreto nascosto dentro di noi che ci permetteva
di comprendere ed usare le risorse del pianeta,
anche se in misura molto limitata, e per scopi a volte crudeli.
Eppure,
ci sarebbe bastato ascoltare la saggezza dei nostri avi, per
conoscerne il significato.
 
<< … I Cetra … >>
 
Antichi.
Così li abbiamo chiamati, perché la loro memoria si è dissolta
ormai da talmente tanto tempo,
e pochi sono i brandelli che sono sopravvissuti fino a noi.
Troppo pochi.
I Cetra.
Esseri umani che avevano capito la loro vera natura,
e avevano imparato ad usarla al pieno delle loro capacità,
 per ripagare il pianeta del dono che Esso aveva loro fatto.
All’apice della loro conoscenza,
prima della loro estinzione,
un nutrito gruppo dei loro saggi lasciò scritto alle generazioni future
tutto ciò che avevano imparato,
in un libro di scienza e memorie.
Per mezzo di esso, ci fu rivelata la verità.
 
<< Quale? >>
 
… Il nostro spirito …
non ha mai reciso il cordone che lo legava alla terra.
Al momento della nostra nascita, il pianeta
ci donò un frammento di sé, una seconda e più placida corrente
che scorreva parallela a quella che avevamo acquisito,
nascosta tra le pieghe dei nostri sentimenti, del nostro io più profondo,
della nostra complessa ed elaborata mente.
Così, una parte del flusso vitale dal quale eravamo stati generati
continuava a scorrere in noi, anche dopo che lo avevamo
lasciato, e fino al momento in cui vi saremmo ritornati.
Tuttavia, solo imparando ad ascoltarla,
riunendoci con lo spirito che ci portiamo dentro
e riacquistando quel forte legame che abbiamo perso al principio,
avremmo potuto di nuovo essere
 
<< … Come loro … >>
 
 … Usare quel potere, per guarire il nostro grande Genitore
dalle ferite che gli avevano inferto
coloro che non avevano più voluto ascoltare la sua voce.
Far germogliare la vita, lì dove non sarebbe stato più possibile.
E difenderlo, da chi avrebbe cercato di ferirlo ulteriormente.
Era questo che i Cetra facevano, a questo erano devoti.
Migranti, come la terra promessa alla quale anelavano.
Ecco … la loro leggenda dimenticata.
O almeno, tutto quello che so.
 
///
 
Le proiezioni fino a quel momento fluttuate in aria dal motore sferico del planetario si dissolsero nell’aria, la pedana si abbassò lentamente, e nella piccola stanza in cui erano rinchiusi tornò a regnare la flebile luce delle lampade appese al soffitto.
Victor rimase muto per un lungo, interminabile istante, continuando a guardare in su, verso il luogo dove quelle parole si erano animate in quei pochi minuti, e nella sua mente all’improvviso si fece giorno.
Il potere di controllare il Lifestream.
Collegato alla sua mente.
Era quella la chiave per poterlo usare. Qualsiasi cosa la sua mente avrebbe ordinato, gli elementi lo avrebbero ascoltato.
Non era magia. Era la sua volontà.
 
          << Ora ragazzo, perdonami l’imprudenza. >> esordì il vecchio scienziato, sedendosi sul suo
               globo verde << Perché a un SOLDIER interessano simili storie? >>
 
Perché?
Certo, perché? Perché quello era ciò che sarebbe diventato, ciò che era sempre stato.
Era la chiave. L’immenso potere di cui avrebbe potuto servirsi, per essere qualsiasi cosa al momento giusto, la furia che avrebbe potuto scatenare contro chi avesse tentato di impedirgli il cammino.
L’assassino di Sephiroth era spacciato. Genesis era spacciato. E chiunque avrebbe osato far del male a una qualsiasi delle persone a lui care … avrebbe visto l’intero globo cadergli addosso, e le forze della natura muoversi insieme in una danza di morte al suo volere.
Con quello stesso potere avrebbe protetto e curato chi amava, avrebbe creato per loro un mondo nuovo e gli avrebbe regalato lo spettacolo di una natura che si esibiva armonica, in tutto il suo splendore.
Certo, ci sarebbe voluto del tempo, forse molto per imparare. Ma grazie a Sephiroth lui aveva imparato ad essere paziente, e questo viaggio lo avrebbe aiutato. Fino a che … non sarebbe riuscito a scoprire tutte le ampie sfumature di questa importante eredità, e stringerne in mano i fili come se quello stupido pianeta non fosse altro che una creatura legata inesorabilmente alle sue dita.
Ghignò. “Ora capisco … “pensò, tornando indietro con la mente alla tempesta in mare aperto, alle violenti piogge, a Zoloom e agli ostacoli che aveva trovato lungo il percorso “Adesso. Adesso capisco tutto, grande, grosso e millenario figlio di p#@*§na.”
Grazie a questa conoscenza non sarebbe mai più stato inerme, finalmente. Avrebbe potuto decidere da sé il suo destino, e quello di tutti coloro che incrociavano la sua strada.
Sarebbe stato capace di ribellarsi a quell’assurdo girotondo inutile, e chissà cos’altro.
Non ne aveva idea adesso, ma il pianeta lo sapeva già. Molto bene.
E stava cercando in ogni modo d’impedirgli di giungere alla verità. Quale?
I suoi occhi ricaddero sulle sue mani, inerti al suo fianco, e un sorriso si dipinse sulle sue sottili labbra pallide mentre nella sua mente risuonò ancora una volta quella splendida, suadente voce. La Sua
 
“Tu meriti più di questo, Victor!”
 
“Sephiroth …” pensò, stringendo il pugno come ad afferrare quella ritrovata e meravigliosa consapevolezza “Non importa cosa sapevi di me, non m’interessa più. Avevi ragione. Su tutto. Con questa forza, insieme … non saremo più diversi. Mai più soli.
Saremo speciali.
E tutti gli altri ... dovranno chiedere perdono. Tutti quelli che proveranno ad impedircelo.”
Incluso quello schifosissimo stramaledetto pianeta.








 



NOTE DELL'AUTRICE: Prima domanda. Vi piace il Victor in versione Cetra dell'immagine a fine capitolo?
Non credo scriverò mai una scena con lui che indossa questi abiti, ma tempo fa avevo salvato questa foto nel pc proprio perchè mi sembrava perfetto rappresentarlò così, a metà tra Cetra, umano e SOLDIER (non so se si vede, ma i contorni dorati del mantello sulle sue spalle mi ricordano proprio le divise formali dei militari *_*) e visto che io volevo assulatamente mostrarvelo e che in questo capitolo Victor ha definitivamente scoperto tutto quello che c'era da scoprire sulla sua identità Cetra e sul suo legame col pianeta, mi è sembrato il momento più adatto. Inoltre, appare sfocato perchè per il momento non è ancora molto potente, ma non ci vorrà molto prima che inizi a darci problemi, e anche grossi ...
Ah, e memorizzate quell'espressione, perchè anche se adesso non sembra probabilmente nel corso della storia finirà col diventarvi inquietante. Vi dico solo questo, non aggiungo altro.
Detto questo, abbiamo definitavamo ultimato i tempi morti. Adesso da qui alla fine di Crisis Core sarà tutto in discesa, e ne vedremo delle belle. Mi scuso pubblicamente con tutti voi per non essere riuscita neppure questa settimana a rispettare la data di scadenza, è che ho lavorato troppo e ho avuto poco tempo per definire il capitolo e scriverlo, ma spero che sia riuscita a farmi perdonare.
Bene, ho finito il mio sproloquio, ora aspetto di sapere che ne pensate e nel frattempo proseguo con la stesura della storia. Si prospettano tempi duri per Strife, il nostro moretto mezzo Cetra sembra molto male intenzionato :S 0_0
Bye, a martedì e un grosso bacio a tutti :*
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: Red_Coat