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Autore: DarkSide_of_Gemini    15/11/2015    5 recensioni
Ethan Danvers era sempre stato considerato un ragazzo “strano”. Sin da bambino aveva sempre parlato di fate e folletti, e amava le storie fantastiche in cui creature leggendarie vivevano al fianco di uomini comuni. Non era la sua immaginazione da bambino a far sì che sognasse quelle creature ad occhi aperti: Ethan aveva un dono, possedeva la fede nell’immenso potere dell’immaginazione, e proprio per quello era in grado di vedere cose che sfuggivano agli altri ragazzi.
Quello che lui ha sempre considerato un privilegio, tuttavia, potrebbe trasformarsi nel peggiore degli incubi.
Dal testo: “-Oh, Ethan!- esclamava Ellen, e non riusciva a trattenere una risata –L’Uomo Nero è attirato dalla paura e dalla cattiveria dei bambini. Tu sei forse un bambino cattivo?-
Lui scuoteva la testa, e non mancava di aggiungere –Però… potrebbe sempre venire se sa che ho paura di lui-
-Proprio per questo non devi temerlo, tesoro. L’Uomo Nero si compiace del terrore degli altri. Tu devi essere più forte di lui, devi dimostrargli che la tua paura di lui può essere annullata dalla speranza e dalla bontà del tuo cuore. Fin quando avrai fiducia nel bene l’Uomo Nero non potrà mai farti del male"
Genere: Fantasy, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nightmares Are Back

3

 

Avevamo lasciato Ethan al parco, a cercare un modo per passare il tempo. Gli sarebbe piaciuto  essere lì con qualche amico, quantomeno avrebbe avuto qualcuno con cui parlare o giocare a calcio, o ancora andare sulle giostre che si trovavano alla sua destra. Certo, avrebbe potuto andare lo stesso alle giostre, ma si sa, tutto è più divertente se c’è un amico al tuo fianco, e inoltre Ethan si sarebbe sentito alquanto fuori luogo in mezzo ai bimbetti che affollavano il parco giochi. Quindi si limitava a camminare con le mani in tasca, proprio come lo avevamo lasciato.

Si stava chiedendo cosa fare quando, poco distante, gli giunse alle orecchie un rumore insolito. Seguì il suono che lo  guidò davanti un grande albero, ai piedi del quale stava rannicchiata una bambina in lacrime: erano i suoi singhiozzi che Ethan aveva udito. Subito il ragazzo si chinò, anche se non sapeva bene cosa fare.

-Hei, piccola- cercò di richiamare la sua attenzione –cosa c’è che non va?-

Lei scostò appena le mani dal viso rosso e bagnato per guardarlo. Poteva avere all’incirca otto anni, portava i capelli castani tagliati a caschetto e i suoi occhi scuri erano ancora lucidi. Indossava un vestito a scacchi bianchi e rosa e accanto a lei era poggiato un berretto dello stesso colore. Tirò su col naso e si strinse le ginocchia al petto.

-Ti sei persa?-

Chiese ancora Ethan, visto che la prima volta non aveva ricevuto risposta. La bambina fece cenno di sì con la testa e si guardò intorno, probabilmente alla ricerca dei genitori. Prese il cappello e lo mostrò al ragazzo.

-Era volato via- gli spiegò –io l’ho rincorso. Mamma me lo ha regalato solo ieri, non volevo perderlo. Quando sono riuscita a prenderlo non ho più trovato la mamma-

Terminò la frase con un nuovo  singhiozzo.

-Oh, coraggio- Ethan si alzò e le porse la mano –la ritroviamo, la tua mamma. Non può essere lontana-

Lei lo guardò incerta, come se stesse decidendo se fidarsi o meno. Quel ragazzo non sembrava scherzare, aveva tutta l’aria di volerla aiutare sul serio, non come tutti quelli a cui aveva chiesto aiuto fino ad allora. Quando aveva capito di essersi allontanata troppo dalla madre, dapprima non si era persa d’animo: era ritornata alla panchina dove prima avevano deciso di sedersi e poi aveva girato in quei dintorni, chiedendo alle persone che incontrava se avevano visto una signora che poteva essere la madre.

Un gruppo di ragazzi l’aveva cacciata in malo modo. Non avevano neanche terminato le superiori, a giudicare dal loro aspetto, e probabilmente quel giorno avevano marinato la scuola; erano tutti riuniti attorno a due moto, e quasi tutti avevano una sigaretta tra le labbra ed erano ricoperti da vistosi tatuaggi. Due ragazze avevano i capelli colorati di viola e verde.

Alla richiesta di aiutarla tutti si erano guardati e avevano scrollato le spalle, sostenendo che se si era persa non era certo problema loro. A quel punto la bambina aveva perso le speranze; aveva girato ancora un po’ a vuoto tra i viali alberati, e alla fine si era fermata lì e si era sentita invisibile agli occhi della gente che le passeggiava davanti senza curarsi del perché una bambina tutta sola stesse piangendo ai piedi di un albero.

A differenza degli altri lui sembrava avere buone intenzioni, ragion per cui accettò la mano che le aveva offerto e si era tirò su spazzolandosi via la terra dalla gonna.

-A proposito, io sono Ethan. E voi, signorina?-

Lei sorrise davanti a tanto spirito cavalleresco, e si asciugò gli occhi dalle lacrime –Octavia. Octavia Angela Blake-

-Onorato di fare la vostra conoscenza-

Si incamminarono lungo la strada principale che serpeggiava tra gli alberi del parco, guardando bene a destra e sinistra, e guardandosi di tanto in tanto alle spalle. Octavia aveva fatto un ritratto molto accurato della sua mamma.

-Ha i capelli come i miei- aveva detto –però più lunghi. E legati in una coda. E ha gli occhi verdi, e oggi indossava un vestito rosso perché io le ho detto che mi sarebbe piaciuto che lo indossasse. E sopra il vestito ha un giubbotto nero, di pelle, come quelli che hanno i motociclisti ogni tanto. Però la mamma non ha la moto. Dice che non si fida di questi mezzi instabili, soprattutto se deve viaggiare con me-

E altri dettagli fino ai più minuziosi, come ad esempio la forma degli orecchini e i bracciali che indossava quel giorno. Tutte cose superflue, a dire il vero, ma Ethan la ascoltò attentamente e ogni tanto la interrompeva facendole persino delle domande ancora più dettagliate; se non altro, sarebbe servito a farla parlare e distrarla dalla considerazione che, fino a quel momento, la loro ricerca aveva prodotto scarsi risultati.

Dopo un po’ Octavia tacque e camminarono in silenzio mano nella mano, osservando con attenzione i più remoti angoli del parco. La bambina guardava Ethan di sottecchi, e fu felice che si fosse offerto di aiutarla.

-Tu non ci vai a scuola?-

Chiese ad un tratto. Il ragazzo non rispose subito, e le sembrò che stesse riflettendo su cosa dire.

-Sì, ci vado. Ma, hum, ecco… mi hanno dato alcuni giorni di vacanza-

-Perché?-

-Perché il preside ha deciso che me li meritavo proprio-

La bambina lo guardò senza capire –Perché?-

-Perché… ho litigato con alcuni ragazzi-

-E perché?-

A Ethan scappò un sorriso: alla sua età anche lui era solito chiedere sempre il perché di ogni cosa, anche la più insignificante, e ricordava che sua madre, a volte, inventava le ragioni più assurde per spiegargli il motivo di una sua curiosità.

-Perché stavano dando fastidio ad un altro ragazzo. E io sono intervenuto a difenderlo-

Octavia gli lanciò una strana occhiata –Li hai picchiati?-

Lui rimase interdetto. Si passò una mano tra i capelli, imbarazzato –Bè, ecco… un po’-

Octavia commentò con un “oh” appena percettibile, e lui notò che si era rabbuiata come se il fatto che lui avesse picchiato qualcuno le avesse causato un enorme dispiacere. Sospirò e cercò un modo per rendere il tutto più accettabile.

-Vedi- iniziò a spiegare –se io non li avessi picchiati, loro avrebbero picchiato l’altro ragazzo. E io queste cose non le sopporto. Non sopporto i codardi che fanno i gradassi con i più deboli, e quelli erano codardi. Se fossero state brave persone non avrei mai fatto a botte con loro-

Come spiegazione era un po’ ridicola, doveva ammettere, ma sperò che la bambina capisse ugualmente. Octavia rimase pensierosa per un po’, riflettendo su quelle parole.

-Ma allora, se avevi ragione perché ti hanno cacciato dalla scuola?-

-Questo non me lo spiego. So solo che i genitori di quei ragazzi erano più numerosi e infine hanno avuto la meglio. È sempre così: il numero fa la ragione o il torto di una persona, e non importa se la decisione è corretta o meno-

-Ma non è giusto-

-Già. Comunque sia ormai è fatta, ci sono abituato. E poi tra due giorni ci tornerò lo stesso, a scuola-

Octavia stava per replicare quando una voce di donna richiamò la loro attenzione: stava chiamando il suo nome. La bambina si voltò in tempo per vedere una donna correre verso di loro, agitando un braccio nella loro direzione. La borsa le stava per scivolare dal braccio e, se prima aveva i capelli legati, la coda doveva essersi disfatta perché una gran massa di capelli color cioccolato la seguiva come un lucido mantello agitato dal vento.

-Mamma!-

La bambina le corse incontro e si gettò tra le sue braccia. Spiegò poi tutta la storia di come il cappello le era volato via ad un improvviso soffio di vento – che, come andremo a scoprire, non fu tanto improvviso – e di come lei si fosse allontanata per riprenderlo. Inoltre, promise che non sarebbe più scappata via in quel modo.

Poi Octavia indicò Ethan con entusiasmo, e raccontò di come si era così gentilmente offerto di aiutarla. La donna gli sorrise e gli scompigliò i capelli scuri.

-Ti ringrazio, davvero tanto-

Lui si strinse nelle spalle con una buona dose di modestia –Ma si figuri-

Octavia lo guardava pensierosa, forse anche un po’ triste –Quindi quando torni a scuola non potrai più venire qui-

Ethan stava per scuotere la testa, ma poi un’idea lo bloccò a metà del gesto. Si chinò e indicò alla bambina un locale dall’altro lato della strada –Lo vedi quel bar? Lì lavora mia madre. Chiedi di Ellen, quando ci andrai. E vedi quella strada che svolta nella salita? Casa mia è il secondo cancello sulla sinistra. Vieni a trovarmi ogni volta che ti va-

E fu quando terminò di parlare che si rese conto di averlo detto non solo per pura cortesia; quella bambina lo aveva conquistato sin dal primo momento il cui l’aveva vista, e anche a lui sarebbe dispiaciuto perdere i contatti con quella nuova, piccola amica.

Octavia annuì, al colmo della felicità –Posso andare, vero mamma?-

La donna annuì, un sorriso in risposta alla figlioletta –Ma certo-

******

Avevamo detto che il vento che aveva fatto volare via il berretto di Octavia non era stato casuale, e forse qualcuno avrà già capito chi sia stato il vero responsabile.

Infatti, se ritorniamo indietro per esaminare la scena, possiamo ben vedere una familiare figura avvicinarsi alla bambina e alla madre e, veloce come il pensiero, portare via con una raffica di vento freddo il berretto rosa.

Dapprima, Jack Frost era stato perplesso riguardo l’ordine ricevuto da Santa Claus, ma ben presto aveva capito perfettamente che era necessario ai due ragazzi incontrarsi. Si era anche dispiaciuto di come Octavia si fosse disperata quando aveva capito di essersi persa, ma Jack aveva fiducia nelle direttive di Nord, inoltre sapeva che sarebbe stata in buone mani. Una volta portato a termine il suo compito si era mosso tra i rami degli alberi e dall’alto della loro chioma aveva osservato la scena dell’incontro tra i due.

Ethan gli aveva ricordato molto sé stesso, e dal modo gentile con in quale aveva trattato con la bimba in lacrime aveva subito capito che Nord non si era affatto sbagliato sul suo conto: quel ragazzo aveva un grande cuore e un animo altruista, nonostante a volte si lasciasse guidare dalla sua impulsività.

E Jack era certo che, nonostante fossero ormai passati molti anni dalla volta in cui lui e Nord si erano incontrati, il ragazzo non avesse perso la sua fede. Con il tempo, aveva imparato a conoscere l’animo di ciascun bambino e ragazzo, e negli occhi di quel ragazzino aveva subito visto una luce ormai rara, una scintilla che, per loro Leggende, era un dono prezioso. Inoltre avrebbe potuto giurare che, se solo si fosse mostrato ai due ragazzi, entrambi avrebbero esclamato all’unisono “Jack Frost!” – era certo che entrambi credessero ancora nell’immenso potere della fantasia, e quella era una certezza che non aveva bisogno di prove concrete.

Seduto su un ramo, Jack sorrise. Dopotutto c’era ancora speranza.

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Eccomi eccomi!

Bene, andiamo avanti e facciamo la conoscenza di un nuovo personaggio che, vi dirò, avrà la sua buona parte di lavoro da fare.

E poi guardate: c’è Jack *-* adorabile cosino ghiaccioloso! (?) sappiate che lui e Pitch si fanno la guerra nel mio cuoricino, ancora non so decidere chi dei due preferisco <_<

Comunque! Ringrazio Olzawer per aver inserito la storia tra le Preferite  e Seguite, Gamora96 per averla inserita tra le Storie da ricordare e AngelsOnMyHearth e _Dracarys_ per averla inserita tra le Seguite, inoltre un grazie mille per le splendide recensioni *-* e grazie anche a chi mi segue restando nell’ombra ;)

C’mon, ci aggiorniamo al prossimo capitolo!

Kisses,

Rory_Chan

 

  
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