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Autore: Red_Coat    23/11/2015    3 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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ELABORAZIONE DATI IN CORSO …
 
   << Sei un disonore per il nome di SOLDIER! >>
<< A-aspetta, Angeal. Angeal!! >>
 
Rumore di vetri infranti, poi un pesante tonfo di un corpo che ricadeva a terra.
Il suo.
Zack Fair riaprì gli occhi quasi subito, ritrovandosi in ginocchio, le mani e le gambe trafitti da schegge verdastre di vetro robusto e un dolore sordo, appena percepito in ogni singolo nervo dei suoi muscoli intorpiditi.
Quanto tempo aveva passato sospeso in quella posizione senza riuscire a far nulla per uscirne? Si chiese, ma quasi subito il suo pensiero si spostò sul fante che gli aveva dormito accanto.
Si voltò verso la sua teca, appena in tempo per accorgersi che un giovane uomo col camice stava andandogli incontro allarmato, probabilmente per riportarlo dentro.
"Eh, no" pensò, scrollandosi il torpore e la rimanente sostanza verdastra di dosso "Scusa amico, ma ho da fare adesso."
Lo stordì con un pugno bene assestato, e quello crollò al suolo a faccia in giù, senza più protestare, permettendogli di occuparsi adesso del suo giovane compagno, ancora addormentato nella teca.
Si avvicinò al vetro, con le mani sfiorò la sua figura quasi a volerlo rassicurare
 
             << Tranquillo Cloud. >> disse, cercando un modo per aprire la prigione << Ora ti tiro fuori da qui.>> concluse quindi,
                   premendo un pulsante sulla base del macchinario
 
Quello non rispose, né diede segno di aver udito.
Si limitò ad aspettare che il liquido scomparisse nel canale di scolo preposto, per poi ricadergli tra le braccia quando il vetro si aprì.
Delicatamente e con dolcezza, Fair lo accomodò seduto sul duro pavimento, con la schiena poggiata sul piedistallo e le mani abbandonate sul terreno. Poi, vista la totale assenza di segni di vita, cercò di capire se lo fosse ancora.
Una rapida controllata al polso, e una più attenta occhiata al petto che si muoveva su e giù con una lentezza spaventosa, e il suo cuore si rasserenò.
Lo era. Era ancora vivo, per fortuna. Ma non c'era verso di fargli riaprire gli occhi.
Provò a scuoterlo, a scompigliarli la chioma bionda chiamandolo con dolcezza quasi avesse paura di farlo sussultare, ma quello non si mosse.
Riprovò una seconda volta, appena un po' più forte, ma nulla.
Strife continuo a restare abbandonato lì dov'era, come un burattino senza più fili, vittima di un sonno incredibilmente profondo.
Sospirando allora, Fair si rialzò da terra e si guardò intorno, decidendo sul da farsi.
Non potevano restare lì, se c'era ancora della sorveglianza presto sarebbe intervenuta e -strano a dirsi- si sentiva troppo stanco per combattere. Qualsiasi cosa gli avessero fatto, era fortunato a ricordarsela a malapena, ma gli aveva tolto più della metà delle sue forze.
Comunque non poteva di certo lasciare Cloud lì da solo in quelle condizioni, aveva fatto una promessa e tradirlo adesso era fuori discussione, oltre che dal suo personale modo di fare.
Avrebbe dovuto portarselo dietro e cercare di farlo rinvenire, ma come?
Un mucchio di carte sul tavolo in legno dietro di lui attirarono la sua attenzione.
Gli diede una rapida scorsa e non appena ebbe recepito la diagnosi sgranò gli occhi e abbassò il torace sospirando.
Intossicazione da Mako, forse irreversibile.
"Oh, dannazione!" pensò, e si trattenne a stento dall'esclamarlo per non farsi sentire dal compagno, mentre grattandosi con una mano i capelli corti dietro la nuca cercò di pensare ad una soluzione. Ce ne doveva sempre essere una, no? Possibile che gli scienziati non l'avessero trovata? O forse ... non erano interessati a farlo.
Sospirò di nuovo, accasciandosi quasi sulla superfice in legno del tavolo, poi però decise che era ora di andarsene, e riassumendo una posizione composta sfoderò il suo sorriso migliore e si voltò di nuovo verso il giovane fante, come se questi potesse effettivamente vederlo
 
                   << Va bene, Cloud. Ce ne andiamo. >> disse, le mani sui fianchi ed una posa sicura, poi si piegò alla sua altezza
                        e posandogli le mani sulle spalle gli scoccò un occhiolino << Vado a controllare che la strada sia libera.>> concluse, rassicurante
                   << Aspettami qui, faccio in un attimo. Okkey? >>
 
***
 ... 2 giorni dopo ...
 
La giovane guardia attraversò rapidamente le vie del 46esimo piano, facendosi largo con sicurezza e rapidità tra quei corridoi che gli erano diventati cosi famigliari durante il breve ma indimenticabile periodo in cui lui e suo fratello erano entrati come reclute.
Era passato un anno e mezzo -o quasi- da allora, ed erano cambiate un sacco di cose.
Tranne una.
Anche se ora lui e Jonathan avevano fatto volontariamente marcia indietro, come dimostrava la sua divisa da guardia cittadina, lui si sentiva ancora un SOLDIER, e tutti loro erano ancora una squadra.
Almeno fino a quando le circostanze della vita lo avrebbero loro permesso.
Soprattutto adesso, ch'erano rimasti in pochi.

 
            << Nigel! >> qualcuno sibilò il suo nome, afferrandolo per un braccio, e spingendolo a voltarsi

Il volto serio e adulto di Shin Nishimura, impettito nella sua nuova divisa da 2nd, lo sorprese e lo ammutolì.
Era il più piccolo della squadra eppure, da quando il Capitano se n'era andato, era stato più coraggioso perfino di lui. Era rimasto e aveva combattuto fino all'ultima missione per arrivare lì dov'era, per tentare l'impossibile.
Diventare un first. E non per sé, fosse stato per questo non gliene sarebbe fregato nulla e avrebbe seguito l'esempio degli orfani di Wutai, che avevano mollato, tornando da dove erano venuti, appena un paio di mesi addietro.
Ma per realizzare il sogno di Jiro, quel fratello maggiore che non aveva mai più rivisto, e che continuava a ricordare ogni volta che si trovava a scontrarsi contro una copia di Genesis, anche se ormai ne erano rimaste sempre più poche.
L'ultima volta, era successo più o meno una settimana addietro, durante un'ispezione nei dintorni di Modeo, dove si diceva fosse rimasto ancora qualcosa.
Lui e la squadra che gli avevano assegnato si erano ritrovati accerchiati, e all'improvviso guardando quelle creature i suoi muscoli si erano paralizzati, la sua mente si era riempita di ricordi, e gli occhi di lacrime disperate.
Aveva avuto un attacco di panico, era crollato in ginocchio urlando, e se non fosse stato per Katashi (anche lui un 2nd) non sarebbe tornato vivo da lì.
Nessuno glielo aveva fatto pesare, perché nonostante la giovane età e questa sua unica debolezza rimaneva pur sempre un bravo soldato, uno di quelli con la stoffa del leader.
Ma qualcosa era cambiato in lui, dal giorno in cui aveva scoperto la verità, anche se nei primi tempi si era sforzato con tutto sé stesso  di continuare ad essere quel ragazzo sorridente, positivo e tranquillo che tutti conoscevano.
Quell'episodio gli aveva finalmente aperto gli occhi su ciò che la guerra, quella guerra, gli aveva fatto.
Era come gli aveva detto il Capitano.
Quelle ferite ... non se ne sarebbero mai più andate. Nessuno gli avrebbe mai più potuto ridare suo fratello, né avrebbe potuto impedire alla sua mente di tornare indietro a quelle immagini, quei momenti che non aveva vissuto ma che erano rimasti indelebilmente impressi nella sua memoria da quando aveva appreso la verità.
E così ... ecco che all'improvviso quel sorriso era diventato indecifrabile e grande, come lui.
Tutto questo Nigel lo aveva appreso proprio da Katashi, durante uno dei loro raduni al bar del settore 8, che avvenivano fuori dell'orario di lavoro e spesso continuavano con una cena a casa sua nei bassifondi, quella che grazie ai soldi di quel nuovo lavoro lui e John erano riusciti a ristrutturare, cacciando via una volta per tutte lo squallore e l'odore di morte dalle pareti ormai ingiallite, e regalandosi una vita nuova in cui dimenticare l'orrore di quella che avevano appena vissuto.
Tutto era cambiato, anche per loro. Adesso, finalmente, c'erano i soldi per mangiare, vestirsi, pagare le bollette e pure divertirsi, ogni tanto. Ma soprattutto per pagare le spese mediche, quando Jonathan si ammalava.
Succedeva sempre meno, ma senza un termometro, un farmaco per far scendere la febbre e un ambiente temperato e pulito dove sbollire il malessere, ogni volta avrebbe potuto essere l'ultima. Loro due se ne intendevano di queste cose, soprattutto dopo la morte della loro mamma.
Era stata ancora una volta la sua salute cagionevole a negare a Jonathan il permesso di entrare in SOLDIER. Era risultato troppo debole per riuscire a superare il secondo ciclo del trattamento col mako al quale dovevano essere sottoposti tutti i suoi membri.
Nigel era passato, avrebbe potuto diventare anche lui un 2nd o un futuro 1st come Shin e Katashi.
Ma non aveva voluto.
Si sentiva ancora responsabile per suo fratello, non voleva lasciarlo solo e magari rischiare di perderlo durante un banale pattugliamento.
Non se lo sarebbe mai perdonato.
Così, nonostante le proteste dello stesso Jonathan, avevano entrambi fatto marcia indietro, e tutto sommato non gli era andata così male.
Grazie agli insegnamenti di Osaka, erano le guardie più ben addestrate che la sorveglianza cittadina avesse mai avuto.
Anche se non mancavano ogni tanto gli sguardi, alcuni anche sospettosi, a quegli occhi leggermente accesi di mako.
Come quelli che adesso lo stavano fissando quasi preoccupati

 
            << Che ci fai qui a quest'ora? >> chiese Shin << Non eri di turno? >>
            << Ho staccato prima >> rispose lui << Un amico mi ha dato il cambio e ha promesso di tenere la bocca chiusa.
                 Senti, hai visto Adam? >> chiese infine, guardandosi intorno e cercando di scorgerlo tra i fanti e i pochi SOLDIER che
                 percorrevano i corridoi.


L'altro sospirò pesantemente, allentando la presa sul braccio e abbassando gli occhi

           << ... Ha chiamato anche te? >> bofonchiò torvo

Newell annuì

           << Era spaventato a morte. >> confermò preoccupato
 
Un altro sospiro, il 2nd continuò a tenere gli occhi bassi sui suoi stivali. Nigel cominciava a sentirsi irrequieto

          << Shin >> provò a riscuoterlo, afferrandogli con una mano la spalla destra << Tu ne sai qualcosa?
                Riguarda il Capitano? >> ribadì


Nishimura scosse il capo con rammarico, chiudendo gli occhi quasi volesse impedire alle lacrime di uscire, poi si raddrizzò e rispose, guardandosi intorno

          << ... Non ne sono sicuro. Noi di SOLDIER non siamo stati informati. >>
 
Stavolta fu Nigel a sospirare. Quindi ... era una questione che riguardava solo l'esercito? Quanto era grave?
A guardare la faccia del suo ex commilitone... parecchio, o giù di lì. Lo osservò, assorto in quei pensieri, e all'improvviso si accorse che l'altro stava guardando un punto fisso di fronte a sé, in fronte alla grande vetrata che dava su Midgar, immersa nelle tenebre della sera.
Lì, in piedi di fronte alla Hall,  se ne stava a fissarli un ragazzo poco più grande di loro, i capelli neri tagliati corti sulle orecchie, e le mani abbandonate lungo i fianchi della divisa ordinaria da fante che pareva indossare quasi senza accorgersene.
Il cuore di entrambi ebbe un fremito. Non appena fu certo di aver attirato la loro attenzione, il fante si voltò e si allontanò a grandi falcate in direzione opposta.

 
            << Va bene, grazie. >> scattò Nigel, rivolgendo un ultimo breve << Ciao.>> all'amico prima di seguire
                 di corsa il ragazzo << Adam! >> lo chiamò, senza ricevere una risposta, tallonandolo fin dentro il cortile
                 interno del HQ

            << Adam!! >> ripeté con più veemenza, bloccandolo sotto una delle colonne ai lati del patio << Che diavolo succede,
                 che avevi prima al telefono? >> chiese, riprendendo fiato << Mi hai fatto preoccupare! >> lo riproverò, pentendosene
                 subito dopo


Quello non rispose. Si limitò ad ingoiare a vuoto, rivolgendogli un lungo, affranto sguardo prima di voltarsi nuovamente e riprendere a camminare.
Newell sbruffò spazientito

 
          << Dove vai adesso? >> gli urlò allora << Adam!? >> ripeté, non ricevendo risposta
 
La sua voce fu così sicura e autoritaria che, all'improvviso, l'altro si bloccò e, lentamente, si voltò verso di lui, mostrandogli due occhi carichi di paura, tristezza e lacrime
 
          << Ho bisogno di un posto tranquillo. >> gli rivelò, con voce stranamente sostenuta << Vieni con me ... >> aggiunse poi,
               incrinandola << Per favore. >>

 
INTERRUZIONE DATI ...
 
- Era sera, una gelida sera d'inverno, quando finalmente Victor Osaka giunse alle porte di Nibelheim, il villaggio sperduto tra i monti dove tutto era accaduto, nonostante il ragazzo dei suoi sogni avesse cercato d'impedirglielo ripetute volte, facendo sentire la sua voce oltre il muro di silenzio dentro al quale si era barricato durante l'ultimo tratto del suo cammino.
Si sarebbe aspettato di ritrovarsi di fronte a rovine devastate dalle fiamme e piene di turk e guardie, ma questa sua previsione fu vera solo a metà.
Nascosto dietro il muro di una casa all'inizio dell'agglomerato, osservò le guardie -divise in folti  gruppi- muoversi insonnolite su e giù per la piazza centrale e nei vicoli, mentre un paio di Turks monitoravano la situazione dalla fontana al centro dello spiazzo.
A parte questo, tutto era come se non fosse accaduto nulla; Le case erano ancora al loro posto, quasi tutte abitate, e un uomo uscì dalla locanda proprio in quel momento, nonostante il freddo e l'ora tarda, per chiedere qualcosa ad uno dei fanti che ne sorvegliavano l'ingresso.
Avevano ricostruito ogni cosa, fino al più piccolo mattone, così da eliminare ogni traccia di quello spiacevole evento, in puro stile Shinra.
Eppure, non appena gli occhi di Osaka si posarono su quel mucchio di mura nuove di zecca, le poche luci ancora accese oltre le finestre si spensero, e quasi in contemporanea altre immagini attraversarono quelle pupille tornate feline, come specchi della vera realtà
. -
 
///
 
Fuoco.
Fiamme divampanti verso la luna eterea, corpi carbonizzati e trafitti che si contraggono in un ultimo spasmo, mani immerse nel sangue che graffiano il terreno prima di abbandonarlo per sempre.
Guardo davanti a me, ancora nascosto dietro alle mura di pietra di questa casa, dal quale provengono urla, calore, e gemiti strazianti.
Mura amiche, che all'improvviso si trasformano in un gigantesco, mortale forno crematorio.
A pochi metri da dove mi trovo, con un improvviso assordante boato ed una spaventosa esplosione di fiamme e scintille, il tetto dell'enorme edificio in legno e pietra della locanda crolla, accasciandosi sul piano superiore, facendolo inevitabilmente crollare su quello a terra e travolgendo coloro che vi erano rimasti intrappolati, incluso un cane spaventato che aveva appena provato a entrarvi, chissà perché.
A bocca spalancata trattengo il respiro, mentre ascolto le grida spaventate che aumentano esponenzialmente per poi spegnersi tutte insieme, divorare dal fuoco.
L'aria è arida, bollente, graffiante.
Tutto è ... esattamente come dovrebbe essere. Continuo a guardare quello spettacolo orrendo, senza fiatare.
Poi, così com'è venuta, quella visione scompare, e torno a questa strana realtà.
Guardo l'edificio della locanda, perfettamente ricostruito, poi faccio lo stesso con gli altri e nuovamente le immagini del passato si mescolano al presente.
So perfettamente cosa sta accadendo.
Sephiroth ... questi sono i suoi ricordi ...
Sento continuamente brividi ghiacciati percorrere la mia spina dorsale, non so a cosa attribuirli ma m'impongo di restare calmo.
Non ho paura, gliel'ho promesso.
Ma anche questo non è sufficiente a prepararmi quando, da una delle case in fiamme di fronte alla locanda vedo spuntare una sagoma a me famigliare.
Una folta criniera nera sul capo, la divisa da first class annerita dal fumo, la Buster Sword sulle spalle e la pelle delle robuste braccia, del collo e del viso madida di sudore, mentre si affanna a trasportare fuori un bambino, cinque anni o poco più, stretto alle sue braccia.
Deglutisco
 
         << Zack ... >> mormoro, quasi senza accorgermene, pentendomene subito dopo
 
Lui si volta verso di me, come se mi avesse sentito. Vorrei mostrarmi, ma ... invece mi ritraggo, appiattendomi a più non posso contro la parete e trattenendo il respiro.
Chiudo gli occhi, vorrei piangere.
Cerco di non fare rumore, non posso farmi scoprire proprio adesso. E quando li riapro, mi accorgo che evidentemente non ci sono riuscito, perché un paio di soldati stanno avanzando con cautela nella mia direzione.
Vado in panico, improvvisamente. Non posso neanche imprecare, merda!
Si sono accorti di me? Che ca@#o ho fatto? Cosa ca%$o ho detto??
Anche uno dei due turk, quello con una zazzera rossa in testa e un manganello come arma, sta avvicinandosi nella mia direzione.
Non posso scontrarmi con loro, non ancora.
Ho altro da fare, prima di questo. Ma non posso neppure nascondermi nei dintorni e sperare che non mi trovino. Devo andarmene il prima possibile da qua, verso il reattore.
È lì che mi attendono la maggior parte delle mie risposte, lo sento.
Rapidamente, mi guardo intorno alla ricerca di una possibile via di fuga, e la trovo in un gatto che, a passi rapidi e felpati si arrampica su un albero non distante, percorre un breve tratto su un ramo e poi spicca un balzo sul tetto, allontanandosi rapidamente in cima al cornicione.
Sorrido.
Non sono un gatto, ma ... non penso di essere da meno, anche senza una mano e con un’arma al fianco.
E poi non ho un'idea migliore di questa. Spero solo che la luna mi aiuti.
 
///
 
- Ci mise davvero poco a far perdere le sue tracce.
Si portò sull'altro lato della casa, mentre i mormorii e i passi felpati delle guardie che aveva alle calcagna si mescolavano al suono leggero del suo respiro, regolare, rilassato.
Poi, pregando che la sua mano sinistra lo aiutasse, afferrò con le dita una scalfittura orizzontale nella trave in legno che rinforzava l'angolo tra i due muri, posò il piede destro sulla superficie irregolare fatta di pietre levigate e cemento e prese ad avanzare verso il secondo piano con la sola forza delle gambe. Scalare un muro ripido come quello in questione era già un'impresa ostica di per sé, figurarsi con una mano sola e con dei mastini alle calcagna.
Ma, pur rischiando di cadere più di una volta, riuscì ad arrivare al secondo piano e sgattaiolare al suo interno attraverso l'apertura quadrata per una finestra ricavata a metà altezza nel muro.
Gli bastò un'occhiata rapida attraverso il buio per capire di trovarsi in una stanza vuota di una casa disabitata, ristrutturata interamente solo all'esterno e parzialmente dentro.
Atterrato sul robusto pavimento in legno, si concesse appena qualche attimo per controllare che fuori nessuno si fosse accorto di lui, poi si voltò, e di nuovo le sue pupille cambiarono forma e realtà, quando ricaddero sulla fuliggine che anneriva parte dei muri, e quasi interamente le travi del soffitto.
Si ritrovò circondato dalle fiamme, dal calore, dal loro ardere assordante, mentre i cadaveri inceneriti di una mamma e del suo piccolo figlioletto ancora in fasce giacevano poco distante da lui, stretti l'una all'altro in attesa di quella orribile fine che alla fine li aveva trovati insieme.
Dovevano essere morti per asfissia, e il fuoco aveva fatto il resto riducendo ad un mucchio di ossa e carne bruciata i loro corpi.
Era uno spettacolo talmente raccapricciante, che il suo primo istinto fu quello di arretrare e allontanarsi il più possibile da quella stanza, ma non lo fece.
Anzi, continuò ad avanzare lentamente, tra quelle fiamme che lo sfioravano ma non lo scalfivano, proprio come avevano fatto con Sephiroth, quasi cingendogli le spalle ed invitandolo a proseguire verso le scale, ove un altro cadavere lo attendeva.
Quello di un uomo, a giudicare dagli abiti e da quello che era rimasto del suo corpo, travolto e schiacciato da una trave caduta dal soffitto parzialmente divorato dalle fiamme proprio mentre si accingeva a compiere il disperato atto di salvare quelli che probabilmente avevano dovuto essere sua moglie e suo figlio, evidentemente già morti da un pezzo.
Gli mancò il fiato. Gli occhi si gonfiarono e iniziarono a lacrimare, forse per il fumo, o più probabilmente per il dolore che quella visione ebbe il potere di restituirgli.
Stava davvero cercando di ritrovare il responsabile di quella strage?

Sephiroth ... il Sephiroth che aveva conosciuto non sarebbe mai stato capace di un simile orrore. O forse ... si.
Si che lo sarebbe stato. Faceva ... parte della sua natura. La Loro.
Rabbrividì, volle provare paura, ma aveva promesso di non farlo.
"Io non ho paura." Gli aveva detto "Non ne avrò, mai più."
Per questo, scosse il capo e ricaccio in dentro le lacrime, puntando quasi inconsapevole gli occhi sul buco nel soffitto e, richiamando a sé i muscoli e la mente fino a poco prima paralizzati, avanzò ancora un poco, portandosi proprio sotto la ferita nel soffitto.
Fu allora che, così com'era venuta, quella visione scomparve, e lui poté finalmente trovare la sua via di fuga verso i tetti di Nibelheim.
Quel buco, era ancora lì.
Con molta probabilità quella era una delle poche case ancora in via di ristrutturazione, ma ... lui non poteva saperlo.
Così come non poteva sapere che le copie di Genesis non potevano essere vive dopo la sua morte, e che in realtà quello di Nibelheim non era stato solo un "incidente".
Eppure, ora era lì che fissava quelle travi, la corda che calava da esse fino a terra dove si trovava lui, e la sua mano sinistra che già ne stringeva il capo.
"Vieni da me".
Ecco il messaggio in quei gesti già programmati, in quegli occhi che nonostante la fine della visione non si erano trasformati.
Un flebile fascio di luce lunare entrava dall'apertura e avvolgeva interamente la sua figura, in piedi di fronte a lei, e all'improvviso ogni esitazione scomparve.
"Verrò..." pensò, stringendo di più il pugno sui fili di canapa “Sto arrivando, Sephiroth.”;

Poi, con uno strattone fece scattare la corda e si appese ad essa, appoggiando i piedi alla colonna che sosteneva la trave al quale era legata e iniziando a risalire così, facendo scorrere con molta cautela il filo nel pugno chiuso e continuando a fissare la faccia pallida dell'astro che dominava un cielo nero come fuliggine quella sera, ma incredibilmente pieno di magnifiche stelle.
Poté vederle chiaramente quando, finalmente, raggiunse la superficie, e si concesse il lusso di un sorriso ergendosi sul panorama e lasciando che una brezza gelida lo accarezzasse, prima di accovacciarsi sul retro della frattura ed ascoltare così le voce e i passi provenienti dal retro e da dentro la casa

 
           << Sarà stato solo un gatto. >> esordì alla fine la voce del turk che lo aveva inseguito << Rompiballe.
                Comunque ora i ragazzi sono andati dentro a controllare. >> concluse, probabilmente rivoltò al suo collega
                nero che lo aveva raggiunto.

 
Si trovavano entrambi sul retro, esattamente all'altezza delle sue spalle.
Fortunatamente, il tetto era abbastanza grande e basso da impedir loro di sbirciare nel punto in cui si trovava, e lui era abbastanza coperto di nero da potersi celare bene nell'oscurità anche nonostante la luna.
Subito dopo, a conferma di ciò che aveva appena detto il ragazzo con la zazzera rossa, udì uno scricchiolio e guardando in giù s'accorse che un paio di fanti stavano salendo con cautela le scale e ispezionando la stanza puntando contro il buio i loro fucili.
Guardò la corda ancora nelle sue mani, accorgendosi di stare ancora stringendola, poi si ritrasse in dentro per evitare che i suoi occhi brillanti di Mako scintillando rivelassero la sua presenza. Anche se, pensò, quegli idioti lo avrebbero di sicuro scambiato per un felino a zonzo sui tetti.
Ghignò, non potendone fare a meno, poi finalmente udì i passi che si allontanavano e, pochi minuti dopo la voce di quello che probabilmente doveva essere il capitano dello squadrone riferire che non c'era stato assolutamente nulla di sospetto

 
             << Tutto nella norma, signore. Nessun intruso rilevato. >>
             << Ovviamente. Rompiballe di un gatto! >> ripeté allora il turk, poi ordinò << Tornate tutti ai vostri posti, non possiamo
                  permetterci altre fughe dopo quella dell'altro ieri. Il professor Hojo è nervoso più del solito ultimamente.>>

 
Il respiro di Victor gli si smorzò in gola, la mano si strinse di nuovo intorno alla corda e il ghigno sulle labbra si spense all'istante.
Fuga? Chi era fuggito due giorni fa? Da dove?
E poi ... Hojo? Che ci faceva quel pazzo lì? Cosa stava aspettando?
Che centrasse qualcosa lui, in tutta questa tragedia? O forse aveva solo approfittato della moria per nuovi campioni ed esperimenti?
Questo avrebbe dato una risposta anche parziale alla prima parte della frase. Ma ... non poteva mettersi ad investigare adesso. Avrebbe dovuto aspettare che le acque si calmassero, o comunque cercare di scoprirne di più senza rischiare di finirci dritto in braccio.
" Non ci pensare neanche! "
La voce del ragazzo del suo sogno intervenne a salvarlo dai dubbi
" Non dovevi neanche entrarci a Nibelheim, se non fosse stata l'unica via per il reattore."
Come aveva fatto durante tutto l'arco di quell'ultima, lunga settimana, l'ex 1st Class decise categoricamente d'ignorare dell'ennesimo rimprovero e mettere da parte solo momentaneamente quel mistero.
Lo avrebbe risolto più tardi, ora doveva raggiungere l'unico indizio che aveva, l'unico luogo che i suoi sogni gli avevano mostrato assieme alle voci.
Così, dopo un’ultima rapida occhiata di ricognizione, sollevò appena le ginocchia da terra e in quella posizione spinse il suo corpo in avanti, muovendo furtivo e cauto i primi passi sulle tegole vacillanti, nascosto nella totale oscurità che la luna aveva deciso di concedergli, coprendo la sua bianca e chiarificante luce con un’improvvisa e spessa coltre di nubi, scure come la tempesta che stava avvicinandosi sempre di più. -

 
***

Due ore dopo, sono qui.
Non so perché c'ho messo così tanto in realtà, visto che ho anche corso senza neppure accorgermene.
In realtà, credo che sia colpa di queste maledette montagne, ispide, intricate e piene di punti morti e vicoli ciechi, pericolose, peggio di un labirinto.
Ho sbagliato un paio di volte la strada, ma sono sorpreso di non essermi perso.
Le mie gambe sono andate avanti da sole, seguendo un percorso prestabilito già scritto nella mia testa, come ho cominciato a fare da quando sono arrivato qui.
Sephiroth mi sta guidando.
I suoi ricordi si mescolano ai miei, guidando i miei passi, le mie azioni, in questa assurda quanto essenziale corsa contro il tempo alla ricerca della verità.
Mi sono smarrito venendo qui, perché ho perso la mia concentrazione, mi sono distratto ed ho smesso di sentirlo.
Quello che ho sentito prima dalla bocca del turk mi preoccupa, non poco. Continuo a farmi domande, ogni passo che faccio lontano dal villaggio mi rende nervoso e insicuro al contempo; non vedo l'ora di arrivare al reattore, ma dentro di me sento che sto facendo la scelta sbagliata, che sto ... perdendo tempo.
Continuo a pensare a Zack.
Non c'era traccia di lui, e questo mi sembra sia normale. Nella visione che ho avuto, lui era ancora vivo e stava aiutando un bambino. Ma dopo? Cos'è successo dopo? Com'è riuscito a salvarsi?
Perché ... si è salvato ... vero?
DEVE averlo fatto, per la dea! Deve!
Mi manca il fiato, ca%$o!
Arresto i miei passi e prendo due lunghe e profonde boccate d'aria, appena in tempo per riemergere dai miei pensieri, e accorgermi di avercela fatta.
La gigantesca, colossale entrata del reattore mi accoglie con spettrale imponenza, la porta chiusa come previsto e nessuna guardia a sorvegliarla. Pare che abbiano di meglio da fare giù, al paese.
Traggo un ultimo, profondo respiro. L'aria intorno a me è gelida, tesa.
O forse sono i miei muscoli ad esserlo.
Muovo i primi passi, la mano sinistra si lega attorno alla katana tremando mentre lentamente e con molta cautela adesso mi avvicino sempre di più.
Poi, appena giunto ai suoi piedi, alzo un piede e mi accingo ad iniziare la scalata, appoggiandolo sul primo gradino.
E, all'istante, tremo.
La realtà si tinge di nuovo dei Suoi ricordi, con una violenta scossa elettrica lungo la spina dorsale ritorna ad appropriarsi dei miei occhi, e del mio corpo.
Mi guida su, fino alla porta chiusa che, non appena vi poggio il palmo coperto dal guanto si apre cigolando.
Aperta. Perché?
Continuo ad avanzare, senza cercare una risposta a quella domanda, condotto di fronte ad una di quelle strane capsule di metallo grosse e tonde come i gusci di qualche larva.
Mi sporgo a guardare dall'oblò di vetro.
E l'orrore s'impadronisce di me.
 
<< Voi ordinari membri di SOLDIER siete umani infusi di Mako. >>
 
La voce di Sephiroth tuona nella mia mente. Mi basta un battito di ciglia, per ritrovarmelo davanti
 
           << Siete potenziati, ma rimanete umani. >> dice, guardando la creatura << Ma loro? I loro livelli di energia mako
                sono esponenzialmente molto più altri dei vostri. >>
 
Sembra che parli a me, ma ... un'altra voce risuona alle mie spalle. Zack.
 
           << Sono ... mostri? >> risponde sconcertato, guardando di nuovo la creatura nell'oblò
 
Sephiroth annuisce. Io non so cosa fare. Rimango lì, inchiodato a guardarli, pensando che forse questi sono stati i loro ultimi istanti, e mentre mi muovo alla ricerca dei Suoi occhi, nella futile, idiota speranza di poterli di nuovo rivedere per un ultima volta nei miei, sento le lacrime salirmi in gola, e sobbalzo quando sento le sue prossime parole
 
            << Si. >> risponde, con una strana pesantezza nella voce << È stato il professor Hojo a crearli. Abomini generati dall'energia
                Mako, questo è ciò che questi mostri sono. >>
 
Hojo?? Questo villaggio era la base per i suoi esperimenti sul Mako? E queste creature ... anche loro prima di diventare così erano ... esseri umani?
Non so cosa pensare, cosa dire.
So che entrambi sono soltanto immagini di momenti già avvenuti, bieche pantomime di ciò che ormai è già passato. Ma i mostri in quelle capsule sono veri, sono ancora qui.
E ... Sephiroth ... questo è l'attimo in cui sto per dirgli addio?
 
        << Hai detto membri ‘ordinari’ di SOLDIER. >> continua Zack, con la sua solita ingenuità << E tu allora? >>
 
Un breve attimo di silenzio, Lui esita, io inizio a scuotere la testa, caparbiamente. Non voglio sentire. Non voglio vedere quell'espressione sul suo volto. Non voglio che il mio Generale commiseri sé stesso! Non posso accettarlo. Non posso!
Poi, all'improvviso, lo vedo prendersi la testa tra le mani, avanzare barcollante nel tentativo disperato di levare dalla testa quel dolore, quello stridio insopportabile di pensieri vuoti, quel rumore sordo che ora coinvolge anche me.
Cado a terra, in ginocchio, urlo, sprofondo la testa pesante tra le braccia, e con le dita nei capelli tiro così forte da staccarmene alcune ciocche.
Nel frattempo, la voce di Sephiroth continua, ed ora le voci di quella notte assumono volti, contorni, e scenari
 
         << Io ... sono stato ...>> mormora, sconvolto << sono stato creato allo stesso modo? >>
 
Piango. I singhiozzi sono così forti da scuotermi violentemente il petto
 
          << Sono uguale a questi mostri? >>
 
E allora, esplodo
 
           << NOOOO! >> urlo con rabbia, rialzandomi ed afferrando di nuovo la mia arma
 
NO NO NO NO!
Non lo sei! TU NON LO SEI, SEPHIROTH! NON LO SIAMO!
Noi siamo più di questo, Sephiroth! ME LO HAI DETTO TU CHE MERITIAMO PIÙ DI QUESTO!
Vorrei urlarlo, ma l'unica cosa che riesco a fare è estrarre la mia katana e fiondarmi contro la prossima porta, alla fine della breve scalinata, per poi sfondarla con un attacco magico che non avevo ancora mai usato, un'onda d'urto impressionante e potentissima che la catapulta lontanissimo da me, sradicandola dai cardini.
Fisso ammutolito la scena che segue, i muscoli contratti, il fiato mozzo e ogni centimetro della mia pelle coperto di sudore.
Allora ... Jenova ... era qui?
Vedo Sephiroth che le rivolge un sorriso sollevato, innamorato, allargando le braccia verso il contenitore che la imprigiona.
 
         << Non essere triste, madre ... >> le dice, sfiorando il vetro all'altezza del suo viso << Sono con te adesso! >>
 
Allora ... è davvero così?
Quella creatura ... è lei tua madre? Quindi ... neanche tu sei come tutti gli altri. Ma perché spingerti a questo? Perché tutto quell'orrore Sephiroth? Raccontami, sono qui!
 
          << Madre, loro sono di nuovo qui. Tu avresti dovuto governare questo pianeta. Tu eri più forte, più intelligente ... >>
 
Ascolto. A bocca aperta.
Senza pensare. Senza parlare.
Governare ...?
 
          << Ma poi, sono arrivati loro. >> continua lui, stavolta con bieco disprezzo << Questi stupidi esseri inferiori ... >>
 
Il mio cuore si ferma e anche il mio respiro. Perché adesso, la lama pesante della Buster Sword è puntata alla sua gola.
Rabbrividisco.
 
         << Zack ... >> riesco solo a mormorare, sgomento
 
Che stai facendo?
Cos’hai fatto? Cosa ca#@o hai fatto?
No ... non può essere ... Non può essere vero? Non puoi averlo fatto, Zack! Tu non puoi ...
 
          << Sephiroth! Io mi fidavo di te! >> Sono le sue ultime, accusatorie parole, prima che la lama della Masamune incroci la sua
                e dia inizio al duello letale al quale assisto immobile e sconcertato, da dove mi trovo.
 
Alla fine, Zack precipita quasi privo di sensi sui gradini che ho appena attraversato, e la sua Buster Sword con lui, conficcandosi al suolo, mentre Sephiroth torna da lei.
Penso sia finita, sto per andarmene anche io, quando l'ultima cosa che e sento è una voce zuccherosa ed infantile che urla con rabbia il suo nome e appena mi volto scorgo la sua sagoma precipitare ad occhi spalancati e bocca aperta in una espressione di stupore nel mare di lifestream che scorre sotto di noi, fra i tentacoli del reattore ancora in funzione.
 
           << Sephiroth! >> urlo, precipitandomi verso la voragine ove l'ho visto sparire
 
Ma è troppo tardi.
Sono arrivato molto, troppo tardi. Un anno e otto mesi dopo.
E mentre i miei occhi tornano normali, mi ritrovo in ginocchio a battere il pavimento di linoleum con i pugni talmente forte da farmi male. Devo smettere, una parte di me sa che devo farlo o la mia mano destra appena guarita non potrà più aiutarmi.
Ma sono troppo fuori di me per riuscirci. Continuo a piangere, reggendomi la testa tra le mani, scuotendo il capo, ripetendo quel "no" quasi come fosse una supplica al tempo appena trascorso, agli eventi che ho appena visto accadere, a ... tutto questo.
Non può! Non può essere accaduto!
Come può Zack averlo fatto, aver pensato anche solo per un attimo di riuscire a sopraffarlo? Come può essere successo, senza che io abbia potuto farci nulla?
Zack, perché? Perché ci hai provato? Dimmi che sei vivo adesso, ti prego? Dimmi che non ti ha ucciso, e ...
Dimmi chi è stato? Chi lo ha fatto al posto tuo? Chi ha osato tanto?
Chi deve essere punito? Chi! Voglio sapere chi?
Un'altra serie di violenti pugni sul pavimento, il metallo si è infossato sotto il peso dei miei colpi, ma sono troppo sconvolto adesso per controllare che la destra non mi abbia abbandonato definitivamente.
Ripenso a quella voce, quella che ha gridato il nome del mio generale prima di ucciderlo.
La rievoco, una, più volte, fino a che all'improvviso l'odio non s'impossessa nuovamente di me, quando mi rendo conto di averla già sentita, prima di allora.
Strife ... Cloud Strife.
Quel lurido chocobo parassita travestito da fante ...
Era lui.
Non l'ho visto, ma so che era lui. Oh, sì che lo era! Mi è impossibile non riconoscerlo.... maledetto moccioso!
Tutto d'un tratto, le lacrime sono scomparse dal mio volto, un odio atavico, prepotente ha preso il posto della disperazione, e il mio viso brucia avvolto dalle fiamme che avvampando ricominciano ad ardere nel mio cuore, prepotentemente, incontrastabili.
Guardo il mare di Lifestream che, come allora, continua a scorrere sotto di me, immutabile, lento, sempre più limpido. E guardandolo stringo l'elsa della katana, mentre un'improvvisa calma mi travolge.
Ora, anche questa parte del sogno è chiara.
E una collera cupa e crudele si dipinge sul mio volto.
"Te l'avevo detto, pulcino." penso, con un nuovo proposito nella mente " Ti avrei ritenuto responsabile, qualsiasi cosa fosse successa.
Lo sapevo fin dal primo istante in cui ti ho visto.
E adesso pagherai per questo, fino all'ultima, insignificante, inutile goccia di quel tuo lurido sangue, anche se Sephiroth dovesse un giorno tornare. Rimpiangerai in ogni singolo giorno della tua misera, schifosa esistenza di aver compiuto questo affronto, dovesse essere l'ultima cosa che faccio in vita mia.
"
Te lo prometto, Strife.
Tu morirai.
E sarò io a spedirti all'inferno.

***
 
- Trascorse la notte dentro il reattore, lo sguardo fisso perso a scorrere altri stralci di quel passato che ormai era diventato storia, piangendo, pregando e sognando il momento in cui avrebbe finalmente potuto dare il via alla sua vendetta.
Non chiuse occhio, non riuscì a farlo e neppure lo volle.
Accovacciato vicino al luogo ove il suo Generale era scomparso, seguitò ad ascoltare la sua voce, sfiorando i suoi ricordi con la punta delle dita, promettendogli il sangue di Cloud Strife come risarcimento per quel meschino, blasfemo atto di presunzione, e per la prima volta anche quello di Genesis Rhapsodos, per aver pronunciato verso di loro bestemmie e bugie, per averli feriti, relegati con quella sua lunga lingua biforcuta a semplici mostri frutto del caso, quando invece loro erano molto di più.
"Il disegno ch'è stato preparato per noi è molto più grande di quello che immagino, Sephiroth. Lo so." Gli disse " Ma anche se non riesco a capirlo ancora, comincerò da qui.
Punirò chi ci ha oltraggiati, darò la ricompensa a chi ci ha feriti, ucciderò chi ti ha ucciso.
Non permetterò a nessuno di uccidermi, prima che la mia missione sia compiuta."
Non lo avrebbe permesso a nessuno, no. Lo giurò solennemente allora, di fronte alla bambola di Jenova accasciata di fianco al contenitore ormai in frantumi e vuoto, e lo avrebbe giurato in eterno per il resto dei suoi giorni.
Quello che non sapeva, era che lo aveva già fatto, in un’altra vita, molto tempo prima.
E anche in quella, adesso, nulla avrebbe potuto impedirgli di mantenere la promessa.
Continuò a pregare, mentre le ore passavano e il silenzio diventava assordante. Poi, verso le prime luci dell'alba, un altro fragile pensiero balenò nella sua mente, come una sorta di ricordo lontano, e seguendolo riprese a camminare, allontanandosi sempre di più da quel luogo e desiderando ardentemente di aver ascoltato quello spirito nella grotta, che gli aveva chiesto di sfiorare il cristallo e connettersi al pianeta.
Forse, pensò con un certo sollievo, non tutto era perduto ancora. E vista l'alta percentuale di Mako nella zona, con un po' di fortuna avrebbe potuto farlo anche da lì.
Perché aveva assolutamente bisogno di sentirlo, come mai aveva fatto prima di allora.
Doveva parlargli. E adesso sapeva anche come riuscirci
. -
 
///
 
Una grotta immensa, un meraviglioso rifugio sotterraneo al centro dell'alto piano montuoso, molto sotto il reattore, con camere gigantesche e colonne lavorate da millenni di natura incontaminata, magnificamente impreziosite dalla cupa e cristallina colorazione verdastra che il mako di cui questo posto è ricco ha conferito loro. Uno spettacolo mozzafiato, degno del più ricco e potente dei signori.
Ci sono arrivato seguendo le memorie che mi hanno sfiorato, dopo una notte passata a fissare il vuoto sul gelido pavimento della stanza interna del reattore, a tratti macchiato ancora di sangue.
Da questa grotta, situata appena sotto il monte del reattore, dovrei riuscire a ritornare al punto di partenza e ripercorrere la strada verso il villaggio.
Non chiedetemi come, lo so è basta!
Comunque ...
La mia mano destra è a posto all'apparenza, non ha subito danni per lo quali anche se in superficie è spuntato qualche livido. Penso che stia facendo più progressi di quanti me ne sarei aspettato, e non ne sono sicuro, quasi non ero in me, ma credo di aver vissuto un lungo stato febbricitante prima di riavermi.
Comunque, il mio cuore continua ad ardere.
Ora so come si è sentito Sephiroth quella notte, perché lo ha fatto. Lo capisco.
Avrei reagito allo stesso modo. E forse anche peggio. Non sono sicuro del destino che sia toccato a Strife, non posso più avere la certezza matematica che sia morto nell'incendio subito dopo aver scaraventato Sephiroth nel flusso vitale.
Per come mi si è presentato quella volta a Junon, è escluso che abbia provato a salvare qualcuno come ha fatto Zack, e nulla conferma che sia morto.
Potrei ritrovarmelo davanti in qualsiasi momento e tutto ciò non fa che alimentare il fastidio e la rabbia, anche se il pensiero di poterlo sgozzare con le mie mani mi reca non poco sollievo, lo ammetto.
Mi auguro che ... anche Zack sia riuscito a salvarsi.
Dovrei essere arrabbiato con lui, ma ... penso abbia agito d'impulso, vedendo tutto quello che era successo al villaggio.
Spero solo che il Generale non sia stato troppo inclemente, e che il suo corpo da 1st class abbia resistito abbastanza a lungo da permettergli in qualche modo di salvarsi.
Questo però cambia di molto la mia prospettiva di ritrovarlo.
Lui non è un Antico, non sa curarsi da sé e con molta probabilità non avrà avuto nessuna o poche materie curative con sé. E poi non riesco a fare a meno di pensare a ciò che ho sentito prima di giungere al reattore, ieri sera.
Quand'è che Hojo è giunto a Nibelheim? Era già qui prima dell'incendio, o sarà stato allertato dopo che i fatti erano già avvenuti?
È  possibile che Zack fosse ancora qui, incosciente, al suo arrivo? E che sia stato Hojo a ... ritrovarlo?
Tutto ad un tratto arresto i miei passi, mi blocco, un brivido ghiacciato di paura e ribrezzo percorre i miei nervi, fino a sotto la nuca, mozzandomi il fiato.
Per un'interminabile istante arresto la mia mente, e punto i miei occhi sul soffitto scuro e incredibilmente alto della stanza in cui mi trovo.
Vorrei sbagliarmi. Ah, quanto lo vorrei!
Il solo pensare a Zack privo di sensi e prigioniero di quell'orribile caricatura di un essere umano mi sconvolge e terrorizza al contempo.
Ma questa, sciaguratamente, mi sembra l'ipotesi più verosimile che riesco a formulare, ed ho imparato a fidarmi del mio istinto.
Di nuovo, sento che non dovrei essere qui.
Che ci faccio, lontano dal mio proposito di salvarlo? Perché non sono in giro a cercarlo, invece di starmene a zonzo per le montagne del nord?
Sospiro, con inspiegabile difficoltà, mentre la mano sinistra sprofondata nella tasca del soprabito stringe la lettera che ho portato da Gongaga.
Devo ancora tentare di fargliela vedere, di riportarlo a casa dai suoi.
Un secondo sospiro, ancor più doloroso.
Perché lo hai fatto, Zack? Perché non riesci mai ad essere almeno un po' egoista, a infischiartene e seguire semplicemente gli ordini?
Avresti potuto lasciare che se ne occupasse l'esercito, i fanti o che quel tuo pulcino facesse la fine che aveva scelto di fare.
E invece no ... sempre pronto a sacrificarti per gli altri, sempre pronto a rischiare tutto pur di non tradire la missione che Angeal ti ha affidato prima di andarsene ...
In fondo ... capisco anche te. Non siamo tanto diversi ... abbiamo entrambi qualcosa per cui morire, qualcosa per cui lottare e vivere.
Ma ... quello che hai provato a fare quella notte era troppo anche per te, lo sapevi benissimo.
E allora perché lo hai fatto, dannazione??
Riprendo a camminare, stringendo il pezzo di carta nel pugno tremante di rabbia e ritornando a scuotere con vigore il capo.
Sei stato uno stupido stavolta, Zack. Non avresti dovuto scontrarti con lui, non da solo.
E non devo sentirmi in colpa, se non riuscirò a ritrovarti. Anche se probabilmente lo farò, lo sai vero? Anche io, da quando ti ho conosciuto, non ho fatto che preoccuparmi degli altri e quasi più di me stesso. Colpa tua. Mi sei rimasto dentro ... troppo.
Dovrò cercare di sbarazzarmene prima o poi, prima che questa mia ritrovata umanità mi riporti sull'orlo dello sfacelo, anche se probabilmente lo sta già facendo, goccia dopo goccia.
Non fa bene ad un SOLDIER, provare pietà per le sue vittime. Si rischia di mancare il momento giusto per la stoccata finale, e mandare tutto al diavolo.
Tu probabilmente lo hai scoperto quella sera, ma io ... io già lo sapevo, e non avrei dovuto lasciarti entrare, perché adesso è tutto più difficile. Mi hai dato un cuore, ma non ne avevo bisogno. Stavo meglio prima, non avrei sentito il bisogno di correrti dietro e ringraziarti, e neanche i sensi di colpa per ciò che sto pensando da ieri sera fino ad ora.
Scuoto di nuovo la testa, scaccio questi pensieri e nel frattempo svolto l'angolo, appena in tempo per vedere, in lontananza tra robuste radici di alberi immensi di cui non riesco a vedere la chioma, la luce viva e intensa di quella che dovrebbe essere una fontana di energia mako allo stato puro.
L'energia verdastra scorre libera dall'alto verso il basso, in fasci di luce liquida ed impalpabile alti fino a sfiorare il soffitto, ed eterei.
È bellissima.
Così come sono venuti, i pensieri e le angosce scompaiono rapidamente, e continuando ad avanzare sento un sorriso di speranza colorare le mie labbra, felicità ed impazienza il mio animo.
"Toccalo" ripete dentro di me la voce di quello spirito.
Non è un cristallo, ma posso comunque usarlo, per collegarmi al pianeta.
Mi basterà allungare una mano o entrambi in mezzo al flusso che galleggia indisturbato, farlo mio, e seguire il mio istinto per connettermi al pianeta. Mi sentirà.
Se Sephiroth è ancora vivo, come mi ha promesso e credo, mi sentirà e riusciremo di nuovo a parlarci. Riuscirò a sentirlo di nuovo, a dirgli che ora so ogni cosa, e ribadirgli la mia fedeltà, qualsiasi cosa accada.
Si, ora voglio farlo. Sono pronto.
"Sfioralo ..." torna ad invitarmi l'Antico rinnegato.
In piedi di fronte alla fonte, all'istante smetto di tremare mentre, con lentezza quasi solenne sfilo il guanto dalla mano destra e poi anche dalla sinistra, lasciando per la prima volta dopo tanto tempo libera l'orrida cicatrice.
Il bracciale di contenimento è ancora legato attorno al polso, so che mi impedirà di usare il mio potere appieno, ma non è per questo che lo faccio.
Voglio sentirlo, con tutto me stesso.
E, non appena le mie dita sono immerse in quella fluida luce azzurrina, con tutta la forza e la determinazione di cui sono capace chiudo gli occhi, ed inizio a pregare.



(Continua ...)












NOTE DELL'AUTRICE: Eccomi! Scusate il ritardo, me la sono presa un pò più comoda per sistemare qualcosina e far sì che questo capitolo fosse un degno inizio per la prossima tappa della storia.
Diventa sempre più sfiancante scriverla, ogni giorno che passa. Ma è assolutamente la cosa più gratificante che io abbia mai fatto. Dunque, ci siamo! Ora anche Cloud è libero (anche se non completamente nel pieno delle sue facoltà XD) e il tempo che manca prima che i due si rincontrino è davvero, davvero poco! Nel frattempo, vi avevo promesso Sephiroth e Sephiroth sarà!
Ho dovuto preparare un pò il terreno, Victor inizia a mostrarsi per ciò che veramente è nel profondo adesso, e quando questo ragazzo dà i numeri non c'è monte che tenga D: aiuto!
Well, vedo che non ho neanche dato un'occhiata ai commenti del precedente chap, corro e poi continuo a scrivere. Non contateci, ma se tutto va bene dovrei riuscire a regalarvi un'altro capitolo questa settimana, per farmi perdonare di questo silenzio lunghissimo eheh.
Bye Bye baby, a presto ;)

PS. Potreste trovare un paio d'imprecisioni qua e là nel capitolo, ma don't worry sono volute. Spiegherò tutto al prossimo appuntamento. Spero davvero che vi piaccia, come sempre ho cercato di mantenermi il più possibile fedele allo storia.
   
 
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