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Autore: _Coki    26/02/2009    3 recensioni
E più cadevo, più il dolore scompariva...
Cadevo in un pozzo, un pozzo senza fondo, un pozzo che mi risucchiava sempre più...
Cadevo, e non c’era nulla a fermarmi...
Vedevo la luce, anzi la intravedevo e scompariva, sempre più velocemente, diventava più piccola, sempre di più, sempre più lontana...
Cadevo, ma non riuscivo a fermarmi.
Eppure lo volevo, volevo raggiungere quella luce, volevo sentire ancora, per l’ultima volta, il sapore e la dolcezza dell’aria.
Volevo sentirla ancora dentro di me...
Ma non solo nei polmoni, in tutto il corpo.
Volevo ancora viverla, ma ormai non ci speravo tanto...
Cadevo, anzi precipitavo, precipitavo nell’oscurità più immensa...
Poi la luce, quel piccolo barlume di luce, scomparve, portando via con se anche la mia ultima briciola di speranza...
Così, presa da quel tormento, non mi accorsi della calda lacrima solitaria che, scappata dai miei occhi chiusi, scendeva lungo la mia guancia rosea...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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...Capitolo 2...

Faith

Un forte odore di anestetico mi colpì in pieno viso, riportandomi alla realtà. Aprii gli occhi sbattendo più volte le palpebre, a causa della forte luce delle lampade al neon. I miei pensieri vagavano confusi in un circolo vizioso che portava sempre alla stessa immagine: Damia fredda, immobile, la testa sanguinante appoggiata sul volante, la folta chioma dorata si macchiava di rosso mentre la quantità di sangue si allargava a macchia d'olio...

Un brivido di inquietudine mi salì lungo la schiena ed ero sicura che i miei occhi rispecchiassero la stessa emozione.

Mi aggrappai alla speranza che fosse ancora viva, anche se la parte confusa e razionale del mio subconscio mi suggeriva il contrario.

Scacciai via quell'idea orribile, nella vana speranza di non scoppiare a piangere. Non avrei dovuto permetterle di guidare...

Volsi lo sguardo altrove, sentendomi osservata. Incrociai lo sguardo sgomento di un ragazzo sui vent'anni, il viso lievemente familiare, ma impossibile da riconoscere in un momento di tale confusione.

Mi guardava come fossi un animale raro... Cosa voleva da me? Lo scrutai meglio, cercando di liberarmi delle lacrime, che avevano formato una patina fastidiosa, non permettendomi di mettere bene a fuoco le immagini.

Era alto, moro e riccio, gli occhi scuri erano spalancati e stranamente caldi...

Il fisico era asciutto e le spalle larghe erano curvate sotto un peso invisibile... Forse quello della sua coscenza...

Dischiuse lentamente le labbra, come a soppesare le parole

"Io... mi dispiace, non... non pensavo che sarebbe andata a finire in questo modo... Gli avevo detto di andare piano e di stare attento, ma lui non lo ha fatto apposta! Joe è uno a posto, non l'ha proprio vista quella macchina..."

Parlava velocemente, quasi si mangiava le parole.

Non compresi subito il significato del suo discorso, nonostante fossi sicura che parlasse con me...

Dopo nemmeno un secondo, quando afferrai il soggetto dell'azione, mi immobilizzai. Era stato lui, o meglio, il suo amico... un certo Joe, a provocare tutto quello. Era uno di loro a guidare il bolide blu che aveva schiacciato il sogno della mia migliore amica come si fa con una mosca fastidiosa...

"Sei stato tu..."

La mia voce era roca, ma traspirava comunque stizza, odio e minaccia.

"Tu, o quel tuo amico... Siete degli assassini! Avete ucciso il sogno di una ragazza innocente ed in questo momento, in una stanza di questo stramaledettissimo ospedale, anche lei sta morendo!"

Le lascime scesero lente ma non tentai di fermarle, continuai invece a guardarlo con odio...

"Ti giuro, davvero, lo giuro" continuò lui, con quella sua voce così rilassante ed al contempo stranamente snervante.

"Joe non l'ha fatto a posta... La tua amica si rimetterà presto, parola di Jonas"

Alzai gli occhi, trovandomi il ragazzo più vicino di quanto mi aspettassi...

, aveva detto...

Connettei il cervello per un secondo e ricordai dove l'avevo già visto...

Foto sue e dei suoi fratelli tappezzavano letteralmente la camera di Hope, la sua migliore amica al pari di Damia, che impazziva per i Fratelli Jonas...

Kevin, Joseph e Nicholas Jonas: ecco come si chiamavano i tre mostri.

Ironia della Sorte...

"Non provare ad avvicinarti, Jonas!" gli dissi con tutta la collera che portavo in corpo, quasi sputando veleno.

"Non mi interessa se Joe-Ugola-D'oro-Jonas l'ha fatto apposta... Resta il fatto che io potrei non rivedere più la mia amica e mi porterò per sempre dietro il rimorso per averla fatta guidare... A quest'ora dovevo essere io al suo posto... Ha solo 16 anni, cazzo. Non deve morire così giovane..."

E, cosa ancora più terribile, era ancora vergine...

Morta prima del suo primo rapporto. Non riuscivo a pensarci...

Mi alzai dal lettino scomodo e mi diressi con passo malfermo verso la porta...

"Dove credi di andare? Non puoi andartene finchè non te lo dice il medico!"

La voce preoccupata di Kevin Jonas arrivò dalle mie spalle.

"Non sei proprio in condizioni di dirmi cosa devo fare, Jonas."

Aggiunse un "Vaffanculo" in italiano appena prima di sbattersi la porta alle spalle, sicura che non l'avrebbe capita. La testa alta, solchi scuri di un misto tra eye-liner nero e lacrime sulle guance color cioccolata, si dirisse verso la cassa informazioni.

 

Hope

Sapevo di aver fatto la figura del pesce lesso ancor prima di riaprire gli occhi e di ritrovarmi il volto di nientepopodimeno che Nick Jonas davanti.

In una situazione diversa, trovarsi stretta tra quelle braccia forti, calde e sentirle quasi protettive, mentre con le mani mi accarezzava i capelli, sarebbe stato un sogno realizzato, ciò che aspettavo da tempo... Lo stesso tipo di sogno che era stato strappato a Damia.

Mi misi a sedere sulla sedia scomoda di una sala di attesa dell'ospedale di Miami, chiedendo cosa fosse accaduto.

"Dov'è Damia? Cosa le è successo? Sta bene?"

La mia voce era stridula, gli occhi spalancati dalla paura...

"Una delle due ragazze, non so come si chiami, ha riscontrato soltanto lesioni superficiali..."

La voce vellutata del mio idolo mi giunse da vicino, troppo vicino: potevo sentire il suo fiato sul collo...

Non farti pensieri strani... Accertati delle condizioni di Damia ora che sai che Faith sta bene.

"Sì, lei è Faith, ha cominciato a riprendere i sensi prima che chiamassi l'ambulanza... Ma Damia, che era al posto del guidatore? Il battito c'era, ma era debole... Non dava segni di vita."

"Dici la ragazza riccia e bionda?"

"Sì, proprio lei!"

L'angelo che avevo davanti si morse il labbro inferiore, visibilmente in difficoltà...

"Bhè, ecco... L'hanno portata in sala operatoria... Pensano ad un trauma cranico..."

Sala operatoria... Trauma cranico...

"Cazzo, no!" gridai in italiano, presa da un attimo di collera...

"Non c'è bisogno di preoccuparsi, hanno detto che si rimetterà presto. Certo, è sotto morfina, ma sta piuttosto bene."

Lo sguardo di Nick era lievemente perplesso...

"Questo è il problema! Cazzo, cazzo, cazzo! Verrà squalificata, vedrà il suo sogno svanirle davanti agli occhi!"

Silenzio... Pensai alla risposta di Nick dopo la mia esclamazione nella mia lingua...

"Ehi, ma tu parli l'italiano?"

Sul suo viso si disegno un sorriso smagliante, luminoso, carismatico...

Stramaledettamente Stupendo.

"Bhè, i nonni di mia madre erano italiani, mia madre lo parla piuttosto bene...

Noi eravamo curiosi e lei non si è fatta pregare per insegnarcelo..."

Altro sorriso...

"Certo, non lo parlo bene come un madrelingua, ma me la cavo!"

Un'altra pausa imbarazzante ci circondò completamente, vivacizzando le mie gote rosse e facendole diventare scarlatte...

"Fammi indovinare," dissi ad un tratto. "Era Joe a guidare, vero?"

Il mio tono era tranquillo, in pieno contrasto con le emozioni che mi turbinavano dentro...

"Sì, era Joe a guidare..."

Il suo di tono, invece, era risentito.

"Lo so che non servirà a niente, ma vi pagheremo tutti i danni, anche il soggiorno ed il viaggio di ritorno, se necessario..."

Bello, anche da preoccupato...

"Non è questo il punto, Nick. Damia non è venuta in America per una vacanza, ma per realizzare il suo sogno, il sogno che conserva da quando ha cominciato a coltivare la sua passione.

Aveva otto anni quando il suo allenatore arrivò terzo ad un torneo mondiale...

Per lei Max è davvero importante, si può dire che sia come il padre che non ha mai avuto.

Fecero una scommessa: raggiunta l'età adeguata, lei avrebbe affrontato lo stesso torneo e sarebbe arrivata al primo posto.

In questi otto anni e mezzo ha lavorato duro per raggiungere il suo obbiettivo. Si è allenata rigorosamente tutti i giorni, tre ore al giorno per raggiungere il livello attuale. All'inizio ci tenne all'oscuro dei suoi proggetti, per paura che la deridessimo...

Poi l'ho vista in palestra durante gli allenamenti con Max.

Era la prima volta che la vedevo boxare e ne rimasi colpita. L'attenzione e la devozione che associa al suo sport sono enormi, la scioltezza e la grinta con cui affronta ogni incontro... Bhè, mi hanno segnata.

Non c'è nessuno al mondo che si meriterebbe quella coppa più di lei.

Non mi dimenticherò mai quelle parole messe lì a caso, ma scelte con tanta cura.

"Hope, lo so che molti potrebbero pensare che non sia una cosa da ragazze, ma io ho bisogno di vincere quel torneo, lo disidero più della mia stessa vita. La Kick mi ha aiutata ad andare avanti ed a non arrendermi, soprattutto quando mio padre e mia madre... Bhè, lo sai bene cosa è successo."

"Damia, ti prometto che, qualunque cosa succeda da qui fino al giorno in cui compirai i tuoi 16 anni, io ti aiuterò a realizzare questo sogno."

Questa è la promessa che tiene salda la nostra amicizia. Sia io che Faith abbiamo toccato con mano il dolore che provò alla notizia della scomparsa dei genitori.

Aveva appena sei anni e fu in quel momento che entrò nel mondo degli adulti, oltre al quello della Kick Boxing.

Fù affidata alla nonna, ultima parente e, purtroppo, incapace di badare a lei e a suo fratello Cristopher.

Dovette pensare a tutto lei e, come se non bastasse, badare anche alla nonna.

La pensione naturalmente non bastava ad arrivare a fine mese e quando diventò un po' più grande, verso l'età di 10 anni, cominciò a far aumentare le entrate partecipando a piccoli incontri.

Tra noi tre è la più matura, anche se Faith è più grande di due anni. Adora suo fratello, e lui adora lei. Sono una squadra imbattibile, complici in tutto e per tutto.

Ora capisci il motivo della mia disperazione?

Ogni due incontri fanno le analisi antidoping e lei risulterà imbottita di morfina... La squalificheranno."

 

Damia

Cadevo...

E più cadevo, più il dolore scompariva...
Cadevo in un pozzo, un pozzo senza fondo, un pozzo che mi risucchiava sempre più...
Cadevo, e non c’era nulla a fermarmi...
Vedevo la luce, anzi la intravedevo e scompariva, sempre più velocemente, diventava più piccola, sempre di più, sempre più lontana...
Cadevo, ma non riuscivo a fermarmi.

Eppure lo volevo, volevo raggiungere quella luce, volevo sentire ancora, per l’ultima volta, il sapore e la dolcezza dell’aria.

Volevo sentirla ancora dentro di me...

Ma non solo nei polmoni, in tutto il corpo.

Volevo ancora viverla, ma ormai non ci speravo tanto...
Cadevo, anzi precipitavo, precipitavo nell’oscurità più immensa...
Poi la luce, quel piccolo barlume di luce, scomparve, portando via con se anche la mia ultima briciola di speranza...

Così, presa da quel tormento, non mi accorsi della calda lacrima solitaria che, scappata dai miei occhi chiusi, scendeva lungo la mia guancia rosea...

 

Joe

Fredda, immobile, mortalmente pallida... E nonostante tutto stupenda.

Ecco come mi appariva la ragazza che avevo quasi ucciso nell'incidente d'auto.

Damia Durrani, così si chiamava secondo la cartella clinica posta sul comodino vicino al suo letto.

Faceva male vederla così, fragile ed indifesa, in lotta con la morte.

Faceva male sapere di averla ridotta io stesso in quello stato e non poter fare niente se non restare con le mani in mano.

La mia testa era in fiamme, ma avrei dato la vita perchè le situazioni fossero invertite, perchè lei fosse al mio posto, praticamente incolume, viva e vegeta, magari sorridente e felice di averla scampata.

Era strano il moto spontaneo che provavo verso di lei...

Vederla stesa su quel letto, le Flebo attaccate, i monitor lampeggianti, gli occhi chiusi, i lineamenti dolci distesi in un'espressione atona, risvegliavano in me un istinto particolare che non avevo mai provato.

Pietà? No, non è quella...

Attrazione? Forse...

Protettività? Sì, ecco cos'è quell'ancoscia del sentirmi impotente nel salvarla dalla sua fine!

Mi sentivo protettivo verso Damia, così minuta, sottile, dalle parvenze di una bambola di porcellana.

Mi avvicinai a quella ragazza, assecondando l'attrazione particolare che aveva su di me.

Mi sedetti sul bordo del suo letto scomodo, le presi una mano tra le mie e le parlai...

Le parlai di me, di quello che era successo a noi, a lei...

Le parlai del suo stato, di quanto mi dispiacesse per quello che avevo fatto, dello strano ascendente che esercitava su di me, della sua bellezza, della sue mani fredde, addirittura del tempo...

Non mi interessava del fatto che non poteva sentirmi: io avevo bisogno di parlarle, di confessarmi con qualcuno, anche se quel qualcuno non poteva rispondermi...

E rimasi quasi scioccato quando vidi una leggera lacrima sfuggire silenziosa dai suoi occhi serrati e scivolare triste lungo la sua guancia rosea...

  
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