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Autore: ToscaSam    19/11/2015    2 recensioni
importantissimo!
Come il precedente Nate Babbane e l'Estera Rimpatriata, questa storia seguirà la trama di uno dei libri della saga di Harry Potter, solo da un punto di vista diverso. Stavolta sarà Harry Potter e i Doni della Morte a fare da sfondo alla vicenda che mi accingo a narrare.
Si tratta del QUARTO E ULTIMO capitolo di quella che vuole essere una gigantesca fanfiction, regalo per le mie più care amiche.[...]. In secondo luogo, sarà un percorso attraverso i libri di Harry Potter, solo da un’altra prospettiva, un po’ meno in luce. Il punto di vista sarà quello di studentesse “normali”, che non hanno a che fare niente con le vicende eclatanti che gravitano attorno al trio protagonista della serie.
Vorrei specificare che cercherò di essere più fedele possibile ai romanzi, nel senso che leggerò accuratamente e riporterò in chiave personalizzata tutti i momenti “generali” presenti nei libri. Voglio dire che quando si nominerà “la Sala Grande gremita di studenti”, probabilmente i miei personaggi saranno lì presenti, o che quando si parlerà di “partite di Quidditch” le mie protagoniste si uniranno al resto della scuola per fare il tifo. [...].
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nate Babbane (OLD VERSION)'
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Arrivo a destinazione
 
Il rifugio di Maison Lavande si era praticamente svuotato: il Natale si avvicinava e molti ospiti avevano deciso di cercare la propria famiglia, invece di rimanere nascosti.
Madame Belhome aveva insistito perché non andassero via: era estremamente pericoloso uscire fuori, alla mercé dei Mangiamorte e dei Ghermidori (bande che cercavano di far soldi consegnando Nati Babbani e traditori del sangue, visto che il Ministero Inglese aveva accordato una ricompensa per ogni cattura).
Nessuna preghiera era valsa, neanche quella di Gilbert Belhome, che aveva tenuto una sorta di comizio per spiegare quanto fosse necessario rimanere nascosti.
Il signore con l barba lanosa che leggeva sempre la Gazzetta del Profeta, se ne andò in cerca della moglie Babbana. Salutò anche Dara e Dario, augurando loro tutta la fortuna del mondo.
Chi invece non si sarebbe mai schiodato da lì, era Cris Vaselly col figlioletto. Anche loro si impegnarono nella campagna di “restiamo tutti insieme appassionatamente”, cercando di convincere gli altri rifugiati a non scappare.
Ovviamente il risultato fu che da quanti erano, rimasero nel nascondiglio soltanto Dara, Dario, Anton, Cris Vaselly, il figlio e Gabrielle Delacour.
Molti promisero di tornare, anche perché non era facile trovare un porto sicuro come Maison Lavande, in tutto il mondo.
 
« Non so quanto sia piascevole , povera bambina, che tutti li altri se ne siano ondati. I suoi paronti non si sono fatti vivi. Non sapiamo nionte…»
Dara e mamma Belhome, stavano addobbando il rifugio con delle stelline luminose. Amélie era in bilico su una scala, mentre Dara le passava i decori da terra, prendendoli da una scatola.
« Beh. Di certo qui non ci sta male» commentò, mentre allungava il braccio per raggiungere quello della signora.
« Oh, Darà. Scerto che non sci sta male, però nemmeno bene. Sembra che non sci sia nessuno che tiene a lei. Come vorrei trovare il modo per rintrasciare almeno i suoi sgenitori … ».
Dara lanciò un’occhiata all’angolino di solitudine, ormai condiviso, di Dario e Gabrielle: stavano ancora leggendo Twilight, anche se si avvicinavano alla fine. Lei sorrideva graziosamente, anche se le pesanti occhiaie scurivano sempre quel volto che sarebbe stato magnifico. Dario le leggeva con animo e ogni tanto si fermava ad ascoltare i suoi commenti.
Anche mamma Amélie si era fermata a guardarli.
« Meno male che Darius è riuscito en peu a distrarla, con quei libri. Sono divontati amisci. Le fa bene, povera piccola».
Dara commentò con un mugolio abbastanza neutro.
Amélie sorrise in silenzio, guardandola di sbieco.
 
« Darius, quonte pasgine moncano alla fine?»
Gabrielle strattonò con foga la spalla di Dario.
« Ancora due capitoli … vedrai che oggi lo finiamo!»
« Oh! Non! Alora smetti di lesgere! Continuiamo domain!»
Dario rispose di malavoglia il volume. Era inutile dirle che aveva anche il seguito, in borsa: Gabrielle si agitava un sacco, quando pensava che tra poco avrebbero raggiunto la fine del libro.
« Va bene. Allora cosa vuoi fare?» chiese il ragazzo, abbandonandosi contro la parete grezza.
« Non vuoi ondare ad aiutare la tua amica a sistemare le decorassioni de Noel?».
Dario lanciò un’occhiata pigra verso Dara e Madame Belhome, in lontananza. Sembravano così distanti …
« Nah, non credo di averne voglia. Non hanno bisogno di me, sono già in due»
« Sei uno sconsa fatiche, Darius!» cinguettò Gabrielle, mostrando un sorriso luminoso.
Dario alzò le spalle.
« Su!! Darius, decoriamo onche noi! Vado a prondere qualche stella dalla siniora, così le mettiamo qui!» esclamò la ragazzina, saltando su come una cavalletta.
Svolazzò con grazia per tutta la lunghezza de rifugio, fino a raggiungere Madame Belhome e Dara.
Dario notò quanto fosse magra, osservando durante quella corsa, le pieghe della largheggiante felpa fornitale da François.
Quando ritornò, era raggiante come le stelle che si era guadagnata: ne lanciò una manciata su Dario e si arrampicò su un letto per arrivare a decorare il muro più in alto possibile.
« Sei un po’ iperattiva o sbaglio?» chiese Dario ridendo fra sé.
Gabrelle si voltò, con gli occhi inaspettatamente – di nuovo – tristi: « Pour favor, Darius. Aiutami … è il primo Noel che passo da sola. Magari se riesco a stare felisce, anche mia mamma lo sarà. Dovunque si trovi. Noi siamo persone mortali e dobiamo avere le nostre speronze. Quel Siniore Oscuro vuol far finta di essere immortale, ma tonto prima o poi sci sarà la fine onche per lui. Noi non dobiamo perdere la speronza, non possiamo essere tristi!».
E per evitare che anche solo una lacrima osasse riempire quegli occhioni grandi e chiari, Dario scattò subito in piedi e si impegnò fino allo stremo delle forze nella missione di abbellire il rifugio con le stelline luminescenti.
 
**
 
Dicembre era gelido e tagliente, anche in Inghlterra.
Eppure, all’interno della Foresta Proibita, anche se ormai erano così lontane da Hogwarts che nemmeno sapevano se si poteva più chiamare così, due amiche trottavano di gran lena, senza patire un briciolo di freddo.
Era da tutta la mattina che Esmeralda camminava con convinzione,  tanto che Samantha faticava a starle dietro.
Si era evidentemente svegliata con un’idea ed aveva una gran fretta di metterla in atto.
« Ehi Esmy, rallenta!».
Il drago sgusciava abilmente fra i rami nodosi e i cespugli, senza badare ai richiami della ragazza.
« Esmy! Aspettami!»
Poi però Samantha sentì dei rumori, vicinissimi.
Si spaventò e si fermò, incapace di fare altro se non stare immobile in mezzo alle frasche secche.
Sparita la luce di Esmeralda, se n’era andato anche il calore bonus; così la ragazza si strinse nel mantello logoro e dalla sua bocca iniziò ad uscire una nuvoletta di vapore ad ogni sospiro.
 
«Avete sentito?»
« C’è qualcuno qui!»
« Veniva da là dietro!»
Samantha si portò una mano alla bocca e sentì il cuore martellarle dentro le orecchie.
La luce di Esmeralda non si vedeva da nessuna parte e all’improvviso i rumori di persone in avvicinamento e foglie spostate furono a un passo di distanza.
Non c’erano vie di fuga, né ci furono istanti per pensare.
Dalla folta vegetazione, Samantha scorse alcune figure umane che la videro palesemente.
 
« È qui!! È qui!»
« Prendi la bacchetta, Robin!»
Samantha indietreggiò, terrorizzata, annaspando con una mano per trovare la propria bacchetta nella tasca dell’uniforme stracciata.
Sentiva voci e passi da ogni direzione e a un certo punto qualcuno gridò:
« Fermi! Fermi! È una ragazza!»
Ma i due con la bacchetta sguainata continuavano ad avvicinarsi minacciosamente.
« Fermi idioti! Ho detto fermi! Mettete giù quelle bacchette! È una ragazzina! Fermi!».
La voce cui Samantha fu immensamente grata, proveniva dalla sua destra: si voltò con le pupille dilatate dalla foga e vide una faccia umana che le sorrideva, amichevole.
Come pietrificata, non si mosse quando questi le venne incontro e l’aiutò con molta gentilezza ad alzarsi. Sentì a fatica la pressione che le mani estranee attorno ai suoi polsi esercitavano.
« Chi sei, ragazzina?»
« Che diavolo ci facevi là dentro, eh?»
Quelli con le bacchette – abbassate – in mano, avevano toni sprezzanti.
Samantha era confusa e spaventata. Si guardò intorno in cerca di Esmeralda, ma la Foresta era buia come la notte, eccetto per i raggi di sole che filtravano dai rami nodosi.
« Volete stare un po’ zitti, voi due? Ma non lo vedete che è sotto shock?».
Quello che l’aveva fatta alzare, le era ancora vicino e istintivamente Samantha lo percepiva come il bene assoluto.
Le si rivolse con molta calma e gentilezza:
« Come ti chiami?»
Chiese cortesemente.
« Samantha» rispose lei, quasi senza accorgersene.
Uno di quelli alle sue spalle gridò: « Allora parli, eh? Ti ho chiesto che ci facevi lì nascosta! Ci stavi spiando?».
Samantha voltò la testa di scatto verso quello che aveva parlato, sgranando gli occhi, sempre più frastornata.
« Le faccio io le domande qui. Mi fate il piacere di stare zitti, teste di acciuga?».
Quello gentile le mise una mano sulla spalla e la fece di nuovo voltare.
« Stai tranquilla, Samantha. È tutto apposto ora. Noi non siamo Mangiamorte, se è quello che ti fa paura. Siamo persone per bene. È tutto finito, non hai da avere paura. Ti proteggiamo noi».
Presa dal disarmante tono di rassicurazione, Samantha si commosse e scoppiò a piangere, abbracciando con foga quella persona così buona.
« Oh, accidenti. No, Samantha, non piangere … devi stare tranquilla. È tutto passato, qualunque cosa ti sia successa. Ma … hai l’uniforme di Hogwarts? Cosa … come hai fatto a ritrovarti quaggiù?».
Mentre lei si sfogava, lui le accarezzava i capelli ribelli, pieni di foglie. Gli era evidentemente caduto l’occhio sul distintivo mezzo strappato, ancora visibile sul mantello dell’uniforme.
Rendendosi conto che quello era forse un comportamento poco appropriato da tenere in compagnia di umani, Samantha si asciugò in fretta gli occhi, singhiozzando pesantemente. Riuscì a farfugliare:
« Si. I. Mangiamorte. Mi … Mi volevano. Catturare. Ho. Percorso. La … la Foresta Proibita».
« La Foresta Proibita? Quindi questo bosco arriva fino a Hogwarts? Questa è la Foresta Proibita?»
Chiese il gentile, vivamente curioso.
Samantha annuì, poi si sentì finalmente in grado di guardarlo in faccia: era un ragazzo, sulla ventina, con la pelle scura, una leggera barbetta sul mento e i dreadlocks legati in una coda sbarazzina.
La sua faccia non le fu per niente nuova … ma a quanto pare non fu l’unica:
« Aspetta! Ma … non ti conosco? Io ti ho vista a Hogwarts! Sei di Grifondoro?»
« Si … e tu non sei …? Non sei quello …»
« Io sono Lee Jordan. Sono quello delle cronache del Quidditch»
Sorrise amichevolmente, guardandola in faccia e dimostrando di possedere un paio di occhi vispi e brillanti.
Lee Jordan. Quello delle cronache del Quidditch. Si ripeté Samantha nella sua testa.
Ma si! Era proprio lui! Ora che ci pensava le venivano in mente delle immagini di lui in Sala Comune o i giro per i corridoi del castello …
« Oh. Ma che è successo al tuo viso?»
Lee Jordan sfiorò con una mano la cicatrice sulla parte sinistra del volto di Samantha.
Lei rispose amaramente:
« Mi sono Spaccata».
Lee mostrò i denti, in un’espressione di simulazione del dolore.
« I Mangiamorte mi volevano prendere, il primo giorno di scuola, quando siamo arrivati col treno. Io mi sono Smaterializzata e sono riuscita a scappare. Ho attraversato la Foresta …»
« Cosa? Da settembre fino a oggi?!» Esclamò Lee.
« E sei sopravvissuta?» uno dei due che ancora la stavano fissando con disapprovazione, pareva comunque essersi sciolto un poco, dopo lo sfogo di lacrime piovuto dagli occhi della ragazza.
« Beh, si» pigolò Samantha.
Un’altra voce (di donna, molto autoritaria) si fece sentire da lontano:
« Allora? Signori purtroppo non ho molto tempo a disposizione! Avete trovato un Gatto Mammone, laggiù?»
Lee Jordan e gli altri due indirizzarono immediatamente lo sguardo verso colei che aveva parlato, alle loro spalle.
« Arriviamo, ci scusi, signora!»
« Abbiamo trovato una ragazza»
« Vieni, Samantha, ti spiego tutto dopo».
Lee Jordan la prese sottobraccio e la diresse verso il limitare della Foresta, che era lì a due passi.
Vedendo i rami diradarsi sempre di più, Samantha ebbe un fremito di smarrimento e si voltò indietro, per vedere …
Esmeralda. Era lì, esattamente dove un attimo prima c’era lei.
La guardò con gli occhietti neri e la bocca mezza aperta, come suo solito.
Inclinò la testa di lato, come un gattino curioso.
Samantha cercò lo sguardo di Lee Jordan, forse per timore che vedesse  il drago – in quel momento sentiva che doveva essere un segreto – , ma quando si girò di nuovo verso la Foresta, Esmeralda era sparita.
Fu l’ultima volta che la vide in tutta la sua vita.
  
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