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Autore: hirondelle_    07/11/2015    3 recensioni
[Ristesura di "Destiny"]
[Alla luce di quanto mi è pervenuto dalle vostre gradite recensioni, ci tengo a specificare che questa NON È una storia romantica, ma la descrizione di un ABUSO (come ho voluto indicare nelle avvertenze). Grazie dell'attenzione!]
-§-
Sente il suo profumo dolce, le dita sottili che gli accarezzano la pelle, percorrendo gentilmente tutta la lunghezza del suo corpo. Chiude gli occhi, percepisce i brividi ad ogni singolo tocco, un solletico malefico e ripugnante penetrare attraverso la pelle e andare dritto ai nervi: Reize sente una parola nella sua testa. Una parola che non si sarebbe mai azzardato a pensare: nella sua mente è pronta per uscire e distruggere il mondo. La pronuncia, sbarrando gli occhi.
… no.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Paranormal'
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DESTINY XIV

Si sveglia piano, chiudendo subito gli occhi appena la luce del sole penetra attraverso le palpebre accecandolo con il suo bagliore. Si gira dall’altra parte mugugnando, le catene tintinnano. Realizza solo in seguito di trovarsi sul letto del Lord: si mette seduto ancora assonnato, e cerca di focalizzare per bene la figura davanti a sé. Il Lord si sta vestendo, deve andare al lavoro: si sistema i gemelli con cura, si annoda piano la cravatta. A vederlo così, non sembrerebbe neanche il suo padrone. Lo schiavo si limita ad osservarlo nel suo aspetto elegante e curato: un ministro, così gli ha detto Atsuya. È per questo che ha sempre da fare. Chissà poi cos’è, un ministro.
Quando Kira si avvicina lo schiavo istintivamente si ritrae, affondando i gomiti sulle lenzuola pulite. L’uomo fa un sorriso di scuse, si ferma, poi si china su di lui appoggiando le mani sul materasso. – Posso?
Midorikawa non ha nemmeno il tempo di chiedere spiegazioni che il Lord lo bacia piano, assaporandolo lentamente. Sembra quasi stanco, senza energie, come se con quella notte Reize gli avesse strappato anche il cuore. 
- Hai visto? – mormora il rosso accarezzandolo piano, il viso tanto vicino che sembra volerlo baciare un’altra volta. – Ti ho lasciato qualche biscotto.
Ryuuji lo osserva confuso, poi il suo sguardo si posa sul vassoio sul comodino: è più grande. Senza capire, ne prende uno. Solo in quel momento si rende conto che non ne ha mai assaggiati in vita sua.
 - Puoi usare il mio bagno, se lo desideri. – sussurra il Lord voltandosi e camminando con muta eleganza verso la porta. – Torno presto oggi. Fatti trovare con il tè pronto, diciamo verso le cinque.
Reize annuisce anche se è consapevole che il Lord non può vederlo: è già uscito e lo schiavo può sentirne i passi affrettati lungo il corridoio e poi giù per le scale, come i piccoli rintocchi di un orologio immersi nel silenzio della notte. 
Non si alza subito. Lascia che il sole sorga e gli illumini la pelle, accarezzi gentilmente le lenzuola stropicciate e infine si rifletta nella specchiera nell’angolo. Socchiude gli occhi e li riapre, e sta immobile per secondi, minuti, ore interminabili. Pensa che si sveglierà presto dal sogno, eppure non può trattenersi dal piangere.
Quando Atsuya entra silenziosamente poco dopo, lo trova ancora seduto sul letto con le mani premute sugli occhi. – Che cosa gli è successo? –chiede singhiozzando, come se il ragazzo davanti a lui avesse una risposta.
Il domestico non dice niente e si limita a posargli una mano sulla nuca, accarezzandolo lievemente. – Ce l’hai fatta, credo. Mio fratello non c’era riuscito.
Reize non capisce. Glielo dice, tremando convulsamente, aggrappandosi forte a lui come se fosse l’unico appoggio su cui possa contare. Gli sembra tutto così assurdo, così sbagliato: piange e non sa perché. Piange e vorrebbe solo scomparire, pur di non vedere ancora quello sguardo svuotato di ogni umanità. 
La voce di Atsuya gli arriva calma e amica all’orecchio, ora più che mai. – Lo stai cambiando. Non so come, ma lo stai cambiando. Shirou ci sperava così tanto, di poter plasmarlo, di poter aiutarlo. Era sicuro che lo avrebbe trascinato via dal suo passato di violenza e dolore. Non ce l’ha fatta. Lui era troppo debole. Ma tu...
Un singhiozzo trattenuto sulla sua spalla lo fa tremare da capo ai piedi. Lo schiavo è sicuro di non averlo mai visto in questo stato, non davanti a lui.
Ricordare uccide, realizza sbigottito, ma è l’unica cosa che ci rende umani. 

Per tutto il tempo in cui il Lord è assente, Ryuuji rimane seduto sull’erba e fissa il cielo, incurante degli sguardi delle contadine. Si distende, distante, assorto, contemplando distrattamente il procedere lento e inesorabile del tempo sopra di lui. Per ore intere non sente altro che il frusciare leggero degli steli mossi dal vento e dalle mani avvizzite delle operaie. Lo sbuffare leggero dei cavalli rinchiusi nelle stalle arriva appena ovattato dal chiacchiericcio incomprensibile degli uomini al lavoro. Sconosciuti, come sconosciuta è la sua presenza in quel luogo: poche volte lo hanno intravisto nei suoi miseri mesi di permanenza nella villa. Sono occhiate curiose quelle che gli rivolgono, commenti frivoli alla sua mente sorda a qualsiasi minaccia. Ryuuji allunga le dita e gli sembra di poter toccare il cielo.
-    Non ci vediamo da un po’, mi sembra. 
Alza di scatto la testa, ma non avverte nessuna presenza. Per un attimo si chiede se a parlare è stata Fuyuka: la cerca con gli occhi gonfi, voltandosi da ogni parte. Girandosi, incontra invece gli occhi di Natsumi che lo spiano divertiti dalla porta sul retro; si alza di scatto, arrossendo senza motivo: si era completamente dimenticato di lei. - Natsumi! - esclama, sovrastando la sua risata divertita. - Natsumi... Io... Mi ero completamente dimenticato di te! 
La donna gli si avvicina si siede accanto a lui, continuando a sorridere. “Non posso certo fartene una colpa, è da tanto che non mi faccio vedere.”
Ryuuji annuisce, senza però nascondere la vergogna: non si è minimamente accorto della sua assenza e questo lo fa sentire addirittura peggiore. - Scusami. - sussurra abbassando la testa. – È che sono successe un sacco di cose... Non mi sento bene.
La domestica gli appoggia una mano sulla nuca, accarezzandolo con fare materno. - Atsuya mi ha detto tutto. - mormora, e Ryuuji avverte un brivido quando la donna lo stringe a sé e lo abbraccia senza bisogno di chiederglielo. - Quello che è successo... -comincia, ma lascia la frase a metà e Ryuuji ne è grato: ricambia la stretta e si fa avvolgere dal suo calore. - Vorrei non essere mai nato .- confessa, le lacrime che minacciano di fuoriuscire dai suoi occhi lucidi e il tremore che si fa sempre più intenso. - Non dirlo neanche per scherzo. - si sente rispondere, ed è a quel punto che Ryuuji crolla di nuovo e si mette a piangere sulla sua spalla.
Natsumi lo stringe per tutto il tempo. È calda e viva contro il suo corpo, talmente tanto che lo schiavo si sente morto dentro. - Non lasciarmi andare - mormora contro la sua spalla, e ci vuole davvero troppo tempo prima che si riprenda da tutto quel dolore.
-    Va meglio? - gli chiede, quando lo sente scostarsi un poco, a forza.
-    Sì - mente, e si asciuga gli occhi stanchi di pianto.
È quello il momento in cui Natsumi gli prende il viso tra le mani rovinate e gli appoggia le labbra sulla fronte in un bacio puro. - Sai, questo è il mio ultimo giorno qui. - mormora, scostandosi e sorridendo gentilmente.
Ryuuji sbarra gli occhi e la fissa. - Ma che stai dicendo? Ti ha licenziata?
-    Non proprio - Natsumi scuote i capelli rossi e fissa l’erba sulla quale è seduta. Strappa un filo d’erba, cupa. - Non proprio. Sai, credo ci sia un motivo preciso per il quale mi hai dimenticata così velocemente.
-    Non capisco.
-    Comprendo cosa provi. Nemmeno io ho ben capito la situazione.
Improvvisamente Ryuuji si sente scosso da un brivido. Il suo sguardo è puntato sulle mani della donna, che iniziano lentamente e sistematicamente a intrecciare fili d’erba tra di loro. Sembra totalmente assorta da quell’operazione. All’improvviso lo schiavo intuisce.
-    Natsumi?
-    Sì?
-    Tu sei morta.
-    Credo di sì.
Lo schiavo le alza delicatamente il mento, sfiorandolo appena con le dita. Le sono comparse profonde occhiaie e il viso sembra essersi fatto più scarno, violaceo. Dai suoi occhi iniziano a sgorgare scure lacrime di terrore. - Sono morta... Vero Ryuuji?

Si sveglia di soprassalto, consumato dal sudore e dalla paura. Il contatto con il legno duro del tavolo è l’unico contatto che lo riporta alla realtà. – Atsuya? – chiama, e non si accorge di star piangendo. – Oddio Atsuya, Atsuya!
La voce del domestico gli arriva alle orecchie quasi come una sorta di liberazione. Reize esce dalla cucina, tremante come una foglia. Nel buio, riconosce a malapena il profilo delle scalinate che gli si stagliano di fronte. – Atsuya dove sei?
-    Ti ho detto che sto lucidando l’argenteria. Non disturbare, poltrone!
Reize si affaccia all’interno della sala da pranzo, quasi totalmente inutilizzata, e in effetti il domestico si sta occupando degli oggetti impolverati accuratamente disposti sulla mensola. È un’azione che non gli vede mai fare. Confuso, osserva i suoi movimenti lenti e ipnotici, ascoltando il suono amplificato dei suoi gesti sui piatti d’argento.  – Atsuya, dov’è Natsumi?
Atsuya si volta nella sua direzione, rivolgendogli un’occhiata bieca. Sulle sue labbra si forma un sorrisetto strano, beffardo. – Tu dove pensi che sia?
Ryuuji si blocca per un secondo, l’espressione instupidita. È troppo confuso per parlare. Sbatte gli occhi, concentrandosi sull’immagine che si fa sempre più sfocata. – Come scusa?
Il domestico non risponde, o almeno non lo sente. L’immagine si fa sagoma, poi un indistinguibile fascio di colori scuri, inglobati dal buio opprimente. Lo schiavo si appoggia allo stipite della porta, la testa gli gira vorticosamente. – Io... Io non lo so. Non lo so più.
Non comprende quale istinto lo costringa a voltarsi dall’altra parte, attirato dal fragore di una miriade di cocci di vetro, e a riportare poi lo sguardo nella stanza deserta. Ma il domestico non c’è più. È come se in effetti non fosse mai stato in quella sala. Poi le nota: orme nere d’inchiostro imbrattano il pavimento fino alla porta dove è rimasto accasciato per tutto il tempo e continuano oltre, alle sue spalle. Un brivido gli percorre la spina dorsale, e un urlo gli irrompe in gola con la forza esplosiva della disperazione appena sente due mani premere con forza contro la sua bocca.

-    Cristo Reize, stai un po’ calmo!
È intrappolato tra le lenzuola da un bagno di sudore. Incontrollato, lo schiavo si rigira forsennatamente ancora per un po’ prima di realizzare che quello che ha gridato quelle parole pregne di spavento è stato Atsuya stesso. Calmandosi e incontrando il suo sguardo grigio, non può fare a meno che ricambiare terrorizzato.
Il domestico gli sta vicino fino a che non riesce davvero a riprendersi. Non lo tocca, non dice niente: piano, il respiro di Reize sembra farsi regolare e calmo. Cautamente, lo vede girarsi dall’altra parte, chiedendosi probabilmente se quella non sia la continuazione di un altro orribile incubo.
-    È tutto il giorno che stai così... – osserva solo Atsuya, ma non aggiunge altro e presto torna alle sue faccende, lasciandolo solo ad affrontare la pozza nera di terrore in cui è caduto e dalla quale sembra impossibile potersi rialzare.

-    Vieni qui.
La voce è calma, non perentoria. Non è un ordine ma lo schiavo lo esegue senza domande, avvicinandosi alla vasca fin quasi a sfiorare il volto del Lord, mollemente abbandonato sulla sponda come se non avesse un briciolo d’energia. Il tè, appoggiato sul comodino accanto al letto, è rimasto a raffreddarsi nella teiera senza che l’uomo accennasse il minimo sintomo di sete. Semplicemente, dopo aver chiesto con gentilezza a Natsumi di preparargli il bagno, si è chiuso nel mutismo.
Reize si appoggia un poco al bordo, chiedendosi cosa fare: non sarebbe la prima volta che il padrone ammette la sua presenza durante il bagno, di solito per un massaggio alle spalle o per la necessità di essere toccato dalle sue mani. Ma quel giorno non è come gli altri, lo avverte chiaramente dalla sua calma glaciale.
Non udendo comandi si limita ad appoggiare le mani ruvide sulle spalle bianche e nude, trovandole rigide come il marmo. Le accarezza lento, premendo piano, cercando di rilassare i punti nevralgici: dopo qualche minuto è costretto ad abbandonare il vano tentativo e rimane lì, con le mani che non sanno stare su o giù, sopraffatto da un vago senso di inquietudine. Aveva sempre dato per scontate le sue capacità in quel frangente.
Kira è rimasto in silenzio, il corpo abbandonato alla dolcezza dell’acqua e le braccia immobili, abbandonate sul grembo. Solo qualche volta ha inclinato appena il capo, per raccogliere qualche carezza sul collo irrigidito. La pelle tesa e i muscoli tirati, come pronto a reagire al minimo attacco, lo sguardo distante e fisso sulla schiuma che copre velatamente la superficie trasparente e che lo accoglie come un burattino lasciato a se stesso. – Allora è vero. – mormora appena, quando lo sente fermarsi. – Il tuo tocco... non provoca in me alcuna reazione.
Reize solleva le mani di scatto, allontanandosi dal suo corpo come ferito da una scheggia. Non riesce a scorgere lo sguardo del Lord, nascosto dai capelli, e l’uomo non si volge per mostrarglielo. – Ho provato a baciarti, stamani. – riprende piano, come una stilettata. – Anche guardandoti negli occhi, non provo più niente. Se non paura. 
Reize trattiene il respiro. Si alza e indietreggia, fermandosi solo sullo stipite. Trasalisce appena lo vede alzarsi, ignorando i residui di schiuma che scivolano lungo il suo corpo. – Ti sfioro e mi sento... disgustato. Da te, da me stesso. Che cosa mi prende? Non sono mai stato così infelice.
Lo schiavo non replica, semplicemente lo osserva infilarsi l’accappatoio e stringersi in un debole abbraccio. Esce dalla vasca alzando un po’ d’acqua, lentamente, curvo come un vecchio o un malato. Trema da capo ai piedi, un po’ per il contatto gelato con il pavimento, un po’ per le lacrime che lo fanno sussultare in ritmici singhiozzi. Gli passa accanto senza guardarlo negli occhi, schiacciato da una forza invisibile, ma appena esce nel corridoio crolla sulle gambe, in balia del pianto. Reize sta per chinarsi a sollevarlo quando il padrone quasi grida. Lo guarda con ferocia, il rimorso e l’odio dipinto in volto: – Che cosa mi hai fatto?! In cosa mi stai trasformando?!
Lo schiavo non riesce a trattenersi: stringe i pugni, mordendosi a sangue le labbra prima di urlare a sua volta. – In una persona migliore, vorrei sperare!
Improvvisamente si rende conto che il Lord in quelle condizioni non sarebbe in grado di fargli del male. È un pensiero che lo fa rabbrividire di una rabbia nuova, feroce e fredda, irrazionale. Per questo motivo quando Kira si alza in piedi faticosamente non indietreggia, non scappa. È talmente abituato al dolore che non lo sentirebbe quasi nell’eventualità che l’uomo alzi le mani. 
Si fissano a lungo, trattenendo a stento le lacrime. Reize ha appena il tempo di vedere lo sguardo acquamarina dell’altro addolcirsi prima che si volti e si avvii lentamente verso le sue stanze. Anche lo schiavo si rilassa, lasciandosi andare a un sospiro e sentendo l’adrenalina scemare piano, lasciando spazio a un debole barlume di preoccupazione. Lo vede voltare piano il volto verso di lui, prima di sentirlo sussurrare parole appena percettibili. – Mi sono sbagliato su di te. Mi sono sbagliato su un sacco di cose. 
Reize ha appena il tempo di allungare una mano verso di lui che il Lord si rifugia in camera, sfuggendo al suo sguardo interlocutore. Si morde a sangue il labbro e il rimorso lo assale come una marea fredda. L’anima del Lord ai suoi piedi è una distesa di cocci rotti.


Angolino di Fay
Non cantate vittoria troppo presto: il blocco è ancora là, e gli impegni scolastici non aiutano di certo. Tuttavia ho voluto pubblicare comunque il capitolo per fare un annuncio abbastanza importante.
Questa, come tutti sapete, è la ristesura di una fic vecchissima che fra poco non ricordo neppure io: all’inizio di questa fic mi era sembrato più che naturale, quindi, postarla nel fandom a cui la precedente versione era appartenuta. Tuttavia come penso tutti abbiate notato non solo la trama e gli scopi della fic sono cambiati durante la stesura, ma persino i personaggi si sono rivelati irrimediabilmente OOC e assolutamente incomparabili con l’opera canonica di Inazuma Eleven. 
Per questo motivo sono indecisa: eliminare la fanfiction una volta conclusa e “trasportarla” nella sezione delle originali, magari adattandola, mantenere tutto quanto com’è o creare due fic identiche e parallele (una nelle originali e una nel fandom di Inazuma Eleven)? 
Onestamente mi dispiacerebbe tantissimo perdere tutte le recensioni che avete avuto cuore di scrivere, e ci resterei davvero male se perdessi tutti i lettori per questa cosa. Ma onestamente nonostante la “casa” di Destiny sia stata effettivamente la sezione di Inazuma Eleven, di certo Destiny – Remember Me non può essere considerata più la sua “gemella cresciuta”. 
Per il momento intendo concludere la fanfiction, sperando che il blocco passi velocemente, e magari iniziare a “ripostarla” nella sezione “Drammatico” delle Originali. 
Vi ringrazio davvero per avermi seguita in questo viaggio terribile e nostalgico! Sarei davvero felice se voleste condividere con me qualche opinione in proposito.
Grazie!

Fay

   
 
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