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Autore: sissi149    11/11/2015    9 recensioni
Un terribile incidente sconvolge la nazionale giapponese. Tutti si stringono nel cordoglio, senza notare due strane figure custodi di un grande segreto.
Genere: Drammatico, Mistero, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Sorpresa, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hikaru osservò la donna accanto a lui, appoggiata al muro al fondo della stanza: l'aveva riconosciuta subito quando si erano incontrati qualche ora prima per organizzare quella riunione, era il capitano della squadra femminile contro cui avevano giocato, quella che era riuscita a segnare loro un gol.
“Quindi voi avete sempre saputo?” Le chiese, nell'attesa che tutti i compagni e le giocatrici di Princeton prendessero posto nel salone.
Questa scosse la testa.
“No, l'ho scoperto solo io qualche settimana fa, facendo ricerche su di voi. Per la partita.”
Hikaru sbuffò quasi divertito:
“Sei proprio sua degna allieva.”
“Lo spero, ma ora non credo che potrà continuare.”
Il difensore nipponico percepì un punta di rabbia in quella constatazione e si rese improvvisamente conto che se Jun ora decideva di rientrare in Giappone avrebbe significato abbandonare le persone che in quegli anni avevano contribuito a rendere più normale quella vita in fuga.
“Insomma Matsuyama! Vuoi spiegarci perché ci hai convocato qui? E insieme a loro?” Sbraitò Hyuga, cercando di attirarsi la sua attenzione.
“Vorrei saperlo anch'io. Ho di meglio da fare.” Aggiunse Wakabayashi.
Hikaru non si lasciò impressionare e rispose a tono:
“Quando ci sarete tutti, vedrete.”
Occorse ancora qualche istante perché arrivassero tutti, compreso Mikami col suo staff, ed allora Hikaru e Bonnie introdussero nella stanza l'agente Fukoshi. Questi si posizionò davanti alla platea e si presentò.
Per quanto poté osservare Matsuyama, l'uomo aveva preso il discorso molto alla larga, cominciando a spiegare in generale il suo lavoro, cosa comportasse una vita sotto protezione e perché alcune persone ricorressero ad una scelta tanto estrema. Qualcuno dei compagni pareva annoiato da quella lunga premessa, ma il difensore pensò che se, invece di trovarsi davanti per caso Jun e Yayoi, avesse avuto anche lui un'introduzione del genere forse sarebbe stato più disposto a reagire subito in maniera positiva alla scoperta della verità.
Fu quando l'agente annunciò che quell'introduzione era dovuta al caso specifico di persone che tutti in quella sala conoscevano molto bene, che il livello di attenzione si alzò improvvisamente e si caricò di tensione.
Il racconto fu semplice e diretto, senza troppi giri di parole, ma esauriente nei dettagli sulla storia di Yayoi e di Jun. In sala le reazioni erano le più diverse, dallo stupore, alla gioia incondizionata, alla diffidenza, all'incredulità, ma per tutti era chiaro, grazie alla lunga spiegazione, che i due ragazzi dovevano averne passate almeno quanto tutti loro, in termini di sofferenza. Eccezion fatta per le ragazze americane, per cui scoprire che il loro allenatore era stato una stella del calcio giapponese fu un'inattesa e strana rivelazione, l'avevano sempre considerato una persona normalissima.
“Bene. Un'ultima questione – richiamò nuovamente l'attenzione l'agente Fukoshi – Volete vedere i vostri amici?”
Dopo la sorpresa del saperli vivi, il gruppo non ebbe dubbi e all'unisono espresse il parere positivo all'incontro: da una porta laterale furono introdotti Jun e Yayoi.
Nella sala scoppiò la gioia e si scatenò un putiferio, tra i giocatori nipponici si faceva a gara per abbracciare per primi i ritrovati amici, perfino i più burberi si lasciarono andare a manifestazioni di giubilo e a pacche sulle spalle.
“Io lo sapevo, sapevo di aver visto Yayoi aggirarsi da queste parti.” Strillò Sanae al colmo dell'emozione, prima di stritolare l'amica tra le braccia.
Le ragazze americane si erano fatte discretamente da parte, raggiungendo Bonnie.
I saluti di Mikami e dello staff furono più formali, ma pieni comunque di calore.
Alla fine anche Hikaru si lasciò coinvolgere da quell'atmosfera e dimentico delle incomprensioni iniziali si gettò ad abbracciare il proprio migliore amico, maledicendosi mentalmente per aver aspettato due giorni prima di decidersi.

 

 

 

Nel tripudio generale, fu Hishizaki a porre il quesito che più Jun temeva, quello che l'aveva tenuto sveglio per buona parte della notte a discutere con Yayoi:
“Misugi, quando torni a giocare con noi?”
Il momento forse maggiormente temuto dal ritrovato campione: per quanto in quegli anni avesse sempre desiderato poter tornarne in Giappone, ora che la cosa era finalmente fattibile, una strana ritrosia lo aveva invaso.
“Perché non vieni già in Florida?” Fece eco un ancor più entusiasta Shingo Aoi.
I compagni di squadra erano carichi di aspettativa, mentre Mikami pareva più cauto.
Jun strinse forte la mano di Yayoi, a cercare il suo supporto:
“Ragazzi, tutto ciò mi lusinga, ma sono tre anni che non gioco. Devo recuperare per tornare al vostro livello.”
“Suvvia Jun – si intromise Tsubasa – non vorrai dirci che non hai toccato un pallone per tutto questo tempo?”
Misugi sospirò:
“Vi sembrerà strano ma è così. Ho giochicchiato mentre allenavo le ragazze, ma non potevo rischiare di farmi notare da squadre importanti e mettere a rischio la mia copertura.”
“Però puoi venire comunque in Florida – Ishizaki insisteva – Potrai giocare solo qualche minuto nel finale delle partite.”
“Non è così semplice: in questo momento io non sono un cittadino giapponese.”
La notizia lasciò tutti sconcertati,finché l'agente Fukoshi non spiegò:
“Ci vuole tempo per sistemare tutte le questioni burocratiche e un ritorno sotto i riflettori internazionali senza essere ben pianificato può essere controproducente per tutti.”
Anche Mikami annuì a quella spiegazione.
Fu Hikaru a porre una nuova questione:
“Ma tornerai comunque presto in Giappone, no?”
Ecco l'altra domanda spinosa a cui Jun aveva attentamente preparato una risposta, in pieno accordo con la moglie:
“Sinceramente, no.”
Nel salone scese di colpo un silenzio teso, come se una doccia fredda avesse colpito tutti i presenti.
“Voi sapete che tre anni fa, quando abbiamo dovuto fingere di essere morti, abbiamo dovuto interrompere le nostre vite, lasciare incompiuto quello che stavamo facendo. Faticosamente abbiamo ricostruito delle nuove vite qui, abbiamo entrambi un lavoro. Tornare subito in Giappone vorrebbe dire lasciare nuovamente le cose incompiute e noi non ce la sentiamo. Anche per le persone che sono state il nostro nuovo mondo in questi anni.”
Jun cedette la parola alla moglie:
“Questo non vuol dire che non torneremo a casa, vuole solo dire che prima desideriamo concludere ciò che abbiamo cominciato qui. Io terminerò l'anno accademico come infermiera al campus universitario, Jun proseguirà parte del suo tirocinio all'ospedale.”
“E soprattutto – riprese l'uomo – resterò per concludere il campionato universitario. Nella mia vita mai avrei immaginato di allenare una squadra femminile, ma queste ragazze sono state una scoperta e una soddisfazione continua ogni giorno. Ora che abbiamo serie possibilità di vincere il titolo voglio essere con loro quando accadrà, voglio veder realizzato insieme il frutto del nostro lavoro.”
Bonnie e le ragazze si sentirono piene di riconoscenza per quell'attestazione di stima da parte dell'allenatore, che rinunciava a tornare in patria per aiutarle a coronare il loro sogno.
Yayoi aggiunse:
“Ovviamente potremo restare in contatto! Tramite internet e tutto il resto, non siamo più reclusi.”
Anche se un po' recalcitranti, tutti si mostrarono alla fine favorevoli a quella decisione, comprendendo di non avere diritti sulle decisioni riguardanti la vita di Misugi e, soprattutto, comprendendo il suo desiderio di portare a termine un percorso, seppur avviato in maniera poco convenzionale.
In tutto quel discutere l'ora di cena era arrivata e quasi passata, così fu deciso di organizzare, col beneplacito dei due allenatori, una festa nel refettorio della palazzina H: ovviamente Jun e Yayoi furono i festeggiati e gli ospiti d'onore. Le due squadre, la nazionale e Princeton, in quell'atmosfera distesa e serena poterono anche approfondire la conoscenza scambiandosi pareri calcistici o raccontando gli uni alle altre, e viceversa, aneddoti sul calciatore Misugi e sull'allenatore Ross.
Jun rise fino alle lacrime come non gli succedeva da tempo, cercando in alcuni casi di schernirsi da alcune insinuazioni appositamente troppo spinte.
Stringendo a sé la moglie, si sentì nuovamente completo.






Ringrazio tutti coloro che hanno letto e dedicato tempo a questa storia fino a qui: spero di avervi fatto trascorrere dei momenti piacevoli.
Un ringraziamento particolare a chi ha lasciato il suo parere: le vostre recensioni appassionate a questa storia per certi versi semplice, scritta per riprendere confidenza con la scrittura di tipo narrativo, mi hanno fatto molto piacere e non è escluso che prima o poi qualche piccolo spin-off della vicenda principale possa vedere la luce
.
Ora una delle fonti che mi hanno ispirato: si tratta di un film con Sarah Jessica Parker e Hugh Grant, Che fine hanno fatto i Morgan?, una commedia romantica su una coppia in crisi che assiste ad un omicidio e deve rifugiarsi in una minuscola cittadina in mezzo ai monti. Non è un film di prima scelta, ma per occupare un pomeriggio di noia può andare.

  
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