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Autore: blackmiranda    15/11/2015    5 recensioni
In una notte d'inverno, le loro strade si incontrano e le loro storie cambiano irrimediabilmente, in una catena di eventi che nessuno dei due avrebbe potuto prevedere. Semplicemente, una What if? con Crack pairing, classificatasi al primo posto nel contest di _Freya Crescent_ "Cento strade, mille finali".
(RetasuxQuiche)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Kisshu Ikisatashi/Ghish, Retasu Midorikawa/Lory
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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III


 


 

 

“Se dovessero inquinare la baia, per Tokyo sarebbe un disastro.” terminò di spiegare Ryou, dando le spalle al monitor su cui brillavano innumerevoli puntini rossi. Non c'era tempo da perdere, bisognava agire. Eppure...

“Ehm...” intervenne Retasu, il cuore in gola. Ryou la osservò con fare interrogativo. “Mi chiedo se ci sia il modo di trovare un reciproco accordo senza il bisogno di combattere.” tentò lei tutto d'un fiato.

Il ragazzo la squadrò per un attimo, e Retasu temette che potesse leggerle dentro e scoprire il segreto che nascondeva. “È da te pensare una cosa del genere, Retasu, ma francamente dubito che sia possibile.” replicò Ryou sospirando stancamente.

“Ma anche loro provano dei sentimenti...anche loro hanno un cuore. Sono certa che potrebbero capire!” protestò la ragazza, rifiutandosi di cedere. Doveva tentare, doveva provare a mostrare loro che c'era un'altra via, e che forse l'aveva trovata. Se solo avessero capito...

Come sempre, Bu-ling fu la prima a venirle incontro. “Credo di stare iniziando a capire cosa intendi, Retasu-oneechan!” esclamò la bambina, senza dubbio pensando a Tart e al modo in cui l'aveva salvata solo pochi giorni prima allo stadio.

“No.” La voce di Zakuro raggelò il sorriso che stava per spuntarle sulle labbra. “Se avessimo potuto risolvere la cosa parlandone, non avremmo avuto bisogno di combattere fino ad oggi. Ricordatevi di tutte le persone a cui hanno fatto del male...”

Retasu chinò il capo, un'ombra che le passava sopra il cuore. Zakuro...non avrebbe mai accettato la verità che Retasu si sforzava di esprimere. Ichigo e Minto non avevano aperto bocca, segno che probabilmente non sapevano cosa pensare. Era in minoranza, e non avrebbe mai avuto il coraggio di esporsi ulteriormente se tutte e quattro le sue compagne non fossero state dalla sua parte. “...è vero.” ammise, sconfitta.

 

***

 

Quiche analizzò velocemente la situazione, ben attento a non farsi individuare da nessuno – non si era ancora ripreso del tutto e l'ultima cosa che voleva era ingaggiare battaglia. Il piano di Pie non era affatto male: distrarre le Mew Mew con un diversivo mentre la vera minaccia – il Chimero velenoso – cresceva e si sviluppava sott'acqua. I Chimeri-pesce non erano particolarmente pericolosi, ma erano una miriade, tanto da mettere le guerriere in seria difficoltà.

Per la prima volta da quando aveva seriamente iniziato ad interessarsi ad Ichigo, l'attenzione dell'alieno non era esclusivamente incentrata su di lei: Quiche infatti voleva approfittare di quell'occasione per rendersi effettivamente conto delle capacità offensive della Mew Mew in verde. Avrebbe davvero potuto essergli utile? Aveva rischiato molto proponendole quella bizzarra alleanza, ma del resto lui era abituato a rischiare. La vide cercare con tutte le sue forze di abbattere i grossi Chimeri, senonché ne mancò uno e quest'ultimo quasi le finì addosso. Quella sciocca ragazzina non tentò nemmeno di schivarlo, limitandosi a chiudere gli occhi e lanciare un inutile gridolino. Non aveva i riflessi né tanto meno il coraggio di Ichigo, pensò Quiche vagamente deluso. All'ultimo istante, la fastidiosa Mew scimmia vestita di giallo allontanò il Chimero con un calcio poderoso – farsi salvare da una mocciosa, com'era patetica!

I minuti passarono, le due barche si separarono e l'alieno, suo malgrado, si costrinse a seguire la barca con a bordo Mew Lettuce.

Quando, di lì a poco, la barca si rovesciò e i due umani furono scagliati in acqua dal Chimero inquinante, si chiese se non avrebbe avuto l'occasione di riscattare il debito che aveva nei confronti della ragazza...ma lei non sembrava stare affogando, nonostante fosse umana. E quando si trovò a dover affrontare Pie, come spinta da una rinnovata energia, abbandonò la titubanza che la contraddistingueva e si batté al meglio delle sue capacità.

E quando, infine, raggiunse il suo obiettivo – il ragazzo biondo, lui sì che stava affogando -, quando lo abbracciò e posò le labbra sulle sue, ecco che avvenne il miracolo, e fu trasfigurata in qualcosa che possedeva vagamente l'aspetto di una delle divinità di cui gli avevano sempre parlato da bambino, sul suo pianeta ora così lontano. La luce che emetteva grazie alla Mew Aqua era tale da rischiarare persino le tenebre sottomarine. Quiche dovette ripararsi gli occhi, mentre la Mew Mew risaliva senza alcuna fatica in superficie, l'umano ancora stretto al petto.

Poteva vedere il suo splendore da sotto le onde. Era come un secondo sole, il sole che mai avevano avuto e che tanto avevano agognato.

 

***

 

Quella giornata era stata meravigliosa: la sensazione di estrema calma che si era impossessata di lei non appena era entrata in contatto con la Mew Aqua, il suo corpo caldo e luminoso che rischiarava la via, Ryou che riprendeva a respirare tra le sue braccia.

Poi, non appena era calato il buio, aveva sentito qualcuno prenderla per mano – un gesto che Retasu considerava estremamente intimo, e che la fece arrossire ancora prima che si rendesse conto chi era stato l'autore del gesto -, un'orrenda sensazione di vuoto alla bocca dello stomaco, e d'improvviso si era ritrovata sulla cima di un grattacielo, il vento freddo di gennaio che le sferzava il volto.

Retasu si girò di scatto, la sua mano imprigionata in quella di Quiche, e si lasciò sfuggire un singulto che stava a metà tra la sorpresa e il sollievo. “Buonasera, sirenetta.” la salutò lui con un sorriso sornione dipinto in volto.

La ragazza ritrasse timidamente la mano. “Mi hai spaventata.” ammise, scostandosi una ciocca di capelli dal viso. Il soprannome con cui l'aveva apostrofata le causò un piccolo tuffo al cuore. “Hai assistito alla battaglia di oggi?” gli chiese, stupendosi di se stessa per quanto disinvolta le sembrò di essere in quel momento. Stava parlando ad un alieno sul tetto di un grattacielo, e le sembrava quasi una cosa normale.

Quiche annuì. “Mi è piaciuto molto quello che ho visto.” dichiarò, senza smettere di sorridere. I suoi occhi sembravano risplendere dall'interno, come se un gran fuoco li alimentasse.

Un brivido le percorse la schiena; Retasu diede la colpa al vento.  

 

***

 

Più i giorni passavano, più Retasu metteva da parte l'idea di raccontare alle altre dei suoi incontri con Quiche. Non capirebbero, si diceva, ma una vocina da qualche parte nella sua testa le diceva che non era così semplice, che sotto c'era dell'altro.

Si riscopriva sempre di più a ricercare la solitudine, a scuola, a casa, al Café, senza che dietro ci fosse un reale bisogno o una motivazione definita. Talvolta, poi, la prendeva un inspiegabile senso di inquietudine che quasi sfiorava un fatalismo pessimista.

Tutto ruotava attorno alla Mew Aqua ed ormai il ritmo della caccia si era fatto talmente serrato che lei non credeva di riuscire a sostenerlo.

“Questo Ao no Kishi...” le aveva chiesto una sera Quiche senza tanti preamboli, dopo essersi presentato davanti alla finestra della sua stanza, costringendola a indossare una vestaglia in fretta e furia, “avete dei sospetti su chi potrebbe essere?”

Retasu chiuse la finestra senza fare rumore. “Non credo, onestamente.” Sorrise appena. “Bu-ling è convinta che sia Shirogane-san...”

“Cioè, il vostro capo?” chiese l'alieno sedendosi a gambe incrociate sul suo letto.

Lei annuì. “Non so se crederci o meno. Sarebbe...troppo strano.” Ma in fondo, si disse abbassando lo sguardo, sia Ao no Kishi che Ryou avevano più volte dimostrato di interessarsi ad Ichigo...sempre e solo ad Ichigo...

Retasu avvertì il germe della gelosia morderle improvvisamente il cuore, e la cosa non le piacque per niente.

“Ho bisogno di scoprire chi è e soprattutto da dove viene.” le confessò Quiche, distogliendola dalle sue riflessioni.

“Perché? Come mai ti interessa tanto?” chiese lei candidamente, sedendosi alla scrivania.

L'alieno sogghignò. “Potreste avere una serpe in seno.” rispose, enigmatico. Retasu sgranò gli occhi. “Pensi che Ao no Kishi sia nostro nemico? Ma durante le battaglie...”

“So bene come si comporta durante le battaglie.” la interruppe lui, seccato. “Ciò non toglie che io non mi fiderei, fossi in voi.”

Retasu abbassò lo sguardo. “Però ti fidi abbastanza di me da dirmelo.” mormorò, le mani giunte in grembo, appena sopra la soffice vestaglia di flanella.

Quiche le lanciò un'occhiata sardonica. “Non dovrei? Sei la persona più inoffensiva su questo pianeta, credo.” sbottò, incrociando le braccia al petto.

Retasu non seppe come interpretare quel commento. Ricambiò il suo sguardo in silenzio, e improvvisamente tutta quella situazione tornò a sembrarle assurda. Che razza di persona era diventata? Una paladina della giustizia che mentiva continuamente alle sue amiche, stringeva alleanze segrete con il nemico e veniva da esso spinta a dubitare di quello che si era sempre rivelato un prezioso alleato!

“Perché non tieni sempre i capelli così? Sei molto più carina.” le fece d'un tratto lui, avvicinandosi. La ragazza corrugò la fronte. Che intenzioni aveva? “Sono troppo lunghi, non sarebbero pratici se li tenessi sciolti tutto il giorno...” spiegò, mentre lui allungava una mano per sfilarle gli occhiali.

Il suo cuore prese a battere a mille. “M-ma che stai facendo?!” balbettò alzandosi bruscamente in piedi.

“Questi a cosa ti servono? Stai meglio senza.” le domandò lui, ignorando la sua protesta. Si era trasformato di colpo in un bambino dispettoso. Se Retasu non avesse posseduto la sacra virtù della pazienza, l'avrebbe certo esasperata. “Mi servono per vedere bene. Senza vedo tutto sfocato.” rispose, indecisa se strapparglieli di mano o meno. Probabilmente non ci sarebbe riuscita. 

“Hmm.” fu il laconico commento di lui. “Beh, in ogni caso...stai attenta ad Ao no Kishi.” aggiunse posando gli occhiali sulla sua scrivania. “Ho la sensazione che presto verrà a galla la verità.”

Retasu avvertì un improvviso turbamento. “Sta' attento anche tu.” si lasciò sfuggire, arrossendo un pochino.

Quiche era già metà fuori dalla finestra quando udì la sua raccomandazione. Ridacchiò, voltandosi a guardarla, le labbra sottili tirate in un sorriso divertito. “Buonanotte, sirenetta.”

Retasu rimase a lungo immobile a fissare il punto in cui era svanito, senza preoccuparsi di richiudere la finestra.

 

***

 

Quiche non aveva mai prestato particolare attenzione al modo in cui i terrestri scandivano il tempo. Sapeva giusto che suddividevano l'anno solare in trecentosessantacinque giorni e dodici mesi, e tanto gli bastava. Eppure, quel giorno proprio non era riuscito a farselo sfuggire. Gli sembrava che ovunque andasse ci fosse sempre qualche scritta che gli ricordava che quel giorno, sulla Terra, era dedicato agli amanti: San Valentino, lo chiamavano. Ovunque, su quel dannato pianeta, c'era gente innamorata che si scambiava promesse d'amore e dolci effusioni. E, il pensiero lo scavava come un tarlo, da qualche parte in quella maledettissima città, Ichigo stava facendo lo stesso con quell'essere insignificante a cui era così ostinatamente affezionata.

Quiche trascorse la giornata svolazzando di qua e di là, senza una meta precisa, come un'anima in pena. Poteva avvertire gli ultimi rimasugli della sua sanità mentale scivolargli via minuto dopo minuto, come sabbia tra le dita. Non aveva nessun posto dove andare, ma non riusciva neppure a stare fermo. Fu così che, quasi senza rendersene conto, si diresse infine verso la casa di Retasu, come a voler attingere ad un po' della calma serenità che quell'umana era in grado di sprigionare in modo del tutto inconsapevole. Affacciatosi alla finestra, si accorse che la ragazza non era in camera e, dopo un veloce giro di ricognizione del condominio, appurò che non era ancora tornata. Un feroce senso di fastidio si impossessò di lui, misto ad una vaga sensazione di abbandono.

La verità dei fatti era che, volente o nolente, lei era ormai l'unica persona con cui Quiche potesse parlare, o meglio l'unica persona che volesse ancora ascoltare quello che lui aveva da dire.

Sapeva di non essere un tipo facile da sopportare, figuriamoci da capire. Eppure, quella ragazza – quella persona, e si chiese quando effettivamente avesse iniziato a vederla come tale e non come un'umana – si era fatta strada nella sua vita senza esservi costretta: al contrario, l'aveva fatto di sua spontanea volontà. Di nuovo, si chiese che cosa l'avesse spinta a dare inizio a tutto quello. Ma forse, rifletté smaterializzandosi nella stanza al primo piano dell'edificio, nemmeno lei si era fermata a riflettere sulle proprie azioni e su quello che alla lunga avrebbero causato...

Si soffermò ad osservare i tanti piccoli dettagli della sua stanza, che ormai gli risultavano curiosamente familiari: la sedia rosa alla scrivania, l'armadio bianco pieno di libri e strani pupazzetti variopinti cuciti a mano, gli appendiabiti a forma di pesce, il morbido copriletto viola steso con perfezione millimetrica sul letto dalla testiera bianca. Il suo sguardo cadde sul tappeto: la macchia si vedeva appena, ormai, ma rimase comunque a fissarla per una manciata di secondi, e ogni attimo che passava gli sembrava più evidente.

Dopo poco sentì dei rumori al piano inferiore, una breve conversazione di cui non riuscì a cogliere le parole, e poi qualcuno salire le scale. D'istinto, si posizionò direttamente dietro la porta, che si aprì pochi secondi dopo.

Rilassò i muscoli quando vide che si trattava di Retasu. La ragazza non lo notò minimamente, posando la cartella ai piedi della scrivania mentre canticchiava a mezza voce un motivetto. Notò che portava i capelli sciolti, fluenti in lunghissime onde sulla schiena...

Le si avvicinò, dimentico per un istante del fatto che la ragazza non era al corrente della sua presenza, e lei in tutta risposta per poco non cacciò uno di quei suoi urletti acuti quando, giratasi, se lo ritrovò di fronte. Quiche le piazzò una mano davanti alla bocca, ridacchiando di gusto. Si divertiva un mondo a coglierla di sorpresa, realizzò mentre lei lo osservava con gli occhioni sgranati, mugugnando qualcosa di incomprensibile.

L'alieno scostò la mano, ghignando compiaciuto. “Sei impazzito?! Mi hai spaventata a morte!” sussurrò lei rossa come un peperone, un'espressione di rimprovero dipinta in faccia.

“Perché parli a bassa voce?” le chiese lui, imitandola.

“I miei genitori sono di sotto.” rispose lei, distogliendo lo sguardo. “Che ci fai qui?” chiese poi, il tono che si addolciva sensibilmente. Erano vicini, molto vicini, ma lei non pareva volersi allontanare. Quiche inspirò lentamente il profumo della sua pelle. Era molto diverso da quello di Ichigo, meno dolce e penetrante, ma non gli dispiaceva, in fondo.

Le mise una mano sotto al mento, facendole alzare il viso. Non aveva mai notato quanto i suoi occhi fossero belli. Luminosi, eppure profondi come l'oceano, o come l'infinità della volta celeste. Amava gli occhi di Ichigo, ma quelli di Retasu, dovette ammetterlo, erano stupendi.

La ragazza sembrava allibita. “Quiche, cosa stai facendo?” pigolò a mezza voce, posandogli una mano sul petto come per spingerlo via.

Erano talmente vicini che i loro respiri si mescolavano. Era certo che il cuore della ragazza stesse battendo a mille, mentre il suo stomaco accennava appena a chiudersi...

“Non mi va di passare San Valentino da solo.” si giustificò, desiderando con tutte le sue forze che lei lo capisse, e forse anche che lo perdonasse.

La vide socchiudere gli occhi, e non ebbe bisogno di altro.

 

Non aveva mai provato nulla di simile. Quiche la strinse a sé con forza, e mentalmente gliene fu grata perché non era sicura che le gambe l'avrebbero retta, molli com'erano in quel momento. Sentì l'aria mancarle e la testa leggera come una bolla di sapone. In quel momento, mentre lui la baciava, e si rifiutava di lasciarla andare, e le accarezzava piano i capelli, Retasu perse completamente la coscienza di sé e la cognizione del tempo. Si sentiva in Paradiso, trasfigurata da un insieme di sensazioni che non aveva mai sperimentato in vita sua.

Si era spesso chiesta, in realtà, se tutto il meccanismo del baciarsi non fosse in fondo una mezza schifezza: per come lo capiva lei, che mai aveva ricevuto un bacio serio prima di allora, doveva trattarsi di una cosa molto macchinosa e umida, e forse pure un po' appiccicosa.

Quanto si era sbagliata. Si sorprese di quanto naturale le venisse rispondere a quel lungo, lunghissimo bacio.

Ormai non poteva più negarlo...era innamorata. Senza quasi rendersene conto, passò le braccia attorno al collo del ragazzo, annullando definitivamente la distanza tra i loro corpi. Sentì, in modo quasi doloroso, il proprio seno premuto contro il suo petto. Le sembrò che le labbra di lui si incurvassero in risposta al suo gesto, e il suo cuore si gonfiò di emozioni.

Voleva vederlo sorridere, sempre. Voleva saperlo felice, anzi no, voleva essere lei, e solo lei, a renderlo felice...qualsiasi cosa le avesse chiesto, sentiva di non potergliela rifiutare. Era così felice...il suo cuore era lieve come un palloncino...era talmente su di giri da sentirsi intossicata.

Non avrebbe saputo dire per quanto tempo rimasero in piedi, nel bel mezzo della stanza, a baciarsi. Nella sua testa ormai tutto era offuscato, come se si trattasse di un meraviglioso, sconcertante sogno. Ad un certo punto si rese conto che l'aveva spinta contro l'armadio, sì, e che aveva preso a baciarle il collo, le dita affusolate intrecciate alle sue, ma non avrebbe saputo dire cosa fosse venuto prima e cosa dopo, se i baci che le depositò appena sopra la clavicola o i lievi morsi che le diede sul labbro inferiore o le febbrili carezze lungo i fianchi o, ancora, i gemiti soffocati che, nonostante l'istintivo imbarazzo, non riuscì a impedirsi di emettere...

Il cielo divenne scuro e Retasu non se ne accorse. Quando, infine, Quiche si arrestò all'improvviso, staccandosi giusto un pochino da lei, la ragazza si sentì quasi ferita. “Ti stanno chiamando, credo...” le disse lui schiarendosi la voce.

Retasu impiegò un paio di secondi per capire. “Oneechan, la cena!” la chiamò allora la voce di Uri dalle scale, pericolosamente vicina. La ragazza corse alla porta, afferrandone saldamente la maniglia, per impedire al fratellino di entrare in camera. “A-arrivo, solo un secondo!” esclamò, la voce tremula e arrochita. Dio, come si era ridotta? E come avrebbe fatto a sedersi al tavolo della cena con la sua famiglia, in quello stato? Tutto il suo corpo ribolliva, tanto che si sentiva la febbre addosso...era completamente senza fiato...

Sentì le braccia solide di Quiche cingerle la vita fermamente da dietro. “Temo di non poterti lasciare andare.” le sussurrò all'orecchio in tono complice, scostandole i capelli dal collo.

“Devo, altrimenti i miei...” mugugnò lei, ma sapeva perfettamente che era una battaglia persa. Nemmeno lei voleva scendere a cena. A dire il vero, pensò socchiudendo gli occhi, non avrebbe mai voluto uscire da quella stanza. Mai.

L'alieno chiuse a chiave la porta di fronte a lei, riprendendo a baciarle il collo. Era incredibile come riuscisse allo stesso tempo ad essere dolce ma fermo, tenero ma irruente. Come ipnotizzata dal suo tocco, la ragazza intrecciò le proprie dita alle sue, piegando la testa indietro.

Non era più Retasu Midorikawa, quella sera. Era qualcosa di nuovo, di diverso. Non avrebbe saputo dire se quella fosse una cosa giusta o positiva – probabilmente non lo era, ma...il fatto era, molto semplicemente, che non le importava un accidente. Voleva perdersi in quei momenti di gioia distillata. Non voleva più pensare a nient'altro, mai più, se non al ragazzo tra le cui braccia si era sentita morire e rinascere.

 

***

 

Non era più la stessa persona che aveva visto per la prima volta, né la stessa persona che aveva avuto pietà di lui in una notte d'inverno, né la stessa persona che aveva baciato in un impeto di follia e che, per qualche strano e meraviglioso capriccio del destino, non lo aveva respinto.

Lei era la sua Retasu, sua e di nessun altro. Aveva desiderato scendere a patti con il nemico, non molto tempo prima. La verità era che l'aveva addomesticato; Quiche non si vergognava ad ammetterlo. Tutta la sua gentilezza, tutto il suo amore, tutte le sue costanti premure...lei glieli aveva donati, e lui...come avrebbe potuto non ricambiare? L'aveva desiderato da tutta la vita, un amore del genere.

I suoi meravigliosi occhi, di un verde brillante a causa della metamorfosi, erano lucidi di lacrime. Il suo petto si alzava e si abbassava spasmodicamente, in corrispondenza del simbolo di Mew Mew dove, in giorni migliori, l'aveva baciata innumerevoli volte.

Il sangue colava dalla ferita sul suo braccio nudo, andando a macchiare la sua pelle morbida.

Le aveva promesso una via alternativa, una strada senza guerra, senza combattimenti e senza dolore, ma non aveva saputo mantenere la sua promessa. Non se lo sarebbe mai perdonato.

“Quiche...” lo supplicò lei, la voce rotta dal pianto.

Le accarezzò la guancia rigata di lacrime e sporca di terra e sudore con la mano che non stringeva il sai. “Addio, sirenetta.” sussurrò, sforzandosi con tutto sé stesso per non far crollare la facciata spavalda del suo sorriso.

Un veloce bacio a fior di labbra, le dita di lei che cercavano inutilmente di trattenerlo accanto a sé e lui che volava lontano, in alto.

Evocò l'altro sai con la mano libera. La fortezza di Deep Blue lo sovrastava, fluttuante sopra la città.   












E niente, è finita. Sono davvero felice di averla scritta, di averci dedicato tempo e fatica, perché è qualcosa di nuovo e perché volevo sperimentare questa coppia e vedere come sarebbe uscita. A voi l'ardua sentenza. xD Se dovessi dire qual è stata la parte più dura da scrivere, direi senza dubbio questa, perché in questo terzo capitolo tutto si è velocizzato e temo di aver tralasciato molte cose. In più, è la parte che necessita più sforzo di accettazione da parte dei lettori. Spero di non avervi fatto storcere troppo il naso.

Bene, mi dileguo. Grazie per aver letto! :)   

   
 
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