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Autore: Kaleido_illusion    20/11/2015    1 recensioni
Benvenuti a Cardia-Y 311, una città stato post apocalittica.
Tra edifici crollati, piogge acide e severe leggi, si intrecciano le vicende di due giovani di realtà completamente diversi: lei, April, una ragazza disillusa e sospettosa con un caratterino da vendere, vive nei Sobborghi lottando ogni giorno per sopravvivere; lui, Nagìl, un curioso ragazzo privileggiato del Centro, che stufo dei favoreggiamenti riservatigli decide in un attimo di ribellione di visitare quei luoghi che la cupola di vetro gli impedisce di raggiungere. Il caso vorrà che i dui si incontrino e da quel momento in poi le loro vite cambino drasticamente ...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 8

 

 

 

 

Questa mattina mi sono alzata di pessimo umore, non che non lo fossi già, sapendo cosa mi riserva la giornata: riportare il palmare al suo stupido proprietario. In verità sono stati i mocciosi dell’orfanotrofio di Rosemary ad averglielo sfilato dal marsupio e poi nascosto, sperando di rivenderlo a qualche banchetto per ottenere qualche moneta. Perciò ora che ci penso, è tutta colpa loro e per questo, mi ricorderò di dargli una bella strigliata. Comunque tutta la situazione non mi va molto a genio ma ieri, pur di non sentirgli dire tutto il giorno che devo portarlo al tizio eccetera eccetera, l’ho promesso a Kid. Questa faccenda l’ha coinvolto molto più di quanto immaginassi e non è un bene fraternizzare con il nemico.  Purtroppo il mio rapporto di amicizia con lui mi ha rimbambita al punto di raccontarli l’offerta che mi è stata proposta dal Centriano. Non so nemmeno io perché gliel’ho detto, forse l’ho fatto per lui; pensando che se avessimo sfruttato l’essere dai capelli diafani, che di certo ne sapeva più di noi sui circuiti abbandonati che il mio amico aveva rimesso a nuovo, almeno avremmo capito a cosa servissero e se potevano esserci utili. Come avevo previsto la risposta da parte sua era stata favorevole, se non entusiasta e rasente all’euforia. Credeva forse che la compagnia di quel coso invasato, che ne capiva di più il blaterare del biondino, fosse un interlocutore più interessante di me? Quel maledetto ingrato! Mi sta davvero mettendo a disagio, forzandomi a essere gentile con gente che non se lo merita ed è una cosa che non sopporto, mi irrita tremendamente, eppure pare che la cosa non gli importi oppure semplicemente non ci ha fatto caso, tonto com’è!! Anzi, gliel’ho detto in tutti i modi come stanno le cose, ma lui ha fatto le orecchie da mercante. Per questo lo sto odiando immensamente come mai prima.
Perciò non avevo previsto che mi incitasse, o forse avrei dovuto sospettarlo, che mi spingesse addirittura a incontrarlo nuovamente quel … coso. Ma come poteva anche solo pensarlo! Io incontrare un tizio raccapricciante come quello e che tra l’altro odiavo con tutta me stessa?! Di certo la questione aveva mandato a marcire il cervello di Kid, rincretinendolo fino a quel punto; aveva addirittura preso l’iniziativa, parlando con Titt e chiedendogli addirittura un giorno di riposo in mia vece. Mi aveva sentita. Avevo sfuriato dando sfogo a tutta la rabbia che avevo represso, facendo buon viso a cattivo gioco e, nonostante mi fossi lamentata anche con il mio capo per quella richiesta insensata, lui aveva acconsentito di buon grado dicendo che un giretto da quelle parti mi avrebbe fatto cambiare prospettiva, ampliando se pur di poco la mia mentalità chiusa e sospettosa. L’avevo guardato interdetto, ma come adesso ci si metteva anche lui? Perché tutti volevano spingermi a fare cose che non erano nella mia natura né nella mia disposizione d’animo? Per loro era così facile dare fiducia a degli sconosciuti che avevano incassato malmenate botte e randellate dai nostri vicini? Secondo loro se uno veniva pestato e salvato da qualcuno era degno di fiducia, ma a mio parere no. Erano solo degli stupidi arroganti ficcanaso, annoiati dalle loro vite monotone e sciatte. Non meritavano un briciolo di comprensione né aiuto, erano egoisti interessati solo al loro tornaconto personale che non sapevano aggiustare le loro faccende. Con il lavoro perciò ero a posto, anche se non per mia volontà, e mi era stato concesso un permesso speciale firmato da Tiberius, per assentarmi e assicurarmi un ingresso legale nella roccaforte del potere di Cardia. Posso solo rallegrarmi del fatto che così non aggiungerò un’altra violazione alla lista delle leggi che ho infranto in questi ultimi giorni. Eppure non immaginavo che per entrare al Centro, dove in teoria dovremmo aver diritto a presentarci liberamente, visto che la maggior parte dei servizi primari si trova lì, ci volessero tutte queste scartoffie da presentare all’ingresso principale; lo stesso da cui distribuiscono i doni nelle occasioni speciali. Cammino di malavoglia come un condannato che si avvia alla ghigliottina con l’animo però di un rinoceronte imbestialito. Ho rifiutato persino la bicicletta gentilmente offerta da Chris affinché tornassi il prima possibile a lavoro, per rimandare al più tardi il dover mettere piede nella tana delle serpi. Come unico svago per non urlare di rabbia per tutto, ho i miei stessi pensieri, che per tutta la giornata di ieri mi avevano portato a chiedermi cosa avesse di speciale questo telefonino ultrasottile. La pulce nell’orecchio mi era stata messa dalla frase del noioso insetto: “ mi troverei in grossi guai, se lo perdessi”. All’una esatta di stamattina ho scoperto l’oscuro mistero! Quest’aggeggio ha un sacco di applicazioni impressionanti: fa calcoli, scatta foto, ha una memoria quasi infinita, riproduce musica, ti indica tutte le strade possibili ed immaginabili per raggiungere il posto che desideri e tanto altro ancora! Wow, mi piacerebbe avere un oggetto simile perché mi faciliterebbe di molto le varie mansioni che adesso mi tocca fare manualmente. Ma come ho fatto a scoprire tutte queste cose? Semplicissimo c’ho smanettato un po’.  In teoria non si dovrebbe fare, perché è come mettere le mani in una borsa non tua, violando la privacy di una persona, tuttavia non ce l’ho fatta, ero troppo curiosa! Poi quando mi ricapiterà una cosa del genere tra le mani?! Ok, senza contare il lavoro.
Nascondo il palmare in una tasca interna della mia inseparabile borsa che ho preventivamente foderato con un camice ospedaliero, preso in prestito da un'altra consegna, che assorbe i raggi X nel caso controllassero i miei averi, dopo averlo ammirato ancora un pochino perché sono arrivata. Le imponenti porte d’acciaio, mi danno il loro freddo e statuario benvenuto, mettendomi sulla difensiva: non sarà facile entrare, perciò devo fare molta attenzione. Raggiungo il gabbiotto, dove è pigramente seduta una sentinella, che si affretta a sedersi come si deve non appena mi vede arrivare.
<< Signorina lei non può…>> intima attraverso l’interfono, ma non lo lascio finire perché non ho tempo da perdere e voglio sbrigarmela il prima possibile.
<< Ho il permesso per una consegna urgente!>> dico acida, lasciando cadere i documenti compilati e firmati nella cassetta metallica che ci separa. La guardia, tirandolo dalla sua parte, si affretta a sfogliare i documenti, manifestando l’intenzione di trovare una scusa qualsiasi per mandarmi via, purtroppo per lui, quelle pagine le ho controllato decine di volte e sono impeccabili. Nonostante ciò non sembra contento e, digitando qualcosa sulla tastiera che ha davanti e spegnendo l’interfono, inizia a parlare da solo dietro il vetro antiproiettile (evidenziato dal talloncino verde fluorescente con scritte a caratteri cubitali). Devo dire che non mi aspettavo certo di entrare in una gabbia di matti fissati con la sicurezza, di certo questo rafforza i miei pregiudizi. Dopo pochi minuti, l’uomo mi lancia un’occhiataccia chiedendomi il documento identificativo e di mostrargli la commissione da consegnare. Con un sorriso smagliante quanto finto, inserisco il mio braccialetto elettronico identificativo, saldamente ancorato al polso sinistro, in una finestrella sotto il vetro antiproiettile da cui parte uno scanner a luci rosse che diventano smeralde una volta ricevute le informazioni contenute nel cip ed infine il mio nome, gruppo sanguigno, domicilio e lavoro,  vengono annunciati da una voce robotica. Ma dico, le leggi sulla privacy sono andate a farsi benedire? Poi apro più inviperita che mai, la borsa per mostrare il pacchetto che in teoria dovrebbe contenere il palmare, ma per ovvi motivi non è questo l’oggetto dichiarato nelle carte. Glielo passo per i controlli, sperando che Zedd abbia incartato davvero una vecchia scheda madre per computer e non una schifezza raccolta in discarica all’ultimo minuto. Prego inoltre che Kid sia riuscito a inserirsi nel database delle richieste effettuate dai Centriani verso i Sobborghi, inserendoci la nostra. Per fortuna dalla faccia seccata del ragazzo deduco che non ci sono stati intoppi e infatti preme un pulsante verde nel riquadro alla sua destra, aprendo una porta nella parete di ferro. Ed io che mi aspettavo aprisse l’intero portone per lasciarmi passare, che maleducati. Comunque mi lascia sospettoso un visto di passaggio, restituendomi il pacco. Senza perdere un millisecondo raccolgo il tutto ficcandolo in borsa. Uffa, tanta fatica per compilare quei moduli e non me li hanno nemmeno restituiti. Pazienza, penso, saranno più utili a loro, io una volta a casa li avrei inceneriti all’istante. Una volta attraversata la porta incrocio un altro gabbiotto. No vi prego, altri controlli no, è assurdo!!!
Un'altra guardia impettita mi fa segno di avvicinarmi e rassegnata gli porgo il visto, ma non basta vuole vedere il braccialetto elettronico. Come se potessi diventare un’altra persona attraversando una stupida porta! Seccata, inserisco tutta la mano in un’altra identica finestrella con identiche luci rosse che diventano verdi ed il mio nome e tutto il resto compaiono nuovamente su un display.
Quando finalmente mi lasciano andare, il mio umore è più nero di un cielo tempestoso e ogni traccia di buona intenzione è stata spazzata via nello stesso istante in cui ho varcato il confine. Ho una voglia matta di gettare il telefono nel primo cassonetto che mi capita a tiro e tornare diritto di filato a casa, ma è indubbio che le guardie si insospettirebbero, perciò continuo per la mia strada stufa marcia della situazione. Mi inoltro nel dedalo di vie sparendo alla vista,  prima che una delle due “sentinelle” si offra gentilmente per accompagnarmi.
Davanti a me si apre Il Centro ed è davvero … spaventoso! Non so di preciso cosa mi aspettassi, sicuramente non quello che ho davanti agli occhi. Gli edifici nuovi ma senza i segni del tempo, né una crepa, né un colore ingrigito per la polvere o lo smog; i marciapiedi sono immacolati come le aiuole, di un verde stranamente brillante e lucido da sembrare finte; non una cartaccia o piccolo frammento di sporcizia, neanche la strada è segnata dal passaggio di macchine. Qui sembra che tutto si sia fermato al momento dell’inaugurazione. Ipocondrici! È questa la parola che mi saetta nella mente, fulminata dal panorama. Ho i brividi di terrore, ma la cosa che mi spaventa di più è che l’aria non ha odore. Non sa di niente, è innaturale! Di solito quando passeggi per le vie, dovresti sentire i profumi più disparati dovuti alle attività, alle piante e a mille altre cose che emettono essenze o odori non molto invitanti. Qui invece non si percepisce la benché minima fragranza, come se tutta l’aria fosse risucchiata e purificata. Avanzo sempre più smarrita, non sentire nessuna caratteristica del posto non mi era mai capitato e devo dire che è piuttosto brutto, oltretutto c’è qualcosa che mi disturba, come uno sciamare di sottofondo, lieve, persistente che logora i nervi. Vago con lo sguardo in cerca della sua fonte ma intorno non vedo nulla che ne possa essere l’origine, perciò cammino a passo svelto mi sento inquieta e spaesata, come se fossi approdata su un suolo alieno ed una creatura bitorzoluta potesse saltarmi addosso da un momento all’altro. Estraggo nervosamente dalla tasca dei pantaloni il foglietto spiegazzato con l’indirizzo dell’istituto ed una mappa approssimativa del percorso che seguo fedelmente perché se mi perdessi qua dentro di certo impazzirei prima di trovare l’uscita.
Credo di essere vicino al cuore del Centro, perché finalmente incrocio delle persone che, mi guardano schifate, come se fossi uno scarafaggio trovato in cucina. Beh! Neanche loro mi piacciono con i loro vestiti inamidati e quasi tutti uguali, perciò proseguo senza dar peso ai loro sussurri e il loro scansarmi come la peste. Stranamente ho ritrovato l’irritazione e il mal umore e con passo di marcia raggiungo la destinazione: un enorme edificio bianco nuovo di zecca come gli altri, dalle ampie finestre a nastro e l’ingresso rientrante. Finalmente posso mollare l’aggeggio a quel tizio e tornare a casa; questo posto mi ha già stufato e per di più ha confermato le mie aspettative sulla gente: sono tutti arroganti e presuntuosi. Varco la soglia e sto per avvicinarmi al bancone per chiedere della persona interessata, quando qualcuno mi afferra saldamente per le spalle costringendomi a fare un mezzo giro su me stessa.
<< Dove crede di andare?!>> esordisce una delle guardie apostate all’entrata e che non avevo minimamente notato. Ha una divisa a mezze maniche blu scura a doppio petto, con rifiniture di rosso cupo e porta dei guanti coordinati, mentre alla cintura sono appesi un manganello ed un teaser; il tutto mette soggezione tanto farfuglio solo di avere una consegna da fare e le mostro il lasciapassare. Purtroppo la guardia non né vuole sapere e inizia a trascinarmi verso le porte con malagrazia. Punto i piedi e con uno strattone libero il braccio.
<< Mi lasci andare! Le ho detto che ho una consegna, ho il lasciapassare non ci vede?>> affermo stizzita.
<< Non mi interessa>> la guardia cerca di afferrarmi di nuovo, ma non gliene do modo. Devo trovare qualcosa che mi tolga d’impiccio.
<< Il cliente mi ha espressamente chiesto di consegnarglielo di persona e qui altrimenti avrei perso il posto>> mi giro e cerco nuovamente di guadagnare il bancone, altrimenti una volta sbattuta fuori non avrò modo di rientrarci perciò mi toccherà aspettare la fine delle lezioni non sapendo quanto ci vorrà e allora sì che perderò il posto. Cerco di ricordarmi il nome completo del tizio, ovviamente recuperato dal suo palmare e poi parlo.
<< Sto cercando il signor Sunderset, Nagìl Sunderset! Ho una consegna urgente, può chiamarlo?>> dico con velocità impressionante sapendo che la guardia mi raggiungerà subito.
La receptionist o quello che è mi guarda allibita non sapendo che fare, ma sembra che non abbia la minima voglia o non possa fare quanto le ho chiesto. La guardia intanto mi ha agguantata di nuovo e cerca invano di buttarmi fuori. Chiedo di nuovo alla receptionist di chiamare quella persona, ma lei si limita a fissarmi con gli occhi sbarrati. Ma cavolo è sorda?!?
Sono ancora aggrappata al bancone con la guardia che cerca di scollarmi quando vedo degli studenti, con un’orribile divisa metallizzata, che si stanno avvicinando: una ragazza minuta bionda e un ragazzo alto con capelli corvini tagliati strani.
<< Poteva accompagnarmi!>> si lamentava la ragazza.
<< Accontentati di me>> dice il ragazzo fingendosi offeso << adesso devo tornare indietro o non mi troverà. Ci vediamo Chanel!>> e si ferma prima dei tornelli di vetro guardando l’altra mentre li attraversa.
Non perdo tempo. << Ehi, tu biondina!>> grido per attirare l’attenzione, tentando nel frattempo di resistere alla guardia, e quando finalmente capisce che ce l’ho con lei, si blocca all’istante sgranando gli occhi.
Ma certo la conosco! La biondina, quella che era con il demente! Che fortuna, ma devo andarci cauta comunque.
<< Ehi! Ciao, conosci Nagìl Sunderset? Ho una consegna urgente per lui>> e le faccio vedere il badge lasciapassare e una bolla per le consegne. Sono fiduciosa, lei mi ha riconosciuto, lo so che l’ha fatto e adesso potrà darmi una mano.
Chanel dopo essersi ricomposta si avvicina con aria arrogante.
<< Puoi lasciare a me, glielo consegnerò al posto tuo>>
<< È una consegna della massima urgenza, non è delegabile>> ribatto con il tono di voce più calmo e formale che conosca. Ma la sua reazione fa svanire le mie speranze, infatti si rivolge con aria di superiorità alla guardia << Non dovrebbe essere qui! Come ha fatto a entrare?>>
<< Sono spiacente signorina di averle recato disturbo,  rimedieremo subito>> e, serrando ancora di più la presa, inizia a trascinarmi verso l’uscita. Sono scioccata. Come?! le ho salvato il culo e nemmeno mi ringrazia? Lo sapevo, di questi tipi non ci si può fidare, perché una volta che ti hanno usato per i loro comodi si rivoltano contro di te! Kid, quanto ti sbagliavi, sono i peggiori che tu abbia mai incontrato.
Cerco di liberarmi a colpi di reni e strattoni, per sfuggire alla morsa delle mani della guardia che rincarano la dose, affondando le unghie nella carne delle braccia. Non so che fare… Perché non mi sono fatta gli affari miei?! Tra l’altro è davvero necessario riportarglielo? Tanto ormai mi hanno fermata, il mio dovere l’ho fatto, arrivando addirittura varcare un limite per me invalicabile. Rinuncio a dibattermi come un’anguilla e come una criminale aspetto che mi sbattano fuori a calci nel sedere.
<< Dovresti consegnarmi il pacco da recapitare, così lo farò avere al proprietario>> cerca di convincermi la “signorina” con voce altisonante.  Mi volto di tre quarti e con il sorriso più falso del mondo dipinto sul volto, le faccio il dito medio.
<< Mi dispiace consegna urgente ed esclusiva>> le sibilo incavolata nera.
<< Aspettate!>> urla qualcuno dal corridoio con voce di comando.
Le guardie si bloccano e tendono i muscoli, mentre una massa arruffata di capelli argentei, simili a un anemone, si precipita nella nostra direzione. << Lasciatela andare!>>
<< Signore, non può uscire!>> strepita la segretaria da dietro il bancone, ma viene bellamente ignorata.
<< Nagìl che stai facendo?>> gli domanda Chanel, ottenendo come risposta un occhiataccia fulminante. Questo è decisamente inaspettato e tutto sommato piacevole. Quindi si tradiscono anche tra di loro? Ha ha ha ha, peggio di quanto immaginassi, anche se non dovrei parlare, visto che tra di noi ci pestiamo a sangue e non solo.
<< Signore è un Outsider. Non posso permettere che entri nell’edificio, se la vedessero … >> risponde seccata la guardia, senza però mancare di rispetto al signorino.
<< Ho detto, la lasci andare. La consegna è per me e mi assumo tutte le responsabilità>> ribatte in tono severo socchiudendo gli occhi bicromatici.
<< Signore, ragioni>> ritenta nuovamente il vigilante.
<< Ha sentito? O devo fare rapporto al suo superiore?>> lo minaccia.
<< No, Signore>> risponde l’interlocutore remissivo.
La presa sul mio braccio si allenta e ne approfitto per scrollarmi le mani di dosso.
<< Signorina Adeline, registri nelle note che il signor Sunderset esce prima quest’oggi>> sentenzia e senza lasciare che nessuno lo contraddica, mi si affianca poggiandomi una mano sulla schiena ed invitandomi a seguirlo. Per il momento lo lascio fare, sarebbe da stupidi mettersi a litigare con chi ti ha appena tolto dai guai. Comunque questo contatto non mi piace per nulla, mi mette a disagio, perciò cerco di tenere la schiena leggermente scostata, quel tanto che basta per permettere a un filo d’aria di dividerci. Lui sembra non farci caso, o non lo da a vedere. Mi urta la sua aria composta e la parte del bravo figlio di papà che sta recitando!
Mi scorta attraverso le vie del centro come si farebbe con un prigioniero e per non sbottare, cerco di concentrarmi sulla strada e le stramberie che incontriamo.
Finalmente capisco il rumore di sottofondo che ho sentito quando sono arrivata. Sulla volta della cupola ci sono delle ventole che ruotano su loro stesse senza sosta. Chi sa a che serviranno e come funzionano. Se ci fosse Kid al mio posto ne rimarrebbe meravigliato, magari avrebbe tartassato chiunque con una marea di domande, anzi sono più che sicura che tartasserà la sottoscritta non appena rientrerò. La cosa però che mi sconvolge è che qui nelle aiuole ci sono davvero degli alberi! Dalle nostre parti sono quasi del tutto scomparsi, almeno le piante vive, perché di tronchi rinsecchiti e ancora in piedi li si può trovare facilmente. Lascio correre lo sguardo sulle piante e sul verde che non ho mai visto così rigogliosi, sembra il giardino dell’Eden racchiuso in una serra. Perché così mi appare quella gabbia che mi sovrasta e nasconde il cielo terso che conosco. Dopo un parco, il mio sguardo viene calamitato da una fontana esageratamente  grande che gorgoglia riversando il suo oro bianco in una vasca piena di carpe koi.
Cosa? Non riesco a credere ai miei occhi, tanto che devo dare una seconda e più approfondita occhiata. Resto allibita, osservando l’acqua scorrere allegramente dalla brocca di un essere mezzo pesce e mezzo uomo e la rabbia inizia ad artigliarmi le viscere. Com’è possibile? Nei sobborghi moriamo quasi di sete, mentre aspettiamo dodici ore per appagarla, visto che non possiamo permetterci neanche il lusso di comprarla e questi idioti, babbei, e cialtroni la sprecano per dei pesci? Ma per chi ci hanno preso, per i beoti di turno?! Come possono lontanamente pensare lui e i suoi simili di trattarci come bestie, mentre loro navigano nell’agio. L’ingiustizia delle nostre diverse condizioni mi fa disprezzare ancora di più questa gente, ma che dico? Non hanno il diritto di chiamarsi tali, sono mostri aguzzini. Sono accecata dalla rabbia e vorrei saltare al collo del Centriano che mi ha in custodia, ma le volanti dei funzionari che pattugliano le strade sgombere, mi fanno desistere, mentre l’essere cerca di nascondermi alla loro vista. Tsz! Ha una faccia di bronzo allucinante. Gliela vorrei spaccare a suon di pugni quando la osservo di profilo, e visto che non posso farlo, almeno per il momento, fantastico su come starebbero dei bei lividi violacei su quel colorito bronzeo.
Ero talmente assorta nei miei pensieri da non rendermi conto che nel frattempo, il mio secondino, mi ha trascinata davanti ad un’abitazione enorme, la cui posizione topografica mi è sconosciuta. Anche se volessi andarmene adesso, e la voglia è irresistibile, non so proprio da che parte dovrei andare. Perciò sono costretta a restare al mio posto esaminando con disgusto crescente la facciata immacolata. L’edificio che ho difronte, non ha nulla a che vedere con i nostri palazzoni decrepiti, oltre al fatto di essere enorme e nuovissimo. Ha un portico lindo e asettico, dipinto di un bianco marmoreo come il resto delle pareti. L’ingresso invece è incorniciato da due colonne ritorte e il numero civico ammicca dalla frescura ombrosa, invitando ad avvicinarsi alla porta lucida e laccata di nero. Senza nemmeno bussare il Centriano spalanca l’uscio e, dandomi una pacca tra le scapole, mi spinge oltre l’ingresso facendomi inciampare nei mie stessi piedi.
Sto per disintegrarlo e dirgliene quattro, ma con la coda dell’occhio vedo una figura vestita di nero che ci fissa. Mi raddrizzo, inveendo sommessamente per poi scoccare un’occhiata di fuoco all’ennesimo essere estraneo che incontro. È sulla sessantina abbondante e i suoi occhi dalle iridi diverse mi osservano imperturbabili attraverso gli occhiali da vista. Sembra innocuo e dai vestiti che porta, stranamente scuri per gli standard di questi abitanti, non so attribuirgli un grado sociale, tuttavia non voglio abbassare la guardia e continuo a fissarlo di rimando come del resto lui fa con me.
<< Ed, c’è qualcuno in casa?>> chiede circospetto il signorotto.
<< No signorino>> risponde l’uomo pacato. È troppo sottomesso perché sia un suo pari, rifletto osservando la postura dell’uomo, e la questione della sua posizione nella comunità mi tormenta. Pensavo che lì si trattassero tutti come pari e allora perché lui si rivolge al ragazzo, più giovane di lui, con tono quasi riverente? Chi è questo ragazzo, per cui tutti assecondano il suo volere e addirittura, i nonnetti, che dalle nostre parti sono rispettati come saggi e pilastri della collettività, devono rispettare gli ordini?
Incomincio a odiare questo tizio ogni secondo che passa, e più vedo gli aspetti della sua vita e più lo detesto.
<< Bene, per favore avvisami se rincasa qualcuno. Ho delle questioni urgenti da sistemare>> gli dice inquieto e in tono sbrigativo, cercando poi di accompagnarmi verso le scale.
<< Non mi toccare >> sibilo a denti stretti e guardandolo di sottecchi. Penso che se solo mi sfiorasse di nuovo, potrebbe insudiciarmi con le sue buone maniere del cavolo. Sono solo una facciata, puah!
<< Come preferisci>> sentenzia alzando le mani per poi avviarsi lungo l’alta scalinata di marmo al centro dell’atrio.
<< Ehi! Ehi, non ci salgo lì!>> gli urlo dietro innervosita, ma lui fa finta di non sentire e continua ad avanzare macinando un gradino dopo l’altro. Devo proprio seguirlo? Non posso semplicemente mollargli la scatola e andarmene?! Lancio un’occhiata alle mie spalle, sperando che l’anziano signore se ne sia andato, così che possa lasciare il pacco con il cellulare sulle scale e raggiungere l’uscita, perché di questa gitarella ne ho fin sopra i capelli; ahimè, l’uomo è ancora fermo nella stessa posizione e continua a fissarmi imperterrito, se tentassi di scappare, mi fermerebbe o potrebbe chiamare addirittura la sicurezza. Meglio evitare e così addio sogni di gloria! Mi giro avvilita verso l’omuncolo che mi precede e seguo i suoi stessi passi, deviando a destra sulla scalinata biforcuta, fino all’uscio di una camera dove lui mi sta aspettando appoggiato allo stipite della porta. È troppo tranquillo e la cosa mi puzza di bruciato.
Che cosa sta macchinando? Appena lo raggiungo, mi fa un cenno d’invito prendendomi in giro con un sorriso sghembo che gli arriccia l’angolo della bocca. E adesso che vuole?
Purtroppo non ho vie di fuga, perciò sono costretta a entrare di malavoglia.

   
 
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