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Autore: milla4    16/11/2015    0 recensioni
La Natura ci ama, gli elfi ci proteggono, gli umani distruggono?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati dei giorni e ancora non si erano decisi a scendere nella valle, i loro genitori li avevano messi in guardia da una possibile contaminazione della città da parte di magia oscura e Luis non voleva che la sua piccola sorellina ne venisse influenzata.
Avevano costruito un piccolo accampamento grazie all’aiuto del Labirinto, loro chiedevano ed esso esaudiva: una capanna, una sorgente d’acqua, dei giochi per la bambina, c’era tutto; eppure qualcosa non convinceva il fratello maggiore, si sentiva costantemente spiato, guardato a vista, in quel silenzio sentiva dei fruscii non dovuti dal vento.
 Forse era solo la paura che ancora lo attanagliava, in fondo erano sempre dei prigionieri in fuga e in qualsiasi momento potevano essere ripresi.
Forse il suo sesto senso era in errore.
 
Non fu così.
 
Li aveva sentiti arrivare mentre perlustrava la città in cerca di cibo,  oramai le sue orecchie così abituate al nulla erano diventati ipersensibili ad ogni rumore, così  indossò la solita giacca bianca, ridotta inevitabilmente a un ammasso sgangherato di fili ocra e decise di andare a vedere. Non portò nessun arma, il suo corpo le bastava. Era nata per condurre delle battaglie, non poteva e non doveva dimenticarlo, che poi avesse perso quella più importante era un altro discorso.
Fu delusa quanto meravigliata dal vedere due ragazzini avventurarsi nel Labirinto dei grandi, solo dei puri di cuori ne avevano l’accesso.
Lei solo in alcuni giorni all’anno sentiva di poterci entrarei, quando la vendetta non la prendeva al petto e non la trascinava nel solito baratro.
 
Lì osservò per giorni e giorni, era sola da talmente tanto tempo che il solo sentir parlare le eccitava i sensi; si ripeteva che fosse per la sua sicurezza, ma la verità era che non poteva più convivere solo con se stessa, avrebbe finito per uccidersi.
La sua solita routine non le bastava più, voleva sentire.
 
Un giorno in cui il ragazzo era tornato da un giro perlustrativo e la bambina era controllata da un enorme gabbia di rami, fuori spinosi, dentro lisci e morbidi come i petali di un Splum, decise di farsi avanti. Non erano pericolosi, lo aveva visto nella settimana in cui li aveva spiati notte e giorno.
Toccava a lei fare la prima mossa e l’avrebbe fatta, tanto non aveva nulla da perdere.
 
Lo aspettò vicino alla zona nord, aveva notato che lui la usava spesso come scorciatoia per tornare  nel suo alloggio.
Non ci volle molto, dopo pochi minuti se lo trovò davanti.
-Chi sei?- poche semplici parole, non amava essere prolissa; nessuna risposta, il ragazzo aveva assunto una colorazione violacea e ora più che mai, con i suoi capelli color del tramonto, sembrava un essere grottesco.
Non era brutto pensò la Gatta, i suoi occhi erano di un verde smeraldo molto accattivante anche se, il resto  del corpo era talmente smagrito da sembrare un fantasma.
-Ripeto: chi sei?-  finalmente egli decise di rispondere, stava perdendo la pazienza –Io…io sono Luis  della casata degli Ox, sono scappato da…- lo interruppe subito, voleva conoscere bene il suo animo prima di continuare –Sei solo?- lo sorprese quelle domanda, vedeva i suoi occhi annaspare ma poi ritornarono fermi e razionali come all’inizio –Si, sono solo-.
 
Senso di protezione, bene, le piace.
 
Sorrise impercettibilmente, Luis non la conosceva abbastanza per accorgersi suoi cambi repentini di espressione, ormai non era rimasto in vita nessuno che la conoscesse bene in quel modo.
Decise che era ora di andare così si rigirò, quando l''altro urlò –Ehi tu chi sei?-. Non rispose, non ancora.
 
Non andò molto lontano, rimase ad osservare le sue mosse ancora per alcune ore: lo vide affrettarsi verso la sua capanna senza guardare indietro, probabilmente era ancora spaventato.
Scappato… quindi era stato prigioniero. Ma di chi? Il suo cervello era impegnato in mille ipotesi mentre gli altri sensi erano concentrati verso il loro obiettivo.
La ragazzina fu liberata dal bozzolo protettivo e corse contro il fratello che l’afferrò al volo e la strinse a sé.
 
Sembravano così felici insieme eppure non avevano nulla.
 
Le magie dell’amore, Asha
 
Scosse a testa, non era il momento adattoche quella voce le si insinuasse nella testa, era toppo impegnata.
Luis aveva posato a terra la sorella e, mentre lei si era messa a riposare, lui le stava accanto carezzandole la testa. Probabilmente stava pensando a quello che lui aveva categorizzato come “strano incontro” con una strana donna  dalle strane fattezze.
Certamente il suo colorito verdognolo non era passato inosservato né le sue orecchie così allungate, ma quello che fin da quando era nata le dicevano fosse sconvolgente era l’innata eleganza che la contraddistingueva.  Non sapeva se fosse per via della sua discendenza elfica o magari fosse proprio una sua dote, fatto sta che imprimeva grazia in chiunque l’osservasse… ma, certamente, se avessero saputo chi in realtà era, forse non l’avrebbero considerata “dolce e carina”. L’unica cosa che la differenziava da un vero elfo dal sangue puro erano i corti capelli color della paglia, unico regalo della madre insieme a profondi, occhi neri.
Chiuse gli occhi e contò fino a dieci.
 
Uno… due… tre: focalizzazione dell’immagine
Quattro … cinque…sei: concentrazione
Sette…otto…nove: morte.
 
Riaprì gli occhi, un peso dal petto le si era disciolto.
 
Continuò ad osservare il quadretto familiare che aveva davanti per altre ore, fino ad arrivare alla sera e lì si accorse di una cosa: non avevano cibo con loro, ecco perché l’effetto di zucca essiccata che aveva ragazzo.
 
 
Luis si svegliò come sempre affamato, ma ormai non aveva più la certezza di trovare qualcosa in quel labirinto da favola; non si era ancora avventurato nella vecchia città, aveva ancora paura, non poteva negarlo; ma quella mattina fu diversa, perché sapeva di non essere solo e perché qualcuno aveva lasciato loro dei piccoli animali davanti la loro capanna.
 
Egli si guardò intorno ma dentro sé sapeva che non l’avrebbe rivista: chi era? Sarà forse “lei?
 
Non ebbe tempo di pensare, accese un fuoco e subito cominciò a preparare gli animali per essere cotti: sua sorella era diventata l’ombra di se , ancora giocava e sorrideva ma era rattrappita su se stessa ed aveva fame, molta.
 
-Uh…che buon odore…Cos’è, Lù?- Luis sorrise,-  È la colazione, il pranzo e la cena, madame-  Vide il volto di Moira aprirsi per fare spazio a tutta la gioia che aveva dentro.
 
Mangiarono in silenzio,  erano troppo affamati per parlare o almeno così sembrò alla Gatta che li osservava dalla stesa rupe del giorno prima.
Li aveva aiutati non per gentilezza, ma perché voleva risparmiarsi lo spettacolo orribile di vedere la morte sofferta di due ragazzini.
 -Moira, conosci la storia di Clorina e della sua distruzione?- improvvisantemente Luis cominciò a parlare, non sapendo di avere ben due ascoltatrici –Si Lù, ma la mamma non voleva che sapessi tutto…-
 
La Gatta vide il ragazzo sospirare e incominciare a raccontare –Beh ora come ora, credo che ti sia utile conoscere la nostra storia: molto tempo fa, all’incirca un secolo,  la Nuova Colonia non esisteva né aveva ragione di esistere visto che Clorina era una città ricca di salute e magia.
I Cloriensi abitavano a contatto con la Natura che dava loro i frutti per mangiare e protezione dalle intemperie. Era una magia luminosa, buona che scorreva nella linfa delle piante e da cui dipendevamo per tutto; la Natura si concedeva volentieri, perché sentiva che quel popolo le voleva bene e non si sarebbe mai approfittato di lei.
 A capo della città c’era una un consiglio di sette elfi, gli unici a saper maneggiare questo grande potere, ma molti nella città erano insofferenti al loro comando, dicevano che ne utilizzavano tropo poca.
Poi un giorno ci fu un…come posso dire…rovesciamento e gli elfi furono imprigionati, secondo i cospiratori la loro colpa era quella di aver trasformato la magia di Clorina in buia e oscura e che ormai era tempo per tutti di abbandonarla.
Così, usando un elfo loro alleato, costruirono in poco tempo la Nuova Colonia, abbandonando quella che era ed è la nostra vera casa-  Moira era rimasta a bocca aperta,  aveva assaporato il racconto come una delle fiabe che le raccontava la loro mamma; la Gatta, al contrario ebbe un sussulto.
Sentirsi raccontare come una cosa finta, una favola per ragazzini, le aveva rinnovato quel senso di vuoto che la rincorreva da anni e da cui mai si era lasciata prendere, mai fino ad ora.
 

 
   
 
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