...Capitolo 2...
Faith
Un forte odore di anestetico
mi colpì in pieno viso, riportandomi alla
realtà. Aprii gli occhi sbattendo più volte le
palpebre, a causa della forte
luce delle lampade al neon. I miei pensieri vagavano confusi in un
circolo
vizioso che portava sempre alla stessa immagine: Damia fredda,
immobile, la
testa sanguinante appoggiata sul volante, la folta chioma dorata si
macchiava
di rosso mentre la quantità di sangue si allargava a macchia
d'olio...
Un brivido di inquietudine mi
salì lungo la schiena ed ero sicura che
i miei occhi rispecchiassero la stessa emozione.
Mi aggrappai alla speranza che
fosse ancora viva, anche se la parte
confusa e razionale del mio subconscio mi suggeriva il contrario.
Scacciai via quell'idea
orribile, nella vana speranza di non scoppiare
a piangere. Non avrei dovuto permetterle di guidare...
Volsi lo sguardo altrove,
sentendomi osservata. Incrociai lo sguardo
sgomento di un ragazzo sui vent'anni, il viso lievemente familiare, ma
impossibile da riconoscere in un momento di tale confusione.
Mi guardava come fossi un
animale raro... Cosa voleva da me? Lo
scrutai meglio, cercando di liberarmi delle lacrime, che avevano
formato una
patina fastidiosa, non permettendomi di mettere bene a fuoco le
immagini.
Era alto, moro e riccio, gli
occhi scuri erano spalancati e
stranamente caldi...
Il fisico era asciutto e le
spalle larghe erano curvate sotto un peso
invisibile... Forse quello della sua coscenza...
Dischiuse lentamente le
labbra, come a soppesare le parole
"Io... mi dispiace, non... non
pensavo che sarebbe andata a
finire in questo modo... Gli avevo detto di andare piano e di stare
attento, ma
lui non lo ha fatto apposta! Joe è uno a posto, non l'ha
proprio vista quella
macchina..."
Parlava velocemente, quasi si
mangiava le parole.
Non compresi subito il
significato del suo discorso, nonostante fossi
sicura che parlasse con me...
Dopo nemmeno un secondo,
quando afferrai il soggetto dell'azione, mi
immobilizzai. Era stato lui, o meglio, il suo amico... un certo Joe, a
provocare tutto quello. Era uno di loro a guidare il bolide blu che
aveva
schiacciato il sogno della mia migliore amica come si fa con una mosca
fastidiosa...
"Sei stato tu..."
La mia voce era roca, ma
traspirava comunque stizza, odio e minaccia.
"Tu, o quel tuo amico... Siete
degli assassini! Avete ucciso il
sogno di una ragazza innocente ed in questo momento, in una stanza di
questo
stramaledettissimo ospedale, anche lei sta morendo!"
Le lascime scesero lente ma
non tentai di fermarle, continuai invece a
guardarlo con odio...
"Ti giuro, davvero, lo giuro"
continuò lui, con quella sua
voce così rilassante ed al contempo stranamente snervante.
"Joe non l'ha fatto a posta...
La tua amica si rimetterà presto,
parola di Jonas"
Alzai gli occhi, trovandomi il
ragazzo più vicino di quanto mi
aspettassi...
Connettei il cervello per un
secondo e ricordai dove l'avevo già
visto...
Foto sue e dei suoi fratelli
tappezzavano letteralmente la camera di
Hope, la sua migliore amica al pari di Damia, che impazziva per i
Fratelli
Jonas...
Kevin, Joseph e Nicholas
Jonas: ecco come si chiamavano i tre mostri.
Ironia della Sorte...
"Non provare ad avvicinarti,
Jonas!" gli dissi con tutta la
collera che portavo in corpo, quasi sputando veleno.
"Non mi interessa se
Joe-Ugola-D'oro-Jonas l'ha fatto apposta...
Resta il fatto che io potrei non rivedere più la mia amica e
mi porterò per
sempre dietro il rimorso per averla fatta guidare... A quest'ora dovevo
essere
io al suo posto... Ha solo 16 anni, cazzo. Non deve morire
così
giovane..."
E, cosa ancora più
terribile, era ancora vergine...
Morta prima del suo primo
rapporto. Non riuscivo a pensarci...
Mi alzai dal lettino scomodo e
mi diressi con passo malfermo verso la
porta...
"Dove credi di andare? Non
puoi andartene finchè non te lo dice
il medico!"
La voce preoccupata di Kevin
Jonas arrivò dalle mie spalle.
"Non sei proprio in condizioni
di dirmi cosa devo fare,
Jonas."
Aggiunse un "Vaffanculo" in
italiano appena prima di
sbattersi la porta alle spalle, sicura che non l'avrebbe capita. La
testa alta,
solchi scuri di un misto tra eye-liner nero e lacrime sulle guance
color
cioccolata, si dirisse verso la cassa informazioni.
Hope
Sapevo di aver fatto la figura
del pesce lesso ancor prima di riaprire
gli occhi e di ritrovarmi il volto di nientepopodimeno che Nick Jonas
davanti.
In una situazione diversa,
trovarsi stretta tra quelle braccia forti,
calde e sentirle quasi protettive, mentre con le mani mi accarezzava i
capelli,
sarebbe stato un sogno realizzato, ciò che aspettavo da
tempo... Lo stesso tipo
di sogno che era stato strappato a Damia.
Mi misi a sedere sulla sedia
scomoda di una sala di attesa
dell'ospedale di Miami, chiedendo cosa fosse accaduto.
"Dov'è Damia? Cosa
le è successo? Sta bene?"
La mia voce era stridula, gli
occhi spalancati dalla paura...
"Una delle due ragazze, non so
come si chiami, ha riscontrato
soltanto lesioni superficiali..."
La voce vellutata del mio
idolo mi giunse da vicino, troppo vicino:
potevo sentire il suo fiato sul collo...
Non
farti pensieri strani... Accertati
delle condizioni di Damia ora che sai che Faith sta bene.
"Sì, lei
è Faith, ha cominciato a riprendere i sensi prima che
chiamassi l'ambulanza... Ma Damia, che era al posto del guidatore? Il
battito
c'era, ma era debole... Non dava segni di vita."
"Dici la ragazza riccia e
bionda?"
"Sì, proprio lei!"
L'angelo che avevo davanti si
morse il labbro inferiore, visibilmente
in difficoltà...
"Bhè, ecco...
L'hanno portata in sala operatoria... Pensano ad un
trauma cranico..."
Sala
operatoria... Trauma cranico...
"Cazzo, no!" gridai in
italiano, presa da un attimo di
collera...
"Non c'è bisogno di
preoccuparsi, hanno detto che si rimetterà
presto. Certo, è sotto morfina, ma sta piuttosto bene."
Lo sguardo di Nick era
lievemente perplesso...
"Questo è il
problema! Cazzo, cazzo, cazzo! Verrà squalificata,
vedrà il suo sogno svanirle davanti agli occhi!"
Silenzio... Pensai alla
risposta di Nick dopo la mia esclamazione
nella mia lingua...
"Ehi, ma tu parli l'italiano?"
Sul suo viso si disegno un
sorriso smagliante, luminoso,
carismatico...
Stramaledettamente
Stupendo.
"Bhè, i nonni di
mia madre erano italiani, mia madre lo parla
piuttosto bene...
Noi eravamo curiosi e lei non
si è fatta pregare per
insegnarcelo..."
Altro sorriso...
"Certo, non lo parlo bene come
un madrelingua, ma me la
cavo!"
Un'altra pausa imbarazzante ci
circondò completamente, vivacizzando le
mie gote rosse e facendole diventare scarlatte...
"Fammi indovinare," dissi ad
un tratto. "Era Joe a
guidare, vero?"
Il mio tono era tranquillo, in
pieno contrasto con le emozioni che mi
turbinavano dentro...
"Sì, era Joe a
guidare..."
Il suo di tono, invece, era
risentito.
"Lo so che non
servirà a niente, ma vi pagheremo tutti i danni,
anche il soggiorno ed il viaggio di ritorno, se necessario..."
Bello,
anche da preoccupato...
"Non è questo il
punto, Nick. Damia non è venuta in America per
una vacanza, ma per realizzare il suo sogno, il sogno che conserva da
quando ha
cominciato a coltivare la sua passione.
Aveva otto anni quando il suo
allenatore arrivò terzo ad un torneo
mondiale...
Per lei Max è
davvero importante, si può dire che sia come il padre
che non ha mai avuto.
Fecero una scommessa:
raggiunta l'età adeguata, lei avrebbe affrontato
lo stesso torneo e sarebbe arrivata al primo posto.
In questi otto anni e mezzo ha
lavorato duro per raggiungere il suo
obbiettivo. Si è allenata rigorosamente tutti i giorni, tre
ore al giorno per
raggiungere il livello attuale. All'inizio ci tenne all'oscuro dei suoi
proggetti, per paura che la deridessimo...
Poi l'ho vista in palestra
durante gli allenamenti con Max.
Era la prima volta che la
vedevo boxare e ne rimasi colpita.
L'attenzione e la devozione che associa al suo sport sono enormi, la
scioltezza
e la grinta con cui affronta ogni incontro... Bhè, mi hanno
segnata.
Non c'è nessuno al
mondo che si meriterebbe quella coppa più di lei.
Non mi dimenticherò
mai quelle parole messe lì a caso, ma scelte con
tanta cura.
"Hope,
lo so che molti potrebbero
pensare che non sia una cosa da ragazze, ma io ho bisogno di vincere
quel
torneo, lo disidero più della mia stessa vita. La Kick mi ha
aiutata ad andare
avanti ed a non arrendermi, soprattutto quando mio padre e mia madre...
Bhè, lo
sai bene cosa è successo."
"Damia,
ti prometto che, qualunque
cosa succeda da qui fino al giorno in cui compirai i tuoi 16 anni, io
ti
aiuterò a realizzare questo sogno."
Questa è la
promessa che tiene salda la nostra amicizia. Sia io che
Faith abbiamo toccato con mano il dolore che provò alla
notizia della scomparsa
dei genitori.
Aveva appena sei anni e fu in
quel momento che entrò nel mondo degli
adulti, oltre al quello della Kick Boxing.
Fù affidata alla
nonna, ultima parente e, purtroppo, incapace di
badare a lei e a suo fratello Cristopher.
Dovette pensare a tutto lei e,
come se non bastasse, badare anche alla
nonna.
La pensione naturalmente non
bastava ad arrivare a fine mese e quando
diventò un po' più grande, verso l'età
di 10 anni, cominciò a far aumentare le
entrate partecipando a piccoli incontri.
Tra noi tre è la
più matura, anche se Faith è più
grande di due anni.
Adora suo fratello, e lui adora lei. Sono una squadra imbattibile,
complici in
tutto e per tutto.
Ora capisci il motivo della
mia disperazione?
Ogni due incontri fanno le
analisi antidoping e lei risulterà
imbottita di morfina... La squalificheranno."
Damia
Cadevo...
E più cadevo,
più il dolore scompariva...
Cadevo in un pozzo, un pozzo senza fondo, un pozzo che mi risucchiava
sempre
più...
Cadevo, e non c’era nulla a fermarmi...
Vedevo la luce, anzi la intravedevo e scompariva, sempre più
velocemente,
diventava più piccola, sempre di più, sempre
più lontana...
Cadevo, ma non riuscivo a fermarmi.
Eppure lo volevo, volevo
raggiungere quella luce, volevo sentire
ancora, per l’ultima volta, il sapore e la dolcezza
dell’aria.
Volevo sentirla ancora dentro
di me...
Ma non solo nei polmoni, in
tutto il corpo.
Volevo ancora viverla, ma
ormai non ci speravo tanto...
Cadevo, anzi precipitavo, precipitavo
nell’oscurità più immensa...
Poi la luce, quel piccolo barlume di luce, scomparve, portando via con
se anche
la mia ultima briciola di speranza...
Così, presa da quel
tormento, non mi accorsi della calda lacrima
solitaria che, scappata dai miei occhi chiusi, scendeva lungo la mia
guancia
rosea...
Joe
Fredda, immobile, mortalmente
pallida... E nonostante tutto stupenda.
Ecco come mi appariva la
ragazza che avevo quasi ucciso nell'incidente
d'auto.
Damia Durrani, così
si chiamava secondo la cartella clinica posta sul
comodino vicino al suo letto.
Faceva male vederla
così, fragile ed indifesa, in lotta con la morte.
Faceva male sapere di averla
ridotta io stesso in quello stato e non
poter fare niente se non restare con le mani in mano.
La mia testa era in fiamme, ma
avrei dato la vita perchè le situazioni
fossero invertite, perchè lei fosse al mio posto,
praticamente incolume, viva e
vegeta, magari sorridente e felice di averla scampata.
Era strano il moto spontaneo
che provavo verso di lei...
Vederla stesa su quel letto,
le Flebo attaccate, i monitor
lampeggianti, gli occhi chiusi, i lineamenti dolci distesi in
un'espressione
atona, risvegliavano in me un istinto particolare che non avevo mai
provato.
Pietà?
No, non è quella...
Attrazione?
Forse...
Protettività?
Sì, ecco cos'è quell'ancoscia
del sentirmi impotente nel salvarla dalla sua fine!
Mi sentivo protettivo verso
Damia, così minuta, sottile, dalle
parvenze di una bambola di porcellana.
Mi avvicinai a quella ragazza,
assecondando l'attrazione particolare
che aveva su di me.
Mi sedetti sul bordo del suo
letto scomodo, le presi una mano tra le
mie e le parlai...
Le parlai di me, di quello che
era successo a noi, a lei...
Le parlai del suo stato, di
quanto mi dispiacesse per quello che avevo
fatto, dello strano ascendente che esercitava su di me, della sua
bellezza,
della sue mani fredde, addirittura del tempo...
Non mi interessava del fatto
che non poteva sentirmi: io avevo bisogno
di parlarle, di confessarmi con qualcuno, anche se quel qualcuno non
poteva
rispondermi...
E rimasi quasi
scioccato quando vidi una leggera lacrima sfuggire
silenziosa dai suoi occhi serrati e scivolare triste lungo la sua
guancia
rosea...