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Autore: Emmastory    08/11/2015    2 recensioni
Farebury. Un piccolo villaggio dell'Inghilterra dimora di molti abitanti. Nell'anno 1615, si trova ad ospitare la famiglia della giovane Miriel Finnegan, che a causa di una tragedia, perde tutto ciò che possiede, ritrovandosi costretta a nascondere un recondito segreto che dimora unicamente nel suo sangue, ovvero l'essere parte di un'intera stirpe di streghe.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sangue di strega'
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Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo VII
Differenze
Come ero solita fare, sedevo su un ligneo sgabello accanto al caminetto, godendomi il calore e il crepitio delle vive fiamme. Salem mi sedeva in grembo, non accennando a muovere un muscolo. Passando la mia mano sul suo nero pelo, lo accarezzavo distrattamente, poiché completamente assorta nei miei pensieri. Mantenendo il silenzio, riflettevo sulle parole pronunciate da Minerva. Difatti, e unicamente secondo il suo pensiero unito al mio e a quello della nostra ormai vetusta nonna, le streghe dal sangue nero non erano le uniche ad esistere. Lasciando che la mia mente vagasse libera, ricordai lo sguardo di Xavier, penetrante, luminoso, e decisamente fuori dal comune. Poi, d’improvviso, tutto mi fu chiaro. Scattando quindi in piedi come una molla, scelsi subito di guadagnare la porta di casa e uscirne, avendo la chiara e precisa intenzione di raggiungere il mio negozio. Quando vi arrivai, lo trovai completamente vuoto. Ero in netto anticipo, e un presentimento mi portava a credere che qualcuno mi stesse aspettando. Entrandovi, diedi inizio alla mia giornata lavorativa, attendendo come al solito l’arrivo dei miei clienti. Ad ogni modo, e per qualche strana ragione che non riuscivo a spiegarmi, la stessa risultò incredibilmente produttiva. Prima che riuscissi ad accorgermene, infatti, il sacchetto che solevo portare con me al solo scopo di conservarci le mie rupie, si riempì completamente. Il tempo continuò quindi a scorrere, e quasi come se le mie preghiere fossero appena state esaudite, qualcuno di molto speciale decise di farmi visita. Guardando dritto davanti, vidi Xavier avvicinarsi sfoggiando quel magnifico sorriso, grazie al quale avevo letteralmente finito per perdere la testa per lui. Non potendo negare la forza dei miei sentimenti, mi ero innamorata, ma nonostante questo, non avevo modo di sapere cosa lui provasse per me. Riflettendo, scelsi di fingere indifferenza realmente non provata, pur salutandolo amichevolmente. “Buongiorno.” Gli dissi, tacendo subito dopo nell’attesa di una risposta. “Buongiorno anche  te, Miriel.” Rispose, ricambiando il saluto e ponendo inaudita enfasi sul mio nome. “Ti ricordi di me?” chiesi, confusa e stranita da quelle parole. “Come dimenticare un nome così bello?” continuò, facendo uso del suo sarcasmo nel pormi quella domanda. Alla stessa, non risposi, limitandomi a sorridere e arrossire leggermente. A quella vista, Xavier sorrise debolmente, per poi pronunciare una frase che ebbe il potere di riportarmi alla realtà. “Noi due dobbiamo parlare.” Mi disse, facendomi letteralmente gelare il sangue nelle vene. Stringendomi nelle spalle, annuii lentamente, dandogli quindi modo di raggiungermi nel retrobottega. “Sto ascoltando.” Esordii, attendendo quindi che iniziasse il suo discorso. Senza proferire parola, Xavier si avvicinò a me abbastanza da riuscire a toccarmi, per poi decidere di parlarmi. “Miriel, tu non lo sai, ma io e te siamo incredibilmente simili.” Disse, ottenendo come unico risultato quello di sollevare nella mia testa una metaforica polvere costituita da dubbi e domande ancora prive di risposta. Confusa, non parlai, limitandomi a guardarlo in attesa di un chiarimento. “Sono un mago, proprio come te.” Rispose, facendo così sparire ogni mia insicurezza. Ad ogni modo, in quell’istante non riuscii a trattenermi dal continuare a chiedere spiegazioni. “Cosa? Allora dov’è il tuo marchio?” esclamai, completando il mio discorso con quella domanda. “Il mio marchio? Continuò, sarcastico. “È proprio qui.” Aggiunse, liberandosi della sciarpa che portava e che lo proteggeva dal freddo inverno che incombeva sul villaggio. Subito dopo, mi mostrò il suo collo, sul quale troneggiava l’accurato disegno di una luna. Guardandolo, non riuscii a credere ai miei occhi, ma arrendendomi all’evidenza, compresi che quello era il simbolo dei “Sangue Rosso”, e che di conseguenza Minerva aveva ragione. Un attimo svanì quindi dalla mia fragile vita, e  sentendomi improvvisamente priva di forze, svenni cadendo a terra. Da allora in poi, attorno a me regnò il buio, che venne squarciato da una voce decisamente troppo familiare. Riaprendo gli occhi, biascicai qualche parola, per poi iniziare a guardarmi intorno e comprendere di essere di nuovo a casa. “Grazie al cielo stai bene.” Disse Minerva, posando istintivamente una mano sul mio cuore. “C’è qualcuno che vuole vederti.” Continuò Astrid, facendo il suo ingresso nella mia stanza. “Di chi parli?” chiesi, tacendo subito dopo. Quasi ignorando le mie parole, Astrid si voltò verso la porta, ed io osservai l’inaspettato arrivo di Xavier. “Ce l’hai fatta!” esclamò, avvicinandosi al solo scopo di abbracciarmi e stringermi a sé. Il suo volto era contratto in una smorfia di preoccupazione, e pur accorgendomene, non proferii parola. Accettando quindi quella manifestazione d’affetto senza oppormi, non potei fare altro che fissare le mie sorelle pregando che lasciassero la stanza, così da regalarmi del tempo da passare da sola con Xavier. Le stesse, decisero di realizzare il mio desiderio, allontanandosi senza dimenticare di richiudere la porta alle loro spalle. “Mi dispiace davvero, e non avrei dovuto dirtelo.” Disse, sedendosi accanto a me e tentando di giustificarsi per quanto aveva fatto. “Non hai alcuna colpa, prima o poi avrei dovuto scoprirlo.” Risposi, rivolgendogli un debole sorriso ed uno sguardo colmo di eloquenza. In quel preciso istante, il verde dei miei occhi si fuse con il marrone dei suoi, e tutto accadde con una velocità tale da non poter essere calcolata. Le nostre labbra si unirono per la prima volta, ed io non potei che esserne felice. Lo amavo davvero, e anche se non avevo mai avuto un’occasione per rivelargli i miei sentimenti, ora sapevo che gli stessi avevano appena parlato per me. Ingenuamente, avevo perfino provato a nasconderli, finendo per fallire nel mio misero intento. Ora conoscevo la verità, e sapevo che presto avrei imparato ad accettare le nostre differenze. Ad ogni modo, quando quel bacio ebbe fine, Xavier mi mostrò un oggetto che non avrei mai creduto di poter vedere nelle sue mani, ovvero un pugnale. “Promettimi di tenerlo con te, ti servirà molto presto.” Confesso, lasciando che lo prendessi in mano. Dopo averlo fatto, lo fissai per alcuni secondi, avendo cura di notare quanto fosse importante per lui. Lentamente, saggiai la consistenza della lama con le dita, scoprendo che Xavier vi aveva fatto incidere una piccola stella, simbolo della mia valente stirpe, che rifuggiva la popolazione umana e temeva gli scontri e le divergenze, ma che non avrebbe esitato ad usare la violenza nel caso avesse dovuto difendersi. “Ho paura.” Confessai, tornando a guardare il mio amato Xavier negli occhi. “Finchè ci sarò io, tu non dovrai averne.” Disse, stringendomi in un abbraccio e tentando di confortarmi. A quelle parole, sorrisi quasi istintivamente, per poi scegliere di baciarlo e assistere al suo allontanamento. Alzandosi in piedi, decise infatti di salutarmi e uscire dalla stanza, lasciandomi completamente da sola, con la sola ed unica compagnia del freddo vento che sibilava appena fuori dalla mia finestra.
   
 
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