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Autore: frabulous    25/11/2015    1 recensioni
Sarebbe una cazzata dire che non lo aspettassi. Tutti si aspettano qualcosa. Anche quando si è già stati delusi, feriti, abbandonati. Anche quando cerchi di ripeterti che è inutile aspettarsi niente da nessuno, che tutto prima o poi finisce, che tutti prima o poi se ne andranno e tu resterai da sola. Anche quando ti convinci che affidarsi solo a sé stessi sia la cosa migliore. Cazzate. Il cuore ancora ci spera. Perché, per quanto possa far male, non possiamo farne a meno. Siamo nati per amare e per provare a farci amare. Ed è proprio quel provare che ci frega.
~tratto dalla storia~
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Welcome to my life

Capitolo 3: I know I have a heart because sometimes I feel it breaking

 
Prima che potessi accorgermene, distratta da un "grazie" sussurrato così piano da essere appena percettibile, le nostre labbra si erano già sfiorate.
Fu quello, una frazione di secondo. Il ricordo del suo sapore e della consistenza delle sue labbra. Mi staccai da quel contatto prima che quello sfiorarsi potesse essere considerato anche solo un bacio a stampo.
- Perché? - chiesi squadrando i suoi occhi ancora estremamente vicini a me, il viso ancora chino sul mio, l'espressione ora corrucciata. Non era abituato ad essere rifiutato.
- Perché ti ho baciata? - azzardò avvicinandosi nuovamente alle mie labbra.
- Perché quel grazie? - dissi invece allontanandomi quel tanto che concedesse ad entrambi il proprio spazio ed evitasse nuovi attacchi da parte di Adriano.
- ...per quello che hai fatto prima, con mio padre - l'aveva detto in modo rassegnato, quasi sospirando. La musica si era fermata e la pista si stava nuovamente riempendo. Gli misi una mano sulla spalla e mi avvicinai.
- Non l'ho fatto per te, fidati! Comunque grazie per il ballo, non te la cavi tanto male - detto ciò, finalmente, mi feci largo tra la folla che ricominciava a scatenarsi con la musica da discoteca. Non feci in tempo a scontrarmi con l'aria fresca e frizzante tipica delle notti di fine estate, che mi ritrovai l'ombra di Adriano dietro. Che voleva ancora?
- Potresti ringraziarmi come si deve, per quel ballo - fece avvicinando il viso al mio ma restandomi comunque alle spalle. Avevo capito l'allusione, ma non avrei fatto due volte lo stesso errore. In quel momento non ero certo fragile come lo ero stata qualche dannatissima sera prima, per fortuna. Non gli risposi ma allontanai il viso dal suo.
- Che succede, Daltieri? Non mi sembravi così contraria l'altra sera... cos'è? Hai ancora problemi con la mamma? - cosa aveva detto? Se ne era veramente uscito con qualcosa del genere? Mi voltai verso di lui ritrovandolo con la solita espressione di sfida. Era già finito tutto? Solo pochi minuti prima mi ringraziava per averlo aiutato con il padre e ora ritirava fuori quello? Che era successo al ragazzo che aveva ballato con me, il ragazzo fragile e abbattutto che aveva solo bisogno di un po' di sostegno? Era scattata la mezzanotte e si era ritrasformato nel solito stronzo di prima categoria, ecco che era successo.
- Fottiti, Duca. - dissi con il tono più freddo che avessi riservandogli uno sguardo di puro odio. Quel ragazzo soffriva di qualche disturbo di doppia personalità, questo era certo.
 
Decisi di tornarmene direttamente a casa. La serata era andata tanto bene fino a quando non ero entrata in quel maledetto studio. Che mi era passato per la testa? Un rimprovero non poteva che far bene a una testacalda come lui, dovevo lasciarlo lì a subire tutti gli strilli del padre. Non avrei saputo che lui aveva il mio stesso bracciale, non avrebbe truccato l'estrazione, non avremmo ballato insieme, non ci sarebbe stato nessun semi-bacio e io sarei riuscita a divertirmi. Ma ovviamente non ce l'avevo fatta, perché ho qualcosa di terribilmente sbagliato in testa, sicuramente.
E dove diavolo si era cacciata Giulia? Dovevamo tornare a casa insieme, ero l'unica ad avere la micro-car, quindi lei doveva venire con me se voleva tornare a casa. Al posto di mia sorella trovai uno zombie che puzzava terribilmente di alcool. Almeno non era abbastanza lucida da potersi oppore ai miei strattoni e quando arrivammo in macchina lei si era già addormentata. Che era passato per la testa a quest'altra stupida? Non era mai arrivata ai livelli di addormentarmisi in braccio. Quella sera dovevano avere tutti qualcosa che non andava. Il giorno dopo mi sarei incavolata con lei e le avrei fatto la ramanzina. Non doveva arrivare a conciarsi in quel modo, si sarebbe ammazzata.
 
***
 
Fa un po' freddo qui, a quest'ora, soprattutto quando si ha il costume bagnato. Il nostro gruppo stasera si è unito ad alcuni del quarto, o meglio del neo-quinto. Tutto sommato però si sta bene. Alcuni di loro sono davvero simpatici, se si escludono quei due tre individui che se la tirano e basta. Siamo entrati di nascosto nella piscina comunale, è vietato stare qui di notte e se ci beccano le telecamere siamo fottuti. Ma stasera ci voleva proprio fare qualcosa di diverso e soprattutto farsi un tuffo nell'acqua congelata per schiarirsi le idee. Fortunatamente ci siamo attrezzati tutti con felpe ed asciugamani. Siamo sdraiati alla meglio e un po' tutti appiccicati sui tappetini gonfiabili.
- Io sto già a cinque! - fa Riccardo dopo pochi minuti di intenso silenzio.
- Quattro! Ne ho appena vista una! Quattro! - strilla quella cretina di mia sorella.
- Giù abbassa la voce! Non l'hai capito che se ci scoprono siamo tutti fottuti - la sgrida a bassa voce Chiara. Stiamo facendo a gara a chi vede più stelle cadenti. Questa è la settimana in cui ne cadono di più. Quante potremmo mai vederne in una notte? Onestamente, non mi sto neanche impegnando. Fisso assorta il cielo rivivendo tutti gli avvenimenti che si sono susseguiti oggi. Un disastro dopo l'altro.
- Che palle regà, io ne ho vista solo una! - dice una voce bassa e profonda vicino a me. Mi volto alla mia sinistra e incontro gli occhi scuri di Adriano. Mi stava guardando.
- Per forza! Se non guardi il cielo! - lo prende in giro Riccardo. Lui però non sembra sentirlo, perché sorride e incatena gli occhi ai miei.
- Che hai? Sei strana... - mi chiede sottovoce cosí che possa sentirlo solo io. Ricambio il suo sguardo e mi prendo qualche secondo per pensare. Dovrei dirglielo sul serio? Non ho mai parlato molto con Adriano. Qualche volta il suo gruppo si unisce al nostro e in quei casi ovviamente ci scambiamo qualche parola, ma a parte quello è come se fosse un estraneo, un conoscente al massimo.
- Ho litigato con mia madre - le parole scivolano via prima che possa fermarle.
- Brutta storia, eh? - si alza su un gomito e continua a guardarmi. Porto una mano sulla fronte ma fisso insistentemente una stella, sembra che sia l'unica a non muoversi in quel cielo così luminoso.
- Se ne è andata via di casa. - questo lo dico spostando lo sguardo su di lui. Lo vedo sgranare gli occhi improvvisamente e un lampo di consapevolezza attraversargli le iridi scure.
- Io... mi spiace, davvero... non eri obbligata a dirmelo -
- Scusami, non volevo neanche tirarlo fuori... Fa come se non avessi detto niente, ok? - dico portando la mano che era sulla fronte a coprirmi gli occhi. Perché me ne sono uscita con quella rivelazione? Non l'ho detto ancora a nessuno, neppure alle mie amiche più vicine. Perché dirlo a lui è stato così facile, quasi liberatorio? Forse è vero che sfogarsi con qualcuno che non si conosce è sempre più semplice...
- Anche a me succede spesso di litigare con i miei - si è risdraiato anche lui. Adesso sono io che lo guardo mentre lui fissa il cielo. - Strillano e urlano tutto ciò che hanno in mente, anche se non lo pensano davvero. Loro cercano solo di farmi raggiungere degli obiettivi, di farmi diventare il capo dell'azienda... Lo so che lo fanno per il mio bene, ma proprio non riesco a non incazzarmi. A me adesso non me ne frega niente dell'azienda di mio padre, io vorrei solo... - mi sembra di non averlo mai sentito parlare tanto a lungo. Ha l'aria assorta e amareggiata. Deve essergli pesato parecchio rivelare certe cose. In realtà, non lo avevo mai sentito parlare di sé. È così strano sentir parlare di sé qualcuno che non lo fa mai, perché ti dice pochissimo, ma ti sembra di sapere già tanto. È una bella sensazione. Istintivamente, senza neanche accorgeremene, mi avvicino di poco a lui. Siamo fianco a fianco e condividiamo un tappetino gonfiabile insieme ad altri due amici. Appena le nostre spalle si sfiorano, con un braccio mi circonda il collo.
- Hai freddo? Sei congelata. - sussurra con la bocca vicinissima al mio orecchio, sento il suo fiato sul mio collo e rabbrividisco. Mi aggrappo alla sua felpa e lui mi circonda anche con l'altro braccio. Ora si direbbe che siamo praticamente abbracciati, ma stranamente non m'importa. In questo momento sento solo la testa più leggera. È piacevole sapere che c'è qualcun altro che si sente come me e sto così bene qui, chiusa tra queste braccia, stordita dal suo profumo così intenso. Sembra quasi che il freddo di poco prima sia completamente sparito, il costume forse non è neanche più bagnato. Sento le sue labbra calde lasciarmi un delicato bacio sulla guancia e poi ci passa il naso freddo quasi in una coccola.
- Sei freddo anche tu, sai? - non rispondo più delle mie azioni, è evidente. Lo sto di nuovo guardando e in questo momento penso che non esista spettacolo più bello. I suoi occhi si confondono tra quella trapunta di stelle e sembra che non ci sia posto in cui mi sono mai sentita più sicura che tra le sue braccia. Istintivamente, gli sfioro la punta del naso e poi porto la mano su una sua guancia. Sta sorridendo e il punto in cui il mio indice si è fermato è solcato da una fossetta. Galeotte le fossette e chi le inventò! Mi avvicino per posargli un bacio esattamente in quel punto, come aveva fatto poco prima lui. Questa volta però non faccio in tempo a tornare col viso sulla sua spalla che lui mi prende il mento tra due dita fredde e azzera completamente le distanze. Non sento neanche più cosa sta succedendo intorno. Potrebbero scoprirci e non me ne accorgerei neanche. Tutto ciò che è successo oggi sembra solo un brutto sogno. Le labbra di Adriano sono così morbide da essere fin troppo perfette da baciare. Giochiamo l'uno con la lingua dell'altro e mi ritrovo piacevolmente sorpresa dal constatare che il suo sapore non è per niente il classico mix menta-fumo. È qualcosa di più dolce, zuccheroso ma non troppo. Sa di caramella. Fa una cosa strana con i denti. Sembra mi stia mordendo il labbro inferiore, ma non è doloroso. Mi piace. Quindi lo bacio ancora. E ancora. Ho già detto che quelle labbra sembrano state fatte per essere baciate?

 
 
Quel giorno mi svegliai con il ricordo del sapore che la sera prima avevo appena sfiorato, il sapore delle labbra di Adriano. Incredibile come un sogno potesse ritrasmettermi le stesse sensazioni provate. Incredibile come quel sogno non fosse altro che ciò che era accaduto tra me e Adriano poche sere prima. Giulia non era in casa, doveva essere uscita prima di me. Mi ripromisi di non fargliela passare liscia riguardo al casino che aveva combinato con l'alcool quella notte.
Purtroppo i giorni passavano e il tempo per parlarle diminuiva sempre di più. Giulia era sempre fuori e dalla sera della festa a villa Duca non era più uscita insieme al gruppo. Quando stavo a casa, lei non c'era. Sembrava che mi stesse evitando. Ma perché? Non poteva temere tanto una mia strillata per il suo comportamento. Non sarei mai potuta essere troppo severa con lei riguardo all'alcool. Non ero una santa e anche io bevevo, ma mi ero sempre astenuta da casi degeneri e sicuramente non avrei mai voluto fare la parte di mamma o papà o, peggio, della cattiva della situazione. L'avrei semplicemente messa in guardia sui rischi e quant'altro e forse l'avrei controllata più strettamente quando c'erano drink nei paraggi, ma nulla di eccessivo. Quindi che bisogno aveva di evitarmi? Il suono della suoneria del mio cellulare mi distrasse dai miei pensieri.
"Colazione da Giolitti?" sorrisi allo schermo digitando uno "Sto arrivando", presi le chiavi della micro-car e mi chiusi la porta di casa alle spalle.
 

 
***
 
- Per caso sai dirmi cosa vuole mio fratello da te? - disse Lucrezia dopo aver sorriso riconoscente alla cameriera che ci aveva portato al tavolo due cornetti.
- Non so di cosa tu stia parlando... - feci vaga quando vidi tornare la cameriera con il mio tè freddo. Lo posò sul tavolo accanto al cappuccino della mia amica. Ci trovavamo sedute nella zona esterna di un bar che avevamo preso a frequentare parecchio ultimamente. A dire il vero, io e Lucrezia avevamo preso a frequentarci molto ultimamente. Dal giorno della festa non facevamo che scriverci e incontrarci anche solo per fare shopping insieme o andare da qualche parte per fare due chiacchiere. Avevamo legato più in quelle due settimane che negli ultimi tre anni di scuola. E, sinceramente, non mi dispiaceva affatto avere a che fare con lei. Avevo scoperto che era più simpatica di quanto avessi sentito e amava parlare di sé. Ecco, se c’era una cosa che io proprio non amavo fare, invece, era parlare di me.
- Non fare la finta tonta, so che è successo qualcosa tra voi due - azzardò nuovamente mentre addentava soddisfatta il suo cornetto ripieno al cioccolato.
- Non definirei "qualcosa" ciò che non ha la minima importanza -
- Quindi c'è stato effettivamente qualcosa! Avevo ragione! - lo sapevo, avrei semplicemente dovuto negare, negare fino al midollo. Presi a rigirarmi convulsamente la cannuccia del tè tra i denti.
- Avanti! Raccontami tutto! Nei minimi dettagli! - non credevo che l'euforia di qualcuno potesse raggiungere quei livelli.
- Dai, Lù, davvero... non è successo niente -
- Allora dovrai dirmi per filo e per segno cosa intendi tu per niente, visto che stai torturando quella povera cannuccia da due minuti buoni e non hai ancora toccato quel cornetto! - mettersi contro di lei era una battaglia persa. Sbuffai sonoramente e la guardai di sottecchi. Stava cercando di mordere la brioche senza far colare tutto il cioccolato. Volevo sorridere, ma non lo diedi a vedere. Chissà che forse avrei potuto parlarne con qualcuno. Forse avevo trovato un'amica vera. Alzò lo sguardò su di me e aggrottò le sopracciglia.
- Prometto che non ti giudicherò! Anche se non capisco proprio cosa tu possa trovarci in mio fratello... - disse con forzata disinvoltura addentando l'ultimo morso di colazione. Risposi al suo ultimo commento con un'occhiata alla *se provassi a guardare tuo fratello come un uomo, probabilmente ti ritroveresti a inciampare nella tua lingua srotolata per terra davanti a lui*.
 
E finii per raccontarle tutto.
 
Le raccontai che due anni prima mio padre se ne era andato via di casa, durante le vacanze estive. Eravamo appena tornati da due meravigliose settimane in completo relax, solo noi quattro: io, Giulia, papà e mamma. Era stato tutto così perfetto e loro due avevano persino smesso di bisticciare, sembravano tornati i fidanzatini di quindici anni prima. Era per questo motivo che io e mia sorella accettammo senza tanti complimenti l'invito di alcuni amici a passare una settimana al mare da loro: volevamo dare un po' di spazio ai nostri genitori. Due giorni dopo papà ci aveva telefonato dicendoci che ci voleva bene. Mamma aveva telefonato dieci minuti dopo di lui per dirci la stessa cosa. Ricordo che mi chiesi perché non ci avessero chiamato insieme come facevano di solito. La risposta mi arrivò il giorno seguente.
- Io e tua madre stiamo sempre a litigare - aveva detto. Non ci avevo mai creduto. Non mi diedi neppure il tempo di versare una lacrima che mi fiondai in macchina implorando mio cugino di riportarci a casa. Casa non c'era più. La porta spalancata, lampade rovesciate, fogli per aria. Sembrava fosse appena passato un ciclone. Quel ciclone era mia madre. Aveva degli occhi che non scorderò mai. Aveva pianto tutta la notte, da sola. Mi fiondai tra le sue braccia, sconvolta. Non riuscivo nemmeno a piangere, provavo solo una gran rabbia verso mio padre. Giulia e mamma invece piansero tutto il giorno. Io stetti con loro ancora incredula e incapace di chiedere ulteriori spiegazioni. Mio padre non si fece sentire per una settimana. Mamma piangeva, non mangiava, non andava al lavoro. Giulia mi accusava del fatto che io non stessi mai con lei a supportarla, a consolarla. La verità era che non ce la facevo. Non riuscivo a stare lì insieme a lei, a sentirla singhiozzare, senza poter fare nulla per migliorare la situazione. Mi limitavo a mettere in ordine la casa e a rispondere a tutti male. Ero diventata veramente intrattabile. Il giorno ero incazzata con il mondo e la notte sfogliavo i nostri album fotografici piangendo. Perché trattenere le lacrime è terribile. Ti brucia la gola, il naso, respiri male e non fai che ripeterti "non qui". Per tutto il giorno. La notte era l'unico momento di tristezza che mi concedevo. Alla mamma e a Giulia dovevo far vedere soltanto la rabbia che provavo verso mio padre, perché mi ero convinta che quello fosse l'unico modo per far loro fare altrettanto.
Quell'estate, invece, mio padre se ne era uscito con la storia che la sua compagna aspettasse un bambino. La stessa compagna che era stata la maestra di mia sorella alle elementari. La stessa compagna che conosceva perfettamente anche me e mia madre, la stessa compagna che l'anno prima, quando avevamo scoperto della relazione che la legava a mio padre, mi aveva augurato la morte. Non c'era modo che accettassi la sua "compagna", figurarsi il loro bastardino. Fu così che decisi di non rivolgere mai più la parola a mio padre. Gli augurai che quel figlio nascesse, perché con me aveva chiuso per sempre, e tagliai tutti i ponti. Giulia, al contrario di quanto mi aspettassi, fece altrettanto. La reazione di mia madre non fu delle migliori, come era prevedibile. Non avevo idea di come potesse essere possibile, ma lei era ancora innamorata di mio padre. Nonostante fosse una bellissima donna e fosse anche uscita con qualche uomo nel corso di quei due anni, non si era mai più impegnata perché il suo cuore era ancora occupato da mio padre.
Le raccontai quello che avevo detto ad Adriano, che mamma era andata via di casa. Però aggiunsi anche che lo aveva fatto dopo giorni di urla nei nostri confronti. Era sempre arrabbiata e il suo modo di sfogarsi era strillarci contro tutto ciò che le passava per la testa. Ero consapevole del fatto che la maggior parte delle cose che diceva non le pensava veramente, ma faceva comunque male sentirsi dire che l'unico motivo per cui lei stava così male era perché io ero nata. E spesso mi ero domandata proprio perché lo avesse permesso, se con mio padre già da tempo dopo il matrimonio non faceva altro che litigare. Avevo pensato che, in effetti, se non mi avesse messa al mondo, probabilmente lei e mio padre non sarebbero stati insieme così tanto tempo, non avrebbero passato quindici anni a litigare, mio padre non sarebbe stato così stressato da dover cercare uno sfogo in quella puttanella della sua compagna e io non mi sarei più sentita così di schifo.
 

Vidi un'espressione indecifrabile sul volto di Lucrezia e mi domandai se avessi fatto davvero bene a dirle tutto. Forse non sarebbe riuscita a capire. Come avrebbe potuto, d'altronde? La sua vita era perfetta. Abbassai lo sguardo e presi un lungo respiro, indecisa se continuare.
- Non lo pensare mai. Che sarebbe stato meglio se tu non fossi mai nata - Lucrezia aveva gli occhi lucidi. - Sono sicura che tua madre non diceva sul serio. Lei è stata sicuramente felicissima di avere avuto te, perché altrimenti non sarebbe nata neppure tua sorella e lei non avrebbe mai potuto sapere quanto siate fantastiche - mi sorrise gentile e non potetti resistere. Scoppiai a piangere e mi liberai come non facevo da tempo. Le fui riconoscente quando lasciò dei soldi sul tavolo facendo un cenno alla cameriera e mi accompagnò alla micro-car. La abbracciai ringraziandola almeno cento volte, convinta che non fossero abbastanza. Era bello sfogarsi, incredibilmente liberatorio.
- Se non vuoi continuare stai tranquilla. Riprenderemo il discorso un'altra volta. Infondo la questione Adriano non è così importante - eravamo nella mia macchinetta con l'aria condizionata accesa.
- No...mi farebbe piacere continuare a parlarne - feci allora asciugandomi l'ennesima lacrima. Il mascara era diventato insopportabile. - Sei brava ad ascoltare per essere una Duca - mi sforzai di fare del sarcasmo.
 

A quel punto le raccontai di quella notte in piscina, la notte che eravamo andati nella piscina comunale a guardare le stelle, in cui io e Adriano ci eravamo un po' lasciati andare. Le raccontai anche che il giorno seguente, Giulia mi aveva fatto una specie di terzo grado. Mi aveva chiesto perché ero stata vicino ad Adriano per tutta la notte, cosa mi aveva detto, che cosa era successo. E poi mi aveva ricordato quello che purtroppo già sapevo: Adriano stava ogni sera - o giù di lì - con una ragazza diversa. Non che non potesse permetterselo, chiariamo, era un gran bel ragazzo e ci sapeva tremendamente fare. Ma per quello che ne sapevo non era mai riuscito ad impegnarsi con una ragazza e non ne aveva alcuna intenzione, o almeno questo era ciò che traspariva dai suoi comportamenti. E io da brava stupida ero diventata una di quelle ragazze che avevano goduto della sua attenzione per cinque minuti e poi sarei diventata il niente. Sapevo di non volere qualcosa del genere. Sapevo che concedere qualche bacio - e, sottolineo, solo qualche bacio - era stata una stupidaggine, perché io non ero una di quelle ragazze che ti facevi una volta ogni tanto quando ti andava. Io sono una di quelle ragazze che se vuole una relazione la vuole seria. E per seria, naturalmente, non intendo "aspettiamo fino al matrimonio", ma che se ti scelgo è perché è con te e solo con te che voglio passare le mie giornate. In sostanza, Giulia si era messa a farmi la predica. Per cui, per amor di coerenza, quella sera, in cui ci eravamo nuovamente ritrovati con il loro gruppo, non me l'ero filato. Volevo tornare alla situazione conoscenti in cui eravamo prima, insomma. Lui non sembrava dello stesso parere, visto e considerato che non faceva altro che lanciarmi strani sguardi e avvicinarsi pericolosamente. Ammetto – ma questo non lo dissi mai a Lucrezia - che quando mi aveva carezzato delicatamente la guancia, per un attimo, un solo cortissimo attimo, avevo avuto la voglia di baciarlo, come avevo fatto la sera prima. Ma poi, fortunatamente, la parte cosciente di me aveva preso il sopravvento.
Anche quella notte avevamo optato per la piscina comunale, ma faceva così freddo che rinunciammo al bagno. Feci attenzione a non ritrovarmi nella stessa posizione della sera prima. Così, quando si avvicinò al tappetino gonfiabile su cui ero sdraiata, strattonai il primo malcapitato e lo spiaccicai - letterlamente - nel posto immediatamente accanto al mio. Il malcapitato altri non era che Riccardo, il migliore amico di Adriano. Dopo uno sguardo di scuse gli feci un cenno in direzione di quello, che nel frattempo si era sdraiato vicino a lui. Parve capire l'antifona, ma comunque non chiese altro. Mi divertii un mondo quella sera con lui. Parlammo di più o meno tutto, ma soprattutto di architettura. Anche lui era un appassionato come me. Voleva fare architettura perché il padre era un architetto e sin da piccolo gli mostrava tutti i suoi progetti, per cui lui si era necessariamente innamorato della materia. Tra un discorso e l'altro, notai con la coda dell'occhio che Giulia si era sdraiata vicino ad Adriano, ma in quel momento non ci feci molto caso. Io e Riccardo quella notte vincemmo la gara di stelle cadenti. Avevamo fatto squadra contro Teo e Chiara e la nostra fu una vittoria schiacciante: ben diciotto stelle in due ore. Decidemmo di smetterla quando realizzammo che ormai tutto il cielo era diventato incredibilmente sfocato. I nostri occhi erano troppo stanchi. Ricordo solo che mi addormentai abbracciata a Riccardo. Un abbraccio che non era neanche lontanamente paragonabile a quello con Adriano la notte prima. Riccardo era forse l'essere più freddo sulla faccia della terra e per una freddolosa come me questo non è certo un pregio. Per cui quella sera tra me e Riccardo non era successo assolutamente niente. Cosa che, come scoprii il giorno dopo, non era altrettando vera per Giulia e Adriano.
 

- Ma non è ovvio? - chiese Lucrezia quando terminai il mio monologo.
- Cosa? - chiesi con un peso in meno. Sfogarsi è sempre la scelta giusta.
- Sveglia! A tua sorella piace mio fratello! - davvero la cosa era tanto ovvia?
- Ma come te ne esci Lù! Hai sentito la parte in cui Giulia mi dava della stupida per esser stata con uno come Adriano? - vidi il suo sopracciglio alzato e mi affrettai ad aggiungere: - Senza offesa, eh -.
- Mia cara, tua sorella non è mica stupida! Se ci stai tu di mezzo lei non può provarci con lui, no? Sbaglio o era sempre lei quella su di giri il giorno prima della festa in piscina? Quella che ha vagato per tutta la villa in cerca di Adriano e che ti ha volutamente evitato per giorni quando ti ha vista ballare con lui? -
- Merda. - era davvero così! Come avevo fatto a non rendermene conto? A mia sorella piaceva Adriano! Quello stupido oppurtunista di Adriano! Ma a mia sorella piaceva. Come era anche solo lontanamente possibile? Certo, sarebbe stato incoerente dirmi di aver fatto una cazzata a baciarlo e poi baciarlo lei stessa la sera dopo, ma probabilmente sarebbe stato più facile. A lei invece piaceva proprio e questo complicava tutto. Chissà come sarà stata male vedendoci ballare insieme. E io non avevo fatto niente, assolutamente nulla per capirla.
- Già. - confermò anche Lucrezia.
- Devo andare a parlarle, mi devo scusare. -
- E scusare per cosa esattamente? - ma non era ovvio?
- Per aver ballato con il ragazzo che le piace forse? -
- Andiamo Ginny è stato solo un lento! Mica vi siete ficcati la lingua in bocca! O almeno, non quella sera -
- No ma se Giulia ha visto anche che tuo fratello ha provato a baciarmi alla fine di quel lento, allora direi che abbiamo parecchio di cui parlare. Per chiarire. - feci in fretta girando la chiave della micro-car.
- Va bene, va bene, vai. - raccattò la borsa e fece per scendere. - E tu dove vai? Non ti porto a casa? -
- No grazie! Torno da Giolitti ad aspettare una certa persona... – sfoggiò il sorriso più grande che avessi mai visto. Allora era proprio presa dal famigerato ragazzo del lento...
- Allora ci vediamo domani a scuola. In bocca al lupo rubacuori! - le feci mentre si chiudeva lo sportello alle spalle. Sembrò ripensarci e aprì la portiera.
- Ti ammiro, Ginny. Sei cazzuta. - sorrisi sincera a quella ragazza che in poco tempo era già diventata una mia grande amica.
- Grazie, anche tu sei cazzuta. - dissi e misi in moto, verso casa. Tempo un minuto e lo schermo del telefono si illuminò. Lucrezia: No, sono solo una ragazzina piena di soldi e con delle belle tette, ma lo faccio sembrare figo.
 

 
***
 
 
Mi richiusi la porta di casa alle spalle con un intento ben preciso: parlare con mia sorella. Non mi sarebbe sfuggita questa volta: le avevo lasciato un messaggio dicendole che non ci sarei stata per pranzo e di cucinarsi qualcosa da sola, quindi non poteva che trovarsi lì. Sentii un rumore di pentole. Non avrebbe potuto che essere in casa. Giulia non aveva mai saltato un pasto in tutta la sua vita. Riteneva il cibo inevitabile. Sorrisi a quel pensiero e mi diressi con decisione verso la cucina, da cui proveniva un odore niente male. Mi appoggiai sullo stipite della porta incrociando le braccia mentre guardavo mia sorella così intenta a girare la pasta da non essersi neppure accorta della mia presenza.
- Che profumino - dissi e Giulia per poco non fece un salto per lo spavento.
- Cretina! Mi hai fatto prendere un colpo! Non ti avevo sentito rientrare -
- Me ne ero accorta... che prepari di buono? -
- Per te niente. - sorrideva. Avevo l'occasione! Dovevo solo introdurre il discorso in qualche modo e poi scusarmi e sarebbe stato tutto risolto!
- Ti prego butta giù un po' di pasta anche per la tua dolce sorellina, così mangiamo insieme e parliamo un po' - stava preparando il sugo dell'amatriciana, ma si fermò di scatto quando pronunciai quelle parole.
- No. - disse abbassando lo sguardo e spegnendo i fornelli. Che le era preso?
- Ei perché stai spegnendo tutto? - domandai col tono più dolce che avessi, cercando di evitare un disastro.
- Perché non ho più fame, lasciami in pace. - disse e si avviò verso la sua camera.
- Giù, aspetta! Che è successo? Dimmelo! - mi alzai dalla sedia e le corsi dietro. - Ha a che fare con Adriano? È successo qualcosa? - si fermò davanti alla porta della sua stanza. Si girò e incontrai il suo viso rigato di lacrime.
- Stai zitta! Zitta! Non ti voglio più ascoltare! Tu sei solo un'insensibile! Non te ne importa niente di me! - strillò così forte che percepii quanto fosse disperata la sua voce. Cercai di farla ragionare, di farla almeno calmare per provare a scusarmi. Aveva ragione, non ero stata attenta a lei. Non abbastanza, almeno. Non mi ero accorta che le piacesse Adriano. Ma non era vero che non mi importava di lei! Mi importava, eccome. Dovevamo stare insieme, stare vicine, ora che non avevamo più né papà né mamma vicino a noi. E invece anche lei era uscita da quella porta. Anche lei come avevano fatto prima i nostri genitori. E ora ero rimasta davvero da sola. Sola in quella casa. Che non era più nemmeno casa mia. Casa mia era dove c'era la mia famiglia, dove ero cresciuta, dove avevo vissuto i miei ricordi più cari. In quel momento invece il passato in quell'abitazione mi sembrava semplicemente un bel sogno. Quel posto era diventato improvvisamente buio e freddo. E io ero sola. Sola, come non lo ero mai stata.









Notes:
Salve a tutti! Un po' in ritardo, ma mi sono fatta perdonare con qualche pagina in più (di solito faccio 6/7 pagine di word, ma stavolta sono arrivata aben 9 pagine!). Ora sapete un po' tutto quel che c'è da sapere sulla famiglia di Ginevra e, grazie al "piccolo" paragrafo finale, anche che Giulia e Ginevra finiscono per litigare, in un modo o nell'altro. La cotta di Giulia per Adriano sarà ripresa nei capitoli successivi, in cui cercherò di dare un'idea più chiara di quello che sta succedendo. Anywayy prossimo capitolo: primo giorno di scuola! Per chi non lo avesse ancora capito, Giulia dovrà frequentare il terzo liceo, Ginevra e Lucrezia il quarto (fino all'anno prima erano in sezioni diverse) e Adriano e Riccardo cominceranno il quinto!
Passiamo ai ringraziamenti...dunque: ringrazio coloro che hanno messo la storia tra le preferite, tra le ricordate e le seguite <3 Un bacio in particolare va al recensore new entry mewgiugiu :* Spero che continuerete a seguirmi e che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto! Aspetto le vostre recensioni :)))
Baci baci, Fran.

 
   
 
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