Capitolo14: Uno strano
comportamento
Lucius
Malfoy non era semplicemente in collera. Era furioso. Immobile, fissava il figlio ancora riverso sul pavimento
della sala e ad occhi chiusi, senza muovere un solo muscolo nella sua
direzione, nonostante il ragazzo fosse in evidente difficoltà. Il Signore
Oscuro aveva lasciato la sala dopo aver lanciato proprio a Malfoy Senior
un’occhiata derisoria e sprezzante al tempo stesso, e dietro di lui se ne erano
andati gli altri Mangiamorte, lasciando lì solo i genitori di Draco e la zia,
che adesso aveva aperto quella sua dannata boccaccia per inveire contro la
sorella minore e la sua incapacità di allevare il ragazzo in modo che potesse
affrontare il proprio destino.
Narcissa,
dal canto suo, pareva non prestarle la minima attenzione. China sul figlio,
cercava di aiutarlo a rimettersi in piedi, anche se il ragazzo non dava cenno
di voler collaborare.
Draco
continuava a tremare ed evitava di fissare negli occhi i genitori e la zia. E
ciò infiammava ancora di più la furia che si era impadronita di Lucius fin dal
momento in cui aveva visto con i suoi occhi l’incapacità, l’inettitudine del
ragazzo.
Paragonato a Codalisca… mio figlio,
un Malfoy, posto sullo stesso piano di quella feccia.
Mai più. Non dovrà accadere mai più
una cosa del genere.
Il
movimento di Lucius fu talmente veloce e inaspettato da zittire Bellatrix e
cogliere di sorpresa Narcissa. In un lampo l’uomo fu di fronte al figlio,
seduto sul pavimento e sorretto dalla madre, che abbassò immediatamente gli
occhi dopo aver incrociato per un istante il suo sguardo. La voce di Lucius era
fredda, ma Draco colse ugualmente la vena di collera nel suo tono. Lo conosceva
troppo bene per lasciarsela sfuggire.
“In
piedi.”
Narcissa
spostò lo sguardo in direzione del marito, che non la degnò di uno sguardo.
Draco
tentò all’istante di obbedire, ma le gambe non lo ressero e sarebbe crollato di
nuovo a terra se la madre non l’avesse sostenuto.
“Lascialo,
Narcissa. Può benissimo reggersi in piedi da solo.”
“Io
non ne sarei così sicura! Dopotutto ha appena dimostrato di non essere uomo!”
Le
parole di Bellatrix ebbero l’effetto di infervorare ancor di più Lucius, che
alzò leggermente il tono di voce:
“Ti
ho detto di lasciarlo, Narcissa!”
La
strega non avrebbe obbedito se non fosse stato Draco a scostarsi da lei e a
muovere un passo incerto in direzione del padre. Continuava a tenere gli occhi
bassi, non avrebbe retto quello sguardo che sapeva sarebbe stato furioso e
deluso di lui, ma non poteva nemmeno starsene immobile e non far nulla. Doveva
tentare in qualche modo di rimediare.
“Mi…
mi dispiace.”
“Silenzio,”
la voce fredda di Lucius penetrava dritta nel petto di Draco, facendogli
desiderare di trovarsi in qualsiasi altro posto che non fosse quello. Non che
non lo desiderasse anche prima.
“Quello
che è accaduto oggi, Draco, non succederà mai più.”
Il
ragazzo sgranò gli occhi. Che cosa intendeva dire suo padre con quelle parole?
Forse…
forse aveva capito, finalmente? Aveva capito che lui non voleva, non poteva
essere un Mangiamorte? Forse lo avrebbe aiutato a tirarsi fuori da quella
situazione?
Draco
si rimproverò mentalmente per quei pensieri così sciocchi. Sapeva benissimo che
una cosa del genere non era possibile e che non poteva permettersi di nutrire
false speranze, che facevano soltanto male. Non era possibile prima e adesso
che aveva pure ricevuto il Marchio era impensabile. Non esisteva via di scampo.
Sollevò
il capo e finalmente incrociò lo sguardo di Lucius senza tremare, leggendo nei
suoi occhi quello che gli avrebbe detto prima ancora che il padre aprisse
bocca.
“La
prossima volta che dovrai utilizzare la Maledizione Cruciatus, Draco, sarai
preparato. Provvederò io stesso. Avrei dovuto cominciare il tuo addestramento
molto tempo fa, ma adesso rimedierò alla mia negligenza.”
Draco
abbassò lo sguardo, sconfitto.
…
Accovacciato
sul pavimento, le ginocchia strette al petto per tentare di scaldarsi, Harry
aveva la sgradevolissima sensazione di essere osservato e non era nemmeno la
prima volta che gli accadeva da quando era prigioniero in quella cella. Eppure
era impossibile, se qualcuno fosse entrato nella sua cella se ne sarebbe di
certo accorto. Probabilmente si trattava soltanto della sua immaginazione,
dopotutto nella sua situazione essere tesi era più che comprensibile. E poi,
suo malgrado, sperava che il Professore di Pozioni che aveva promesso di
aiutarlo trovasse finalmente il modo per liberarlo e andasse a comunicarglielo.
Oramai era allo stremo delle forze e temeva di non riuscire più a resistere.
L’idea che la sua sola speranza di salvezza fosse riposta in quell’uomo cinico
e senza cuore… Harry deglutì. Non poteva permettersi di provare paura né di
perdere la speranza. Doveva continuare a crederci o sarebbe davvero finita.
Si
guardò attorno, circospetto, fino a puntare lo sguardo sulla porta della sua
cella. Gli sembrava di vedere un’ombra che lo fissava attraverso le sbarre,
possibile? Se si fosse trattato di un Mangiamorte sarebbe di certo entrato a
prendersi gioco di lui e sfoderare un po’ di crudeltà, non se ne sarebbe
rimasto lì a osservarlo. Che cosa poteva significare?
Harry
sentì un brivido, questa volta non imputabile al gelo della sua cella,
percorrergli la schiena. Raccolse tutto il proprio coraggio e si sollevò in
piedi a fatica. Nessuno aveva il diritto di intimorirlo e lui non se ne sarebbe
stato lì zitto a farsi guardare da chissà chi, come se fosse una bestia in
gabbia allo zoo. Lentamente, reggendosi alle pareti della cella, si avvicinò
alla porta. Avrebbe scoperto chi c’era dall’altra parte, questa volta.
…
Senza
sapere nemmeno perché, Codaliscia se ne stava di nuovo lì. Lì, di fronte alla cella
del Ragazzo Sopravvissuto, a guardarlo in silenzio. La candela all’interno
della prigione gli permetteva di vederlo chiaramente, mentre il ragazzo non
avrebbe potuto scorgere nient’altro che un’ombra attraverso le sbarre, sempre
se avesse guardato in quella direzione. Così, forte della sicurezza di non
essere visto e nonostante fosse già stato beccato in quella situazione da
Lucius Malfoy in persona, Peter non poteva fare a meno di trascorrere in quel
bizzarro modo qualche minuto della propria giornata.
Se
glielo avessero chiesto, non avrebbe saputo dire il perché. Era qualcosa che
non riusciva a spiegarsi, quel bisogno di andare a guardare il ragazzo per un
po’.
Il figlio di James. Mica un ragazzo
qualsiasi.
Un giovane sedicenne che viene
torturato giornalmente, anche più volte in un singolo giorno, ma che non cede.
Un giovane che non ti somiglia
davvero per niente. Il giovane che ha salvato la vita di chi davvero non se lo
meritava.
Peter
non sapeva dare un nome a quello che provava quando guardava il ragazzo seduto
sul pavimento della sua cella, tremante, le ginocchia strette al petto e il
capo chino. L’unica cosa di cui era certo era che non si trattava affatto di
una vista piacevole. Eppure non poteva fare a meno di starsene lì per una mezz’oretta
tutti i giorni.
Codaliscia
tolse la mano dalle sbarre quando si accorse che Potter stava guardando proprio
nella sua direzione. Possibile che si fosse accorto della sua presenza?
Quando
lo vide mettersi in piedi mosse istintivamente un passo indietro. Doveva andare
via di lì, immediatamente, Potter non doveva vederlo. Eppure non riuscì a
farlo, qualcosa lo trattenne sul posto. Qualcosa di stranamente simile a ciò
che lo spingeva a starsene lì.
Guardò
in silenzio il ragazzo barcollare nella sua direzione e lo vide poggiarsi di
peso sulla porta della cella per sorreggersi, prima di sporgersi a guardare e
sgranare gli occhi nello scorgere proprio lui lì che lo fissava.
Il
tono del giovane era indignato, stupito e spaventato al tempo stesso.
“Tu!
Che cosa ci fai tu qui?”
Mai
come in quel momento Peter avrebbe voluto essere in grado di controllare il
tremolio nella propria voce e la sua tendenza a balbettare.
“Ni-niente,
Harry, proprio niente.”
Vide
il giovane fissarlo con disprezzo nel sentir pronunciare il proprio nome di
battesimo da quelle labbra e non potè biasimarlo.
“Perché
te ne stavi lì a fissarmi? Non è la prima volta che lo fai, vero?”
Codaliscia
sentì il rumore del pugno del ragazzo che colpiva il legno della porta e si
stupì nel constatare come avesse ancora delle energie e soprattutto il coraggio
per utilizzarle, in quella situazione.
“Sta-stavo
andando via, io non…”
“Allora
vattene! Vattene via, vigliacco!”
Quasi
spinto all’indietro dalla veemenza e dal disprezzo di quelle parole, Peter barcollò
rischiando di rovinare a terra, prima di voltarsi e allontanarsi, correndo il
più velocemente possibile sulle proprie gambette. Ma non potè andare lontano,
perché solo qualche metro più avanti si trovò davanti una delle viste più
spaventose, uno dei servi del Signore Oscuro che aveva imparato a temere di
più. Severus Piton.
…
Erano
trascorse solamente poche ore da quando lo aveva trascinato nella sua cella
dopo la cerimonia di iniziazione del giovane Malfoy, ma Severus si sentiva in
dovere di andare a controllare in che condizioni fosse Potter. Doveva
accertarsi delle sue condizioni, specie considerato lo stato in cui lo aveva
lasciato. L’insegnante di Pozioni non l’avrebbe mai ammesso a voce alta, ma era
profondamente preoccupato per il ragazzo. Potter era terribilmente instabile
dopo che aveva visto uccidere a sangue freddo quei tre prigionieri, era
sull’orlo di un attacco isterico. Non avrebbe mai dovuto lasciarlo da solo, non
in quel modo, senza nemmeno tentare di calmarlo. Il ragazzo aveva bisogno di
aiuto, mai come in quel momento, e lui cosa aveva fatto invece? Gli aveva dato
uno schiaffo, lo aveva insultato e quindi lo aveva abbandonato lì, a cuocere
nel proprio brodo. Il suo non era di certo stato un comportamento esemplare né
tantomeno maturo, almeno questo non poteva negarlo. Ma d’altro canto come
poteva essere diversamente? Non era in grado di offrire a Potter quello di cui
aveva bisogno in quel momento e non aveva ancora nemmeno uno straccio di idea
per tirarlo fuori da quella situazione. Per la prima volta da quando aveva
voltato le spalle al Signore Oscuro ed era passato dalla parte di Silente,
Severus Piton si sentiva inadatto a portare a termine un compito che gli era
stato affidato.
E doveva accadere proprio adesso,
proprio adesso che il mio compito è il più importante.
Proprio adesso che ne va della sua
vita, Lily.
Controllare
che il ragazzo, nei limiti del possibile, stesse bene, almeno questo poteva
farlo. Così, per la terza volta quel giorno, Severus si incamminò in direzione
della cella di Potter. Solo uno sguardo e sarebbe andato via, era questo che si
ripeteva tra sé e sé. Come se il bisogno di accertarsi delle condizioni del suo
studente fosse una colpa per la quale avesse bisogno di trovare una
giustificazione.
Sentì
la voce roca e colma di rabbia di Harry già a distanza. Non riuscì a
distinguere le parole che il ragazzo stava pronunciando e, preoccupato,
accelerò il passo.
Se
si fosse trattato di un urlo di dolore, dovuto alla tortura di qualche
Mangiamorte, sapeva che non avrebbe potuto fare niente, non poteva
assolutamente rischiare. Anzi, sarebbe stato meglio voltarsi e andare via, così
non avrebbe corso il minimo rischio di tradirsi.
Ma
quella voce, alle orecchie di Piton, era così colma di disperazione che non
riuscì a voltarle le spalle e seguì l’istinto.
Appena
svoltato l’angolo avrebbe avuto davanti la porta della cella di Harry, ma prima
che potesse farlo un uomo proveniente dalla direzione opposta si scontrò
violentemente contro di lui. Solo i pronti riflessi di Severus gli impedirono
di finire a terra. Mosse un passo indietro e fissò, colmo di stupore, un
trafelato e tremante Peter Minus, che evidentemente stava fuggendo proprio da
quella voce che, adesso Severus riuscì a capire, inveiva contro di lui.
Ma che cosa significa?
La
spia di Silente non ebbe molto tempo per indugiare sul proprio stupore. Come
sempre, la vista di Peter Minus suscitò in lui sdegno e disprezzo.
Colui
che aveva tradito la fiducia di quell’inetto di James Potter… colui che aveva
condannato a morte Lily.
Insieme a me. Siamo entrambi
responsabili.
L’odio
che provava nei confronti di quella caricatura di un Mangiamorte era così
sottilmente simile a quello che nutriva nei propri confronti da
destabilizzarlo, ogni volta che si trovava davanti il mago. Ma che cosa ci
faceva lì? Per quanto ne sapeva Severus Minus non aveva mai tratto piacere dal
torturare i prigionieri del Signore Oscuro e di certo la sola vista di Harry
Potter non doveva rappresentare qualcosa di piacevole per lui. E poi perché stava
scappando in quel modo? Certo, era un vigliacco, ma aver paura di un ragazzo in
catene chiuso all’interno di una cella e mezzo morto di stenti…
A meno che non si tratti di… sensi
di colpa.
Severus
non prestò la minima attenzione alle scuse biascicate di Minus per essergli
praticamente saltato addosso e lasciò che l’altro mago si allontanasse alla
massima velocità che gli era consentita dalle sue corte gambette, quindi
proseguì in direzione della cella di Harry.
Il
ragazzo era ancora poggiato contro la porta e guardava stupito il professore di
Pozioni che si avvicinava a lui. Quando il mago più grande fece per aprire la
cella Harry fece un passo indietro, continuando a fissarlo. Nonostante il
ragazzo cercasse di mantenere il più possibile il proprio contegno, i suoi
occhi tradivano la sua speranza.
Possibile che abbia trovato un modo
per salvarmi e sia qui per questo?
Ma
lo sguardo truce e le parole che Piton gli rivolse gli rivelarono subito che,
ancora una volta, si trattava di una speranza vana.
“Per
quale motivo stavi urlando, Potter?”
Harry
digrignò i denti.
“E
me lo chiede anche? Era Peter Minus.”
“So
chi era. Che cosa ci faceva qui?”
Il
ragazzo alzò ancora una volta la voce:
“E
che cosa vuole che ne sappia, io?”
“Intendevo,
Potter,” continuò il professore celando a malapena la propria rabbia per il
tono del giovane, “Se è entrato qui nella tua cella.”
“No,”
rispose Harry fissando la parete dinanzi a sé senza vederla veramente, “Se ne
stava soltanto lì a guardare. Non ho la minima idea di che cosa stesse
cercando.”
Io forse sì. Devo parlarne con
Albus.
Severus
stava per aggiungere qualcosa, quando si bloccò, facendo improvvisamente cenno
al ragazzo di fare silenzio. Harry lo fissò con la paura negli occhi. Che
significava, che cosa stava per accadere?
Il
movimento di Piton fu talmente veloce che il giovane Grifondoro non ebbe
nemmeno il tempo di reagire. In un attimo si ritrovò scaraventato sul
pavimento, mentre il professore incombeva su di lui puntandogli la bacchetta al
petto.
“Fai
silenzio e reggi il gioco, Potter. Sta arrivando qualcuno.”
Il
sussurro appena percettibile di Severus fu seguito da passi appena fuori dalla
cella, e quindi dalla voce squillante e sgradevole di Bellatrix Lestrange.
“Severus! Anche tu qui a prenderti la tua parte di divertimento?”
continua...
Nota dell'autrice: Sono imperdonabile, lo so. Non aggiorno da così tanto tempo che temo vi siate dimenticati di questa storia. Cosa posso dire a mia discolpa? Prima la stesura di un'altra storia, scritta per un contest, poi un'interminabile sessione d'esami, mi hanno tenuta lontana dall'aggiornare. Ma adesso il prossimo esame è ad Aprile, e anche se già lunedì ricominceranno le lezioni (ç_ç) cercherò di aggiornare più in fretta. Magari di completare la storia prima del prossimo esame, in modo da cominciare il sequel a Maggio. Vedremo! Spero solo che non siate talmente arrabbiati con me da non volermi più seguire!
Una piccola comunicazione: se vi facesse piacere dare un'occhiata, sto pubblicando un'altra storia a capitoli (quella appunto scritta per il contest a cui accennavo prima), una... ebbene sì, Draco/Luna, come la traccia di tale contest chiedeva. Ho già scritto quella storia per intero, dato che avevo una scadenza, quindi non aggiorno troppo lentamente ^^''. Se siete interessati (e se vi piace il mio modo di interpretare il personaggio di Draco) il titolo è Experimental Love, e entro domenica pubblicherò il quarto capitolo.
Grazie di cuore a chi ha commentato il capitolo precedente, non mi soffermo ulteriormente così finalmente pubblico questo qui.E spero vorrete ancora farmi sentire le vostre opinioni, nonostante l'attesa infinita!
Alla prossima! Sonsimo