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Autore: Emmastory    06/11/2015    3 recensioni
Farebury. Un piccolo villaggio dell'Inghilterra dimora di molti abitanti. Nell'anno 1615, si trova ad ospitare la famiglia della giovane Miriel Finnegan, che a causa di una tragedia, perde tutto ciò che possiede, ritrovandosi costretta a nascondere un recondito segreto che dimora unicamente nel suo sangue, ovvero l'essere parte di un'intera stirpe di streghe.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sangue di strega'
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Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo IV
Malcontento popolare
La buia e fredda notte pareva non aver fine, e rimanendo intrappolata in uno stato di dormiveglia, ripensavo alle parole di Minerva. Aveva ragione, ed io avrei dovuto nascondermi. Ad ogni modo, dovetti confessare che il contatto della docile aria con i miei capelli color del fuoco mi mancava, così come il solletico della fresca erba sulla mia pelle. Per tale e semplice ragione, attesi l’arrivo del mattino, per poi scegliere di prendermi una pausa dal lavoro e provare ad avventurarmi nel villaggio per una semplice e innocua passeggiata. Camminavo tranquilla, godendomi la frescura mattutina e il calore del sole sulla mia pelle, ma ero completamente all’oscuro di ciò che mi sarebbe accaduto con il passare del tempo. Fra un passo e l’altro, pensavo, arrivando poi ad una ponderata conclusione. In memoria dei tempi andati, mi sarei recata in chiesa a pregare. Così, evitando di arrestare il mio cammino, la raggiunsi. Non appena entrai, mi misi alla ricerca di una panca vuota su cui sedermi e ascoltare attentamente le parole del prete, ma qualcosa andò storto. Il mio sguardo si incrociò con quello del monaco che aveva visitato il mio negozio tempo addietro, e a quella vista, raggelai, provvedendo subito a stringermi nella giacca che portavo e abbassando gli occhi nel tentativo di nascondere il viso, chiave del mio vero essere. Per mia mera sfortuna, fallii nel mio intento, e un cupo silenzio piombò nella chiesa. Tutti i presenti si voltarono a guardarmi, e molti sembravano aver paura di me. Per qualche strana ragione, i miei occhi sembravano brillare di luce propria, e tale situazione non era d’aiuto. La funzione religiosa era ormai stata interrotta, e improvvisamente, ecco la goccia che fece traboccare il vaso. “È una strega!” gridò un bambino accanto a sua madre, notando l’innaturale splendore dei miei occhi e il marchio a forma di stella sul mio braccio. Di lì a poco, la confusione più totale. Le persone mi fissavano con odio, additandomi e scegliendo di insultarmi. Colta alla sprovvista, mi guardai intorno, per poi prendere una veloce ma saggia decisione. Dovevo assolutamente fuggire. Per opera di quello che consideravo un fato maligno, ero appena stata scoperta da un’intera folla di persone, e fuggire era la mia unica speranza. Così, scattando in piedi come una molla, decisi di avviarmi subito verso l’uscita della chiesa stessa, sperando di evitare le percosse e gli insulti della gente. Correvo a perdifiato per i sentieri del villaggio, ma non ero abbastanza veloce da sfuggire ai miei aguzzini. Difatti, venni raggiunta da alcuni uomini, i cui animi sembravano carichi di odio e astio nei miei confronti. Personalmente, mi ritenevo una ragazza coraggiosa, ma per qualche strana ragione, non potei evitare di tremare alla vista di un uomo che brandiva minaccioso un forcone. Avvicinandosi, me lo puntò dritto al collo, ma con uno scatto a dir poco felino, riuscii ad evitarlo. In quei momenti, mi muovevo solo grazie alla forza della disperazione. Guardando i miei assalitori con occhi pieni di paura, tentai di fuggire, ma caddi inciampando. non appena mi voltai. Ogni mio tentativo nel rialzarmi fu inutile, poiché persi i sensi. Il tempo sembrò fermarsi, e al mio risveglio, mi ritrovai disorientata. Aprendo gli occhi, non vidi che il cielo, ora leggermente scurito dal tetro imbrunire, e rabbrividii di fronte a ciò che vidi. Ero stata legata, e le corde mi impedivano qualunque movimenti. Non desiderando altro che la mia libertà, iniziai ad urlare e dibattermi, scoprendo che tali azioni non deposero a mio favore. Fu quindi una questione di meri attimi, ed io iniziai a sentire caldo. Istintivamente, abbassai lo sguardo, notando quindi con orrore che le genti del villaggio avevano una sola intenzione, ovvero quella di bruciarmi viva. Il terrore che provavo era indescrivibile, ragion per cui, chiusi gli occhi. Subito dopo, il buio sembrò avvolgermi, regnando attorno a me. In quel preciso istante, lasciai che i ricordi mi affollassero la mente, per poi versare un’amara e fredda lacrima in attesa del compimento del mio destino. Ad ogni modo, mi sforzai di rimanere calma. “Raggiungerò mia madre.” Pensai, parlando con me stessa e rimembrando la sua morte, avvenuta in circostanze simili a quelle che mi ritrovavo di fronte. Per un singolo istante, temetti che fosse davvero finita, e recitai le mie preghiere nel più completo mutismo, ma poi, la situazione parve ribaltarsi. Difatti, un urlo squarciò il silenzio, e tutti si voltarono, spostando i loro sguardi dal mio viso a quello di una giovane ragazza dai capelli biondi e gli occhi color nocciola. “Lasciatela andare! Gridò, frapponendosi fra me e l’intera folla, e impedendo che un ennesimo colpo mi venisse inferto. “Lei non è una strega!” aggiunse, guardando fissamente ognuna di quelle persone e sperando che le dessero ascolto. Quasi ignorandola, un uomo la spinse con violenza, e nel tentativo di difendersi, una ferita sul polso della mia aiutante si aprì. Poco dopo, sbiancai. La ferita della ragazza stava sanguinando, ma in lei c’era qualcosa di diverso. Difatti, il suo sangue non era del caratteristico colore rosso vivo, ma si presentava nero, proprio come il mio. Tacendo la mia scoperta, provai nuovamente a muovermi, scoprendo finalmente di riuscire a farlo. Con velocità incredibile, quella ragazza era riuscita a slegarmi, ponendo quindi fine alla mia tortura. Istintivamente, mi avvicinai per aiutarla, e subito dopo la vidi coprire la ferita con una mano. “Vieni con me.” Mi disse, guardandomi negli occhi. Mantenendo il silenzio, rimasi immobile, per poi vederla afferrarmi un polso e iniziare a correre trascinandomi con sé. Dopo quanto mi era accaduto, ero troppo spaventata per parlare, ma ad ogni modo, qualcosa mi spingeva a fidarmi di lei. Continuando a seguirla, mi lasciai condurre in un luogo apparentemente isolato, e solo dopo aver raggiunto la nostra destinazione, lei decise di parlarmi. “Ti ho salvata, ma ho capito una cosa. Io e te siamo uguali, e dobbiamo trovare Minerva.” Disse, mostrando il marchio a forma di stella che aveva sul polso. Per qualche strana ragione che inizialmente non compresi, era uguale al mio, e riflettendo, capii che anche quella ragazza doveva forzatamente essere una strega, e che apparteneva alla mia stessa stirpe. “La conosco, ma non so il tuo nome.” Risposi, tentando di non apparire tesa come una corda di violino. “Sono Astrid.” Continuò, sorridendo debolmente e guardandomi negli occhi. “Sei in pericolo, e dobbiamo andare.” Aggiunse, prendendomi nuovamente per mano e invitandomi a seguirla. Stringendomi nelle spalle, acconsentii, iniziando quindi a camminare al suo fianco. Mentre ero nell’atto di farlo, posai distrattamente il mio sguardo sulla sua mano, notando che la ferita che aveva sul polso sembrava essere scomparsa. In quel momento, dovetti ammettere di essere sospettosa, ma tacqui concentrandomi sul mio cammino. Poco tempo dopo, raggiungemmo la casa di Minerva, rimanendo entrambe allibite da ciò che avemmo la sfortuna di vedere. L’intera casa era in disordine, e sembrava che fosse appena passato un tornado. Guardandomi attorno, deglutii sonoramente, scoprendo qualcosa di perfino peggiore. Il corpo di Minerva giaceva steso ai miei piedi, e lei sembrava non respirare. “Guarda.” Dissi ad Astrid, invitandola ad abbassare lo sguardo. Contrariamente a me, lei non si scompose. “Aiutami.” Disse, mentre tentava di sollevarla e portarla al sicuro. Senza proferire parola, annuii, afferrando il corpo di mia sorella per le spalle e trasportandolo fino alla camera da letto. “Per fortuna sta bene.” Continuò Astrid, in tono serio. A quelle parole, non risposi, limitandomi a mostrare un debole sorriso. Appena un attimo dopo, sentii che nell’aria aleggiava uno strano odore. Confusa, guardai Astrid, che notando il mio smarrimento, decise di erudirmi. “Un incendio.” Biascicò, quasi non volendo che io la sentissi. Ad ogni modo, quelle due singole parole mi fecero letteralmente sussultare. Un fiume di ricordi esondò all’interno della mia mente, portandomi a ricordare il mio passato. “E adesso?” chiesi, attendendo una risposta e temendo per la salute di mia sorella.” Spostando il suo eloquente sguardo su di me, Astrid non parlò, limitandosi a posare una mano sul petto di Minerva. Tacendo, osservai senza fiatare, per poi assistere ad una scena eclatante. Improvvisamente, la mano di Astrid iniziò a risplendere, e grazie a quel tocco Minerva parve riprendersi e riacquistare le forze. “Dove sono? E cosa ci fate qui?” chiese, guardandosi intorno e notando la nostra presenza nella stanza. “Sei svenuta a causa di un incendio, e abbiamo deciso di aiutarti.” Dissi, sperando di riuscire a soddisfare la sua curiosità. “Tu stai bene? Sei ferita?” mi domandò, attendendo una risposta. “Gli umani del villaggio mi hanno scoperta, ma Astrid mi ha salvata.” Continuai, regalandole un sorriso. Poco dopo, Minerva ripetè quel nome con voce flebile, guardandosi attorno in maniera alquanto circospetta. “Grazie, le disse, dopo essersi sincerata della sua presenza. “Come hai fatto?” le chiesi, alludendo al precedente gesto e venendo nuovamente colta da un momento di confusione. “È tutto merito di questa gemma.” Rispose, indicando lo smeraldo che portava al collo. “Chi sei?” continuai, animata unicamente dai sospetti che nutrivo nei suoi confronti. “Sono una strega come te e Minerva, e sono vostra sorella.” “Cosa?” esclamammo noi due, parlando quasi all’unisono. “È la pura verità.” Aggiunse Astrid, avendo cura di non perdere la calma. In quel momento, i ricordi del mio passato tornarono a farmi visita, ed io non potei che sorridere. L’abbraccio che seguì quell’istante fu fortissimo, ed io potei finalmente essere certa di aver recuperato ciò che avessi di più caro a questo mondo, ovvero la mia intera famiglia. Sembrava incredibile, eppure tutto era vero. Non ero più sola, e il malcontento popolare, unito ad una concatenazione di eventi, era bastato a riunirmi alle mie amate sorelle, che credevo di aver perso in quel giorno così nefasto.
   
 
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