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Autore: 365feelings    20/11/2015    3 recensioni
Dicembre, New York. Mentre le feste si avvicinano e i bollettini meteo non fanno altro che parlare della terribile tempesta di neve Chione, Annabeth capisce di non essere sua madre, Piper decide di mettersi in gioco, Leo trova finalmente qualcuno con cui condividere i propri sogni e Nico scopre che può essere ancora felice.
(...)nello stesso momento Will si volta e lo accoglie con uno sguardo che rischia di farlo arrossire. Non perché sia carico di malizia o sottintesi, ma proprio perché, al contrario, è limpido e caldo. Sembra dirglibuongiorno e farlo con la stessa intimità che potrebbe usare una coppia che si conosce da molto tempo.
Percy/Annabeth, Jason/Piper, Leo/Calipso, Will/Nico | accennati Talia/Reyna, Frank/Hazel, Chris/Clarisse | storia scritta per la settima edizione del Big Bang Italia
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Calipso, Jason/Piper, Leo/Calipso, Nico/Will, Percy/Annabeth
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autrice: kuma_cla
Titolo: In città zero gradi
Rating: verde
Pairing: Jason/Piper, accennate Annabeth/Percy, Leo/Calipso
Genere: romantico, sentimentale, introspettivo
Avvertimenti: modern au, what if in cui gli americani usano i gradi celsius come il resto del mondo
Note: ecco la tanto attesa (?) storyline di Piper e Jason. Prometto che i prossimi aggiornamenti saranno più rapidi.
  • Come per il precedente capitolo le descrizioni e le informazioni potrebbero non essere del tutto corrette, tuttavia i luoghi citati, i locali e le strade esistono veramente.
  • La American Airlines è la principale compagnia aerea americana di proprietà della American Airlines Group di cui fa parte anche la American Eagle; il The New Yorkers è un famoso giornale americano di NY (la parte relativa al lavoro di Piper è ovviamente inventata).
  • Per quanto riguarda le cariche aziendali mi sono rifatta a quelle tipiche delle società di capitali; il direttore operativo è un manager posto alle dipendenze dell'amministratore delegato (è una carica alta e non so se qualcuno in questa posizione si metta a fare i colloqui, ma Jason vuole esaminare personalmente i candidati dato che alla fine la segretaria sarà la sua).
  • Non conosco il francese e mi sono servita di Google Translate, se notate errori non esitate a segnalarli.
  • Il domani non muore mai è un film di 007 uscito nel '97; Jason ovviamente in tutta la sua vita ha visto dei film, però non molti e ho pensato che gli potessero piacere le spy story.
  • Anche qui ci sono diversi riferimenti al canon verse. Uh, mi ero dimenticata, in questa storia Annabeth, Piper e Reyna sono amiche da subito perché sì, non sono bellissime?
  • Per maggior chiarezza: Annabeth e Percy hanno trent'anni, Jason, Piper, Leo e Will ventinove mentre Nico ventotto.





Capitolo secondo
 
(29 novembre)
Che quella domenica sia iniziata male è stato chiaro sin dalla chiamata delle sette (le sette, di domenica mattina) con cui Annabeth ha deciso di svegliarla. Ed è proseguita ancora peggio con una corsa in Washington Square Park che l'ha lasciata infreddolita e indolenzita.
Si stringe nella felpa che ha avuto la lungimiranza di portare con sé nonostante il completo da jogging che Reyna le ha regalato sia termico e ripensa al racconto appena sentito. Tra tutte le persone che Annabeth avrebbe potuto incontrare in quel bar e portarsi a casa, proprio il figlio di Poseidone.
Sorride mentre imbocca la via che la porterà alla fermata della metropolitana: quando si parla di coincidenze e scherzi del destino. Ricorda una vecchia leggenda greca, un mito secondo il quale gli esseri umani sono stati originariamente creati con quattro braccia, quattro gambe e due teste e poi divisi in due persone condannate a spendere le proprie vite nella ricerca della propria metà. Chissà, magari erano destinati ad incontrarsi e ora che lo hanno fatto le loro strade sono unite per sempre.
A proposito di strade, Piper controlla rapidamente che non ci siano taxi e altri mezzi di trasporto in transito prima di attraversare, ma sovrappensiero com'è non presta attenzione al cordolo del marciapiedi e, quando finalmente la suola delle scarpe tocca l'asfalto umido, scopre che il dislivello è maggiore di quanto pensasse. Colta di sorpresa e strappata alle sue riflessioni, perde l'equilibrio e di riflesso chiude gli occhi attendendo di cadere e sperando di non farsi troppo male – lo sapeva che al peggio non c'è mai fine!
L'impatto contro qualcosa di solido avviene l'istante dopo, tuttavia non si tratta del suolo.
«Tutto bene?» le chiede una voce maschile e Piper riapre gli occhi, scoprendo che a salvarla sono inaspettatamente intervenute due braccia muscolose che ora la stanno sostenendo. Si sottrae a quella presa salda e sicura per dare un volto allo sconosciuto che l'ha molto gentilmente presa al volo e quando arriva a fronteggiarlo sente un piacevole vuoto all'altezza dello stomaco.
L'uomo la supera di quindici centimetri buoni, forse anche di più, e ha gli occhi più belli che abbia mai visto, di un intenso blu elettrico che ora la guardando con premura per accertarsi che stia bene. Ha anche l'aria da bravo ragazzo e il fisico prestante di Steve Rogers dopo che Abraham Erskine gli ha iniettato con successo il siero.
«Sì, grazie a te» si ricorda di rispondergli e si sistema dietro l'orecchio una ciocca di capelli. È certa di essere arrossita e non vuole nemmeno pensare a come debba apparire, infagottata in una vecchia felpa che fa pugni con il colore dei pantaloni e l'aria affaticata di chi ha appena finito di correre.
L'uomo scuote il capo, sorridendole.
Se fosse più intraprendente ora lo inviterebbe a bere un caffè per ringraziarlo, ma non lo è per cui non le resta che osservare la sua schiena scomparire nella direzione opposta alla propria e sospirare.
 
(30 novembre)
Per quanto non sia interessata ad un ruolo da segretaria presso la American Airlines, Piper è intenzionata a cogliere l’occasione seguendo la dritta che Reyna le ha dato – si tratta pur sempre di una grossa compagnia e ha già superato il primo colloquio.
Si liscia un’ultima volta la gonna del tailleur scelto con l’amica e raggiunge con passo deciso l'ufficio. Deve solo convincere il suo interlocutore che lei è la persona che stanno cercando, un'abilità che con il tempo ha imparato ad affinare – sebbene non sempre i risultati siano quelli sperati, tende infatti ad essere ancora troppo impulsiva, per cui alla fine viene licenziata o si dimette. Non è il momento però per pensare agli insuccessi, quindi allontana tutto ciò che non riguarda il lavoro che potrebbe ottenere, prende un respiro profondo ed entra.
L'aria di competenza e professionalità che si è sforzata di assumente e con la quale intendeva affrontare il colloquio scompare, però, nel momento esatto in cui si accorge di chi c’è dietro la scrivania.
«Tu!» le sfugge «Cioè, lei!» si corregge, arrossendo.
Anche l'uomo sembra sorpreso di rivederla; piacevolmente sorpreso perché le sorride e, nonostante la situazione, Piper si sente più tranquilla. Abbastanza per recuperare un po’ di contegno, allungare sulla scrivania il curriculum e affrontare il colloquio.
Mezz’ora dopo è di nuovo nel corridoio e non hai idea di come abbia fatto a sopravvivere a quell’incontro inaspettato. Jason (ora sa il suo nome, Jason Grace; le dice qualcosa ma non ricorda cosa) l’ha inevitabilmente distratta e Piper sente di essersi giocata la possibilità di ottenere il lavoro, cosa che non la turba come dovrebbe.
 
(2 dicembre)
«Piper, è per te. American Airlines!» urla Leo dalla sala.
La donna si affretta ad appoggiare il laptop che tiene sulle ginocchia sul copriletto e si precipita per le scale, artigliando il telefono e portandoselo all'orecchio. Prima di rispondere, però, si prende un secondo per fare un respiro profondo e recuperare la calma.
Dall’altra parte del ricevitore Jason sembra davvero dispiaciuto nel doverle riferire che il ruolo di segretaria purtroppo non è stato assegnato a lei, ma l’unica cosa che Piper rimpiange è il non poter avere una scusa per incrociarlo tutti i giorni a lavoro.
«È inopportuno salvare il tuo numero nella mia rubrica?» chiede all’ultimo secondo l'uomo, perdendo il tono professionale. In quel preciso momento il suo cuore fa una capriola.
«Lo è decisamente, potrebbe rispondere il mio coinquilino» risponde cercando di non sembrare troppo nervosa «È meglio se ti do il mio numero di cellulare».
 
(6 dicembre)
La barra spaziatrice azzurrina lampeggia da diversi minuti sulla pagina bianca e non è preceduta da nessuna frase o anche solo una parola. Nulla, il vuoto più totale.
Piper sospira frustrata e porta la tazza alle labbra, bevendo un sorso di caffè ormai tiepido. L'idea di scrivere alcuni articoli di prova e poi scegliere i migliori da inviare ad alcune testate giornalistiche è buona – come tutte le idee che vengono ad Annabeth. Tuttavia, per quanto si stia sforzando, sono due giorni che non fa progressi. Il primo articolo è stato facile e anche inaspettato; l’idea le è venuta quasi per caso al termine di una serata film con Leo, dopo che l’amico le ha fatto notare che se ne intende di cinema e che potrebbe scrivere di quello. Già con il secondo, però, sta avendo difficoltà dato che non riesce nemmeno a decidere un argomento, il che non è esattamente una buona premessa soprattutto se si insegue il giornalismo da anni.
Ha iniziato ad accarezzare la possibilità di intraprendere quella carriera durante il secondo anno alla University of California, unendosi alla redazione del giornale del campus, ma una volta ottenuta la laurea in antropologia il tempo, le opportunità e le idee hanno iniziato a sfuggirle di mano. Per un po' è stata a Malibù da suo padre, cercando di recuperare il rapporto con quel genitore sempre più impegnato con il proprio lavoro e allo stesso tempo evitando con tutte le sue forze i paparazzi. Una volta a New York le cose sarebbero dovuto andare meglio: nessuna fotografia scattata a tradimento o fan dietro l’angolo. Solo lei, il suo nuovo appartamento e finalmente la tranquillità per scrivere. E Leo, ovviamente, che non è esattamente una garanzia di tranquillità, ma è il miglior cuoco che conosca, per non parlare del fatto che è un mago della tecnologia e che, cosa più importante, sono amici dal liceo.
Le sue aspettative su New York sono durate poco più di due giorni, cioè il tempo che sua madre ha impiegato per scoprire dove abitasse, disdire tutti i suoi appuntamenti e presentarsi alla sua porta con un sacco di consigli, progetti ed entusiasmo tutti non richiesti e tutti molto fastidiosi. Afrodite si è offerta di aprirle le porte dei più raffinati salotti della città, le ha suggerito di rifarsi completamente il guardaroba e per iniziare le ha regalato un abito bellissimo, costosissimo e assolutamente non da lei che non ha ancora indossato. Per celebrare il suo arrivo a New York l'ha poi presa in ostaggio per un intero weekend portandola in un centro estetico e una volta uscite l'ha introdotta al mondo dell'alta moda come nulla fosse («Vedi quella donna? È la direttrice di Vogue»). Conoscendo la sua genitrice e consapevole che il suo interesse nel fare la madre dura sempre molto poco, Piper l'ha assecondata non senza rimostranze per un po' confidando nel fatto che Afrodite si sarebbe presto stancata e sarebbe tornata alla sua vita. L'entusiasmo però è durato più del previsto e una volta esaurito, Piper si è accorta di aver sprecato dodici mesi, di non aver scritto nulla e, soprattutto, di non aver ancora un lavoro.
A distanza di tre anni, la situazione non è cambiata poi molto e non sembra intenzionata a farlo nemmeno nel prossimo futuro.
Controlla la data sullo schermo del laptop e sospira un'altra volta: già il sei dicembre. Sente il Natale nell'aria, lo sente avvicinarsi e non riesce a capire quali siano le sue intenzioni: sarà un Natale sereno o uno di quelli ostili? Entro la fine del mese sarà stata in grado di riprendere il controllo della propria vita?
Giunte a quel punto, le sue riflessioni cambiano rapidamente direzione: dall'assenza di successi lavorativi a Jason Grace che non si è ancora fatto sentire e che contribuisce a non farla concentrare sull’articolo. Sono passati diversi giorni dalla sua telefonata e Piper si aspettava di essere contattata all'inizio del fine settimana, invece sul display del suo telefono non è apparso nessun numero sconosciuto.
Forse, pensa, Jason non è poi così interessato a lei come le era sembrato, oppure ha incontrato un'altra donna e si è dimenticato di lei. Forse ha scoperto che lei e Reyna sono amiche e non vuole uscire con l'amica di una sua ex.
Ogni ipotesi la abbatte sempre di più, rabbuiandola.
Il documento word, nel frattempo, resta bianco.
 
(7 dicembre)
Piper arranca fino alla porta cercando di non far cadere nessuna delle buste della spesa che ha con sé e, non appena la chiave scatta nella serratura, tira un sospiro di sollievo: finalmente a casa.
«Mentre salivo ho incontrato Eco, vorrebbe che tu –»
Le parole le muoiono in gola non appena realizza che sul divano è seduto Jason Grace, impeccabile nel suo completo da lavoro sicuramente firmato da qualche stilista famoso di cui sua madre conosce il nome e il numero di telefono.
Guarda con occhi sgranati prima lui e poi il suo coinquilino, intento a servirgli del tè bollente come se nulla fosse.
«Cosa… Perché… Leo!»
«Ciao Piper, cosa dicevi di Eco?» le chiede con aria serafica e poi aggiunge «Vuoi una tazza?»
«No, non voglio una tazza, voglio delle spiegazioni!»
Non appena conclude la frase realizza di averla pronunciata ad alta voce. Arrossisce e poiché indossa ancora il parka inizia ad avere molto caldo, senza contare che in testa ha il cappello di lana rosa con le orecchie da gatto – sua madre glielo aveva detto che quel berretto era una scelta azzardata.
«Forse è il caso che vada» suggerisce Jason, guardando distrattamente il suo orologio per dissimulare l’espressione divertita; da chi o da cosa, Piper non saprebbe dirlo – probabilmente da lei.
«Sono certa che il tempo di Jason è prezioso e che ha altre cose più importanti da fare» continua la donna, rivolgendosi al suo coinquilino e fulminandolo con lo sguardo. Leo si limita a lanciarle un'occhiata che sembra dire mi ringrazierai più tardi.
«Ti accompagno alla porta» mormora poi all'uomo con aria imbarazzata e gli fa strada dapprima fino all'ingresso, poi anche sul pianerottolo e infine scende con lui. L’ascensore è stretto e procede lentamente e lei non ha il coraggio di guardarlo in faccia, per cui si fissa le punte degli scarponi.
«Sono mortificata» gli dice «Non oso nemmeno immaginare cosa ti abbia detto Leo –»
«È simpatico, il tuo amico» la interrompe «E ci tiene a te».
Piper fa una smorfia.
«Ti prego non lo uccidere solo perché mi ha invitato a prendere un tè».
«Era un interrogatorio, lo sai vero?»
«Lo avevo sospettato» ammette lui mentre l'ascensore raggiunge il piano terra «Ma i biscotti sembravano buoni e non ho nemmeno avuto il tempo di assaggiarli».
Le porte si aprono e non c'è più nulla a trattenerlo.
«Stai cercando di dirmi che vorresti tornare di sopra?»
«Magari un altro giorno. Devo veramente tornare al lavoro» risponde Jason uscendo dall'ascensore.
«Certo» replica Piper sforzandosi di non mostrarsi delusa. Tornare nel suo appartamento è fuori discussione, ma sperava che l’uomo prolungasse in qualche modo il loro incontro, invece è già all'ingresso del palazzo.
Ha la mano sulla maniglia della porta quando si gira.
«Stavo pensando... Domani mattina sei libera per un caffè?»
«Liberissima» replica subito con eccessivo entusiasmo, rendendosene poi conto e arrossendo, maledicendo la sua goffaggine «Voglio dire, devo controllare la mia agenda fitta di impegni, ma sono certa di poter ritagliare del tempo libero».
Jason se ne va ridendo.
 
(8 e 9 dicembre)
L'aria fredda le pizzica le guance, arrossandole; durante la notte la temperatura è scesa ancora e alla radio i meteorologi hanno decretato l'arrivo di Chione, annunciando che nel giro di qualche giorno la città sarà sepolta dalla neve. Piper però non si cura delle previsioni e sorride raggiante al pensiero dell'appuntamento a cui si sta recando.
Lexington Avenue si allunga per diversi metri davanti a lei, ricca di addobbi natalizi, e mentre procede cercando di non essere travolta dai passanti, riconosce nelle spalle di un distinto uomo d'affari quelle di Jason. Accelera per raggiungerlo, riflettendo che è davvero molto elegante con il suo cappotto di alta sartoria e le scarpe italiane, e quando infine lo affianca considera che all'occhio esterno devono sembrare una strana accoppiata, tuttavia non se ne preoccupa.
«Dove sta correndo così di fretta?» gli chiede, infilando le mani nelle tasche del parka per proteggerle dal freddo.
«Ho un appuntamento con una donna molto impegnata» risponde Jason con aria divertita «E lei?»
«Sto andando a prendere un caffè con l'uomo che non mi ha assunta».
«Deve essere veramente sgradevole».
«In realtà no» replica «Sempre lo stesso uomo una settimana fa mi ha salvata da una brutta caduta».
«Gli sta quindi dando una seconda possibilità?» le chiede aprendole la porta.
«Credo che sia una brava persona» ribatte, togliendosi la sciarpa «Ma mi parli della sua donna molto impegnata. Che tipo è?»
Pochi minuti dopo hanno solo due tazze e un tavolino a separarli e trascorrono l'ora successiva a conoscersi, scivolando sempre di più in una bolla di intimità che fa dimenticare ad entrambi il mondo che li circonda, tanto sono interessati l'uno all'altra.
Piper scopre che Jason ha frequentato Harvard e che ora è il direttore operativo della American Airlines; non è pratica del lessico aziendale, ma è piuttosto sicura che direttore operativo sia una carica importante, una di quelle da piani alti, una di quelle che ti consente di avere molte persone sotto di te che tra le tante cose si occupano anche dei colloqui e delle assunzioni – lui invece l’ha chiamata. L'uomo comunque non cerca di impressionarla, né si vanta e con molta discrezione evita di parlare dei propri genitori, in particolare del padre. Rispetta la sua scelta e non fa domande, comprende bene cosa significhi avere dei parenti ingombranti per cui approva la decisione di tenerli fuori dalla loro conversazione.
Gli parla allora della sua laurea in antropologia e del suo sogno di diventare giornalista. Poi gli chiede della cicatrice che ha sul labbro superiore; durante i loro precedenti incontri non ci aveva mai fatto caso, ma ora sono vicinissimi e non ha potuto fare a meno di notarla e di trovarla interessante. Non è sicura di poterla davvero definire in questo modo, ma non ne trova altri e non ha dubbi sul fatto che quella piccola imperfezione sia un valore aggiunto; ovviamente tiene per sé questi pensieri.
«Questa?» chiede lui con aria sorpresa, evidentemente deve essere la prima persona a provare interesse per quella cicatrice «Me la sono fatta quando ero piccolo, ma non ho ricordi a riguardo. Probabilmente sono caduto o qualcosa del genere».
«Eri un bambino vivace?»
«Non proprio. Non ricordo di essere mai stato messo in punizione o sgridato per qualcosa di grave».
«Mi stai dicendo che eri già serio e responsabile allora?» gli domanda con tono scettico, tuttavia riesce benissimo ad immaginarlo composto ed educato anche a cinque anni.
«Ti ho detto che in realtà la mia vita è piuttosto noiosa» si giustifica e poi le chiede com'era da piccola. Piper ride, gli risponde che al contrario lei era una vera peste e poi parla della sua infanzia in California, nella assolata Los Angeles. Gli racconta che in estate, per un paio d'anni, è stata solita andare a Malibù con suo padre e surfare; o meglio, tentare di surfare.
«Tuo padre era pessimo maestro o tu una pessima allieva?» le chiede, sinceramente interessato.
«Io una pessima allieva» replica senza esitazioni «Passavo più tempo con la testa sott'acqua che sulla tavola, finivo sempre con il bere così tanta acqua che credevo avrei prosciugato il Pacifico».
L'incantesimo (Piper non saprebbe in quale altro modo definirlo) si spezza quando il telefono di Jason squilla e l'uomo risponde: il mondo esterno si intromette allontanandoli inevitabilmente, lui infatti deve tornare in ufficio e a lei non resta che rientrare a casa. Leo è da qualche parte per lavoro, a causa del freddo molte tubature si sono ghiacciate e sebbene lui non sia un idraulico qualche anno fa ha scoperto di sapersela cavare anche con le tubature e le caldaie, per cui intende approfittare del silenzio che ci sarà nell'appartamento per lavorare agli articoli.
«Domani pomeriggio ti andrebbe un tè da me?» gli domanda mentre escono e percorrono un pezzo di strada insieme «Leo prepara i biscotti».
«Alle cinque e mezza?»
«Alle cinque e mezza» conferma lei, prima di salutarlo e dirigersi verso la fermata della metropolitana che un sorriso soddisfatto che le illumina il volto.
L'indomani il dirigente operativo dell'American Airlines si presenta puntuale nel loro appartamento a Chelsea e non è la prima persona importante che conosce (sua madre è la figlia di un senatore degli Stati Uniti) tuttavia non riesce a non sentirsi un po' agitata; improvvisamente desidera essere più posata e avere almeno la metà dello charme di Afrodite. Leo, che ha sfornato i biscotti un'ora prima, lo saluta come fossero amici di vecchia data e torna in cucina per preparare anche il tè.
«Come vi siete conosciuti?» chiede l’uomo mentre lo aspettano.
«Siamo stati dei ragazzi difficili» inizia Piper un po' a disagio. Non si vergogna del suo passato, ma se stai cercando di far colpo sull'uomo perfetto raccontare della tua problematica adolescenza non è esattamente una buona idea. Sua madre saprebbe come glissare e concentrare l'attenzione dell'interlocutore su un altro argomento senza che questi se ne renda conto, ma lei non è sua madre e Jason sta aspettando con aria interessata il seguito. Per fortuna Leo li raggiunge in quel momento con il vassoio e continua al posto suo.
«Talmente difficili da meritarci la Wilderness School nel nulla del Nevada e fidati, non vuoi sapere come sia il Nevada. Piper ovviamente non ha resistito al mio fascino e si è subito fatta mettere in punizione per poter stare in mia compagnia».
Fatta eccezione per alcune brevi pause in cui ha bevuto il tè, per tutta l'ora successiva Leo non fa altro che parlare con entusiasmo della loro gioventù bruciata, abbondando di dettagli divertenti e ricordando aneddoti che lei aveva dimenticato, come la volta in cui l’amico aveva modificato l'altoparlante del Coach. Gli racconta di Hedge e di Festus, la macchina che hanno iniziato a riparare ancora tredici anni fa, delle serate trascorse a giocare a Dungeons & Dragons, degli scherzi progettati insieme e che sono quasi sempre finiti con una punizione.
Piper deve ammettere che, attraverso il filtro ironico del suo coinquilino, le loro malefatte non sembrano poi così gravi; certo, ha rubato («Preso in prestito, intendevo restituirla») una macchina, ma Jason non sembra turbato e a distanza di anni se ripensa all'accaduto non può fare a meno di ridere.
Leo non si ferma e riesuma anche ricordi imbarazzanti come Dylan o, peggio, Il Poster e Piper nasconde il volto tra le mani, mentre l’uomo continua ad essere sinceramente interessato alla loro storia.
«Non sai cos'è Il Poster?» domanda Leo allibito «Una quindicina o un po' meno di anni fa era ovunque, non potevi nemmeno andare in bagno che era pure lì. Dai, nulla? King of Sparta? Veramente?»
«È un film?» chiede cautamente l’altro e poi si giustifica «Non ho mai avuto molto tempo per andare al cinema».
Leo lo fissa sbalordito per un altro secondo, poi scoppia a ridere tenendosi la pancia come se avesse appena sentito la cosa più esilarante della sua vita.
«Sei... Non ci posso credere, sei quasi sicuramente l'unica persona che non conosce Tristan McLean» commenta asciugandosi gli occhi che hanno iniziato a lacrimare. L'attenzione di Jason si sposta allora sulla donna. Piper avrebbe preferito non parlare di queste cose, ma suppone sia inevitabile e che il momento arrivi sempre alla fine.
«Mio padre è un attore» spiega. Lo dice rapidamente, via il dente via il dolore. Ma poi aggiunge «Lavora a Hollywood da quando avevo dodici, tredici anni ed è beh, è più famoso di quanto mi piaccia ammettere».
Dal suo sguardo, Piper intuisce che l'uomo ha ancora domande per loro e che i racconti di Leo non lo hanno spaventato ma hanno al contrario aumentato il desiderio di conoscerli meglio. Tuttavia il cellulare squilla ricordandogli che ha anche delle responsabilità, poco importa se è fuori dal suo ufficio.
Mentre Leo strategicamente si assenta, Piper lo accompagna la porta.
«Venerdì sera un mio amico mi ha invitato all'apertura di una nuova galleria d'arte» inizia l'uomo abbottonandosi il pesante cappotto.
«È un artista?»
«No, lui patrocina l'evento» replica «Ti andrebbe di venire con me?»
«Molto volentieri» accetta lei con un sorriso, porgendogli la sciarpa.
 
(11 dicembre)
Nella penombra della sua stanza, l'abito bianco che sua madre le aveva regalato e che per l'occasione ha riesumato sembra brillare di una luce perlacea. È lì, davanti a lei, bellissimo e pronto ad essere usato eppure allo stesso tempo lontanissimo. Non riuscirà mai ad indossarlo.
Si agita, suda e, consapevole che è la febbre ad annebbiarle la mente, si agita ancora di più: tra tutti i fine settimana in cui poteva ammalarsi, proprio quello.
Per la frustrazione le viene da piangere, ma non ha la forza per farlo e, maledicendo i suoi anticorpi che in un giorno e mezzo non hanno fatto i loro dovere, scivola lentamente nel sonno.
Quando si risveglia non ha idea di che ore siano, nella sua stanza è ancora buio perché le finestre non sono state aperte, per cui cerca la sveglia. Il display segna le nove di sera di venerdì undici dicembre. Temperatura all'esterno: zero gradi.
Sospira, ripensando alla preziosa occasione perduta, e poco dopo Leo arriva con vassoio da letto su cui ha posato il termometro, un'aspirina e un piatto di brodo.
«Jason è passato qualche ora fa» le dice mentre si sta misurando la febbre e la donna sgrana gli occhi, sperando che l’uomo non l’abbia viste in quelle condizioni «Era preoccupato per te, voleva sapere come stavi».
 
(15 dicembre)
Martedì mattina Piper sta bene. La febbre è scesa da un giorno ormai, si sente in forze, oserebbe perfino dire rinata: esce dal letto felice di essere nuovamente in gioco e pronta ad iniziare la giornata – nonostante siano già le dieci e mezza e la giornata sia iniziata alcune ore prima senza di lei.
Mentre si prepara la colazione canticchia a mezza voce Summertime e seguendo l'impulso del momento decide di chiamare suo padre che ormai non sente da quasi tre mesi. Ovviamente non risponde, ma non si dà per vinta e contatta Mellie, la moglie del suo Coach alla Wilderness School e da alcuni anni assistente personale di Tristan McLean. La donna risponde al terzo squillo con voce gentile e tono professionale.
«Mellie, sono io, Piper» le dice, versandosi un bicchiere di succo d'arancia e accorgendosi di un foglio appeso al frigorifero. Lo legge rapidamente, sorride, poi si dedica interamente alla telefona.
Scopre che suo padre si trova in Nuova Zelanda, sta finendo le riprese del suo ultimo film, e che tornerà venerdì. Mellie non ha potuto accompagnarlo, perché beh, perché è in maternità.
«Tuo padre mi ha proibito di seguirlo, ha detto che non devo in alcun modo stancarmi e risparmiare le energie per quando il bambino sarà nato. Pensa che mi ha fornito una lista di ostetriche e tate e prima di partire ha dato disposizione alla sua donna delle pulizie di passare a controllarmi».
Piper fa un rapido conto e realizza che sono già passati nove mesi da quando il Coach le ha dato la lieta notizia; non riesce quasi a credere che sia passato così tanto tempo e si rimprovera di non aver chiamato più spesso.
«Ha fatto benissimo. Lascia perdere mio padre, può badare a se stesso per i prossimi mesi, e concentrati sul bambino. È maschio quindi? Sta per nascere giusto?»
«Sì e lo chiameremo Chuck. Ormai si tratta di giorni, ci siamo quasi» replica ridendo la donna e Piper si fa promettere che quando sarà nato il Coach la chiamerà, inoltre decide al momento che a gennaio andrà a trovarli. Un po' le manca la California, la vita rilassata di Los Angeles e le onde di Malibù. Dall'altro lato degli Stati Uniti persino le luci di Hollywood sembrano meno invadenti.
Mellie le chiede di New York e di Leo, si informa persino di sua madre e si preoccupa per la tempesta di neve Chione («Anche le TV locali ne parlano, sembra che in Canada abbia messo in serie difficoltà persino Montreal e che la potenza non sia diminuita. Mi raccomando, stai attenta. Ci sono stati dei morti a Toronto»).
Piper la tranquillizza e la aggiorna sulla sua vita: non ha ancora un lavoro, ma non si è arresa; Leo è felice lontano dalla Silicon Valley e continua fare scherzi stupidi ma terribilmente divertenti; la sua amica Annabeth si è da poco trasferita da San Francisco per lavorare alla Gensler, uno studio di architetti che ha gli uffici nel Rockfeller Center; lei ha conosciuto un uomo.
«Grace come Zeus Grace?» domanda Mellie.
«Sì. Non ha mai fatto il suo nome, ma è ovvio che sia lui. Reyna, una nostra amica in comune, ha confermato».
«Suo padre è famoso per essere un vero Casanova, oltre che per il patrimonio» commenta la donna con tono di disapprovazione.
«Non ti preoccupare, Jason non è così. Come lo so? È vero, ci conosciamo da poco, ma fidati. Non è quel genere di uomo. Anzi, è molto cortese e serio, non si dà arie e lavora sempre molto» replica Piper.
Quando mezz'ora dopo ripone il telefono, sono già le dodici e mezza. Rilegge il foglio che le ha lasciato Leo: l'amico è uscito presto per fare alcuni lavoretti, la avverte che pranza fuori e che nel pomeriggio sarà al garage con Jason dato che l'uomo ha espresso il desiderio di vedere Festus.
In piedi davanti una delle finestre della sala, Piper osserva il cielo coperto di nuvole e poi i tetti di alcuni palazzi. La pioggia con cui si è svegliata si è trasformata in pioggia mista a neve mentre era al telefono e ora ha lasciato il posto ad una vera e propria nevicata. Uscire in quel momento è fuori discussione, per cui la donna decide di prepararsi il pranzo.
Aspetterà che la neve smetta di cadere lavorando agli articoli e iniziando ad inviarli e poi raggiungerà Leo e Jason in Canal Street: le sembra un ottimo piano.
 
Nonostante il pesante maglione di lana indossato sotto il parka, la sciarpa, i guanti e il cappello Piper ha freddo, non lascia però che questo o il cielo ancora coperto di minacciose nuvole le rovinino il buon umore. Ha infatti la sensazione che quella sia una buona giornata, anzi ne è proprio sicura.
Forse è questa confidenza improvvisa a tradirla, sì, deve essere decisamente così: il momento prima, infatti, sta camminando sul marciapiedi reso scivoloso dalla neve e dal ghiaccio con attenzione ma pur sempre a passo spedito e con la mentre altrove, quello dopo è a terra. Perde l'equilibrio senza alcun preavviso e cade senza quasi accorgersene.
Dopo i primi secondi di disorientamento riesce ad allungare una mano nella tasca del parka e a prendere il telefono, mentre dall’altra sfila il guanto aiutandosi con i denti.
«Jason?» chiede portando il telefono all’orecchio. Dall’altra parte della linea e a pochi metri da lei il ragazzo risponde e domanda a Leo di spegnere la saldatrice.
«Jason…» ritenta con una smorfia di dolore.
«Ti sento strana, stai bene?»
«No» replica con sospiro «Sono caduta. Sono davanti il garage…»
Mentre parla vede la saracinesca alzarsi e il secondo dopo Jason è al suo fianco.
«Prenderai freddo» gli dice, notando che si è precipitato da lei senza prendere la giacca e lì fuori ci sono, ad essere ottimisti, zero gradi. L’uomo non la ascolta, rivolgendole una serie di domande («Hai sbattuto la testa? Hai nausea? Dove ti fa male? Riesci a muoverti?») senza perdere il sangue freddo, e Piper sospetta che abbia seguito un corso di pronto soccorso o qualcosa del genere.
«Devo chiamare l'ambulanza?» domanda Leo con il telefono già in mano.
«No» replica Piper alzandosi «Sto bene, credo».
«La caviglia non è rotta» conferma Jason, aiutandola ad alzarsi «E non hai nausea o giramenti di testa. Hai solo preso una storta».
«Niente ambulanza» conclude l’amico con aria sollevata.
«Le serve solo un po' di riposo» continua Jason «Casa mia è vicina. Dico al mio autista di venire a recuperarci».
«Non serve» protesta debolmente Piper, che apprezza l'invito, ma non vuole approfittare della disponibilità dell'uomo e recargli disturbo.
«È meglio mettere un po' di ghiaccio, fidati» le dice e lei si fida.
Mezz'ora dopo sono tutti e tre al 130 di Fulton Street nel Financial District, all’ultimo piano di un imponente grattacielo. Entrando Leo si lascia sfuggire un fischio di apprezzamento e Piper non può fare a meno di notare che l'arredamento dell'attico, minimale e sicuramente costoso, è l'arredamento tipico di chi vive da solo, proprio come le aveva accennato Reyna. Se da un lato è lieta di accertare che non ci sono presenze femminili nella sua vita, dall'altra l'immagine di Jason che rientra da lavoro in una casa così grande e vuota la intristisce.
Apprezza la serietà dell'uomo, il fatto che prenda sul serio le sue responsabilità e il lavoro, lo stile di vita semplice nonostante la situazione economica e il cognome importante. Sembra aver ereditato solo i tratti migliori del padre di cui persino lei che non si cura dei pettegolezzi ha sentito parlare, il fiuto per gli affari, l'indiscusso carisma e sì, anche il bell'aspetto. Sono tutte qualità che gli rendono onore e per il quale lo ammira e che la attraggono. Allo stesso tempo, però, non può fare a meno di pensare che sia troppo rigido, troppo ligio alle regole, troppo dedito al lavoro. È evidente che Jason esegua con piacere i suoi compiti di direttore operativo e che non gli crei problemi lavorare fino a tardi, ma è altrettanto evidente che non sia in grado di mettere da parte le proprie responsabilità nemmeno per un istante e questo non è necessariamente un bene. Da quello che le ha raccontato, Jason non ha fatto altro, per tutta la sua vita, che soddisfare le aspettative altrui. Per cui le viene spontaneo chiedersi se abbia mai fatto qualcosa di sua spontanea volontà, non per accontentare gli altri ma solo per piacere personale, e la risposta che mestamente si dà è no. Mantenersi all'altezza delle aspettative delle persone è impegnativo, richiede costanza e sacrificio, non lascia tempo per nient'altro.
Mentre Jason la invita a sedersi sul divano bianco, si chiede quanto ci sia di lui nell'arredamento dell'attico; quello stile minimal rispecchia i suoi gusti oppure era già presente al momento dell'acquisto e non ha avuto il tempo di cambiarlo o ha lasciato che qualcun altro si occupasse del mobilio?
Leo ammira l'impianto stereo di ultima generazione presente nella sala, ma Piper non vede alcun cd. La sensazione che Jason non si stia godendo la propria vita e si stia consapevolmente o inconsapevolmente privando di ogni piacere si fa più forte e le impedisce di godere come vorrebbe delle attenzioni che l'uomo in quel momento le sta rivolgendo.
 
«Lascia, ti aiuto» gli dice, alzandosi e prendendo in mano il proprio piatto mentre Leo si assenta in bagno. Jason all'inizio insiste perché non si preoccupi, ma alla fine la lascia fare tornando a sedersi e osservandola.
Piper avverte il suo sguardo posato su di sé, ora sulla nuca, ora sui fianchi, ora sulla schiena. Non ama essere al centro dell'attenzione delle grandi folle, talvolta neanche delle piccole, spesso si è trovata a disagio anche con una singola persona; alla Wilderness School c'era Dylan che la importunava in continuazione, a Malibù non aveva fatto altro che scappare dai fotografi e dai ragazzi che ci provavano con lei, persino una volta arrivata a New York ha dovuto destreggiarsi tra i corteggiatori insistenti come Lit che per settimane non ha fatto altro che regalarle collane d'oro provenienti dalla gioielleria di famiglia o Acheloo che è addirittura arrivato a farle la proposta di matrimonio. Con Jason però è completamente diverso, con Jason si sente al sicuro. Il suo sguardo non è lascivo o insistenze, è discreto, è come una carezza in punta di dita e le provoca un piacevole brivido lungo la schiena.
Vorrebbe che l'uomo continuasse a guardarla; è una considerazione stupida riflette mentre sciacqua i bicchieri ma è come se lui mi vedesse veramente.
L'attenzione di Jason, però, viene dirottata sul telefono che sceglie quel momento per mettersi a suonare.
«Un secondo» si scusa «È lavoro».
Piper controlla l'ora, sono le quasi le nove di sera. Le aveva detto che in quei giorni sarebbe stato reperibile, ma non immaginava che qualcuno potesse chiamarlo a quell'ora, considerando l'alta carica che riveste. O forse proprio per questo. Scuote il capo e si ripromette di trovare un lavoro: la compagnia di Jason infatti la spinge a confrontarsi con la propria situazione. Se da un lato c'è lui che dedica fin troppe energie alla American Airlines, dall'altro c'è lei che a ventinove anni non ha ancora trovato il proprio posto nel mondo. Si trovano entrambi agli estremi e, come erano soliti dire i greci, la giusta misura è nel mezzo.
L'uomo si è spostato nello spazioso salotto per ricevere la chiamata, ma l'acustica è buona e senza volerlo davvero sente la sua conversazione. È chiaro che sta avendo dei problemi di comunicazione dato che sta biascicando delle parole che con uno sforzo di immaginazione potrebbero sembrare francesi, ma che neanche lontanamente hanno senso. Si ricorda così che Jason si sta occupando dell’apertura di una nuova rotta con il Canada e seguendo l’istinto del momento si libera dei guanti di plastica, raggiunge l’uomo e gli toglie di mano il telefono.
«Bonsoir monsieur… monsieur Borea, je suis Piper McLean et je parle au nom de monsieur Grace» si presenta con tono cordiale, ma mantenendosi professionale. Sono un paio di anni che non ha più avuto l’occasione di dialogare con qualcuno in francese, ma non è un problema; quella lingua le viene naturale e parlarla è un po' come tornare a casa.
«Ha accettato di incontrarti per discutere dell’affare questo fine settimana, al Château Frontenac» riferisce a Jason pochi minuti dopo, restituendogli il telefono e chiedendosi cosa le sia passato per la testa. Interrompere in quel modo una chiamata di lavoro del direttore operativo della American Airlines? È per caso impazzita?
L’uomo la osserva con aria stupefatta e poi, quando Piper crede che stia per rimproverarla e chiederle di andarsene, si sporge verso di lei la abbraccia, lasciandola disorientata tanto che impiega qualche secondo prima di cingere le sue spalle.
«Erano giorni che cercavo di fissare un appuntamento con Borea e tu ci sei riuscita in una manciata di minuti. È meraviglioso! È…» le dice con entusiasmo, ma perde la voce quando realizza quanto i loro volti sono vicini.
Piper riesce a vedere con chiarezza i contorni della piccola cicatrice che ha sul labbro superiore e sempre seguendo l’impulso del momento la sfiora con l’indice. Jason non si muove e la guarda dritta negli occhi.
Potrebbe baciarlo oppure lui potrebbe baciare lei, insomma, potrebbero baciarsi.
«Cosa… Interrompo qualcosa?» chiede Leo tornando in quel preciso momento.
Immediatamente si allontanano l’uno dall’altra e contemporaneamente rispondono «No».
 
Quella notte Piper non riesce ad addormentarsi. Continua a girarsi nel proprio letto alla ricerca di una posizione comoda, ma non la trova e il sonno si allontana sempre di più, mentre i ricordi diventano sempre più insistenti.
Con la mente torna indietro di qualche ora, a quando Jason si è precipitato al suo fianco e poi a quando l'ha abbracciata nel suo attico. Ripensa alla sensazione di sicurezza che l’uomo le trasmette, a come abbia mantenuto il sangue freddo nonostante la preoccupazione, al trasporto con cui l’ha stretta a sé e più riflette sul lineamenti regolari del volto dell’uomo o al suo corpo solido più avverte caldo.
Se non fosse stato per Leo (che ora riposa beatamente nella sua stanza) avrebbe baciato Jason e ora non si troverebbe nel proprio letto cercando, senza successo, di addormentarsi.
Sospira e si libera del piumone, girandosi nuovamente di fianco e controllando l’ora grazie alla sveglia che ha sul comodino: le tre del mattino. Sbuffa, quella notte sembra destinata a non trascorrere mai, lasciandola in balia dei propri pensieri e dei propri sentimenti e conducendola ad una importante realizzazione. Quella che prova nei confronti dell’uomo, ormai, non è più semplice attrazione fisica ed è diventa qualcosa di più già da un po': è stima e ammirazione insieme al desiderio di poter stare al suo fianco, di abbracciarlo, di baciarlo, di svegliarsi al mattino e trovarlo dall’altra parte del materasso.
Ripensa a quei pochi, preziosi minuti di intimità condivisi nella sua cucina e desidera viverne altri, moltissimi altri. Si sta innamorando di Jason Grace, non ne ha dubbi e soprattutto non ne ha paura: è una cosa bellissima.
Sorride e finalmente scivola nel sonno.
 
(20 dicembre)
La mattina del venti dicembre Piper è sul punto di impazzire dalla preoccupazione. Sono tre giorni, infatti, che non ha più notizie del suo migliore amico e di norma non sarebbe così agitata, in fondo Leo è un adulto e in ventinove anni di vita ha già affrontato situazioni difficili uscendone illeso grazie alla sua mente brillante, se non fosse che giovedì, il giorno in cui ha lasciato l'appartamento per recarsi al lavoro (una consulenza informatica da qualche parte nel Queens), una bufera di neve si è abbattuta su New York. Al mattino il tempo non era poi così male, considerando che è ormai quasi un mese che la città è stretta in una morsa di gelo; i primi fiocchi di neve hanno iniziato a cadere sulle dieci (e anche qui, nulla di strano) ma nell'arco di due ore muoversi per strada è diventato difficile. A quel punto la situazione è precipitata e la tanto discussa perturbazione Chione ha dimostrato di essere in grado di mettere in ginocchio anche Manhattan. Piper ha atteso la fine della bufera chiusa al sicuro nel suo appartamento con il pensiero fisso di Leo lì fuori da qualche parte, ascoltando il vento che per ore ha soffiato così forte da forzare le finestre, facendole scricchiolare come se fossero sul punto di rompersi, mentre la corrente non ha fatto altro andare e venire per tutto il pomeriggio, tornando definitivamente solo nella tarda serata.
La sua preoccupazione non ha avuto modo di placarsi nemmeno il giorno seguente, poiché appena sveglia non ha trovato alcun messaggio o chiamata da parte dell'amico, così verso l'ora di pranzo ha fatto ciò che di solito non fa mai perché rispetta la privacy altrui. Ha cercato nella stanza di Leo, storcendo il naso per il disordine, un biglietto da visita, un post it, qualcosa con l'indirizzo del suo ultimo incarico ovviamente senza successo. Ha provato anche a controllare il garage, ma una volta arrivata ha scoperto che l'ingresso era bloccato da alcuni metri di neve, quindi ha preso un taxi per raggiungere Annabeth scoprendo però che l'amica era al lavoro. Alla fine è tornata a casa senza aver combinato nulla e con l'avvertimento di Mellie nelle orecchie. Per l'ultima volta ha chiamato Leo e poi ha composto il numero della polizia denunciando la scomparsa dell'amico.
Sabato lo ha trascorso riordinando l'appartamento per non lasciarsi divorare dalla preoccupazione, cosa che però non è servita molto, dato che oltre alla preoccupazione si sono aggiunti i sensi di colpa per aver chiamato i soccorsi solamente il giorno successivo la scomparsa di Leo e non immediatamente. E con le temperature all'esterno il tempismo è tutto – si sono perfino formate le stalattiti.
Domenica mattina, quindi, dopo non aver avuto notizie di Leo per ben tre giorni, Piper giunge a limite e non potendo restare in casa con le mani mano decide di andare da Jason. Nonostante la bufera non sia durata più di dodici ore e negli ultimi due giorni la protezione civile abbia ripristinato la corrente in ogni angolo della città, il telefono fisso dell’uomo suona a vuoto e il cellulare risulta irraggiungibile, quindi non sa se sia già tornato dal suo viaggio di lavoro, ma il rientro era previsto per sabato sera.
Indossati gli scarponi e la giacca da snowboard, Piper chiama un taxi e si fa portare nel Financial District. Il viaggio le porta via quasi un'ora a causa dei rallentamenti, sembra infatti che si siano verificati alcuni incidenti a causa dell'asfalto ghiacciato e in alcuni punti la vettura procede quasi a passo d'uomo. È all'altezza del Washington Square Park quando è tentata di scendere e continuare a piedi, ma fuori fa freddo e la neve ha ripreso a cadere. Non il tempo ideale per una passeggiata, per cui resta seduta al caldo e arriva in Fulton Street che sono le undici.
Per entrare approfitta di uno dei residenti che sta rincasando proprio in quel momento e per un istante pensa di servirsi delle scale. Al telegiornale hanno riportato innumerevoli casi di persone rimaste bloccate in ascensore anche nei giorni successivi alla bufera e sebbene non non ne siano previste altre, Piper ha imparato a non fidarsi di Chione e delle sue subdole tormente di neve. Non vorrebbe ritrovarsi bloccata in ascensore, tanto più che nessuno dei suoi amici sa che si trova lì. Tuttavia i piani sono molti, troppi e a percorrerli tutti a piedi ci vorrebbero come minimo ore. Sospira e chiama l'ascensore che in pochi minuti le permette di raggiungere l'ultimo piano. Una volta sul pianerottolo, però, si accorge, non senza stupore, che da dietro la porta dell'attico provengono le note di una canzone hard rock. Quindi alla fine i cd li ha, pensa, sebbene non avrebbe mai detto che quello fosse il suo genere. Suona più volte anche se dubita che Jason se ne sia accorto, per cui si attacca al campanello e poi inizia a bussare fino a quando la serratura non scatta.
Ad aprirle però non è l'uomo e per alcuni istanti rimane pietrificata sulla soglia.
Davanti a lei, infatti, c'è una donna. Ha i capelli corti, spettinati e neri e indossa solo una maglietta di almeno una taglia più grande. Non ha idea di chi sia, ma gli occhi (di un intenso blu elettrico) le sono familiari.
«Non sei Jason» le dice la sconosciuta, dirigendosi verso lo stereo e spegnendolo.
«No» conferma e non sa cosa pensare. È andata da Jason e ci ha trovato una donna. Una donna in mutande che si aggira con confidenza nel suo attico. Nonostante lo abbia incontrato solo poche settimane prima, lo conosce abbastanza da fidarsi di lui e da sapere che non è quel genere di uomo che frequenta due donne contemporaneamente – giusto?
«Sono Piper» si presenta cercando di apparire sicura di sé.
«Piper?» ripete l’altra donna, lo sguardo che si illumina all’improvviso come se avesse appena compreso qualcosa «Io sono Talia» fa una pausa e poi aggiunge «La sorella di Jason».
 
L’espressione di stupore e confusione nello sguardo di Jason quando apre la porta e trova la donna che sta frequentando e sua sorella nel proprio salotto è impagabile. Per qualche istante rimane fermo sulla soglia con il trolley in mano e la neve che si scioglie ai suoi piedi, poi si riscuote e ricordandosi le buone maniere le saluta. Quindi si scusa, sparisce per una manciata di minuti e quando torna in sala ha sostituito gli abiti da viaggio con una semplice tuta grigia che, nota Piper, gli sta comunque bene. Sebbene dubiti che esista un capo di abbigliamento possa stargli male. Per essere un direttore operativo Jason ha un fisico atletico e si tiene in forma.
«Com’è andato il viaggio?» si informa.
«Ci sono state delle turbolenze e al ritorno ho dovuto attendere alcune ore per decollare, ma nel complesso è andata bene».
«Hai pilotato tu scommetto» commenta Talia e quando l’uomo annuisce Piper è lieta di apprendere la notizia solamente in quel momento. Se ne fosse stata a conoscenza, i giorni precedenti sarebbe sicuramente morta dalla preoccupazione.
«Borea ha accettato l’accordo» continua, rivolgendosi a lei «E quando sono arrivato mi è sembrato deluso, mi ha poi infatti chiesto diverse volte se ti saresti unita a noi nelle trattative. Credo che tu abbia fatto colpo su di lui».
«Cosa c’è» lo stuzzica la sorella «Sei geloso?»
Sia Jason che Piper arrossiscono, mentre la donna ghigna e si alza dal divano per lasciare loro un po' di privacy. Purtroppo però lei non si trova lì per una visita di piace.
«Hai per caso sentito Leo?»
«No, perché?»
«Non ho sue notizie da giovedì» spiega «E non ho nemmeno l’indirizzo del suo ultimo lavoro. Venerdì ho chiamato la polizia ma non mi hanno ancora fatto sapere nulla».
Nonostante Jason sia una delle persone con più sangue freddo che lei conosca, non le sfugge un'ombra di preoccupazione nello sguardo. L'uomo le chiede di riassumerle gli ultimi tre giorni, domandandole anche cosa aveva con sé Leo quando era uscito.
«Aspetta, hai detto che probabilmente ha in macchina la borsa degli attrezzi perché non se ne separa mai. Ti riferisci al borsa rossa in cui tiene anche il telefono satellitare?»
«Penso... Sì, è quella» replica lei facendo mente locale e intuendo dove voglia arrivare l'altro.
«Ok, mettiamo che Leo sia da qualche parte nel Queens e che quando la bufera è iniziata sia riuscito a trovare un riparo. Se non ha mai risposto alle chiamate forse è perché non c'era campo e magari si trova in una zona in cui i telefoni fissi non riescono a funzionare, ho sentito che è proprio nel Queens che hanno ancora problemi. Ora, se lui ha con sé il telefono satellitare possiamo contattarlo».
«Dobbiamo solo trovarne uno anche noi!» esclama Piper, intenzionata ad aggrapparsi alla nuova speranza.
«Reyna ne ha uno» commenta allora con noncuranza Talia, affacciandosi dalla camera degli ospiti in cui si era ritirata. Entrambi i presenti per un istante la guardano con aria interrogativa, chiedendosi come faccia la donna a conoscere la loro amica, poi Piper prende in mano il telefono e chiama Reyna. Una quindicina di minuti dopo scopre che Leo non è morto: è vivo e vegeto ed è rimasto bloccato ad Arverne, nel Queens. Può quindi finalmente tirare un sospiro di sollievo.
 
(24 dicembre)
Sono in North End Avenue e la neve ammucchiata ai lati della strada non accenna sciogliersi, nonostante i meteorologi assicurino che ormai la perturbazione Chione ha perso buona parte della sua forza e della sua pericolosità.
Poco distante il cinema è un tripudio di luci, cartelloni pubblicitari e gente che entra ed esce ridendo e parlando. Mentre raggiungono la fila per acquistare i loro biglietti, Piper osserva il profilo regolare dell’uomo accanto a lei e apprezza la sua aria distinta. Sorride.
«Cosa c’è?» le chiede Jason guardandola con curiosità. Se è a disagio per l’ambiente in cui si trova, completamente differente a quelli in cui è solito muoversi, non lo dà a vedere.
«Niente» replica lei «Da quanto tempo hai detto che non entri in un cinema?»
«Una decina di anni? Forse anche di più. Però ho Sky».
«Ahan. E qual è l’ultimo film che hai visto?»
«Il domani non muore mai?»
«Avanti, vieni» gli dice ridendo dopo aver preso i biglietti «È il momento di scoprire il meraviglioso mondo del cinema».
Centoquarantotto minuti e due confezioni di popcorn dopo, sono nuovamente nell’atrio e si stanno scambiando opinioni sul film che hanno appena visto e di cui Piper poi dovrà scrivere una recensione per il The New Yorkers. Jason la ascolta parlare delle inquadrature senza avere la più pallida idea di cosa lei stia dicendo, ma affascinato nel vederla così appassionata.
«Non credevo fossi così esperta» dice mentre si incamminano verso il Financial District. Il programma della serata prevede infatti di cenare nell’attico dell’uomo e Piper è entusiasta all’idea di poter trascorrere in sua compagnia altre ore. Da quando è tornato dal suo viaggio in Canada, concludendo l’affare, sembra avere più tempo a disposizione e il telefono ha smesso di suonare mentre sono insieme.
«Mio padre è sempre stato un grande amante del cinema. Inoltre quando ero piccola e lui non aveva ancora conquistato Hollywood lo aiutavo a memorizzare le parti per i provini. Sono cresciuta ascoltandolo parlare delle angolazioni delle macchine da presa, mentre facevo i compiti lui faceva esercizi di dizione e al cinema restavamo in sala fino a quando i titoli di coda non finivano» gli spiega mentre percorrono Vesey Street «Non ho mai pensato di fare di queste conoscenze un lavoro, la cosa è nuova anche per me e soprattutto inaspettata. Però devo dire che non mi dispiace, inoltre è divertente».
Continuano a parlare di cinema anche mentre mangiano; lui le chiede cosa si è perso in tutti questi anni e lei inizia a citargli così tanti film che alla fine promette di scrivergli una lista.
Si è appena offerta di lavare i piatti, quando Jason le dice di dimenticarsi delle stoviglie e di prendere invece la giacca. Improvvisamente ha un’aria strana, un po’ timorosa e un po’ eccitata, come se fosse sul punto di fare una cosa che non è certo possa essere fatta. Piper è perplessa, ma lo asseconda e lo segue fuori dall’attico. Invece di chiamare l’ascensore l’uomo apre una porta di servizio di cui non si era accorta e oltre la quale ci sono due rampe di scale che, scopre, portano al tetto dell’imponente grattacielo.
Non ha idea di cosa Jason, il responsabile e sempre cauto Jason voglia fare, ma non esita a ripercorrere i suoi passi: Piper si fida totalmente dell’uomo e la cosa, ne è consapevole, dovrebbe spaventarla almeno un po’. Si conoscono ancora da poco, eppure non ha dubbi sul fatto che lo seguirebbe ovunque e invece di avere paura è felice. Era da così tanto tempo che cercava una persona come lui, in grado di trasmetterle sicurezza e fiducia anche solo con uno sguardo, che iniziava a credere che forse non la avrebbe mai trovata. Invece ventisei giorni prima ha perso l’equilibrio e Jason l’ha presa al volo senza nemmeno conoscerla.
«Non è l'Empire State Building, lo so» le dice in quel momento, ricordandosi di quel «Mi piace la vista di New York dai tetti» detto qualche giorno prima per caso.
«Possiamo stare qui?» gli chiede, guardandosi attorno. Sono in alto, così in alto che a sinistra riesce a vedere Ground Zero mentre a destra scorge persino il Brooklyn Bridge. Sotto i taxi sono dei piccoli puntini gialli che anche la notte della vigilia non smettono di correre e sopra il cielo è una distesa nera rischiarata dalle luci della città che per una volta non ha confini, niente profili svettanti di grattacieli ad intrappolarlo in un quadrato. Da qualche parte un orologio segna la mezzanotte ed è ufficialmente Natale – un bel Natale, un Natale felice. Leo è da qualche parte con Calipso (non lo ha ancora sentito, ma è sicura che stia bene) e lei è su un tetto insieme all’uomo di cui è innamorata.
«Non lo so» ammette lui, avvicinandosi.
«Chi sei tu e cosa ne hai fatto di Jason Grace?» gli dice la fine, sorridendo e portando le braccia attorno il collo dell'uomo che la stringe subito a sé.
Non sono stati così vicini da quella volta nella cucina di Jason, dopo la sua caduta, e a differenza di allora adesso non c'è nessuno ad interromperli. I loro sguardi si sondando a vicenda ancora per qualche istante, mentre le loro bocche si sfiorano e Piper pensa che è tutto perfetto. Poi chiude gli occhi e annulla ogni distanza, premendo le labbra su quelle dell'uomo e dischiudendole non appena avverte la sua lingua chiedere accesso alla propria bocca.
«Stavo pensando» le dice poco dopo, senza liberarla dal suo abbraccio dal quale lei comunque non ha intenzione di sottrarsi. Ha appena scoperto che la spalla di Jason è stata fatta apposta perché ci possa appoggiare il proprio capo.
«Si?» lo incalza.
«Sei sempre dell’idea di andare a Los Angeles? Perché stavo pensando che potrei accompagnarti, sempre che tu mi voglia».
«E il lavoro?» chiede, appoggiando il mento sul suo petto e sollevando lo sguardo sul suo volto.
«Non vuoi davvero sapere da quanto non mi prendo un giorno di ferie».
Piper ride e poi lo bacia un’altra volta.




 
   
 
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