Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Saphyria    09/11/2015    1 recensioni
Aerys e Lucas sono due gemelli figli del re umano in una terra dove la magia non esiste più da tempo. In fuga, si perdono di vista e le loro strade saranno divise per molto tempo. In contemporanea si narra la vicenda di Cayrin la Bianca, colei che ha sconfitto Hagar il Dio Oscuro e l'Oscurità stessa nella Grande Guerra. Ma l'Oscurità sta tornando e Cayrin non c'è più, chi salverà Eligorn adesso?
*STORIA COMPLETAMENTE RISCRITTA*
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo III




Aerys si svegliò per colpa di un fastidioso raggio di sole che le colpiva gli occhi chiusi, ridestandola dal suo torpore.
Si alzò e, dopo essersi stiracchiata, si recò, barcollando per il sonno, verso la radura lì vicino.
Ebbe così inizio il solito allenamento quotidiano: semplici ma stancanti esercizi dediti ad aumentare sempre più la maestria nella spada e nel combattimento, la resistenza fisica e il comando esercitato, tramite la magia, che animava un manichino raffazzonato, che costituiva il suo nemico.
Non è strano pensare che Aerys sapesse maneggiare una spada, poiché, fino alla loro fuga, Lucas le aveva insegnato ciò che apprendeva alle lezioni cui svolgeva in quanto principe. In segreto e con molta discrezione, non facendolo sapere neppure alla madre, la ragazza aveva infatti da sempre una passione per quegli strumenti che potevano sì togliere una vita, ma anche salvarla in caso di difficoltà. Il fascino di quando il sole colpiva il filo della lama, l’elsa decorata dei grandi signori che facevano visita a palazzo e i foderi intarsiati attiravano sempre e indissolubilmente la sua attenzione. Così aveva insistito e Lucas non aveva avuto la forza di dirle di no una volta di più.
Perciò non era strano che il corpo della piccola discendente di Cayrin fosse snello e muscoloso, delicato e forte, insomma, il suo problema al momento era più la magia che il combattimento, ma allenarsi no guastava mai. 
Solo in quei momenti riusciva a svuotare la mente, concentrandosi sul mondo che la circondava, acuendo i sensi. E così fece anche quella mattina. Percepiva tutto intorno a lei: le fronde degli alberi che frusciavano al vento, il rumore di un cerbiatto che si abbeverava alla sorgente vicina, il cinguettio degli uccelli, l’accompagnarono fino alla fine dell’allenamento.

Sudata e ansimante per la fatica, ma temprata nello spirito e nel corpo, si recò verso il ruscello vicino alla caverna per rinfrescarsi. In un primo momento non se ne accorse, ma guardando meglio, notò un fiore verde discretamente grande sulla coscia destra. Cosa fosse? All’inizio non lo sapeva neanche lei, ma tornando indietro con la mente, si ricordò del mastro nano Ghibor MenteFredda delle Montagne d’Onice: l’Arcimago della Terra presentava lo stesso simbolo sul braccio ed era stato uno dei protagonisti della Grande Guerra al fianco di sua nonna.
In questo modo capì che la Terra l’aveva scelta, l’aveva accettata, aveva notato i suoi progressi e i suoi sforzi e alla fine l’aveva premiata: ora condividevano il potere della nascita e della distruzione, il potere della natura. 

Rivestitasi e avvoltasi nello sdrucito mantello marrone, comprato dopo aver abbandonato quello rosso, si recò così presso il mercato per riuscire a guadagnarsi il pasto per quella giornata.
Ragazze con vesti sgargianti e gioielli appariscenti danzavano nella piazza centrale della città, mercanti decantavo le qualità delle loro merci sperando di accalappiare qualche cliente, una confusione di odori e colori e una musica incalzante accompagnava le esplorazioni dei viandanti tra le bancarelle.
Il giorno di mercato era atteso da tutti a Telthor: la grigia città gioiva sempre e solo un giorno alla settimana, per poi tornare buia e cupa: un’apparenza di instabile felicità animava quei momenti. I giorni successivi la gente si rintanava in casa; le imposte chiuse, le porte sbarrate, gli occhi degli abitanti freddi e vuoti ormai disperati e stremati dalla mancanza di cibo: una carestia affliggeva le coltivazioni già da qualche mese; i raccolti si erano dimezzati e buona parte dei profitti andava alla reggia del re come tributo. I crimini si erano duplicati e le persone per strada a lasciarsi morire anche.
Ad Aerys dispiaceva, ma non trovava altro modo per poter sopravvivere se non quello di rubare.

Una pagnotta fumante di pane grigio era posata su una credenza in attesa di essere mangiata. Il profumo era talmente invitante… Non ci pensò su molto, la mano si mosse da sola e un attimo dopo poteva ritenersi soddisfatta del bottino.
L’essere umano è egoista e ancora di più lo è quando si trova in difficoltà; anche Aerys aveva subìto questo processo; aveva capito di doverlo diventare dopo essere quasi svenuta per la fame la seconda notte dopo la fuga.
La vecchia principessa Aerys era per lo più morta, lasciando il posto ad Aerys la ladra, colei che doveva sopravvivere giorno per giorno, confrontandosi con la realtà, procurandosi il cibo, allenandosi con la spada e la magia per avere una qualche possibilità di vincere in uno scontro e nascondendo il volto per via della taglia che pendeva sulla sua testa albina. 
Era bastato un solo mese per indurirla, per scacciare la dolcezza e far posto alla freddezza; a far emergere quegli atteggiamenti insiti nel suo cuore, simbolo di ribellione alla società che glieli proibiva in quanto femmina, e che ora potevano uscire liberamente e senza freno. La felicità di essere libera, anche se braccata, aveva surclassato la malinconia delle stanze vuote del palazzo anche se il suo cuore era ancora lacerato dall’abbandono dei cari e dalla sofferenza della solitudine.

Si diresse quindi verso l’Arena, dove i cittadini poveri scommettevano per disperazione su persone ancor più povere di loro, aumentando così le fila di ubriaconi e mendicanti che popolavano le sudicie strade della città grigia.
Lo spettacolo e le scommesse consistevano in duelli in cui non c’era spazio alla pietà o alla compassione: il più forte disintegrava il più debole, letteralmente.
Il Signore di Telthor e la guardia cittadina, ormai corrotta fino al midollo, avevano il compito di procurare continuamente nuovi combattenti.
I duelli quindi non erano equilibrati: criminali incalliti e bruti potevano scontrarsi con comuni cittadini condannati solo per non aver pagato le tasse o ladruncoli tropo sciocchi o alle prime armi che si erano fatti stupidamente prendere.

Aerys aveva imparato che anche gli individui più agiati venivano piacevolmente coinvolti da quegli spettacoli macabri, tanto che ella poteva facilmente sfilare la loro borsa di monete dal ventre schifosamente grasso mentre loro esultavano in preda alla frenesia del sangue, guadagnando così un bel bottino.

Ultimamente il campione in carica era Glor BraccioRosso: un energumeno rozzo e stupido e spregevolmente cattivo che doveva il suo appellativo ai glifi scarlatti che ricoprivano interamente il suo braccio destro.
Fu proprio mentre stava per sfilare la sacca che le avrebbe permesso di vivere modestamente bene per almeno un paio di giorni, che iniziò il duello e lei, ovviamente, perse la presa e l’opportunità di vivere una vita un minimo migliore di quella attuale; la folla euforica la schiacciò, allontanandola dal suo obiettivo mentre il direttore annunciava:
- Prestate attenzione, signori e signore, a Glor BraccioRosso! Colui che conoscete come le Bestia Infernale! Colui che tatua col loro sangue il nome dei suoi nemici sul proprio braccio! L’imbattuto da oltre ventiquattro combattimenti! Vincerà anche questa volta?
Acclamazioni accompagnarono l’ingresso del demonio tanto decantato, mentre la ragazza pensava alla prossima vittima del bestione, compatendola.
Si alzò quindi la grata e le guardie gettarono dentro l’arena il secondo duellante. Aerys lo squadrò, per quanto potesse vedere dall’ultimo anello dell’arena: un ragazzo più o meno suo coetaneo sostava accecato dal sole davanti all’ingresso da cui era stato spinto in quel suicidio. La ragazza perse interesse: non ce l’avrebbe sicuramente fatta, mingherlino com’era; Glor lo avrebbe fatto a pezzi in cinque secondi.
Aerys si girò e si concentrò sulla folla; doveva racimolare in fretta qualcosa prima che finisse il breve combattimento.
Grazie alla confusione e spingendo un po’; non facendosi notare tra la calca, riuscì a trovare di nuovo il suo obiettivo iniziale. Il conte non se ne accorse, le guardie nemmeno, ma un fastidiosissimo cittadino impiccione sì e diede l’allarme; così la fanciulla si vide venire incontro i soldati e, siccome i ricchi assistevano sempre allo spettacolo nei primi anelli, si ritrovò ben presto in trappola.
Pensò disperatamente a una via di fuga, ma ormai non ci fu più tempo, le guardie si erano avvicinate troppo; non le rimase quindi che gettarsi nell’Arena.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Saphyria