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Autore: MaddaLena ME    18/11/2015    1 recensioni
Un repayment un po’ per tutti:
* Hermione
* Neville
* Piton
* i secondogeniti
* i secondi nomi
* i Serpeverde
* l’Occlumanzia e le Arti Oscure
* i sognatori, gli appassionati e i caparbi
* gli studenti
* i professori

Il cambiamento è goccia che scava la roccia: di fronte ad una mente brillante, un'altra non può evitare di esserne influenzata.. il rapporto è biunivoco!
Capitoli totali: 12
Dal cap. 2:
Squadrò la divisa, avvicinandosi, con un moto serpeggiante e sinuoso, fino a vorticare attorno al ragazzo. Con stupore evidente:«Dunque, sei un Serpeverde, per via del tuo secondo nome… per me?» domandò, ripensando a quanto gli aveva detto il giorno precedente.
Piton era incredulo. Lui ha fatto e avrebbe fatto qualsiasi cosa per Lily. Ma nessuno, che lui ricordasse, aveva fatto mai qualcosa per lui, solo per lui. Appositamente per lui. Tutto ciò gli parve insolito, per non dire sospetto.
Infatti, con una smorfia dipinta sul volto sgraziato, gli si avvicinò, per indurlo a parlare.
«Già, esattamente » disse appena, in un soffio, il giovane Albus Severus.
Genere: Comico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuova generazione di streghe e maghi, Severus Piton, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Sectumsempra!

Non poteva saperlo, quello no, ma intuirlo, almeno sì. Michael: quell’impulsivo, irrimediabilmente facile da “accendere” nel bene e nel male, del suo migliore amico. Gli assomigliava come un elfo assomiglia ad un gigante, ma è nella differenza che si scoprono le ricchezze, proprie ed altrui. Nonostante fosse tremendamente simile a James per mille e un motivo, sapeva sempre come prenderlo, non gli mancava mai di rispetto e non smetteva mai di incoraggiarlo.
Tuttavia, non riusciva a tollerare gli insulti a proposito del sangue, che non mancavamo mai, soprattutto da parte dei concasati più grandi di loro. Theodore Lestrange, lontano parente di Bellatrix, in particolare, si era mostrato particolarmente accanito, contro di lui e, in un paio di occasioni. Michael ne aveva parlato con Al. Scoppiettava come un vulcano e meditava vendetta. Al ebbe l’impressione che, stavolta, l’amico avrebbe potuto fare davvero sul serio e cercò di dissuaderlo in ogni modo. Ma, un po’ come Jamie, non era affatto facile dissuaderlo dai suoi propositi, una volta che si era convinto di andare fino in fondo. Era molto simile a sventolare un fazzoletto rosso, di fronte ad un toro furente. Inutile, quasi sempre; il più delle volte, foriero di situazioni peggiori.
Infatti, raggiunto il ponte attraverso cui Hogwarts comunica con i dintorni, i tre fratelli Potter si ritrovarono, loro malgrado, ad avere a che fare con la tremenda idea del giovane Ginger della casa di Serpeverde.
Appena vide quell’enorme esemplare di Dorsorugoso farsi loro incontro, sputando fuoco e fiamme a volontà, si ritrovò a sbottare, seccato, mentre avvertiva la mano di Lily stringersi impaurita alla propria: «Ci mancava solo che quell’imbecille si risentisse per quegli stupidi scherzi e combinasse qualche guaio!».
James non perse occasione per rincarare la dose:
«Ovviamente, se c’è un guaio, chi ne è la causa, se non un Serpeverde?» sbraitò, a muso duro.
Al ricambiò con forza la stretta della sorella e, mentre la conduceva al sicuro dietro un masso, la rassicurò:
«Andrà tutto bene. Siamo 3 Potter!»
Gioì al vedere un timido sorriso in risposta all’incoraggiamento, nonostante si rese conto di non essere del tutto convinto egli stesso di quanto avesse appena detto.
James era rimasto allo scoperto. Facendosi scudo con il coperchio di un grosso bidone, che il vento doveva aver fatto arrivare fin là, lo punzecchiava:
«Coraggio, vieni… lascia stare mia sorella e combatti da uomo, drago fiammeggiante!»
Al lo guardò ammirato, con quello stesso sguardo che i secondogeniti riservano ai primi, nonostante tutto e tutti. Sembrava davvero coraggioso e determinato, come e più di quanto lui avrebbe mai potuto essere, nell’intera propria vita. Di questo era profondamente convinto. All’improvviso, da quello che inizialmente gli era sembrato un sacco di iuta e poi si rivelò essere il Cappello Parlante, Al vide che il fratello sfilava, senza sforzo apparente, una spada e, con quella, colpiva ripetutamente il drago, nel tentativo di allontanarlo dagli altri fratelli. Ottenne solo il risultato di essere inseguito da un drago ancora più furioso, che gli sputava contro fiamme enormi, con tutta la forza di cui era capace. Allora, si volse verso Albus, con un lampo di speranza negli occhi. Quanto doveva essergli costato, ammettere a se stesso di aver bisogno dell’aiuto del proprio fratello minore!
“Solo un vero Grifondoro può usare la spada di Godric!” ricordava che suo padre glielo aveva ripetuto diverse volte. “Non riuscirò a prenderla” pensò immediatamente, mentre la spada, lanciata da James, stava, letteralmente, volandogli tra le mani. Chiuse gli occhi, durante gli ultimi attimi di quel volo. Inaspettatamente, sentì tra le mani qualcosa di duro, metallico. L’impugnatura era dorata, preziosa e la lama di fine fattura: ma non aveva tempo per rimanere a rimirarla. La strinse con forza e l’affondò nella carne del drago.
Ma il colpo non era ben assestato. E il drago era soltanto più arrabbiato.
«James!» gridò. Uno sguardo, non servì altro. James era il fratello maggiore: lui era responsabile di Lily, lui doveva impedire che si facesse del male. Del resto, era troppo piccola perché sapesse padroneggiare un incantesimo che tenesse a bada un drago: se Jamie l’avesse portata via, avrebbe potuto anche chiamare aiuto. Era meglio per tutti! James diresse uno schiantesimo al drago, per allontanarlo dal fratello minore e dargli tempo, poi prese in braccio la sorellina e si allontanò velocemente.
Ora che il fratello se ne era andato, nulla poteva impedirglielo. La paura che lo attanagliava si sciolse in calde lacrime che scivolarono lungo le gote di Al. Non sapeva assolutamente che incantesimo fare. Non sapeva volare. E aveva una fifa blu di quelle vampate di fuoco: sapeva cosa significava prendersene una nel pieno della sua forza. Morire bruciati: la peggior morte possibile. Era più che sufficiente per immobilizzarlo dalla paura.
In quel momento, penso a Piton, alle lezioni, alle raccomandazioni, ai rimproveri.
“Usa la testa”. “Controlla le tue emozioni”. “Disciplina la tua mente”. “Non farti sopraffare dalla paura: dominala con il coraggio che ti viene dai tuoi obiettivi”. “Non lasciare che una sconfitta ti impedisca di vedere le tue opportunità!”. "Sovrasta i sentimenti, e padroneggerai la situazione contingente!".
Quelle frasi, nonostante le ricordasse esattamente come le aveva sentite in quei giorni, vomitate addosso con stizza e disapprovazione, accompagnate da una smorfia di disgusto, gli stavano infondendo coraggio. Si sentiva rinfrancato, come se nuova linfa gli scorresse per il corpo, che non tremava più come una foglia, mentre le mani stavano rinsaldando la loro presa sulla bacchetta. Ma nulla era come le lezioni. Un drago gigante davanti agli occhi non era come esercitarsi nella placida calma della grotta, nonostante Piton non mancasse di simulargli situazioni di stress, mettendogli pressione in ogni modo conosciuto o non ancora conosciuto. Era comunque diverso. Perché non aveva mai fronteggiato un drago, come quello che gli stava alitando addosso il suo fiato caldo, a pochi passi da lui. E lui avvertiva, condensato in un solo istante, tutta la sua consapevolezza di essere estremamente piccolo rispetto a lui.
In quel momento, ricordò altre parole del professor Piton: “Sei stato bravo ad intuire che ci sono alcuni incantesimi che ti saranno utili. Ad esempio, non puoi usare un Expelliarmus se il tuo avversario non ha bacchetta!”. Già, perché non ci aveva pensato subito? La spada richiedeva un incontro ravvicinato.. la bacchetta no… poteva essere più preciso e più efficace. Aveva raccolto il ricordo giusto, tra gli insegnamenti ricevuti, ne era certo!
Ora gli mancava solo di metterlo in pratica.
«Sectumsempra!» proclamò con chiarezza, disegna nell’aria precisi movimenti con la bacchetta, come se avesse una spada tra le mani.
Inaspettatamente, tutto andò come doveva andare. Il drago si accasciò su se stesso, emettendo solo qualche faticoso sbuffo di fumo dalle grandi narici. Solo quando lo vide a terra, avvolto su stesso come un cencio sporco, gli si avvicinò di corsa, volendo risanarlo.
Di gran carriera, anche la professoressa McGranitt si stava dirigendo nei pressi dell’animale, dopo essersi materializzata nei pressi, portando una fiala di una potente pozione soporifera, che gli somministrò con grande rapidità, subito dopo averlo immobilizzato con un incantesimo Incarcerus, che nessuno, tra i ragazzi, conosceva. Alla vista del guardiacaccia che si dirigeva loro incontro preoccupato, Al si gettò sul drago e, come un folle, iniziò quella nenia che aveva imparato e perfezionato in quei mesi, grazie al professore, accompagnando le sue parole con gesti delicati della bacchetta, proprio a pochi centimetri della dura pelle del drago:
«Vulnera sanentur…. vulnera sanentur».
Di fronte allo sguardo, atterrito ed esterrefatto, della preside, lentamente ed inesorabilmente ogni ferita del drago si stava rimarginando, in seguito alle parole posate del giovane Albus.
«Albus Potter, devo chiamarti nel mio ufficio. Aspettami là, mentre vado con Hagrid a scrivere un gufo per sistemare questo drago affinché non faccia ulteriori danni: a sé, persone o cose…»
«In presidenza, davvero?» domandò incredulo e speranzoso. Una reazione che la preside non si sarebbe mai aspettata, ma non fece a tempo a dirgli nulla, perché il ragazzo schizzò via come se avesse le ali ai piedi.
Albus non aspettò per molto tempo, seduto davanti alla scrivania della preside.
«Potter, senza dubbio, il tuo comportamento è stato utile. Ma tante cose sono strane. Hai evocato un Patronus contro alcuni tuoi compagni. Hai realizzato un incantesimo offensivo contro un drago, che, vorrei ricordarti, per altro, è un esemplare raro e una razza protetta…» iniziò questa, non appena ebbe varcato la soglia e chiusa la porta alle proprie spalle.
«Solo perché aveva attaccato mia sorella..e poi ho usato il controincantesimo: non intendevo fargli del male, davvero, signora preside!» si difese Al, senza chiederle la parola.
«Potter, fammi finire!» si stizzì lei.
«Mi scusi, signora preside!»
«Tra le altre cose, vorrei proprio sapere come abbia fatto un drago proveniente da uno degli ultimi allevamenti irlandesi, per altro probabilmente illegali, ad arrivare fino a qui? Non ne sai nulla, vero?»
Era improprio dire che non sapesse nulla, ma nemmeno sapeva tutto! Conosceva Michael, sapeva che era irlandese, sapeva che gli piacevano i draghi e che, tanto quanto lui, era stufo degli scherzi di alcuni ragazzi più grandi. Probabilmente, aveva solo pensato di dar loro una lezione e… la cosa gli era sfuggita di mano. Insomma, cose che capitano, no? Doveva essere per forza così, perché Michael non era cattivo. E, soprattutto, era uno dei pochi Serpeverde con cui avesse legato, in quegli anni. Non poteva dire nulla, proprio nulla. E infatti non disse nulla. A parole.
Quando, però, la professoressa McGranitt domandò: «Potrebbe forse c’entrare il signorino McCunningham?», il suo volto andò letteralmente in fiamme.
La preside sospirò; quindi, comprendendo la battaglia interiore del piccolo Al, lo rassicurò: «Saranno presi seri provvedimenti disciplinari sul colpevole, com’è giusto che sia. Ma nessuno lascerà questa scuola. A tutti sarà data una seconda possibilità, come si è sempre fatto!»
Albus tirò un sospiro di sollievo, ma si accorse subito che non era ancora finito il supplizio.
«Senza dubbio, ha dimostrato buona maestria, signor Potter e la capacità di dominare le proprie emozioni» continuò infatti la Preside. E a quest’osservazione, Al si accorse di inorgoglirsi interiormente, perché significava che era apparso anche all’esterno, in modo oggettivo, che aveva fatto suoi gli insegnamenti nella caverna!
Ma la Preside non aveva concluso: «Sono comunque incantesimi offensivi, per quanto usati con prudenza e parsimonia. E anche il controincantesimo non fa parte del curriculum scolastico. Sono tutti incantesimi che non ti sono stati insegnati a scuola!»
«Oh beh, proprio in aula no, ma li ho imparati qui, Le assicuro…» iniziò Al, che però non sapeva come andare avanti. Non era sicuro se potesse esserne contenta, lei. E non avrebbe mai voluto addossare la colpa a Piton. Gli aveva promesso di fidarsi. Quando ci si fida, non si espone l’altro a nessun pericolo, ma lo si protegge, in ogni modo.
«E da chi li avresti imparati, si potrebbe sapere?»
«Da me!» tuonò una voce, alle spalle del giovane studente.
«Non pensavo che ti avrei rivisto tanto presto, Albus!» commentò la voce, rivolta al ragazzo, mentre questi arrossiva; poi, questa proseguì, seraficamente calma: «Garantisco io per quest’ottimo studente Serpeverde!».
Minerva barcollò. Si avvicinò al quadro e mise una mano alla bocca. Era stato tanto il trambusto di quei giorni, che non ci aveva fatto caso. Il ritratto di Piton era tornato a riempire la cornice.
«Severus, io… non ti avevo visto! Ma è vero, quindi? Sei tornato? Potter ha ricevuto lezioni avanzate… da te?»
«È esatto. Albus Severus Potter ha chiesto lezioni supplementari. Da quando me ne sono andato, del resto, sembra proprio che la scuola abbia iniziato un certo degrado. Anzi, a tal proposito riterrei opportuno che vi fosse maggiore sorveglianza su alcuni alunni del sesto anno, Grifondoro e Serpeverde, che pare si divertano a tormentare con scherzi ignobili alcuni compagni più piccoli. Sai benissimo che, di fronte ad agguato con molteplici bacchette, nessun mago, da solo, neppure il migliore, riuscirebbe ad avere la meglio!» constatò il ritratto, aspro.
«Vi porremo rimedio!» replicò, decisa, la preside.
Poi si rivolse al giovane Serpeverde:
«Va bene, Potter, in tal caso, può andare! Spero che utilizzerà con parsimonia e criterio le lezioni del professor Piton! » disse poi, rivolgendosi al ragazzo e dando le spalle al quadro.
Albus si alzò dalla sedia.
«Certo, signora Preside. Ci starò attento!» promise Albus.
Osservò ancora il quadro, prima di oltrepassare la soglia. Era sicuro, gli stava sorridendo, pur nell’ombra di quel suo mantello scuro, in quella cornice appesa: allora, era vero che, se l’avesse cercato, l’avrebbe trovato sempre dalla stessa parte, la sua. Sempre! *

*citazione indiretta di “Sempre e per sempre” di F. De Gregori
   
 
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