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Autore: passiflora    12/11/2015    1 recensioni
Giorgia, Shine, Felicity e Aurora. Quattro ragazze legate tra loro dal destino e dal misterioso fato dei fratelli Reed, che scomparvero senza lasciare traccia duecento anni prima ma che ora, misteriosamente, sono tornati. E con loro una minaccia.
---Della terra dei Franchi è la maga dell'Aria, dalla notte al giorno è la maga dell'Acqua, la maga di Terra è figlia d'artista e la maga del Fuoco è la bestia più bella---
[Con questa storia voglio tentare il progetto NANOWRIMO, che in sostanza consiste nello scrivere un romanzo -una bozza, ovviamente- di almento 50000 parole entro fine mese. Chissà se ci riuscirò! Nel frattempo, volete dare una possibilità al mio lavoro e farmi sapere che ne pensate? ;) ]
Genere: Dark, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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« Zaira, sempre troppo impaziente » fu l'unico commento di Florian, che si voltò lentamente verso la ragazza e la squadrò con occhi severi.

« E voi siete sempre così misteriosi » sbottò lei storgendo il naso. « Cosa ci sarà mai da fare mistero? Credo piuttosto che dovremmo mettere in chiaro le cose, anche perché stiamo per chiedere loro di aiutarci, no? » Poi puntò lo sguardo chiaro e pungente verso Shine e aggiunse: « Tu non sei affatto sconvolta vero, Shine? »

Shine non rispose ma i suoi occhi azzurri, di una tonalità più corposa, meno eterea rispetto a quelli di Zaira, si incupirono.

« Io ho una proposta » si intromise Aurora. « Che ne dite di riposare qualche ora e riprendere questa conversazione quando saremo tutti più lucidi? Per questa notte credo di aver sopportato abbastanza. Ho bisogno di dormire e dalle vostre facce suppongo che anche per voi valga lo stesso. »

La proposta della ragazza venne accolta quasi all'unisono. Florian e Eoden non si dimostrarono particolarmente entusiasti all'idea di riposare.

« Posso aiutarti io » sussurrò Zaira all'orecchio di Florian, sperando di non essere udita ma in effetti parlando a voce piuttosto alta. La sua piccola mano scivolò veloce lungo il collo del ragazzo e poi sulla guancia. Lo attirò a sé e gli diede un bacio sulla guancia, il bacio sulla guancia più lascivo che le ragazze avessero mai visto. Felicity sentì lo stomaco contorcersi nel vedere quella copia di sé stessa provarci in quel modo con Florian. Era come se lo stesse facendo lei stessa.

Fu Johanna a risolvere il problema. Prese la ragazza a braccetto e la condusse nella stanza adiacente. Zaira tentò di protestare, ma Johanna mantenne la presa e la fulminò con lo sguardo rendendola istantaneamente più docile.

Florian rimase così solo e libero dalle attenzioni della ragazza, che sembrava non gradire. Eoden tornò nella stanza di fronte. Le ragazze lo videro afferrare il braccio di Shine. Lei si avvicinò, gli sussurrò qualcosa e subito dopo seguì le altre lungo il corridoio.

 

« Dunque… maghe? » disse Aurora, appena si furono sistemate in camera sua. Lei e la sorella condividevano una delle due suite in cima all'hotel, l'altra era dei loro genitori. Aurora aveva spiegato che i due appartamenti erano in origine un unico spazio ma che i suoi genitori avevano deciso di dare più privacy alle proprie figlie e di guadagnarne così a loro volta. In quel momento, sua sorella Barbara non era in casa e di conseguenza erano completamente sole.

« Ora che quei quattro non ci sono, la cosa mi sembra ancora più inverosimile » commentò Felicity.

« A me no. » Shine si sedette compostamente sul divano.

« Già » fece Felicity. « Ti andrebbe di spiegarci cos'è successo? »

Shine raccontò tutto, dal giorno dell'aggressione alla febbre alla guarigione repentina alla nottata passata all'aperto ai sensi acuiti.

« Oh cielo » esclamò Felicity.

« La luna piena è passata da poco. Ora come ti senti? Voglio dire… senti anche qualcos'altro di… lupesco? » domandò Aurora, sistemando delle brandine da campeggio che aveva estratto da un ripostiglio.

« Quasi niente, per ora » rispose Shine. « Tranne un forte senso di… orgoglio, fierezza. Temo che andrà peggiorando. Tuttavia, se volete una prova, posso fornirvela: dentro quello sgabuzzino tenete una scatola piena di tempere e pastelli a cera. E' così? »

Aurora sgranò gli occhi blu, Shine continuò: « Nel frigo ci sono uova, bacon, formaggio italiano, vino, birra… »

Avrebbe continuato l'elenco, ma Aurora la fermò. « D'accordo, d'accordo » esclamò. « Ti credo. »

« Maghe degli elementi. » La voce di Giorgia sembrò levarsi dal nulla. Per tutto il tempo era rimasta così silenziosa e in disparte che le altre tre si erano quasi dimenticate di lei. « Hanno detto che siamo questo. Ha un senso, secondo voi? Perché io ho ricordato una cosa che non volevo ricordare mai più e se questo è quello che posso fare, beh, non voglio farlo. »

« Di cosa parli? » domandò Shine, la più vicina a Giorgia.

Giorgia raccontò l'episodio della morte di suo cugino. Vide le ragazze rabbuiarsi, in particolare Felicity, la quale inspirò profondamente e disse: « Io soffocai una ragazzina. » Sembrò rabbrividire, poi aggiunse: « Ero piccola, molto piccola. Quella ragazzina strillava e dava fastidio a tutti. Mi tirò i capelli, strappandone una ciocca. Io urlai di dolore, lei urlò altrettanto e io desiderai farle del male e poi che smettesse di urlare. In un attimo, era diventata blu. E' morta soffocata. »

« Io da bambina facevo danza » disse Shine. « Un giorno, la maestra mi fece arrabbiare incredibilmente ma non ricordo per quale motivo. Quello stesso giorno dovemmo fuggire fuori dalla palestra perché era scoppiato un incendio che divorò l'intera struttura, provocando ustioni a tre ragazzine e a quella stessa insegnante. Ero convinta di essere stata io e lungo tempo. Ora lo sono di nuovo. »

« A me invece l'acqua fa semplicemente molta paura » disse Aurora « ma ora sono troppo stanca per proseguire. I vostri letti sono pronti. Ci risentiamo per l'ora di pranzo. » Poi si alzò si chiuse nella propria camera senza voltarsi indietro.

 

Nonostante le vicissitudini della serata, non appena si distesero sulle brandine (su cui Aurora aveva sistemato dei sottili materassi, lenzuola e coperte) scoprirono di essere terribilmente stanche e si abbandonarono al sonno nel giro di qualche minuto.

Shine sognò di avere la pelle di lupo e di correre sotto la luna, libera e senza paura: non puoi essere spaventato quando sei tu stesso la creatura più pericolosa nei dintorni. Sognò di inoltrarsi in un bosco, sempre più all'interno, dove gli alberi si chiudevano uno sull'altro e il sottobosco era fitto e impediva di avanzare velocemente. I rami più bassi si fecero più invadenti, protendendosi come artigli, graffiandole la pelle, strappandole la pelliccia. Ogni graffio ne strappava via una striscia. Shine continuò ad avanzare e i rami continuarono a farsi più fitti. Quando la ragazza riuscì ad oltrepassare quella barriera, non aveva più la pelliccia addosso, era tornata sé stessa. Poco lontano, vide Eoden. La stava aspettando. Gli si avvicinò e nonostante entrambi fossero completamente nudi non provò alcun imbarazzo. Lo raggiunse e allungò le braccia verso di lui allacciandogliele al collo. Si premette contro di lui e le sembrò di sentire davvero il calore della pelle del ragazzo sulla sua.

Si sollevò sulle punte dei piedi e lo baciò con un impeto, gli morse le labbra, poi sentì le mandi di Eoden scenderle lungo la schiena, le natiche e le cosce. D'un tratto la strinse e la sollevò per poi inginocchiarsi a terra e stendersi sopra di lei.

A quel punto, Shine si svegliò. Era sudata, eccitata e si sentiva le guance in fiamme. L'attrazione che provava per quel ragazzo aveva qualcosa di ridicolo nel suo essere così irrazionale e allo stesso tempo schiacciante. Non lo conosceva, era un mostro, eppure sapeva di volerlo, di desiderarlo profondamente. Quella sensazione era del tutto nuova per lei: di ammiratori ne aveva avuti a frotte, ma in quanto a concedersi a qualcuno, quella era una cosa diversa. Shine era selettiva, tanto che si era guadagnata la fama della spocchiosa che si credeva "di avera d'oro", come dicevano alcune ragazze di sua conoscenza; ma la verità era che detestava l'idea di concedersi a qualcuno solo per passare il tempo.

Il cielo fuori era azzurro, il sole era già sorto da un pezzo. Guardò l'orologio: erano le nove e mezzo. Aveva dormito solo quattro ore.

Si girò verso Giorgia e Felicity, entrambe ancora profondamente addormentate e si chiese se anche loro facessero bei sogni o se fossero tormentate dagli incubi sulle morti di cui avevano raccontato. Fu solo in quel momento che si rese conto che anche lei, con tutta probabilità, sarebbe stata causa di morte ma il pensiero non riuscì a turbarla come avrebbe dovuto.

 

I sogni di Felicity furono confusi ma non particolarmente oscuri e se ne andarono dalla sua mente nell'istante stesso in cui aprì gli occhi. Tuttavia, poco prima di svegliarsi, quel turbinio di immagini sembrava aver preso una direzione. Aveva visto sé stessa seduta sulla balaustra di un balcone, sullo sfondo una notte stellata e fresca. Lei indossava un mantello. D'un tratto, qualcuno era entrato nel sogno, un uomo dai capelli neri che indossava a sua volta un pesante mantello col cappuccio. Felicity aveva sorriso allo sconosciuto, il quale aveva estratto un oggetto da sotto le falde del mantello e glie lo aveva porto: un computer portatile.

Quando si sollevò dalla brandina, notò che a differenza del solito non era la prima ad essersi svegliata. Shine aveva già preparato un brunch per tutte.

Si voltò verso Giorgia e la scosse dolcemente. La ragazza aprì gli occhi a fatica; erano rossi per il poco sonno e per contrasto le iridi sembravano ancora più verdi.

« Buongiorno » le disse. « Dormito bene? »

« Ho sognato di essere una serva » rispose lei, sollevandosi a stento a sedere. « Una serva che serviva té alle erbe ai fratelli Reed. »

« Beh, io ho sognato di annegare. Ho vinto il premio per l'incubo peggiore, spero » si intromise Aurora, uscendo dalla propria camera sbadigliando, con addosso un pigiama blu dall'aria vetusta.

« Penso di sì » disse Felicity. « Io ero con uno sconosciuto incappucciato che mi offriva un portatile. »

« Bizzarro. E tu, Shine? » disse Aurora, prendendo dal frigo una bottiglia di succo di frutta.

« Io lo facevo con Eoden Reed, in un bosco, di notte » rispose Shine con molta più naturalezza di quanto non si sarebbe aspettata. « Anzi, abbiamo solo iniziato perché poi mi sono svegliata. »

Mangiarono poco, perché nessuna di loro aveva molta fame, e dopo essersi rassettate al meglio scesero al decimo piano per controllare in che stato versassero i loro ospiti.

Tutti dormivano ancora profondamente tranne Eoden, che quando entrarono nella sua stanza era intento a fare flessioni, indossando soltanto i boxer che Aurora aveva in qualche modo recuperato.

« Già sveglio? » trillò Felicity, spingendo avanti Shine, che riservò al ragazzo uno dei suoi migliori sorrisi.

« Non dormo quasi mai. Non ci riesco » rispose lui.

Il suo corpo scolpito fece arrossire tutte le ragazze, anche se nessuna volle darlo a vedere, premurandosi di dissimulare l'imbarazzo come meglio poterono.

« Bene, allora intanto lo diciamo a te. Shine, Giorgia e Felicity tornano a casa per qualche ora. Questo pomeriggio andremo tutti a fare una passeggiata a Ebury Park, d'accordo? Così parleremo con tranquillità e in quasi totale solitudine » disse Aurora.

« Mi sembra un'ottima idea » rispose Eoden. « Che Ebury Park sia. »

Mentre le ragazze uscivano dalla stanza il suo sguardo catturò quello di Shine e non lo lasciò andare fino a che lei non fu fuori dal suo campo visivo.


Mentre tornavano a casa, Felicity non smise un secondo di parlare di quanto era accaduto. Sembrava che le ore di sonno le avessero infuso nuove energie e che avesse trovato mille nuovi punti su cui fare chiarezza.

« Per esempio » disse. « Dev'esserci per forza un motivo per cui tutte, più o meno, abbiamo subito un'esperienza simile. Dev'esserci, non lo so, un collegamento. »

« L'unico collegamento tra noi, prima d'ora, è che tutte avevamo un gatto » osservò Giorgia.

Felicity si zittì e sgranò gli occhi, poi si voltò verso la ragazza con in viso la stessa espressione di chi ha appena scoperto il senso della vita: « Hai sempre avuto la tua gatta, sin da quando riesci a ricordare? » chiese.

« No. La trovai quando avevo sei o sette anni » rispose Giorgia, intuendo dove Felicity volesse andare a parare.

« E quanti anni avevi quando successe quella cosa a tuo cugino? »

« Sei o sette anni. »

Felicity batté il pugno destro sul palmo della mano sinistra. « Ah! » esclamò. « Lo stesso è accaduto per me. Trovai Absinthe poco prima di compiere sei anni e qualche mese dopo avvenne l'incidente. »

« Quindi… secondo te sono stati i gatti, o per meglio dire Florian Reed, a conferirci dei poteri mortiferi che non abbiamo manifestato mai più? » osservò Giorgia.

« Questo lo verificheremo oggi pomeriggio. »

Si separarono davanti a Villa Reed. Ora, entrare in quella casa aveva tutt'altro sapore. Dopo quello che era successo, Giorgia non riusciva più a vedere la villa come la propria casa ma come un'entità viva, un po' come la raccontavano le leggende che circolavano nel quartiere. Quante cose erano successe, quanti misteri, quanti orrori, quanti amori? Giorgia aveva la testa piena di domande. Per un attimo, tornò indietro di qualche ora, a quando avevano condotto il ragazzo che si professava Florian Reed dentro la casa. Si era guardato intorno certo, ma aveva più l'aria di chi torna a casa propria dopo lungo tempo e la trova stravolto piuttosto che quella di qualcuno che entra per la prima volta in un edificio.

Una cosa simile non avrebbe dovuto essere possibile, le persone non tornavano dal nulla dopo duecento anni. Una parte di lei ancora non credeva di aver trovato due donne che erano rimaste imprigionate in un sotterraneo per due secoli e che queste donne fossero uscite di lì perfettamente in forze; non credeva che il ragazzo che aveva visto combattere su un ring illegale fosse un lupo mannaro, così come non credeva lo fosse Shine; e non credeva che Florian Reed fosse stato in qualche modo "diviso" e disperso, chiuso nel corpo di quattro gatti.

"Un oggetto nascosto è un mistero, uno rotto è spazzatura" aveva detto lui. Dal suo tono di voce sembrava che parlasse di un dispetto, come se il responsabile di quanto gli era accaduto (il loro padre, se non ricordava male) avesse voluto vendicarsi su di lui in special modo, o burlarsi.

Si sedette sul divano e di nuovo il sonno la colse. Sua madre venne ad accoglierla ma prima di poter rispondere Giorgia si era già addormentata.
   
 
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