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Autore: Nat_Matryoshka    09/11/2015    3 recensioni
Kieran è un bambino di dieci anni, ma la sua anima è molto più antica. Sua madre è Morrigan, Strega delle Selve, eretica.
Dal testo:
"A volte, ho paura che mia madre non volesse dei figli. Forse mi ha avuto solo perché sono nato, perché è successo e basta... ma non so come chiederglielo. Ho paura di ferirla, e non vorrei mai che succedesse."
*
- Prima classificata al contest "Trailer di Carta" indetto da Silvartales sul forum di EFP. -
[Hints Alistair/Morrigan, Alistair/fem!Cousland e Dorian/male!Trevelyan]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Morrigan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice:
  1. Kieran, uno dei protagonisti della storia, è il figlio che Morrigan concepisce con il Custode Grigio che sceglie di portare avanti il suo Rituale in Dragon Age: Origins e che dovrebbe possedere l’anima dell’Arcidemone purificata dalla Corruzione. In questo caso suo padre è Alistair, sposato con la Custode Finna Cousland e impegnato nel Rituale per salvarle la vita (se il Rituale va a buon fine l’anima dell’Arcidemone viene trasferita nel corpo di Kieran alla morte del drago e il Custode è salvo).
  2. Fiona, nel canon del gioco, è un’elfa maga ed ex Custode Grigio che incontra Re Maric durante una spedizione nelle Vie Profonde e ha con lui un figlio, Alistair. Di lei non si sa molto, ma i pochi dettagli sul suo passato presso un nobile Orlesiano sono tratti da “La Chiamata”, il secondo romanzo legato alla serie.
  3. I flashback di Fiona e Morrigan sono segnalati in corsivo. Ho ipotizzato che lui possieda il potere di leggere nelle emozioni e nella mente altrui, ma è solo frutto di una mia speculazione personale.
  4. La nascita di Kieran fa cambiare Morrigan caratterialmente, – è più gentile e protettiva - tanto che anche Leliana se ne accorge e fa dei commenti al riguardo.


 
[Prima classificata al contest "Trailer di carta" indetto da Silvartales sul forum di EFP.]






Meritavo davvero di venire al mondo?
 
 
 





Sua madre gli ha detto tante volte di non disturbare gli ospiti.
Ma da quando un bambino di dieci anni, pieno di salute e di educata sfrontatezza, ha mai obbedito ad una mamma sempre assente?
Morrigan è fatta così: proibisce, ma con voce vellutata, gli dà importanza baciandolo sulla testa e scegliendo con cura le parole giuste, sicura di ammaliare anche lui. Stai crescendo, ometto, ma devi ancora studiare. Ne hai di strada da fare. Non concede mai troppo, si assicura sempre di inserire la giusta dose di incoraggiamenti tra una frase e l’altra, una rosa e una piccola spina che la segue in maniera del tutto naturale. Sua madre è ancora un mistero per lui, per quanto sia l’unica persona che rappresenti la sua famiglia: non riesce a penetrarne del tutto le difese, a leggerle nel cuore come fa lei con lui, quasi avesse davanti un velo d’acqua impalpabile, trasparente. Eppure vorrebbe riuscirci come fa la donna con ogni abitante di Skyhold, con tanta facilità da inquietare i loro animi, sospesi tra la tranquillità e le onde della tempesta che incombe su tutti loro, ogni giorno che passa.
Sua madre gli ha detto di non disturbare gli ospiti, questo lo sa bene.
Fare un giro per il castello e osservare gli altri immersi nelle loro attività quotidiane è considerato un disturbo?

*



Misura i passi con attenzione, silenzioso come un piccolo spirito e altrettanto gentile: il castello è antico, non vuole disturbarlo correndo su per le scale che non vedono passare un bambino da generazioni. Dietro ogni angolo c’è un particolare da scoprire, qualcuno che sussurra nel buio segreti destinati al proprio interlocutore attento e altrettanto discreto, vecchi rimpianti sepolti tra i libri polverosi e lasciati indietro, dimenticati da tutti ma non da chi è abbastanza attento da saperli afferrare… e lui sta imparando, pian piano, a farlo. Non sarà esperto come Morrigan a leggere nelle emozioni altrui, ma è in grado di captare ciò che agita gli animi, quelle emozioni più o meno piacevoli che li portano a palpitare, ad agitarsi come le coperte appena lavate e stese vicino al campo dei soldati giù nel cortile, pronte per avvolgere altri corpi pieni di storie da condividere. Non è un bambino indiscreto, non ha mai avuto l’intenzione di frugare nei segreti delle persone che incontra ogni giorno lungo le scale e nei saloni di Skyhold: sono quegli stessi animi a cercarlo e ad offrirsi ai suoi occhi, quasi desiderassero essere indagati, scoperti da chi può capirli senza giudicare… lui non fa altro che accoglierli, come farebbe con un piccolo animale abbandonato nella pioggia, senza porsi domande. Ascolta e basta.
“Buongiorno, Kieran. Come va con lo studio?”
Dorian gli rivolge il solito sorriso rilassato, ma dietro a quegli occhi castani si nascondono più ombre di quante ne voglia mostrare. Durante una giornata di pioggia, mentre le gocce disegnavano ghirigori sottili sui muri e tutto il castello risuonava della loro melodia, ha sfiorato uno dei libri che gli ha visto stringere tante volte e ha guardato dipanarsi di fronte ai suoi occhi la vita di un ragazzo triste, rifiutato dal proprio padre, privato di se stesso e della propria felicità per conformarsi ad una società che voleva cambiarlo a tutti i costi… fino all’incontro con l’uomo che gli ha cambiato l’esistenza, il suo Inquisitore. Amatus. Mani strette nella notte, un bacio furtivo scambiato dietro alle librerie della torre, promesse. Dorian ha continuato a dedicargli sorrisi e frasi gentili, mentre la sua storia lo circondava come una nuvola di profumo, parlando per lui.

“La mamma non vuole che lasci i libri, ma il castello mi chiama. Mi piace ascoltare la sua voce.”

Non è mai particolarmente loquace, eppure Dorian sembra capirlo perfettamente. Gli accarezza la testa con fare comprensivo, come se avesse intuito perfettamente le esigenze di un bambino di dieci anni – lo è stato anche lui, in fondo – e lo lascia andare, guardandolo trotterellare lungo il corridoio, diretto verso altre stanze, altre scoperte. Per quanto Morrigan possa preoccuparsene, Kieran in fondo non ha mai dato fastidio a nessuno: è quieto come l’acqua di un piccolo ruscello, cortese con chiunque, una piccola anima pura che sembra non conoscere l’odio che anima i cuori… o che forse sa più di quanto mostri di conoscere, ma sceglie saggiamente di non caricarsi di problemi più grandi di lui.
È da qualche giorno, però, che le attenzioni del bambino sono rivolte ad una persona specifica. Una donna silenziosa quanto lui, che siede ogni giorno davanti al suo scrittoio in una rientranza della Torre e trascorre le giornate a leggere o a scrivere lettere vergate con calligrafia minuta e precisa sulle pergamene che la attendono pazientemente, la testa che ogni tanto si volta verso la finestra e si perde a osservare il verde baciato dal sole dei giardini di Skyhold, lo splendore quieto della natura che convive fianco a fianco con la guerra e i suoi orrori. È un elfo dall’età indefinita, l’abito che indossa la qualifica come maga e si porta dietro un nome e una carica eloquenti: Fiona, ex Grande Incantatrice, la donna che ha iniziato la ribellione dei maghi nei Circoli e ha visto cadere ogni sua certezza, ospitata dall’Inquisizione prima di essere considerata una fuorilegge, guardata con riprovazione perfino dal Re in persona… la sua tristezza – un velo sottile, come la nebbia che si alza all’alba nelle giornate invernali, fredda e impalpabile, non per sua volontà ma per natura – la accompagna ovunque, e forse è stato quel sentimento ad attrarre Kieran. Ha gratificato con un sorriso Helisma, si è affacciato per rispondere al saluto di Solas, ma la sua attenzione è stata subito catturata dall’elfa e dalla sua rassegnazione serena, l’aura che emanava lo ha toccato come se la donna avesse teso una mano per essere trovata. Forse nemmeno a lei piace stare da sola, nonostante si fosse isolata: forse cercava un po’ di compagnia senza nemmeno volerlo ammettere a se stessa.
Sua madre lo immagina impegnato a studiare in un’ala del castello qualunque, davanti a libri grandi e complicati che dovrebbero contenere il sapere essenziale per la sua istruzione… non si aspetterebbe mai di trovarlo dietro ad una colonna, mentre osserva una donna col viso segnato dagli eventi che scrive e riflette. Eppure, Kieran è lì che aspetta, silenzioso, acqua ferma di un laghetto di montagna, limpida e gentile.
*


Cassandra colpisce il fantoccio di paglia con forza e precisione, i muscoli che si flettono e danzano in armonia con la spada: non ha tempo da perdere in chiacchiere, e il suo cipiglio rigido le serve per proteggere la sua anima, delicata come un fiore e altrettanto fragile. Cole è malinconico e silenzioso, ma in qualche modo lo sente affine, gli permette di riempire le sue giornate facendogli compagnia nei punti più alti di Skyhold e osservando insieme il cielo, come se custodissero i segreti dell’intero castello nei loro corpi di adulti ancora troppo giovani. Il Toro di Ferro ride e scherza, distribuisce pacche sulle spalle e sorrisi, eppure nasconde nel cuore una paura antica, un timore più grande di lui che lo porta a ritrarsi di fronte a ciò che non conosce, anche se acquista la forma di un bambino dagli occhi grandi e dal cuore limpido, incapace di fare del male. Ma Fiona… Fiona è diversa, è speciale. È come se riuscisse a percepire la sua anima. Lui non ha fatto altro che rispondere al suo appello.
Dal primo giorno, si sono intesi subito. Quasi lei avesse percepito la sua natura.
“Posso sedermi qui con te, Fiona?”
L’elfo distoglie lo sguardo dal libro che sta leggendo e lo posa sul bambino che, da qualche tempo, è diventato un suo piccolo compagno di studi: si chiama Kieran ed è il figlio di Morrigan, l’eretica che l’Inquisitore ha accolto nei propri ranghi, ma non sa altro. È un ragazzino tranquillo e silenzioso che spesso si unisce a lei e trascorre le ore a leggere un grosso tomo che la madre gli ha affidato “per studiare”, e che ogni tanto le pone qualche domanda con la sua voce sottile e saggia, piena di interrogativi e di una profondità senza tempo, bizzarra per un bambino della sua età… per quanto alle stranezze, alla fine, ci sia abituata. La prima volta gli ha offerto uno sgabello e lo ha guardato sistemarsi come un ometto, composto ed educato, il libro sulle ginocchia e la testa bruna china sulle parole, intenta a seguire le righe con una pazienza ancora più strana. Prima di tornare alla sua pergamena si è soffermata brevemente a osservarlo, la mente che percorreva un’idea assurda e fuori posto: assomiglia un po’ ad Alistair. Non sa bene cosa l’abbia portata a formulare un pensiero del genere, sparito dopo un attimo come un battito di ciglia, ma ha continuato ad osservarlo studiare in silenzio, rapita. L’ultimo ricordo di suo figlio riguarda un bambino biondo con il naso dritto di suo padre, molto diverso dalla massa arruffata di capelli corvini di Kieran… eppure qualcosa in lui le ha parlato direttamente del bambino che avrebbe voluto crescere, del neonato che ha stretto al petto per troppo poco tempo e che ora siede sul trono del Ferelden. Una sensazione più che una consapevolezza vera e propria, una piccola stilla di malinconia dolceamara che le ha punto il cuore e l’ha portata a desiderare di vederlo ancora. Non ricorda nemmeno quanto tempo abbiano trascorso assieme, ognuno impegnato nelle proprie piccole mansioni quotidiane: ad un certo punto il bambino si è alzato e ha preso con sé il libro, sistemando nuovamente lo sgabello accanto alla finestra… ma prima di voltarle le spalle ed andare via, oltre le scale, le ha posato lo sguardo serio sul viso, osservandola. Mettendole a nudo l’anima in un attimo.

“Negli occhi si nascondono molte cose, ma nei tuoi c’è del dolore. Mi dispiace per quanto è successo in passato.”

È rimasta perplessa, ferma sul posto. Un altro attimo durato un battito di ciglia. Kieran se n’era già andato, composto e tranquillo come sempre, lasciandola ai suoi dubbi, con la domanda pressante di cosa, esattamente, l’avesse portata a pensare ad Alistair solo guardandolo.
Ora che lo vede nuovamente davanti a sé manda via quella riflessione oziosa e gli indica nuovamente il piccolo sgabello ricoperto di velluto che conserva accanto alla libreria, in attesa di quelle visite. Trascorrono il loro tempo insieme in silenzio, ma è come se avessero stabilito una sorta di connessione impercettibile… come se lui potesse leggerle i pensieri, quasi la mente di lei fosse trasparente. Non sa ancora se quella sensazione le faccia paura o la attiri.
Con un lieve fruscio, dopo un lasso di tempo trascorso nel silenzio più totale, Kieran si volta e la osserva di nuovo, questa volta abbassando gli occhi, come se si rendesse conto di aver osato troppo. Anche la voce è sottile, incerta. “Mi spiace di averti spaventata, l’altra volta… la mamma mi ha sempre detto di non essere troppo diretto con le persone che non conosco bene, ma non sono riuscito a trattenermi. Il tuo dolore mi chiamava, mi sembravi in cerca di aiuto, così ho provato a… farti capire che potevo aiutarti. Non… non dovevo permettermi. Ti chiedo scusa.”

Un piccolo ometto che stringe le mani in grembo: Fiona prova l’impulso irresistibile di inginocchiarsi davanti a lui e dirgli che va tutto bene, che non deve preoccuparsi e che ha capito benissimo le sue intenzioni senza che dovesse chiarirle, ma il ghiaccio che ancora le stringe il cuore dopo anni di convivenza sofferta e forzata glielo impedisce. Si limita a rivolgergli un piccolo sorriso per rassicurarlo, un semplice “non devi preoccuparti… non mi hai disturbata. Se qualcuno si impensierisce per me non dovrei esserne scontenta, no?” che dovrebbe chiudere la questione, ma non per un bambino come Kieran. Non per i suoi interrogativi e la sua saggezza quasi irreale.
“Di solito si spaventano tutti, quando riferisco quello che percepisco nella loro anima… ma non lo faccio con cattiveria, sto semplicemente parlando coi segni che mi inviano, leggo nella loro mente e i colori della loro vita mi colpiscono, non sono io ad immischiarmi. L’ho sempre fatto. Non so nemmeno perché quelle sensazioni arrivino da me, ma lo fanno… e non riesco a ignorarle, non posso. Per quello ho bisogno di parlarne, di farlo sapere.”
“Sei un bambino sensibile. Non è da tutti… soprattutto per una persona giovane come te.” Si permette di avvicinarsi appena, posandogli una carezza impercettibile sulla testa. “Col tempo imparerai che essere sensibili è un dono, in realtà. Anche se molti adulti ti considerano strano.”

“Uhm.” Non le sembra granché convinto. “Ma le persone sensibili soffrono tanto. Non so se voglio davvero esserlo.”

Come se obbedisse ad un richiamo che non può fermare, si alza e prende con sé il libro, voltando la testa verso il giardino che si intravede dalla finestra della torre. Kieran è così, completamente imprevedibile, pronto ad apparire in un attimo e a sparire in quello successivo, una presenza che non si può trattenere se non per poco tempo… e forse il suo adorabile mistero sta proprio in questa caratteristica. Fiona gli sorride e lo guarda inchinarsi appena, le labbra piegate in un saluto a voce bassa e la corsa lieta, da bambino qual è che lo porta a percorrere le scale per raggiungere sua madre, lì nel giardino di Skyhold. Una corsa spensierata, l’unica caratteristica che si addica alla sua vera età.

*


Seduta sui gradini di un gazebo mai utilizzato per il suo scopo, la braccia conserte sul petto e lo sguardo che vaga tra le nuvole che decorano la volta celeste, Morrigan è una scultura di carne ed ossa che domina l’ambiente senza averne l’intenzione, sempre padrona della situazione. Sempre bellissima.
“Kieran? Hai già finito di studiare, ometto?”
China appena la testa come a volerle rispondere che si, per quel giorno ha imparato abbastanza, ma non abbandona la tranquillità del giardino per andare a riflettere altrove: si siede accanto a sua madre e appoggia la testa sulla sua spalla, pensieroso. Non c’è mai stato bisogno di molte parole, tra loro due. E infatti la Strega riesce a cogliere immediatamente l’origine del suo turbamento.
“Sei stato in giro per il castello tutta la mattina. Vero?”
I suoi segreti non sono mai al sicuro, con una madre come Morrigan. Sospira appena.
“Sí, mamma. Mi piace parlare con le persone, raccogliere storie. Non si sono arrabbiate, finora.”
Sul viso di sua madre – sempre seria e tesa o ironica, pungente e sgradevole, la donna che era fino a dieci anni prima e che non abita più la sua pelle – si dipinge un altro sorriso, questa volta indulgente. Non può impedire al figlio di cercare la libertà di cui ha bisogno tra le mura di un castello enorme che lo custodisce come una gabbia per un uccellino, non può nemmeno chiedergli di dimenticare i suoi poteri e far finta che non esistano… eppure ha paura che, in qualche modo, la sua natura potrebbe renderlo infelice, come è successo a lei anni prima. Per quanto possa ripetersi che Kieran è al sicuro con lei, che sua madre Flemeth non ha più interesse nel raggiungerli, la magia che le scorre nelle vene la mette in allerta: chiunque possieda un potere, per piccolo che possa essere, non dorme mai con entrambi gli occhi chiusi. E un’anima innocente non sfugge alla regola, nemmeno se si tratta del figlio che sta proteggendo con tutta se stessa.
Lo stringe a sé con amore, uno di quei gesti spontanei che ama rivolgergli, di tanto in tanto… ed è in quel momento che la sua anima chiama quella di Kieran. Il bambino la cinge con le braccia e posa la testa sotto il mento di Morrigan, concentrando la mente sulle emozioni che fluiscono attorno a lui. Respira piano, il battito del cuore si avvicina a quello della madre, due tamburi di guerra che si calmano, lasciandosi trasportare da una corrente misteriosa.
Il sole si sposta nel cielo, un corvo spezza il silenzio col suo richiamo.
Una stanza illuminata da candele, mura di pietra che una volta accoglievano ma che ora opprimono, inesorabili. Una donna dai capelli rossi è appena uscita dalla stanza, le labbra tese e la mente piena di pensieri che rischiano di scivolare giù dagli occhi sotto forma di lacrime, lasciando alle sue spalle due figure appena illuminate dal caminetto, due tele su cui il fuoco dipinge liberamente. Sua madre e un uomo dai capelli biondo rossicci, la barba corta che gli copre il mento e cerca di invecchiarlo di qualche anno, ma i suoi occhi chiari e giovani brillano illuminati dai tizzoni. È agitato.
“Dovete solo giurarmi una cosa.”
“Parlate, Alistair. Non abbiamo tutta la notte.”
Due polmoni inspirano aria che già possiedono a sufficienza, ma l’abitudine è più forte.
“Questo… bambino che nascerà dal Rituale, non dovrà in alcun modo esercitare dei diritti sul trono. Non so nemmeno se io e Finna potremo avere un figlio, ma… sarebbe impossibile nominare mio erede un bastardo come me. Soprattutto non un bambino dotato di poteri magici. È l’unica condizione… che pongo.”
Gli sembra di vedere sua madre abbassare gli occhi, ma chi può dirlo con certezza? Le braci si affievoliscono, le candele sono stanche di ricoprire il loro ruolo e fanno tremolare le fiammelle, eppure Morrigan parla, e la sua voce è sempre controllata e chiara, piena di una determinazione così forte da infonderla anche all’uomo che le ha appena esposto i suoi dubbi. La forza di chi, ormai, sente di aver giocato tutte le proprie carte.
“Il bambino non ambirà al vostro trono. Non lo vedrete mai più, posso assicurarvelo.”
È sollievo, quello che ha appena modellato i lineamenti del futuro Re del Ferelden? Un sollievo infame, la certezza più totale che il figlio della Strega non marcerà mai su Denerim, fulmini che scaturiscono dalle dita e un’intera armata pronta a servirlo nella conquista di un Paese?
Prigioniero nel ricordo di sua madre, la vede alzare lo sguardo e fare un cenno al giovane per condurlo in un’altra stanza, dalla parte opposta rispetto alla porta da cui è uscita la ragazza dai capelli rossi che presto sarà Regina. “Ora dobbiamo cercare un posto tranquillo. E vedrete, Alistair… non sarà così spiacevole come pensate.”
Si allontanano insieme, due figure accomunate dall’oscurità che non potrebbero essere così diverse. Mentre l’immagine si annerisce e inizia a consumarsi lentamente, sente la voce di Morrigan farsi più forte e chiara vicino al suo orecchio, ma nello stesso tempo è come se sussurrasse rivolta solo a lui, segreti che nessuno ha mai ascoltato e che prendono forma come racconti, uno dopo l’altro…
“Lui è stato solo un mezzo, l’unica possibilità di salvezza di cui disponevamo. Si trattava di magia primordiale, qualcosa di più antico dello stesso Circolo dei Magi, una sorta di incanto del sangue… non ho mai avuto paura, ero determinata ad andare fino in fondo. Sapevo che lui amava Finna, li avevo visti ridere, parlare, scherzare, scambiarsi un bacio all’accampamento… si sono sposati e lei ora governa il Ferelden accanto ad Alistair, ma avevamo forse altra scelta? Potevo lasciar morire la donna che, per la prima volta, aveva dimostrato amicizia e fiducia nei miei confronti?
Per questo abbiamo concepito un bambino, un contenitore per l’anima dell’Arcidemone da sconfiggere. Ho accarezzato quel corpo giovane, bello, – non posso negare che fosse attraente, per quanto non l’abbia mai sopportato – l’ho guidato sul mio corpo, insegnandogli ciò che avrebbe dovuto fare, correggendo le sue mosse… e sono rimasta incinta, secondo i miei piani. Io che diventavo una madre? Io che avevo sempre disprezzato la mia, aspettando con terrore che a malapena riuscivo a celare il momento in cui avrebbe abitato il mio corpo, in cerca di una giovinezza eterna che si guadagnava rubandola a noi figlie? Eppure, ho atteso nove mesi. Ho sentito una vita agitarsi e crescere, libera del fardello di un’anima corrotta ma comunque troppo potente, troppo bizzarra e innaturale per appartenere ad un neonato qualunque… me la sono cavata da sola, come avevo scelto. Così è stato, fino alla fine.
Lui non ha pensato ad altro che alla sua sicurezza, al suo trono. È stata l’indifferenza ad avvicinarci, è stata l’indifferenza a dividerci, tanto che non penso ricordi ancora il mio nome… avrei desiderato altro, per me stessa? No: un’eretica non ha radici, né ambizioni. Una strega ne ha anche di meno. Ma Kieran, lui meritava di meglio. Lui non ha colpa per il mio egoismo.”

Gli uccelli riprendono a gracchiare, riportando un suono nel mondo che ha ricominciato a girare. Morrigan gli prende il viso tra le mani. Una lacrima brilla in un angolo dell’occhio color ambra.
“Non volevo che vedessi quella parte della mia vita, Kieran. Ti chiedo scusa.”
Usare il suo potere lo porta a stancarsi, ma non può andarsene a riposare lasciando sua madre preda dei dubbi che le hanno attanagliato il cuore per anni. Sente ancora lacrime vecchie di anni che pulsano da qualche parte, la pressione di una mano che si posa sul ventre gonfio e calma i calci entusiasti di un bambino che sta per nascere, una ninnananna cantata con voce roca mentre all’esterno di una grotta infuria la tempesta e il piccolo senza padre piange disperato… è troppo per lei, lo sarebbe per chiunque. La abbraccia con energia, calmando il flusso di emozioni con un gesto semplice, senza parole.
La sente sciogliersi piano, quasi senza che se ne accorga, eppure è sicuro che stia sorridendo tra le lacrime. I corvi hanno smesso di nuovo di gracchiare.

 
*


“A volte, ho paura che mia madre non volesse dei figli. Forse mi ha avuto solo perché sono nato, perché è successo e basta… ma non so come chiederglielo. Ho paura di ferirla, e non vorrei mai che succedesse.”
Fiona alza gli occhi dalla pergamena: brillano come pietre verdi illuminate da un raggio del sole, in uno specchio d’acqua cristallino che ne riflette la luce. Posa lo sguardo su Kieran e poi li abbassa in silenzio, quasi non riuscisse a guardarlo. Potrebbe usare fiumi di parole, raccontare tutto e inventare qualunque storia per offrire una versione migliore della sua, ma lascia perdere: si limita a sospirare, tentando di portare un po’ di conforto a quel bambino con le parole, per quanto scarse e inadatte possano risultare.
“Una madre desidera sempre il proprio figlio, in qualche modo. Se già ti ha dato la vita, significa che tiene alla tua presenza… anche se magari non sa come dimostrartelo. Ma non può non volerti bene… sei speciale, Kieran. Molto speciale.”
“Non lo so.” Chissà perché è sempre scettico. Lo osserva di sottecchi mentre gira pagina e getta appena l’occhio sulle prime righe di un tomo, per poi richiuderlo quasi subito. Vuole parlare, glielo legge sul viso, ha solo paura di osare troppo, di essere molesto e di spezzare quel legame che si è creato con la donna elfo durante quelle mattinate trascorse a leggere vicini, a studiarsi senza dire nulla. Le appoggia una piccola mano sulla sua, facendo cadere la penna d’oca sulla pergamena mentre una goccia – una lacrima nera – cade sul foglio.
Fiona chiude gli occhi. Non sa perché, ma sente che è la cosa giusta da fare. Kieran si alza, solleva delicatamente la mano e la posa sulla fronte della donna, incurante degli altri occupanti della torre, di Dorian, di Solas che dipinge a pochi metri di distanza, di chiunque potrebbe incuriosirsi e avvicinarsi… è tranquillo, non ha paura. “Posso mostrarti… quello che so?”
È come se il tempo si fermasse, congelandosi: se Fiona scuotesse la testa, quel ricordo resterebbe prigioniero in due menti turbate, bloccato, le ali legate. Se accettasse, invece… ma l’attimo è già trascorso, e Fiona annuisce piano, gli occhi ancora chiusi. “Mostramelo” sussurra con un filo di voce, e di nuovo non sa nemmeno lei perché sta accettando, cosa ci sia di così particolare in quel bambino da renderglielo tanto caro, ma sente di potersi fidare. Vuole fidarsi e vedere ciò che Kieran vuole mostrarle.
Kieran raccoglie i pensieri di Morrigan e li trasferisce nella mente di Fiona senza cambiarli, come se stesse raccontando una storia tramandata da molti anni. Non cerca conforto in un abbraccio – non può permetterselo, non ancora – si limita a mostrare ancora sua madre e l’uomo dai capelli biondo rossicci, l’inizio di una notte insieme, la tristezza della ragazza rossa, il caminetto che dipinge luci sulle pareti delle stanze nella fortezza di Redcliffe. La voce della strega non scorre nella sua testa come ha fatto con Kieran, ma non cambia nulla: quelle immagini che si succedono nella sua mente parlano da sole e non fanno altro che spargere sale su una ferita ancora aperta, per quanto abbia cercato di nasconderla anche a se stessa… il racconto continua a scorrere e, mentre la donna e suo figlio si allontanano lungo il corridoio immerso nel buio, Fiona sente le forze venirle meno per un attimo, le lacrime che minacciano di sfuggire al suo controllo come è successo anche alla ragazza che ha visto nel ricordo. Prende un respiro profondo, eppure quella sensazione di stordimento non l’abbandona ancora.
Le immagini sfumano, poi scompaiono del tutto: la donna riapre gli occhi e si trova davanti il faccino di Kieran, un’ombra di tristezza che scurisce i suoi occhi.
“Lei desiderava davvero quell’uomo? Desiderava… me?”
Fiona abbassa gli occhi, in silenzio. Immagini del suo passato, dell’uomo che ha abitato la sua adolescenza riempiendola di oscurità, del bambino che stringeva tra le braccia cullandolo perché non piangesse durante le notti solitarie a Weisshaupt si accalcano nella sua mente, confondendola. Quel bambino che ormai è un uomo, un giovane Custode Grigio diventato Re, lo stesso che ha appena visto disteso su un letto nel palazzo di Denerim, accanto alla strega che – le hanno riferito - l’Imperatrice di Orlais ha scelto come consigliera. Alistair Theirin, figlio di Maric, forse l’unico uomo che abbia mai amato. Come fa la vita a giocare scherzi del genere, combinando le carte sul tavolo con tanta maestria da non mostrare mai le proprie intenzioni nascoste?
Apre appena le labbra per dire qualcosa, ma la voce le muore in gola, sconfitta. Come può confortare un bambino che chiede il perché della sua venuta al mondo, se lei stessa ha abbandonato il figlio che ha tenuto in grembo, costringendolo a credere in una bugia che l’ha nutrito per tanti anni? Vorrebbe stringergli la manina e baciarla, chiedergli scusa come vorrebbe dirlo anche al padre, ma qualcosa la trattiene ancora, tenendola ferma: un cuore abituato a reprimere in silenzio i propri sentimenti non può lasciarli andare all’improvviso. Può soltanto abbandonarsi ai ricordi e cedere, la testa che si appoggia alle braccia in un raccoglimento malinconico, muto, come se non possedesse forza sufficiente a proteggersi da quanto sta accadendo nella sua mente. Sentire gli occhi inumidirsi, finalmente liberi, ma una risposta non si decide ancora ad arrivare.
Eppure Kieran resta lì, paziente e silenzioso. Sa bene che nessuno dei due ha nulla da perdere e che sua madre ancora non lo cercherà. Almeno per quel giorno.
Fiona non alza gli occhi. Non si asciuga le lacrime, non scuote la testa con la solita decisione un po’ arrabbiata che la caratterizza, quella caparbietà propria di una donna che ne ha vissute tante ma si è sempre rialzata, prima borbottando, poi sempre più distesa, quasi sorridente. Ha il viso bagnato e i capelli sfatti, le labbra serrate che si lasciano andare in un sospiro e versano parole come gocce da una fontana avara, asciutta: non avrebbe mai voluto farsi vedere così. E quella consapevolezza non fa altro che aggiungere amarezza al suo cuore ferito.
“Lasciami... da sola per un po’. Per favore.”
Non si aspetta che Kieran rimanga ancora con lei, e infatti il bambino si allontana con passo leggero lungo il corridoio della torre, senza voltarsi. Prima, però, le rivolge uno sguardo teso, quasi si pentisse di aver invaso i suoi spazi con forza, permettendosi più di quanto avrebbe potuto dirle.
Un momento dopo scompare, leggero come un soffio di vento, ma Fiona lo vede a malapena, attraverso un velo di lacrime che le brucia gli occhi.


*



Quella notte, Fiona sogna.
Vede una giovane elfa abbandonare l’enclave di una città orlesiana, entrare nel palazzo di un nobile e uscirne con le mani sporche di sangue e una scintilla di magia che ne brucia i palmi. Sogna di varcare la soglia di un grande edificio, gli abiti da Custode Grigio ancora addosso ma senza la Corruzione che le scorre nelle vene, il ventre gonfio e gli occhi rossi di lacrime, ma pieni di determinazione. La piccola elfa smarrita sta morendo, la Grande Incantatrice le lascia il posto, la clessidra gira e il tempo segue il suo corso, inesorabilmente preciso. Come le ha detto Kieran. Alistair è lì davanti a lei e non ha più scuse per evitarlo, non in un sogno che la sua mente ha costruito apposta per lei.
“Mi desideravi davvero, madre? Desideravi… me?”
È un bel ragazzo fiero, ma ha anche qualcosa della malinconia del Maric che ha conosciuto, forse un luccichio negli occhi castani, una piccola stella pulsante di amarezza. Indossa abiti eleganti, cuoio e pelli conciate degne di un re e, anche se non porta la corona, emana un’aura di nobiltà che rendeva speciale anche suo padre… ma resta pur sempre il bambino che ha stretto e appoggiato al seno, l’unico ricordo vivente che le resta di un uomo che ha riempito degli anni altrimenti bui, infelici. Quel Re che l’ha rimproverata tentando di fare la voce grossa e che in fondo restava dubbioso, un ragazzo che giocava a fare l’adulto senza conoscere bene il proprio ruolo, tanto da farle quasi tenerezza.
Fiona cade in ginocchio, ma prima di toccare terra con l’abito che le conferisce il potere e che indossa di nuovo (sebbene lo abbia messo da parte, non essendo più una Grande Incantatrice… i sogni sono strani, a volte) tende le braccia al figlio, stringendo il suo corpo fatto di illusioni al petto. Affonda il naso tra i suoi capelli rossicci e, per quanto sappia bene che tutto ciò che sta vivendo non è reale, sente di dovergli far capire che lo ama e che non ha mai pensato – nemmeno per un attimo – di non considerarlo suo figlio. Non c’è posto per la vergogna, l’idea di essere solo una povera donna ormai non più giovane stretta al figlio adulto, scossa dai singhiozzi come una ragazzina… nei sogni nessuno può riderle in faccia, nessun dovere può strapparle Alistair dalle braccia. Lo stringe ancora più forte a sé e lo sente cedere, mentre i contorni del sogno si sciolgono gentilmente e virano verso una combinazione di colori tenui, un tramonto che segna l’inizio di una consapevolezza che non aveva mai provato prima: quella di una donna con un nuovo ruolo, un posto nel mondo, una famiglia. Non più una ragazzina spaventata, ma nemmeno un Custode Grigio, né la Grande Incantatrice di un Circolo come tanti altri. Solo Fiona, un’elfa con un figlio sul trono e un nipote dagli occhi grandi e pieni di interrogativi, troppo piccolo per la mole di domande che porta nel cuore, ma mai troppo grande per essere abbracciato e rassicurato.
Sfiora la guancia di Alistair che, stranamente, è ancora lì.
“Mai, nemmeno in un milione di ere, nemmeno se mi avessero costretto a farlo contro la mia volontà, ti avrei rifiutato. Non ho potuto prendermi cura di te, ma ti ho amato dal primo momento, così come ti amava tuo padre… avrei voluto dirtelo quel giorno, a Redcliffe. Avrei voluto farmi avanti e confessarti che ero tua madre, che non esisteva nessuna serva che ti aveva abbandonato in fasce dopo averti partorito, ma per quelli come me non esiste alcuna ricompensa di gloria, né un posto speciale a corte, o nelle storie. Ti avrei sconvolto la vita e la mia non sarebbe migliorata. Così sono rimasta lì in piedi, a guardarti rivolgermi quelle parole dure, mentre cercavo quelle migliori per svelare me stessa… e pensavo a quanto sei cresciuto, a quanto sei diventato forte, Alistair, bambino mio. Sei proprio come tuo padre ti immaginava. Sarebbe fiero di te.”
Un sorriso goffo, pieno dell’ironia di Maric Theirin, incurva appena le labbra di suo figlio. Come avrei voluto vederti crescere. Osservare la tua incoronazione in prima fila, festeggiare il tuo matrimonio. Quante cose mi sono persa, quante cose ci siamo persi. Eppure, ora siamo qui. Insieme.
Vorrei riuscire a parlare con te anche nella vita reale, ma non ne ho il coraggio.
“Prenditi cura di mio figlio. Io non ho ereditato nulla della tua magia, non so bene come funzioni... ma, se ha preso da sua madre e da sua nonna paterna, deve essere pieno di un potere che nemmeno lui conosce. Forse è proprio per questo che si è avvicinato a te.”
“Come fai a sapere di Kieran?” Sa di trovarsi in un sogno, eppure può permettersi ancora una certa meraviglia. Alistair si è alzato e ridacchia, le mani che scivolano di nuovo lungo i fianchi.
“Siamo in un sogno, mamma! Le notizie volano, più che nella realtà… dev’essere uno dei tanti misteri dell’Oblio, non trovi?”


*


È una brezza gentile ad accompagnare i suoi passi, durante un pomeriggio invernale. Uno dei tanti in cui le foglie cadono malinconiche sul terreno, gli uccelli si spostano cantando e le Montagne Gelide brillano di una gamma di rosa e di azzurri quasi incantati, sempre più tenui e delicati, fino a venire inghiottite dall’oscurità. Ma un piccolo barlume di luce aranciata scalda ancora l’atmosfera dalle lanterne sparse in giardino, e l’incedere di Fiona sul prato è morbido e silenzioso, attutito dal tappeto di foglie pressate che scricchiolano appena. Un passo dopo l’altro, attraversa il giardino botanico per raggiungere il gazebo, e lì trova chi sta cercando: un bambino seduto sotto ad una lanterna, immerso nella lettura del solito libro, circondato dal chiarore dell’imbrunire che ne oscura i contorni come un disegno appena abbozzato. Suo nipote Kieran.
Il bambino alza di colpo la testa dal volume, posando gli occhi sulla donna avvolta dallo scialle che lo osserva. Li abbassa altrettanto in fretta, ricordando il loro ultimo incontro, sentendosi colpevole.

“Scusami ancora… per l’altra volta. Non dovevo invadere i tuoi spazi, ha ragione la mamma. Se non dovessi più volermi con te… ti capirei. Io…”

Fiona non lo lascia finire: lo stringe a sé con una dolcezza così disperata e spontanea da stupire anche se stessa. Per un attimo il tempo si ferma e tutto il resto scompare, ci sono solo lei e Kieran e in quell’abbraccio ritrova qualcosa di Alistair e della bambina che è stata, la madre poco più che ragazzina che ha dovuto lasciare il proprio figlio per ritrovarne una parte dove meno se lo aspettava, senza che nessuno la avvisasse. Kieran cede proprio come Alistair e non si ritrae, e lei non potrebbe esserne più felice.
“Sei un bambino intelligente e speciale, un bravo bambino. Come potrei non volerti più con me? E poi, se non mi facessi compagnia, perderei un nuovo allievo a cui insegnare qualcosa sulla magia… sempre se tu fossi d’accordo.”
“Posso… imparare qualcosa direttamente? Da te?”. Ha gli occhi pieni di luce, una fiammella che si è trasferita direttamente nelle sue iridi castane e le illumina, scaldandole. Un piccolo fuoco solo per lei. “Dici davvero?”
“Certamente. Se la tua mamma è d’accordo, io non ho nulla in contrario. Ho tanti libri e incantesimi da insegnarti che aspettano solo te.”
Kieran si stacca dall’abbraccio e si allontana appena, ma solo per poterla guardare meglio. Una mano gentile si posa sulla sua spalla, facendolo voltare: Morrigan è appena apparsa sulla scena e anche il suo viso è illuminato da un piccolo sorriso, non di circostanza ma davvero aperto, lieto. Il sole sta per andarsene, ma gli resta del tempo per dipingere il suo viso di viola e rosso, regalandole dei colori che la rendono ancora più bella.
È stata l’indifferenza ad avvicinarci, è stata l’indifferenza a dividerci, tanto che non penso ricordi ancora il mio nome…
Si chiede per un attimo se Alistair abbia mai rimpianto quella notte, se ancora ricordi qualcosa di lei. Ma la brezza della sera riesce a portare vi anche quel pensiero.
“Stai facendo il bravo, Kieran? Non stai disturbando la signora, spero.”
Posa gli occhi sul viso di Fiona, ma in lei non c’è nulla della strega altezzosa che ha visto nel ricordo. Sembra una madre qualunque, una donna che tiene al proprio bambino e desidera rimediare a qualunque malestro possa aver combinato… una donna comune, con un guizzo di potere che è appena una promessa delle sue vere abilità e che trapela a stento dalla sua anima. Per un attimo, l’ex Grande Incantatrice ha la tentazione di abbassare gli occhi, imbarazzata, ma si rende conto presto di non avere nulla da temere da lei. In fondo, non sono cambiate allo stesso modo? Un’elfa impertinente e pungente è diventata una donna malinconica, gentile, un’eretica ha scoperto di poter essere una madre protettiva. Forse le cose possono cambiare davvero, forse lo fanno proprio quando meno ce lo aspettiamo, così da impedirci di ostacolarle.

“Assolutamente no. Kieran è un bravo bambino, mi ha tenuto compagnia. Stavo proprio dicendo che mi piacerebbe insegnargli qualcosa di quel che so… se ne ha voglia, e ovviamente se non vi crea problemi.”

“Sono certa che ne sarebbe felice. Io non sono la migliore delle insegnanti… voi, invece, siete un’esperta in svariati campi. Avete il mio pieno appoggio.”

La strega sposta la mano sulla testa del figlio e la friziona affettuosamente, invitandolo a farle strada verso l’interno del castello. Prima, però, rivolge un altro sguardo alla maga che stringe le spalle nello scialle, e Fiona si sente improvvisamente nuda, come se Morrigan stesse sondando la sua anima con gli occhi gialli, due pezzi di ambra che ancora brillano appena nel sole che si scioglie all’orizzonte.

“Grazie… per aver lasciato che Kieran vi si avvicinasse. È un bravo bambino e non avrebbe mai voluto infastidirvi, per quanto sia curioso… e ha percepito che gli siete affine, in qualche modo. Il sangue, alla fine, è lo stesso.”

L’elfa sostiene il suo sguardo e si sente ancora più nuda, piccola ed esposta a quell’indagine gentile ma implacabile. Lei sa, l’illuminazione è talmente forte da lasciarla per un attimo senza fiato. Deve essere a conoscenza del suo passato e di Alistair, di ciò che li ha legati in passato e del loro presente di separazione, di amarezza, eppure ha scelto di non dire nulla: ha scelto di tenerlo per sé, senza far percepire nulla a Kieran, in modo che scegliesse da solo cosa fare, chi seguire. Un ulteriore regalo inaspettato, da madre attenta e premurosa. Vorrebbe abbassare gli occhi, andarsene senza aggiungere altro e tenere per sé i suoi pensieri, ma che ne sarebbe del suo coraggio? Quello che la muoveva, che l’ha reso la donna che è diventata? Che le ha impedito di restare un burattino agli ordini del conte, piccola e umiliata, senza voce?
Si schiarisce la gola e sceglie la verità. “Grazie a voi, per avergli dato il vostro amore fino ad oggi. Avreste potuto abbandonarlo, non farlo nascere, e invece… lui è felice. E vi ama. Gli avete dato tutto ciò di cui ha bisogno.”
Le labbra di Morrigan, prima tese, si curvano appena. Un sorriso, forse? Non può dirlo con sicurezza ora che il buio ha preso il controllo della sera, ma le basta la consapevolezza di aver detto ciò che pensava davvero per essere felice. Segue lei e Kieran lungo il vialetto verso l’interno del castello, ma il bambino torna indietro verso di lei, la piccola scintilla di luce ancora stretta negli occhi.
“Possiamo iniziare domani, nonna?”
“Certamente, tesoro. Quando vuoi tu.”
Il sole ormai se n’è andato: in alto spuntano le prime stelle. Sono lì da prima di ogni era, hanno visto Flagelli e incoronazioni, matrimoni e colpi di stato, e ora? Fanno la guardia a Skyhold, sorvegliando la guerra imminente, brillando su ogni miracolo. In basso, protetta dalla loro luce, una lacrima cola sul viso di una donna elfo, che la asciuga immediatamente: certi momenti vanno vissuti in piena gioia, senza lacrime. Soprattutto se, in passato, le stelle ne hanno viste abbastanza.










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Era da parecchio che avevo voglia di buttare giù qualche riga su Kieran e Fiona, due personaggi per i quali nutro una passione sconfinata e che avrei voluto vedere interagire di più con l'Inquisitore durante la partita di Inquisition... col poco che si sa di entrambi potrebbero apparire leggermente OOC, ma spero non in modo da compromettere la normale lettura della storia. Nel caso, le note d'autore che ho lasciato all'inizio dovrebbero dissipare ogni eventuale dubbio: la narrazione si svolge, ovviamente, durante gli eventi di Dragon Age: Inquisition.
Grazie mille a Silvar, per avermi dato la possibilità di scrivere di Dragon Age per un contest (non ci sono mai abbastanza contest dedicati a questo gioco!)... e alla mia bae Ailisea, che come sempre legge le mie bozze e le corregge con una pazienza da santa. Ti sarò sempre debitrice, tesoro çwç <3
E grazie in anticipo a voi lettori, e a chiunque decida di lasciare una recensione per farmi sapere cosa ne pensa!

Nat




                                                                                                                   
   
 
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