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Autore: Amanda FroudeBlack    22/11/2015    3 recensioni
Vi voglio raccontare una storia, e lo farò al meglio delle mie capacità. Sarà lunga, spossante, e non so dirvi se alla fine ne sarà valsa la pena.
Vi racconterò di famiglie che non pretendono di essere le migliori al mondo, ma saranno quelle che non puoi fare a meno di ammirare perché ti spiegano il mondo attraverso l'amore. Ci saranno famiglie che, al contrario, useranno l'odio per dividere, accecate dal potere e rese folli dall'odore del sangue.
Poi, vi racconterò di chi sa da che parte stare, ma non giudica chi ha dovuto attraversare il male per comprendere la via del bene.
Vi parlerò di seconde possibilità, del dolore della morte e della sconfitta. Spiegherò il sacrificio, il sudore, la frustrazione.
E forse, vi racconterò una vittoria.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Black, Famiglia Potter, I Malandrini, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Rodolphus/Bellatrix
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Capitolo XXVI: “Odio, rabbia, tristezza, disprezzo. Amore.”
 
"Tu ami ancora il mio cuore?"
"Sempre. Sempre te e per sempre."
"Non pensi che sono cambiata? Che sono peggiore?"
"Penso che profumi di un odore che mi piacerà sempre."
 
“Venuto al mondo”, Margaret Mazzantini
 
 
LAYLA
 
Scrisse l’ultima frase del tema di Erbologia con particolare zelo. Lo rilesse tre volte, ormai lo aveva imparato a memoria. Tamburellò le dita sul tavolo cosparso di pergamene fittamente scritte e si morse le labbra. Voleva avere qualcosa da fare, continuamente, voleva leggere il più possibile, ascoltare tutte le lezioni scrupolosamente, non trovarsi da sola col proprio cervello nemmeno un momento. Tutto, pur di non pensare. Era riuscita a spazientire persino il professor Rüf durante Storia della Magia, la settimana prima; ricordò con imbarazzo che aveva manifestato un certo fastidio per le continue domande che lei poneva durante le lezioni.
Controllò l’agenda e sbuffò; aveva svolto ogni compito della settimana successiva, aveva terminato il programma di ben cinque materie, e sentiva il bisogno di riempire le due ore che la separavano dalla cena leggendo qualcosa che la distraesse.
“Hai bisogno di una mano?” le bisbigliò Remus, di fronte a lei. Aveva alzato gli occhi dalla pergamena su cui stava scrivendo, e la guardava perplesso. Il suo volto, segnato da quelle misteriose cicatrici alla cui vista si era ormai abituata, appariva stanco e pallido, e Layla lo collegò subito alla fase di luna crescente, che sarebbe culminata nella luna piena il venti di marzo. Mancavano pochi giorni. L’aveva capito da un bel po’, ormai, ciò che affliggeva Remus per qualche giorno ogni mese, ma non ne aveva fatto parola con nessuno, se non con Amanda. Sua sorella era parsa piuttosto restia a parlarne, tanto che aveva pensato che le stesse nascondendo qualcosa, ma Layla non aveva indagato oltre, malgrado fosse curiosa di saperne di più.
“No…” borbottò Layla, scuotendo il capo. “È che ho… ho finito tutto.”
“Intendi tutti i compiti?” domandò, sorpreso. Anche Peter alzò lo sguardo, ma non le disse niente. Non sapeva perché, ma Minus sembrava spesso intimidito dalla sua presenza.
“Sì,” rispose col broncio.
“E… ti dispiace?” fece Peter, incredulo. “Vuoi fare i miei?”
Sorrise, speranzosa.
“Posso?”
“Certo che no,” rispose Remus, lanciando un’occhiata di disapprovazione al compagno. “Sarebbe come togliere denaro ad un mendicante, Peter. Tu hai bisogno di farli!”
“Io non sento tutta questa necessità,” precisò lui, facendo sorridere Layla.
“Oh, sì, invece, perché quello da cui vieni a piangere tre ore prima di un compito in classe sono io…” lo schernì. Si voltò verso Layla e continuò: “Se proprio vuoi fare qualcosa, potresti andare a cercarmi questi libri di cui ho bisogno?”
Le passò un foglio di pergamena su cui erano segnati diversi titoli. Layla scorse la lista velocemente, contandone otto.
“Sì, certo,” esclamò, contenta di poter fare qualcosa che le riuscisse bene. Adorava perdersi tra gli scaffali della biblioteca. “So già dove cercarli, li ho letti! Torno subito,” continuò, alzandosi. Diede loro le spalle e si incamminò verso le sezioni. Una sensazione di leggerezza le pervase il petto, mentre si aggirava tra gli scaffali. Era sempre stato così, da quando aveva imparato a leggere: i libri riuscivano a riordinarle i pensieri confusi, e nella sua testa ogni cosa appariva più chiara. Leggere le dissetava la mente, e una volta che si trovò a parlarne con suo padre, lui le aveva sorriso e risposto: “Conosco la sensazione.”
Le mancava così tanto, suo padre. Il pensiero dei suoi genitori era così dolente che il suo cervello lo accantonava ogni volta, quasi come un meccanismo di difesa. E allora, bisognava trovare qualcosa da fare, passare il tempo, tenersi impegnata. Se si fosse fermata sarebbe stata travolta da una valanga di ricordi dolorosi dalla quale non era sicura che sarebbe stata capace di riemergere. Da quando i suoi genitori erano morti, le sembrava continuamente di percorrere una ripida salita; non sapeva cosa avrebbe trovato in cima, ma conosceva la sofferenza che risiedeva alle pendici e le difficoltà che comportava l’irrefrenabile istinto di voltarsi indietro. Soprattutto, perché voltarsi indietro avrebbe significato riportare alla mente Regulus. Non era abituata a sentire rimescolare così tante emozioni incontrollabilmente; il suo nome evocava odio, rabbia, tristezza, disprezzo, ma… l’unica su cui si soffermava ogni volta, sentendo il proprio cuore stringersi dal senso di colpa, era proprio l’amore. Non aveva idea del perché continuasse a provare un sentimento del genere per colui che aveva contribuito alla morte dei suoi genitori. Era vergognoso e non riusciva a parlarne con nessuno, perché immaginava bene gli sguardi di disapprovazione che avrebbe ricevuto per una simile confessione. Era un misero traditore, non meritava un secondo dei suoi pensieri, avrebbe dovuto cancellarlo dalla sua mente nell’istante stesso in cui aveva scoperto tutto, ma non c’era riuscita. Forse perché conosceva Regulus così profondamente, che niente di ciò che Marcus aveva insinuato e detto coincideva con ciò che Layla aveva osservato in lui in tutti gli anni passati assieme. Niente tornava, ed era così frustrante che lui non avesse aperto bocca per difendersi o per dire la sua. Davvero non gli importava di cosa lei pensava o di quanto stesse soffrendo? Dopo tutto quello che avevano passato, si meritava davvero di essere accantonata così? Non si era comportata bene nei confronti di Regulus, al ritorno dalle vacanze di Natale, doveva ammetterlo; ciò che sua madre le aveva detto l’aveva fatta riflettere a fondo, e il timore di deludere suo padre e un sacco di altri dubbi le avevano attanagliato lo stomaco, tanto da rovesciare tutto fuori, senza alcun rispetto per i suoi sentimenti, una volta tornata ad Hogwarts. Lei era stata la prima a rovinare tutto, lo sapeva, e ancora una volta, la soluzione migliore si era rivelata accantonare il pensiero in un’area remota della sua mente ed andare avanti. Scoprì che aiutare sua sorella per distrarsi dal proprio dolore era molto efficace; anche lei era ancora provata. Tuttavia, Amanda aveva scoperto amici inaspettati che avevano stupito persino Layla. Non immaginava che Sirius fosse capace di sopportare Amanda, nello stato in cui si trovava: era spesso irritabile, cambiava idea ed umore nel giro di dieci secondi – ad essere ottimisti – e non stava ferma un minuto. Inoltre, grazie allo spiccato spirito d’osservazione ereditato dal suo amato padre, Layla aveva notato, nelle ultime settimane, che quei due tendevano ad isolarsi un po’ più spesso, dandosi alla macchia per interi pomeriggi.
Ecco, era successo ancora: aveva lasciato la sua mente a briglia sciolta per soli tredici secondi e quello era il risultato. Fece un respiro profondo e si decise a guardare veramente gli scaffali che stava fissando da un po’.
Nella sezione di Erbologia trovò Proprietà magiche delle radici, Alle pendici dei Monti Grampiani, e un tomo massiccio e pesantissimo intitolato Mille piante acquatiche d’Europa. Si avviò verso la sezione di Difesa contro le Arti Oscure, vicino alla Sezione Proibita. Le braccia le dolevano, aveva decisamente sovrastimato la propria forza. Una voce a pochi passi da lei la fece sussultare. Il cuore le sprofondò nello stomaco, e una spiacevole sensazione di déjà-vu le entrò nella testa.
“Sembri avere bisogno di una mano.”
Si voltò di scatto. Regulus la stava osservando, con le mani in tasca. Con un primo sguardo, Layla capì che il suo volto era scavato da notti insonni e un’alimentazione irregolare – il suo fardello, lo ricordava – ma la divisa impeccabilmente indossata e il suo portamento impettito tentavano di celare tutto ciò in maniera grossolana.
“Ti sembra male, ce la faccio da sola,” sentenziò, brusca, con un tono che non le apparteneva. Odio, rabbia, disprezzo, tristezza. “Non sono debole come credi.”
“Non ho mai pensato che tu lo fossi,” rispose, atono.
Odio, rabbia, disprezzo, tristezza.
“Di ciò che pensi non m’interessa più nulla.”
Regulus tacque, ma Layla lo vide serrare la mascella. Era il suo modo di incassare il colpo ed esprimere disappunto. Amore. Sentì un improvviso calore all’altezza del petto: come diavolo poteva sentirsi infastidito da una risposta del genere dopo ciò che le aveva fatto?
Gli rivolse un’ultima occhiata gelida prima di girarsi in direzione del Reparto Proibito.
“Io non ci andrei, fossi in te,” disse Regulus, alle sue spalle.
Layla non gli diede udienza, ignorò il battito impazzito del suo cuore e oltrepassò lo scaffale, salvo poi pietrificarsi alla vista di due studenti intenti inequivocabilmente ad amoreggiare. Spalancò gli occhi quando appurò che si trattavano di Sirius e sua sorella, talmente presi dal momento da non accorgersi della sua presenza. Indietreggiò, sconvolta, e si nascose dietro la libreria, col volto in fiamme. Sospirò, accigliata, e si voltò verso Regulus. Riuscì finalmente a scorgere qualcosa nello sguardo del compagno; poté leggergli in volto la tipica espressione ‘te l’avevo detto.’ Si schiarì la voce, imbarazzata.
“Da… da quanto sono lì?” balbettò.
“Non lo so, non li sto cronometrando,” rispose, sardonico. “Spero che non manchi molto, comunque, ho fretta di prendere un libro,” continuò, sventolando una striscia di pergamena con la firma di Lumacorno visibile in un lato.
“E aspetti qui, a pochi passi da loro?” domandò, sbigottita.
Regulus fece un mezzo sorriso, alzando le spalle.
“Presumo ci sia in atto un Muffliato, per quanto sono silenziosi, e se non si sentono a disagio loro, non capisco perché dovrei esserlo io. L’unica in imbarazzo, qui, sei tu.”
Layla lo guardò, malevola, e sbuffò; con un ultimo sforzo decise di appoggiare momentaneamente i libri su un piano di legno libero. Sapeva di essere ancora paonazza in volto, e il fatto che avesse dovuto assistere ad una scena del genere proprio in sua presenza non aiutava a celare il suo turbamento.
“Io non… non pensavo che Sirius e mia sorella facessero certe cose…” mormorò.
“Perché non dovrebbero? Anche noi-”
“Smettila,” lo interruppe, spazientita. Lo stomaco aveva iniziato a fare strane capriole non appena Regulus ebbe insinuato in lei il ricordo di ciò che facevano insieme. Non ci avrebbe pensato, non doveva. Com’era possibile che ne parlasse senza nessuna emozione nella voce? Non gli provocava alcuna reazione il pensiero di ciò che erano stati? Perché, al contrario di lui, Layla non riusciva nemmeno a pensarci senza sentire un nodo stringerle dolorosamente la gola? Davvero, Regulus aveva finto per tutto il tempo in cui erano stati insieme?
“Di fare cosa?” chiese, il suo tono ancora una volta piatto.
Eccole, le sentiva, le lacrime stavano arrivando. Gli occhi si inumidirono, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla piangere.
“Di parlarmi come se non fosse accaduto nulla, come se tu non avessi fatto niente!” soffiò.
Regulus spostò lo sguardo. Quel vigliacco non aveva nemmeno il coraggio di guardarla in faccia. Chi aveva conosciuto, in quegli anni? Si sentì così stupida. Le tornarono alla mente le parole di sua madre, e capì cosa intendeva in quell’istante. Regulus non avrebbe mai fatto i conti con se stesso, incastrato nella sua famiglia e schiacciato da obblighi che lo rassicuravano, in quel limbo oscuro in cui si trovava. Era la sua base sicura, ma anche la sua maledizione più grande.
Quella consapevolezza le fece nascere un sorriso amaro.
“La colpa è mia, sai?” disse, voltandogli le spalle. Prese un altro libro da uno scaffale, lo aggiunse alla sua pila verticale e continuò a parlare. Il segreto era non guardarlo. “Ho sempre pensato che avessi un valore per te, che valessi una scelta. Non ti ho mai fatto pressione perché credevo che prima o poi avresti capito da che parte stare… ho peccato di presunzione, mi sono sopravvalutata.”
Cercò di ostentare il sorriso più divertito che potesse mentre si girava ad osservare la sua espressione, ma aveva il cuore a pezzi.
Io, che odio la presunzione, sono stata presuntuosa. Divertente, vero?”
Il volto di Regulus, ancora una volta, non mostrò alcuna empatia. Sembrava vuoto, assente.
“No, non lo è.”
‘Merlino, Reg, che ti è successo?’ pensò, totalmente affranta. La maschera crollò, la sentì chiaramente andare in frantumi e cedere. Sentì sulla guancia destra una lacrima, le sfiorò l’angolo della bocca e si nascose sotto il mento. Lui distolse lo sguardo ancora una volta. Non era mai riuscito a vederla piangere, in questo non era cambiato per niente.
“Hai ragione,” singhiozzò “non è divertente per niente. Ho perso i miei genitori, e l’unico abbraccio in cui mi sarei voluta seppellire era quello della persona che ha spifferato ai loro assassini dove trovarli.”
Si sentì come un fiume in piena, senza alcun argine che potesse contenere la portata delle sue lacrime. Le sentì scendere, una dopo l’altra, intervallate dai singhiozzi che cercava di trattenere.
“Non ti è mai importato nulla di me, davvero?”
I suoi occhi erano appannati, ma Layla riuscì comunque a vedere Regulus stringere i pugni. Alzò gli occhi su di lei, e il suo sguardo buio e scavato la perforò. Fece qualche passo nella sua direzione, ma Layla indietreggiò istintivamente.
“Lay,” mormorò, tentando di sfiorarle un braccio.
“Non toccarmi, non ho bisogno della tua compassione,” sibilò, tirando su col naso. Rabbia, odio, disprezzo, tristezza. “Ti odio.
Regulus trasalì. Eccola, la reazione. Layla si preparò all’impatto della risposta chiudendo gli occhi e trattenendo il respiro, come faceva durante il volo dagli scogli, appena prima del contatto con la superficie dell’acqua.
Si era avvicinato tanto da essere a pochi centimetri dal suo viso. Il suo profumo, intenso e familiare, le invase le narici. Amore.
“Anch’io. Stammi lontano,” ringhiò. Si voltò di scatto e si allontanò, senza prima aver buttato a terra la pesante pila di libri appoggiata sul piano dello scaffale con una spinta.
 
 
Note:
Salve a tutti!
Sì, okay, è corto. Molto corto, lo ammetto. Non siete abituati al fatto che sia così corto, e devo smettere di dire corto perché inizia a suonare strano persino scritto. Quindi, andiamo avanti. È stato difficile scrivere questo capitolo, sono sincera. Ho ben in mente il pov di Layla, e ammetto che è molto complesso, malgrado sia solo una quasi quindicenne. So che non avete bisogno di angst, ed è bello quando le cose vanno bene e siamo tutti felici e contenti, ma è poco realistico, e soprattutto non rispecchia quello che deve accadere in questa ff XD! Ho chiaro in mente dove la storia tra questi due andrà, vi chiedo di fidarvi di me :D. Btw, quando l’altro giorno ho riletto per caso un pezzo di “Venuto al mondo” della Mazzantini, sono incappata in quel piccolo pezzo di dialogo che ho inserito come citazione, e ho pensato proprio a Layla e Regulus! Cosa ne pensate? Ah, dimenticavo: avete presente l’entrata in scena di Reg che dice a Lay: “Sembri avere bisogno di una mano”? … è quello che dice Orion a MaryAnne nel flashback della loro ‘storia’, ricordate? Sì, mi piace il mio evil side!
 
Spero di riuscire a plottare il capitolo successivo in tempi brevi, nel frattempo vi saluto e vi auguro una buona domenica (fine domenica, in verità, ma non voglio rigirare il coltello nella piaga!).
Un bacio,
- Amanda
   
 
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