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Autore: merrow_star    10/11/2015    6 recensioni
Era una notte di luna piena, quando tutto è iniziato, anche se in realtà nessuno ancora lo sapeva.
Sarebbero arrivati Voldemort, la guerra, la morte. Ma anche la vittoria, la pace, l'amore.
Il Prescelto e il ragazzo che ha fatto tutte le scelte sbagliate, sul campo di battaglia, Potter e Malfoy per la Società Magica, Harry e Draco per loro stessi.
Impareranno a esprimersi attraverso la musica, per poi capirsi con le parole e i gesti. E il mondo sarà il loro spartito.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, George Weasley, Harry Potter, Teddy Lupin, Theodore Nott | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Gli sembrava che Draco lo volesse incenerire sulla porta, quel grigio tempestoso era duro e metallico, e la tensione che attraversava il suo corpo evidente. Si era sentito gelare il sangue nelle vene quando gli aveva aperto la porta e sputato in faccia quella domanda, che cosa vuoi?, e aveva provato per un minimo istante il desiderio di Smaterializzarsi altrove, prima di notare i suoi occhi lucidi e gli zigomi leggermente più rossi del normale.
“Hai bevuto?” gli uscì di getto, senza riuscire a trattenersi, e capì subito che non era la cosa giusta da dire.
“E se anche fosse?” la voce non tradiva alcuna emozione e Theo si strinse nelle spalle. “Posso entrare?”
Draco lo guardò assottigliando lo sguardo, poi si voltò con grazia e sparì dentro la sua fredda dimora, senza proferir parola ma lasciando la porta aperta. Theo lo seguì a disagio, limitandosi a slacciarsi solo i primi due bottoni del cappotto: sentiva troppo freddo, ma non avrebbe saputo dire con certezza se fosse solo per quel vento che soffiava fuori e che lo aveva quasi congelato nell'immobilità dell'attesa o solo per la mancanza di calore che aveva sentito dentro di sé di fronte al trattamento che gli era stato riservato.
Draco spostò lo sguardo da lui alla poltrona e gli fece cenno di sedersi, mentre si versava un altro bicchiere di Whiskey Incendiario; attese senza offrirgli da bere - anche perché sapeva che non impazziva per l'alcool, non in quelle circostanze almeno - che il pittore si sedesse e prendesse un po' di colore. “Che cosa vuoi?”
Theo sollevò lentamente lo sguardo, sospirando leggermente. Già, che cosa voleva? Vederlo, gli suggerì il suo subconscio, vederlo e sistemare le cose. Quando Draco se ne era andato, lui era rimasto a fissare la porta per non sapeva quanto tempo e senza accorgersene si era trovato seduto a terra, la schiena appoggiata agli ultimi gradini della scala, le mani tra i capelli. Aveva avuto seriamente paura che tutto fosse finito. Si era alzato, tornando in camera dove lo attendeva quel dipinto di gigli che Draco aveva definito perfetto: se non fosse stato per quella macchiolina cremisi avrebbe potuto esserlo davvero.
Aveva gettato quanto più colore rosso possibile sull'azzurro dei fiori, rendendoli simili a un macabro bouquet più che a una delicata composizione, e poi aveva urlato in silenzio. Era stato cieco ed egoista, aveva pensato solo ai propri desideri, non aveva mai guardato davvero le cose dal punto di vista di Draco perché troppo convinto di conoscerlo e sapere come era fatto dentro. Si era giustificato dicendosi che lui era un pittore, e che come tale aveva gli strumenti per andare oltre la mera apparenza.
Ma lui non era mai riuscito ad andare del tutto oltre Draco, l'attrazione per lui glielo aveva sempre impedito; non ne era innamorato, ma gli piaceva, tanto, ultimamente ancora di più.
“Mi dispiace” esordì, e poi rimase in silenzio, guardando il pavimento.
“Ti conosco da abbastanza tempo per sapere che non è tutto qui” disse Draco, alzando un angolo della bocca.
Theo si trovò a fare, inconsapevolmente poiché non poteva vederlo, lo stesso gesto. “Sì…”
Ancora un attimo di silenzio. “Io non… non so quale sia il suono del tuo violino, o il movimento che fai per appoggiarlo alla spalla e tenerlo con il mento; non ho mai visto il modo in cui chiudi gli occhi, nascondendo al mondo quelle due pozze grigie che hai, se chiudi gli occhi quando suoni, perché non so neanche questo. E no, non ho mai visto come le tue mani accarezzano quello strumento. È vero, io non lo so”
Sentì Draco trattenere il respiro, ma lui non aveva ancora finito e alzò leggermente la testa per poterlo guardare di sbieco. “Non lo so, ma ho la certezza del fatto che il violino sia la concretizzazione di quello che sei”
Draco ricambiò lo sguardo nello stesso modo, appoggiandosi col sedere allo schienale della sua poltrona. “Theo…”
“Io non ho conosciuto il Draco di Hogwarts, ne sono solamente stato vittima, ho ancora impressi nella mente quei malevoli schizzi di inchiostro e non credo riuscirò mai a dimenticarli, non posso e non voglio farlo, ma vedevo quello che vedevano gli altri. Vedevo quello che tu volevi far vedere agli altri. E sai quando l’ho capito? Quando sei venuto a chiedermi scusa, a offrirmi di bere una Burrobirra insieme a te, perché non me lo sarei mai aspettato, non da quel Malfoy che passava le giornate a sfottermi”
Draco fece una smorfia. “Quel ragazzo non…”
Ma Theo gli fece cenno di tacere, e farlo finire. “Tu non mi hai mai dato altro oltre alla tua apparenza fisica, non ti sei quasi mai aperto con me, a parte qualche commento disperso qua e là nei nostri discorsi. Ma anche se non l’ho mai vista e non so che forma abbia, che voce abbia, io so che dentro di te un’anima c’è, lo so. Lo so. Sarà perché sono un pittore, sarà perché ho costruito un rapporto con te senza il velo della guerra o delle costrizioni sociali del tempo, ma io so che c’è. Tu potrai non essere ancora pronto a vederlo o a sentirlo, o essere convinto di essere dannato per l’eternità, però io so che c’è. E non lo so solo io” e sapeva che Draco avesse capito perfettamente a chi si riferiva.
“Non lo so solo io” ripeté.
Draco intanto si era lasciato scivolare sul bracciolo, e lo guardava con consapevolezza.
“Mi dispiace di aver insistito, e avevo bisogno di venire a dirtelo”
Il violinista sospirò prendendo un lungo respiro. “Ho esagerato ieri, scusa”
“È colpa mia, non dovevo toccare corde così profonde senza sapere niente e…”
“Amavo suonare il violino” disse all’improvviso, interrompendolo. “Non era solo un capriccio, ci tenevo sul serio, ma mio padre nonostante apprezzasse la mia musica non era della stessa idea, ecco perché mia madre dovette insistere parecchio per avere il permesso di spedirmelo, il Natale del primo anno. Erano quattro mesi che non lo prendevo in mano, e avevo paura: cosa avrei fatto se il suono non fosse stato quello giusto? Non riuscivo nemmeno a pensarci, anche perché mi ero rassegnato ad abbandonarlo, capisci? Ormai ero diventato uno studente di Serpeverde, un adepto di Salazar, e non avrei avuto tempo per la musica, ma fu impossibile non ascoltare quel richiamo” e si perse un attimo a ricordare quel momento, quelle tre lettere incise sul legno marchiate a fuoco nella sua mente.
“E la tua paura prese vita?”
Draco fece un mezzo sorriso. “No, il suono era perfetto, era ancora il mio suono, il mio violino”
“Però hai smesso lo stesso” e l’altro annuì in risposta. Aveva sempre tenuto tutti chiusi fuori, e a parte quel testardo impiccione che era entrato senza neanche preoccuparsi di bussare nessuno aveva mai visto il luogo in cui il vero Draco risiedeva, nemmeno Theo; lui, però, era rimasto ad ammirare le decorazioni di quella porta immaginaria, il suo colore, il modo in cui qualche rara volta si apriva senza rumore per poi richiudersi con un sibilo, tanto per mantenere le apparenze, e aveva provato decine di volte a ritrarla, quando sembrava che spuntasse il sole e arrivasse a illuminare quella particolare sfumatura di legno, ma all’improvviso tutto tornava buio ed era costretto a riporre il pennello. Era normale che avesse cominciato a immaginare il colore della porta prima e l’interno della casa poi, il pittore che era in lui non avrebbe potuto fare diversamente, e tutto perché lui, Draco, non lo aveva mai lasciato entrare. Se Theo era sempre più convinto di sapere come fosse dentro era perché lui lo aveva sempre tenuto fuori concretizzando quell’idea inizialmente astratta.
E non aveva diritto di prendersela con lui per qualcosa che aveva creato con le sue stesse mani.
Ce l’aveva sempre avuta con Salvador Dalì, infatti. Theo lo aveva portato a una mostra dedicata a lui ed eran rimasti un sacco ti tempo ad ammirare - cioè, Nott ammirava, lui guardava e basta - Costruzione molle con fave bollite. “È come lui vedeva la guerra civile spagnola” gli aveva spiegato, e lui aveva ribattuto “E allora poteva intitolarla Guerra civile o meglio ancora La guerra civile spagnola, no?” un po’ inacidito, poiché non gli andava che qualcuno potesse interpretare male quel dipinto (come aveva fatto lui, immaginandosi Dalì a ricoprire di fave bollite una vecchia bambola rotta che aveva trovato nella soffitta di casa sua) solo perché l’autore non l’aveva presentato bene, né col titolo né tantomeno con il disegno in sé. Certo, qualcuno con un minimo di conoscenza di storia dell’arte avrebbe subito collegato il quadro alla guerra civile, ma lui non era tra quelli. E così come lui aveva fatto come Dalì, Theo era stato nei panni di quel Draco al museo.
“Perché?”domandò il pittore, riportandolo alla realtà.
“Credo che tu sappia meglio di me perché, no? Come abbiamo trattato la tua passione e come ti sei sentito per tutti quegli insulti purtroppo lo sai solo tu, ma io avevo realizzato un’altra cosa mentre imbrattavo il tuo banco di schizzi osceni, e cioè…” si bloccò, sperando che Theo terminasse per lui, ma non accadde. Sospirò per prendere un po’ di coraggio e continuò. “… che non volevo succedesse anche a me, al mio violino. Io… io non avrei sopportato di vedermelo distruggere in quel modo”
“Lo so” Nemmeno io so come ho fatto a sopportarlo aggiunse la sua mente, ma non lo disse ad alta voce.
Draco allungò una mano per poggiare il bicchiere vuoto sopra il camino. “Mi dispiace”
“È un capitolo chiuso, non ci pensare più” e gli appoggiò una mano alla base della schiena, rassicurante.
“No, non è affatto chiuso, è ancora aperto, e lo dimostra quella custodia” sussurrò, indicandola appoggiata sull’altra poltrona del salotto. “La mia paura non ha preso vita quando avevo undici anni, ma adesso…” e lasciò la frase in sospeso.
“Credi davvero che ci sia differenza tra quattro mesi e diciassette anni?”
“Certo che c’è…”
“E invece no. Se io smettessi di dipingere per quattro mesi o per diciassette anni e poi riprendessi in mano il pennello, cosa credi cambierebbe? Sì, i soggetti dei miei quadri sarebbero diversi, e anche la forma, le linee, i colori verrebbero mischiati in modo diverso, ma questo renderebbe quella mia tela meno mia?”
Draco rimase in silenzio, cogliendo il punto ma rifiutando di riconoscerlo.
“No” disse Theo al posto suo, “e la stessa cosa vale per il tuo violino. Hai detto di essere cambiato, in questi anni, e quelle corde non sono state accarezzate da un archetto per tanto tempo, quindi sì, è impossibile che il suo suono sia lo stesso di quando eri un bambino, ma resta sempre e comunque il tuo suono”
È il tuo ritratto.
Perché gli venivano sempre in mente quelle parole, perché solo nei momenti in cui cercava di dire a sé stesso che il suo suono ormai era bell’e che andato? Perché gli sembrava che quel piccolo grifone dei suoi ricordi avesse…
“Mi disse che la mia anima era quasi indescrivibile” e fece un mezzo sorriso, “e ciò gonfiò il mio ego ancora di più. Insomma, era la prima persona al di fuori della mia famiglia che mi faceva un complimento e io non seppi definire la sensazione che provai, ma ancora adesso me la ricordo. Me la ricordo perfettamente. E non hai idea di quanta voglia io abbia di risentirmi ancora così, o forse sì, non lo so, però…”
“Però?”
“Mi ero rassegnato, nello stesso modo in cui mi ero rassegnato a lasciare quel violino a marcire nella soffitta del Manor quando ho preso per la prima volta l’Espresso per Hogwarts, solo che stavolta non è intervenuta mia madre con un pacco postale, ma Harry Potter con un pianoforte”
La musica è il suono dell'anima, e la tua è quasi indescrivibile
“Ho sentito quella sensazione, Theo, la stessa che ha provato anche lui quando era solo un bambino - almeno questo è quello che mi disse al lago pochi giorni dopo - e io…”
“Tu vuoi essere di nuovo in grado di riuscirci”
“Ma ho paura che ormai non ci sia più nulla da fare” concluse in un sussurro.
Theo lo fissò per un lungo istante, capendo di aver appena finito di guardare il film muto più bello della sua vita. “Draco” mormorò, spostando la mano dalla base della sua schiena al suo collo in una leggerissima carezza mentre questi si voltava verso di lui abbassando di poco la testa. “Theo…”
“Shh” lo spinse lentamente sempre più giù, “per favore”e con delicatezza posò la bocca sulle sua, come una farfalla lo possa fare su un fiore appena sbocciato con la consapevolezza che sì, arriverà un’ape a coglierne il polline, ma che comunque in quel momento quei petali stanno accarezzando le sue, di ali.
Fu un bacio dolce, come una coccola, un semplice sfiorarsi di labbra schiuse.
Dopo qualche secondo, che avrebbe potuto benissimo essere qualche minuto, Theo si staccò, ancora gli occhi chiusi, e appoggiò la fronte sul petto dell'altro, che sembrava aver appena ricominciato a respirare.
“Non dire niente” lo pregò, non riuscendo a trovare il coraggio di guardarlo negli occhi. “Lasciami solo stare così per un pò”
Draco rimase immobile, ascoltando il respiro di Theo che gli scaldava lo sterno a un ritmo calmo e regolare, mentre il suo cuore aveva accelerato i battiti. Era inutile che lo nascondesse ancora, l'attrazione che il pittore sentiva per lui l'aveva notata da tempo, ed era solo questione di tempo prima che succedesse: Theo lo aveva baciato, ma quel bacio non diceva mi piaci, come se fosse un bigliettino intriso di timidezza di una ragazzina che si dichiara al suo primo amore, no, recava un messaggio ben più grande.
Anche se non aveva suonato per lui, per il pittore era come se lo avesse fatto, e si era innamorato. Entrambi però sapevano che era un sentimento che non sarebbe stato ricambiato, perché per quanto dolce fosse stato quel bacio Draco era certo di quello che sentiva in fondo allo stomaco, e cio che Theo sarebbe rimasto solo un amico, perché non era in grado di far suonare il suo cuore. E lo sapeva anche l'altro.
Theo si allontanò da lui e si alzò elegantemente dalla poltrona. “È meglio che vada adesso”
“Mi dispiace” sussurrò, ma la voce era decisa, non era solo una frase di circostanza e sperava lo capisse.
“Sei il mio periodo blu, Draco”
Periodo blu?” domandò, spiazzato.
“Picasso, un pittore che mi piace moltissimo, non ha sempre dipinto opere cubiste - ricordi quelle che ti ho mostrato in quel mio libro? - perché prima ha attraversato altre fasi, altri periodi, appunto. Il periodo blu è caratterizzato da una pittura monocromatica e fredda, malinconica, simboleggia l'esigenza di interiorizzare il fatto che esistono realtà senza speranza. Non c'è speranza per noi, almeno non per come mi piacerebbe, ma va bene così, e sembrerà strano ma non vorrei che le cose andassero diversamente. Capisci, vero?”
Sì, Draco capiva, e annuì con un lieve sorriso sulle labbra. “Ti ringrazio per i tuoi sentimenti, ma non posso ricambiarli. Però posso invitarti qui per il solito the domani, che dici? Non potrò essere il tuo periodo cubista ma…”
“Diciamo che preferirei incontrare un periodo rosa” rise piano, visibilmente più tranquillo. Alla fine non era stato così traumatico, aveva ancora l'amicizia di Draco e il loro legame non si sarebbe reciso: gli serviva solo un po' di tempo per mandare giù il boccone un po' amaro, ma sapeva che il peggio era passato. Aveva trovato la forza di aprirsi a lui nello stesso modo in cui l'aveva fatto l'altro, e non aveva senso prendersela per qualcosa che non poteva semplicemente essere.
“Intendi che cercherai una donna…?” domandò confuso Draco, che di Picasso sapeva poco e niente: aveva presente solo Guernica, che ovviamente di blu e di rosa non aveva niente.
Theo rise più forte. “Certo che no!”
Erano ancora loro, potevano continuare ad esserlo.
“E allora che vuol dire 'sto periodo rosa?”
“Te lo spiego domani. Alle cinque, giusto?”



NdA
Bonjour à tout le monde ^^
Capitolo 20 *-* mi sento emozionata *-*
Sono in mostruoso ritardo, me ne rendo conto, e vi chiedo scusa, ma tornando a casa tra le otto e le nove di sera tutti i giorni sono sempre nella fase 'tiratemi su col cucchiaino, vi prego'; scrivo appena trovo tempo da dedicare solo a me, ma è poco purtroppo, e faccio quello che riesco. Perdonate quindi se questo capitolo può risultare non proprio scorrevole al primo impatto, ma è stato un parto di due settimane, due lunghe settimane.
Spero lo stesso che vi sia piaciuto, anche perché è uno dei capitoli cui tengo di più (il mio bambino *-*): non voglio fare pronostici, non credo vi aspettaste il bacio - soprattutto perché non me lo aspettavo nemmeno io, è Theo che ha agito indipendentemente da me e non ho potuto non assecondare il mio piccino friendzonato – ma spero che non mi metterete alla gogna per tirarmi frutta e verdura marcia ^^”
Ovviamente desidero tantissimo sapere cosa ne pensate, e accetterò anche eventuali ortaggi in faccia ^^”
Passiamo ora ai ringraziamenti: uno speciale va a Ladyriddle, che ha segnalato questa storia per l'inserimento tra le scelte facendomi un regalo stupendo, grazie cucciola <3
Grazie poi a chi ha recensito lo scorso capitolo e a chi sta lasciando una traccia del suo passaggio nei capitoli precedenti, è sempre bello incontrare nuovi compagni di viaggio, e grazie a chi segue, ricorda e preferisce C:
Le note sono lunghissime e oggi è pure martedì, ma non potevo aspettare ancora ><
A presto (speriamo!) e un grosso bacio :*
merrow

   
 
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