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Autore: Kidman71    25/02/2009    0 recensioni
“Si sentii bussare alla porta. nessuno ebbe il coraggio di aprire. il rumore divenne più forte. all’interno della dimora una donna iniziò ad urlare. la porta si aprii con forza.”
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Si sentii bussare alla porta.
nessuno ebbe il coraggio di aprire.
il rumore divenne più forte.
all’interno della dimora una donna iniziò ad urlare.
la porta si aprii con forza.”


Era una giornata limpida e serena, le persone che incontravo per la strada indossavano abiti leggeri, faceva un caldo insopportabile, così entrai in un negozio per prendermi una bottiglia di thé alla pesca:
-    buon giorno – salutai accorgendomi che non c’era nessuno, poi però aspettando circa dieci secondi arrivò un uomo basso di stazza, con un sorriso enorme ed una barba bianca e molto folta
-    salve ragazzo – mi rispose l’uomo dietro il banco del locale – cosa desideri –
-    potrei per favore una bottiglia di thé alla pesca? – chiesi imbarazzato
-    certamente, dietro di te vi sono tutte le bibite che vuoi – mi rispose, indicandomi con il dito lo scaffale delle bibite
-    grazie – dissi io, dirigendomi verso lo scaffale e prendendo una bottiglia di thé alla pesca – quanto le devo? – domandai all’uomo avvicinandomi appena al bancone.
-    Sono… - mi disse, fermandosi per un momento a fissarmi. D’improvviso il suo sorriso scomparve, gli occhi gli divennero seri, e mentre mi guardava si toccava la barba come se avesse voluto pettinarsela con le unghie della mano – un euro grazie – mi rispose voltandosi, in modo da darmi le spalle con molta maleducazione
-    D’accordo – dissi con tono tremante, nessuno mai aveva fatto così, comunque sia me ne andai al più presto possibile, credevo che avessi fatto qualcosa che non andava ma non vi era alcun motivo di darmi le spalle.
Quando attraversai l’autostrada, il sole cominciò ad emettere un colare insopportabile, ma non me ne accorsi, piuttosto riflettei a lungo di quello che era successo al locale, per fortuna non c’era nessun altra persona presente, avrei fatto senz’altro una brutta figura, e io di solito non le faccio le brutte figure, mia madre mi aveva insegnato come ci si deve comportare nella vita di tutti i giorni ed io l’avevo ascoltata. Forse mio padre aveva ragione a dire che era sola una misera donna in cerca di guai, ma io non gli davo ascolto, specialmente dopo che le fece passare l’inferno. Mio padre aveva denunciato mia madre perché lui diceva che lei mi picchiava ma non era vero, un giorno però mia madre iniziò a farlo perché condizionata da mio padre, a causa di questo, quell’uomo non trovò alcun ostacolo per denunciarla, e così ogni tanto andavo a trasvolarla. Queste visite erano disapprovate da mio padre, ma io ogni volta gli dicevo che andavo a studiare nei giardini Crawt, in effetti era vero, dopo essere andato a trovare mia madre andavo in quel posto, non potevo portarmi i libri scolastici per niente, e quindi ne approfittavo, a casa vi era sempre un baccano causato da mia sorella più piccola che badavo solo io, e da mio padre che urlava in continuazione, così era meglio per me rinchiudermi in un angolino tutto mio, ai piedi di una albero vecchio ma sano, ascoltando qualche volta il canto degli uccellini, e di una rondine che strano a dirsi, era sempre nei ramoscelli di quell’albero, ad spettarmi. Io quel giorno, ero già andato da mia madre, e quindi mi diressi subito nei vasti e incantevoli giardini Crawt.


Laika Hallow era una ragazzina solitaria, ogni volta che finiva le ore di scuola andava sempre a rinchiudersi nella sua camera molto disordinata, ma accogliente abbastanza per entrarvi dentro. Lei non amava tanto rimanere a giocare con i suoi compagni di classe, e loro non amavano tanto giocare con lei, perché affermavano che era matta. A Laika piacevano queste osservazioni che solo gli ignoranti potevano fare, ma non ci badava molto. La ragazza viveva con i suoi nonni, che le volevano bene, solo lei e i suoi due nonni sapevano un segreto che non doveva essere svelato. Laika tra le tante cose portava al collo un ciondolo molto strano, era rotondo, fatto in parte con il ferro e all’interno del ciondolo una pietruzza color rossa (simile al topazio) e al centro di questa minuscola pietra una lettera alquanto strana “L”.
Ogni qual volta si presentava una giornata buia e triste, Laika usciva di casa attraverso la finestra che dava su un’alta montagna innevata, non appena uscita si dirigeva verso questa montagna sino ad arrivare ad una grotta, buia e sinistra. E quando arrivava a destinazione non aveva il fiatone, perché aveva una forza simile a quella dell’uomo, anche se Laika non la pensava così, diceva sempre che gli uomini non sono dotati come le femmine, e che le femmine fanno più fatica dei maschi, e che i maschi non servono a nulla, nonostante tutto a lei piaceva essere paragonata ad un maschio, perché detestava le femminucce indifese, come lo erano le sue compagne di classe:
-    Pedasus! Pedasus! – esclamò Laika movendo la testa in cerca di qualcuno – dove sei? –
-    Sono qui! – gli rispose una voce squillante. Dalla caverna si stava avvicinando una figura apparentemente deforme, che poi divenne chiara alla vista di Laika. Una lince grande e grossa, dalle ali rosse come il fuoco, la coda lunga come un leone e la criniera gialla come il sole, si potevano anche notare due enormi canini al di fuori della bocca
-    Eccoti Pedasus – la ragazza corse verso “l’animale” con passo molto veloce, e lo abbracciò senza mai staccarsi dal suo corpo peloso e massiccio – è da molto che no ci vediamo eh? –
-    Soltanto da ieri – rispose l’animale sorridendo – anche se sembra che siano passati vari giorni –
-    Quanto è distante il giorno in cui potrò gridare al mondo il mio segreto? – chiese Laika guardando la lince senza mai smettere di abbracciarlo
-    Stai scherzando! – le rispose Pedasus aggrottando la fronte – quel giorno non ci sarà mai,  almeno non qui, ma se vuoi che ti dica una buona notizia avvertimi – disse Pedasus guardando con occhi socchiusi la ragazza
-    Certamente caro amico, spara – disse Laika curiosa, mentre Pedasus con sguardo confuso, causato dall’ultima parola detta dalla ragazza, le rispose:
-    Domani arriverà tuo fratello, sai… quel tipo con il nome strano –
-    Domani? – replicò Laika – stai scherzando vero? –
-    No – rispose Pedasus – domani –
-    Così presto? – continuò a fare domande la ragazza
-    Si – rispose nuovamente la lince, anche se solo le sue orecchie parevano quelle di una lince – perché? Ti avevo detto che avevi un fratello, proprio il primo giorno che ti ho incontrato –
Laika cominciò a riflettere, era un po’ agitata, la notizia che le aveva appena annunciato Pedasus non era affatto positiva, quindi si sedette per terra a gambe incrociate, pensando a quello che stava succedendo.


Quando mi sedetti sotto la grande chioma dell’albero, cominciai ad aprire la mia tracolla per prendere il libro di geografia e iniziare a studiare, anche se non avevo la minima voglia di studiare geografia. I raggi del sole cominciarono ad essere più intensi, le persone all’interno dei giardini Crawt erano poche, vi erano più bambini che adulti, i bambini giocavano con lo scivolo o con le altalene, un gruppetto però si era appartato in uno spazio più piccolo ma ricco di vegetazione e di nascondigli, e si era messo a giocare a nascondino. Io, con il libro di geografia in mano, socchiusi gli occhi per poi riaprirli, poi li richiusi per poi riaprirli, il cinguettio degli uccellini era piacevole, le foglie degli alberi iniziarono a rumoreggiare, i rami a mormorare, il vento a fischiare acutamente, ed io dopo il terzo tentativo di riaprire gli occhi cedetti a quel paradiso vegetale.
Quando mi svegliai, i raggi del sole erano spariti, il vento era diventato più fresco, il cinguettio degli uccellini scomparso nel nulla, notai che era tarda sera, circa le sei e mezzo, quindi mi alzai un po’ spaesato. Non vedevo più i bambini giocare a nascondino, ma nemmeno adulti parlare tra loro, ero solo e impaurito, mi misi a camminare, poi però mi accorsi del libro di geografia e della borsa a tracolla, mi chinai a prenderli per poi assumere una posizione retta e sentire una voce dirmi:
-    salve Fox –
Mi guardai attorno, poi pensai che era solo nella mia testa, perché mi ero appena svegliato:
-    Fox Hallow? Ci sei? –
Non era possibile che una seconda volta potevo aver sentito una voce, quindi cercai tra i rami dell’albero dove mi ero addormentato:
-    chi parla? – chiesi con tono flebile – chi… chi parla? –
-    dai Fox non avere paura – mi rispose la vocina proveniente dalla chioma dell’albero – sono tua amica sai? –
-    ah sì? – chiesi indietreggiando sempre di più – fatti vedere allora –
-    va bene, prima devi farmi una promessa però? – disse la vocina
-    quale? – chiesi, sempre indietreggiando
-    per prima cosa smettila di allontanarti sempre di più, non voglio mica mangiarti – da quell’affermazione mi fermai, fissando solo un punto della chioma, perché non avevo nessuna idea di dove fosse nascosta la vocina che sentivo
-    poi devi promettermi che quando mi vedi non cominci ad urlare come fanno i mocciosi – continuò la vocina – promesso? –
-    pr…pro…promesso – balbettai, immaginando che aspetto avesse la vocina che mi parlava nascosta tra i rami dell’albero, se mi aveva chiesto di non urlare doveva essere mostruosa.
Dopo quindici secondi, le foglie dell’albero iniziarono a muoversi, l’erba, su cui stavo, pareva lamentarsi sembrava che sussurrava qualcosa contro di me, e poi tra i rami della chioma ne uscì una rondine, la stessa rondine che mi aspettava ogni volta che mi presentavo:
-    allora… dove sei? – chiesi io, incuriosito di vedere la vocina che poco prima mi aveva parlato
-    sono qui scemo – la rondine mi rispose ghignando, cinguettò per un po’ e poi iniziò a fissarmi. Anche io la stavo fissando con la bocca aperta, dalla quale non uscì alcuna parola, lei non disse nulla, forse voleva aspettare che dicessi qualcosa, ma io non dissi nulla.
Per un po’ di tempo solo il silenzio si faceva sentire, poi però facendo un lungo respiro riuscii a dire qualcosa:
-    ciao –
-    non riesci a dire altro – disse la rondine un po’ delusa – sono venuta qui attraversando, monti, mari e intere città per sentirsi dire solo un “ciao” –
-    è solo che mi serve solo un po’ di tempo per riacquistare la ragione – risposi confuso
-    e perché mai dovresti farlo, questo non è un sogno –
-    ssssi… - risposi – hai ragione, non è un sogno, una rondine che parla non è un sogno vero? –
-    ovviamente no, comunque sia sono venuta qui per portarti via – la rondine appena detto questo, volò verso me per posarsi sulla mia spalla
-    portarmi… via? – a quel punto volli spiegazioni – in che senso? –
-    è solo che tu non appartieni a questo mondo – mi disse la rondine in parole povere
-    vuoi dire a questo paese? L’America? – chiesi io insinuando di sapere cosa volesse dire
-    no, no ,no, io ho detto a questo mondo, perché vedi… tu sei…come dire… tu sei… vedi sei solo… tu sei un mago –
le foglie degli alberi smisero di muoversi, l’erba interruppe il suo ronzio e smise di sussurrare, ed io ancora più confuso dissi:
-    che cosa hai detto? –
-    ho detto che tu sei un mago – ripeté la rondine schiarendosi la voce
-    e questo secondo te non è un sogno? – le chiesi io chiudendo gli occhi e riaprendoli come per dire “sentiamo la tua risposta!”
-    esattamente – rispose la rondine – non è un sogno –
-    forse… - dissi io – può darsi che… - continuai – no, no, no senz’altro questo è un sogno, io non sono un mago… perché la magia non esiste –
La rondine sembrava perdere la pazienza, così avvicinandosi al mio orecchio mi sussurrò:
-    credi davvero che la magia non esista? –
In effetti io avevo sempre creduto nella magia, ma lei cosa ne sapeva? E poi era troppo bello per essere vero.
-    ammettiamo che tu abbia ragione – disse la rondine volando verso un ramo dell’albero per poggiarsi – ammettiamo che questo sia un sogno, anche se in realtà non lo è, e tu sei ancora addormentato, di solito nei sogni succede qualcosa, quindi tu verrai con me sino ad una meta, cioè da tua sorella e se non ti sarai ancora svegliato vuol dire che è la pura verità – le sagge parole della rondine mi convinsero
-    d’accordo – dissi – comunque… cambiando discorso io avrei una sorella? –
-    si, anche lei ha poteri magici – mi rispose sorridendo
-    quindi è una strega? –
-    certamente e ti sta aspettando –
-    spero proprio che tu abbia ragione, e spero che questo non sia un sogno, perché è bello in fondo essere maghi – dissi poggiando la mia tracolla sull’erba e fregandomene altamente della geografia
-    te ne accorgerai arrivati da tua sorella, ma i tuoi parenti, non vuoi salutarli?-
Pensai a mio padre, alla sua voce squillante che emetteva solo suoni volgari, pensai alla mia sorellina più piccola che non smetteva mai di piangere e che voleva da mangiare, pensai a mia madre rinchiusa in prigione, e poi dissi:
-    credo che a loro non importi nulla di me… andiamo –
-    perfetto, però prima devo darti una cosa – la rondine si nascose tra i rami dell’albero con il suo becco leggermente ricurvo prese un ciondolo e volando verso di me, me lo porse:
-    che cos’è? – chiesi afferrando il ciondolo dalla forma rotonda.
-    Lo saprai non appena arrivati da tua sorella – mi rispose la rondine fissandomi e sbattendo le ali.
Il ciondolo era fatto in parte di ferro, e al centro vi era una piccola pietra bluastra simile allo zaffiro con incisa una lettera molto piccola: “F”. Me lo misi al collo e guardai la rondine per dirle:
-    allora come raggiungiamo mia sorella? A cavallo di una scopa? –
-    troppo visibile – mi rispose la rondine – a proposito… chiamami pure Keope –
-    va bene… Keope… come raggiungiamo mia sorella? –
-    non lo so, intanto camminiamo e cerchiamo un uscita, poi ci penseremo – rispose Keope posandosi sulla mia spalla e dicendomi dove andare.


  
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